CALDARI, Ferdinando
Nato a Firenze nel 1688, dopo gli studi letterari, in cui si distinse per il gusto della poesia volgare, conseguì intorno al 1710la laurea dottorale in utroque iure a Pisa. Ritornato in patria, vi ebbe la carica di cancelliere delle gabelle de' contratti, senza tuttavia abbandonare gli interessi poetici, ché anzi fu iscritto all'Arcadia di Roma e all'Accademia degli Apatisti di Firenze. Obbligato a lasciar Firenze per oscuri motivi, spese in Milano i suoi anni migliori "negli ozi soavi delle Muse". Da Milano si trasferì quindi a Piacenza, dove incominciò la traduzione della Genesi "infacili ottave" (Natali); ma il suo temperamento era tale da causargli ancora disgrazie ed egli stesso, secondo l'usanza dei poeti "o perseguitati o non mai contenti", s'è lagnato altamente delle sue peripezie, in più luoghi dei suoi versi.
Un episodio significativo della sua vita si ricava dall'epistolario del Muratori, cui il C. fu per un certo tempo legato d'amicizia e di stima. Con una lettera del 23 ag. 1738, il Muratori lo presentò a Guido Bentivaglio d'Aragona, che gli si era rivolto affinché gli procurasse un segretario; in una seconda lettera, di cinque giorni dopo, il Muratori s'informò se il C. fosse giunto a Ferrara e lo raccomandò al duca quale persona degna di ricoprire la carica, sia per le doti dell'intelletto sia per le qualità del carattere. Ma in una terza lettera allo stesso duca, del 10 dic. 1744 (sei anni dopo), il Muratori afferma di ben comprendere i motivi che avevano indotto il Bentivoglio a licenziare il C., e cioè quel suo "spirito alquanto caldo e sprezzante, che non ben conviene a chi è posto al servizio altrui", pur dubitando che egli si fosse potuto macchiare "del reato d'infedeltà": "comunque sia - conclude il Muratori - egli è fuori del di lei servizio, né so credere, che possa volgersi a questa parte, perché qui non c'è pascolo per lui, e se mai ricorresse a me, il che non credo, non avendomi egli mai scritto, da che entrò al di lei servizio, nulla potrei o vorrei fare per lui".
Lo stesso incarico di segretario il C. ricoprì presso il nunzio pontificio a Venezia, Martino Innico Caracciolo, ed era già destinato al servizio di Augusto III re di Polonia, quando morì in Venezia la sera del 30 marzo 1749.
La fama del C. - che ha lasciato molte rime stampate in varie raccolte settecentesche, la traduzione in ottava rima della Storia di Rut (lavoro interrotto dalla morte ai primi sei canti) ed altre cose inedite e incompiute - si affida al poema in due parti e quaranta canti La Genesi ridotta in ottava rima (Venezia 1747).
Tale opera si inserisce nel filone, ereditato dal secolo precedente, dei poemi religiosi di carattere narrativo, con particolare preferenza per quelli d'argomento biblico. Ma più che di raggiungere effetti didascalici, il C. ha la pretesa di inserirsi con i suoi versi - come anche con la sua errante vita di corte in corte - in una ormai consunta tradizione letteraria rinascimentale: intento in parte riuscito se alcuni tra i contemporanei giunsero a paragonarlo all'Ariosto sia per la dolcezza del verso, sia per l'uso delle "moralità" all'inizio di ogni canto. Anche le Novelle letterarie fiorentine lodarono, con gusto tipicamente arcadico, la fatica del C., giudicando che le "maniere colte" e le "eleganti espressioni" del traduttore aggiungessero "ai divini oracoli venustà e chiarezza", essendosi egli limitato, nel riferire la sacra storia "con semplici ed accurati sentimenti", a cospargerla ed arricchirla "di certe ben acconcie immagini… che o dalla penetrazione de' sacri interpreti… o dalla vivacità del suo fertile ingegno… gli erano con provvido suggerimento ammaestrate".
Fonti e Bibl.: Bibl. Apost. Vat., cod. Vat. lat. 9263: G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, ff. 143 s.; L. A. Muratori, Epist., a cura di M. Campori, IX, Modena 1905, pp. 3812-3814; X, ibid. 1906, p. 4698; Novelle letter. di Firenze, VIII (1747), coll. 451-455; IX (1748), col. 590; X (1749), coll. 308-309; F. A. Zaccaria, Storia letter. d'Italia, I, Venezia 1750, pp. 319 s.; G. Natali, Il Settecento, Milano 1936, p. 630.