COSPI, Ferdinando
Nacque a Bologna nel 1606 da Costanza de' Medici e da Vincenzo.
Costui, di antica famigha bolognese, ma del ramo non senatorio, nel dicembre del 1601 era rimasto coinvolto in una rissa; ferito, ferì a sua volta mortalmente un certo Giov. Battista Mazza. Fuggito a Firenze, dove lo raggiunse la condanna a morte, con la confisca dei beni, comminatagli il 22 genn. 1602 e poi revocata, egli entrò immediatamente nelle grazie del granduca Ferdinando I, che lo fece suo cortigiano e gli dette in moglie, nell'agosto del 1604, una pronipote del card. Alessandro Ottaviano de' Medici. Quando questi divenne papa con il nome di Leone XI, Vincenzo con la moglie pensò di raggiungerlo a Roma, ma la morte del neoeletto lo convinse a rinunciare alviaggio.
Nel 1606 i coniugi erano a Bologna e qui il C., che era stato tenuto a battesimo dal marchese Periteo Malvezzi a nome del granduca, visse i suoi primi anni. Nel 1610il padre incorreva in un'altra disavventura analoga a quella di nove anni prima: coinvolto in una rissa, questa volta incruenta, era costretto a riparare a Firenze. Qui, a otto anni il C. divenne paggio di livrea rossa del granduca Cosimo II. Nel 1616 entrò a far parte dell'Ordine dei cavalieri di S. Stefano e, perché fosse esentato dal servizio sulle galere, fu fatto paggio del gran maestro, cioè del granduca, il quale dispose che egli fosse educato insieme ai suoi figli.
Morto Cosimo II, Ferdinando II volle che il C. passasse al grado di paggio di livrea nera e andasse ad abitare in Palazzo Vecchio. Il giovane cavaliere conduceva così una vita brillante al servizio dei principi.
Morto nell'ottobre del 1624 il padre a Bologna, il C. ne ereditò, oltre ai beni, anche le cariche e le dignità. Ritornò cosi poco dopo nella città felsinea e divenne il rappresentante dei granducato a Bologna. Assolveva a compiti di rappresentanza, visitando personalità ed assistendo a cerimonie e funzioni, ma fungeva anche da tramite fra le autorità bolognesi e quelle toscane, e favorendo traffici e comunque gli interessi di Firenze. Inoltre per anni ed anni fu l'agente per i Medici presso tutti gli artisti che poteva contattare nella sua città. La sua importanza e l'utilità della sua azione crebbero col tempo e così le sue ricompense, che arrivarono a 500 scudi annui. Inoltre il granduca creò per lui all'interno dell'Ordine di S. Stefano la carica di balì di Arezzo nel 1641. Nel 1643 il C. scortò a Roma, con grande magnificenza, il neo cardinale Giancarlo de' Medici, che vi si recava a ricevere il cappello. Nel 1646 gli era affidata una nussione a Milano, dove fu inviato ad ossequiare in nome del granduca il nuovo governatore, connestabile di Castiglia, Due anni'più tardi otteneva il titolo di marchese di Petriolo per sé e per gli eredi. Inoltre, esauritosi il ramo senatorio della famiglia, il C., il 9 maggio 1650, diveniva senatore. L'anno successivo compì un altro viaggio al seguito del card. Giancarlo de' Medici, che si recava a Finale ad ossequiare la nuova regina di Spagna, Maria Anna d'Austria.
Nel 1652 il C., che dal 1629 al 1642 era stato, probabilmente solo nominalmente, capitano di una compagnia di soldati a cavallo, ricopriva per la prima volta la carica di gonfaloniere per un bimestre. Nei primi mesi del 1659 egli, che l'anno prima era stato-di nuovo gonfaloniere, fu inviato a Modena dal granduca Ferdinando II, per porgere le condoglianze per la morte del padre, avvenuta nell'ottobre precedente, al duca Alfonso.
Il C., che nel 1637 aveva sposato Smeralda di Annibale Banzi, abitava a Bologna in via S. Vitale, dove usava accogliere illustri personaggi cittadini e personalità di passaggio nella città. Nel 1664, come fu solennizzato da una lapide, vi accolse il futuro Cosimo III. Fu altre due volte gonfaloniere, nel 1665 e nel 1672. Alla fine dell'ultimo gonfalonierato lesse una relazione, in cui deplorava le discordie che regnavano fra gli amministratori, la loro mancanza di interesse, la lentezza dei procedimenti ` il difetto di segretezza. Concludeva ricordando la donazione da lui fatta al Senato, fl 28 giugno 1660, del suo museo, del quale, sembra, aveva già Tatto compilare un breve catalogo a stampa (Breve descrizione del Museo Cospiano, Bologna 1667, citato in Raccolta di opere riguardanti Bologna nella biblioteca di Raimondo Ambrosini, app. I, Bologna 1908, p. 98).
A spese del C. usciva a Bologna nel 1677 il Museo Cospiano, di L. Legati, diviso in cinque libri, dei quali i primi due contengono l'inventario dei reperti di storia naturale e gli altri tre quello degli oggetti archeologici.
Esso contiene anche il ritratto inciso in rame dei C. (opera di A. Haelvegh da originale di J. Susterman) e una tavola di G. M. Mitelli, che rappresenta una veduta interna del museo: gli oggetti sono esposti in un grande scaffale, che copre tre lati della sala, sul quale corre la scritta: "Erudita haec artis et naturae machinamenta ad excitandam antiquitatis memoriam F. eq[ues] bayul[us] Arretii mar[chio] Petroli senatorque de C. superandae dicavit immortalitati". Fra gli oggetti di storia naturale c'erano mummie, animali fossili, conchiglie, coralli. Fra quelli archeologici libri, anche esotici, fra cui si distingue il Librodel Messico, oraconservato nella Bibl. univers. di Bologna, strumenti di vario genere, orologi, vasi, medaglie e monete, bronzi, terracotte. Gli oggetti che costituivano il museo subirono nel tempo numerose traversie; alcuni cambiarono sede e finirono al Museo Pigorini di Roma, alcuni furono alienati o scambiati, altri andarono dispersi. Tutto il museo fu donato nel 1743 all'Istituto delle scienze; dal 1871 andò a costituire una parte del Museo civico archeologico di Bologna.
Nel 1673 il C. rinunciò alla carica di senatore, pur continuando a prendere parte alla vita cittadina; per le sue istanze presso il principe dell'Accademia dei Gelati, della quale egli era membro, il 12 giugno 1676 si tenne in S. Petronio un concerto vocale e strumentale. Nel 1683, vecchio e malato, intervenne come decano dei cavalieri di S. Stefano alla traslazione delle reliquie del santo a Pisa. In quell'occasione fece dono all'Ordine di un tabernacolo di cristallo.
Morì a Bologna 19 genn. 1686 e fu seppellito in S. Petronio nella cappella di famiglia, già Saraceni.
Questa conteneva, e contiene, un S. Antonio attribuito al Sansovino ed era affrescata da Girolamo da Treviso; il C. ne fece dipingere la parte superiore da G. Alboresi e da F. Mondini. Ai piedi dell'altare una lastra con i simbolì della morte reca soltanto il suo nome, ma egli è ricordato anche da una lapide.
Dopo aver destinato già da vivo al parente Filippo Angelo i suoi beni di S. Maria Maddalena di Cazzano e il marchesato di Petriolo, aveva per testamento lasciato tutto il resto, fra cui la tenuta e la villa di Bagnarola, al nipote Vincenzo Ferdinando Antonio Ranuzzi, che avrebbe aggiunto al suo il cognome del nonno e che era il secondogenito di Dorotea, moglie di Annibale Ranuzzi ed unica figlia del Cospi.
L'ArchivioRanuzzi comprendente l'Archivio Cospi, è ora conservato presso l'Arch. di Stato di Bologna, mentre alcuni manoscritti e documenti riguardanti il C., compresi nelle CarteRanuzzi, possedutedal 1846 da sir T. Phillipps furono venduti dalla casa di vendite Sotheby (Catalogue of the celebrated Collection of Manuscripts, Day of Sate 25th June 1968, p. 100). Nell'Archivio Ranuzzi dell'Arch. di Stato di Bologna, fra l'altro, sono conservati due volumi di lettere (1671-1682) di Cosimo III al C., mentre all'Arch. di Stato di Firenze, ma disperse in vari fondi, sono numerose lettere del Cospi.
C'è da aggiungere che il C. era stato possessore anche di una galleria di quadri, di qualche scultura e di una raccolta di oggetti artistici molto notevoli, la cui descrizione è nel già citato Museo Cospiano. Benché gli autori indicati siano di tutto rispetto - fra essi Andrea Del Sarto, Elisabetta Sirani, Guido Reni, Joost Susterman, Domenichino, Tiziano, Stefano Della Bella, ecc. -, non si sa dove finirono le opere possedute dal Cospi. Si deve però presupporre che molte di esse fossero copie o repliche di originali che il C. faceva eseguire per i principi medicei, come esemplificativamente dimostrano la Sibilla Cumana, ora conservata a Londra (IlGuercino. Catalogo, a cura di D. Mahon, Bologna 1968, pp. 195 s.), per la quale il C. pagò al Guercino 190 ducatoni per conto di Mattias de' Medici, e di cui egli possedeva una copia, e la Cleopatra di Guido Reni, il cui originale, dipinto per il card. Leopoldo de' Medici, è ora a palazzo Pitti. Anche di quest'opera il C. aveva una copia, forse finita al Prado.
Fonti e Bibl.: Nuova raccolta di lettere sulla pittura, scultura ed architettura…, a cura di M. Gualandi, II, Bologna 1845, pp. 201-208; G. V. Marchesi Buonaccorsi, La Galeria dell'onore... del Sagr'Ordine militare di S. Stefano.., I,Forlì 1735, pp. 134 s.; G. B. Comelli, F. C. e le orig. del Museo civico di Bologna, in Atti e mem. della R. Deputazione di storia patria per le province di Romagna, s. 3, VII (1889), pp. 96-128; G. Orlandelli, L'Arch. Ranuzzi, in Notizie degli Archivi di Stato, VIII (1948), pp. 185s., 192;Archivio di Stato di Bologna, Le insignia degli anziani del Comune dal 1530 al 1796, a cura di G. Plessi, Roma 1954, p. 155; W. Prinz, Die Sammlung der Selbsbildnisse in den Uffizien, I, Gesch. der Sammlung..., Berlin 1971, ad Indicem;A. M. Crinò, Un quadro incompiuto di G. Reni, in Mitteil. des Kunsthistorischen Institutes in Florenz, XX (1976), pp. 410 s.; G. Mazzatinti-A. Sorbelli, Invent. dei manoscritti delle Bibl. d'Italia, XXV, pp. 112, 167.