FACCHINEI (Fachinei), Ferdinando (al secolo Marco)
Di antica famiglia forlivese, nacque a Forlì nel 1725 da Francesco Facchinei Mercuriali. Entrò ancora adolescente nel convento vallombrosano di S. Mercuriale e fece la professione nel 1741; a Passignano studiò teologia, matematica, nautica, astronomia, fisica (1742-1744); passò poi a San Cassiano di Montescalari (1747). Dopo qualche anno trascorso a Forlì, dove fu anche aggregato all'Accademia dei Filergiti, si trasferì a Vallombrosa, dove insegnò Sacra Scrittura, riordinò l'archivio e la biblioteca dell'abbazia, ne spedì un diligente catalogo al celebre abate Giovanni Lami, e si immerse in uno studio appassionato delle scienze, delle matematiche e delle lingue straniere. Spirito inquieto e ribelle, coltivò durante la sua lunga vita corrispondenze ed amicizie con letterati, filosofi ed eruditi delle più diverse estrazioni, dal citato Lami, al matematico ginevrino Gabriel Cramer, a Gianfrancesco Scottoni, Giuseppe Maria Pujati ed Ugo Foscolo.
Appena venticinquenne, scrisse un commento alle opere di Melantone, Beza, ed Erasmo, autori non graditi ai superiori vallombrosani, i quali dovettero letteralmente sobbalzare vedendo l'altro suo lavoro di questi anni, la Vita di Newton, fondata su una straordinaria conoscenza della lingua e della letteratura inglese: ne ricavò, come scrisse irritato e sorpreso, "l'infame e obbrobrioso titolo di eretico e di deista", un processo interno all'Ordine ed una temporanea carcerazione nel fondo di una torre, da cui si liberò nel settembre 1751 con un'umiliante ritrattazione.
Allontanatosi da Vallombrosa (se ne perdono le tracce per alcuni anni), alla fine del 1759 fu trasferito al monastero di S. Bartolomeo di Novara: nel 1762 ottenne anche l'incarico di lettore nel collegio "Vecchi Gallerini" di questa città. Con una brusca inversione di umore e di orientamento ideologico, il F., che al momento del distacco da Vallombrosa aveva maledetto le "diavolerie" dei monaci, approdò a posizioni, ha notato il Venturi, di "realismo e cinismo".
I lavori di questi anni, la Lettera intorno alla cagion fisica de' sogni (Torino 1762), il Discorso con cui si pruova in quali cose si ritrova la felicità e quello Nella apertura d'una nuova società d'agricoltura ch'era per istituirsi in Brescia, ambedue pubblicati (n. 37, marzo 1765, pp. 48 ss.; n. 46, dicembre 1763, pp. 143 ss., 233 ss.) insieme con vari altri su La Minerva dell'abate Jacopo Rebellini, manifestano chiaramente una non comune apertura alla cultura tedesca e ai grandi illuministi francesi Montesquieu e d'Alembert, sin quasi a configurarlo come "un buon propagandista del progresso lento e d'una lenta e moderata penetrazione dei lumi" (Venturi, Contributi..., p. 131). Ma ecco che la "lettura delle opere di Beccaria e di Verri intorbidò di nuovo l'animo suo, riaccese il suo impeto di odio e di rivalsa"; egli sentì un impulso quasi irrefrenabile a scagliarsi contro questi "filosofi" riformatori che "non sapevano mettere insieme la mente ed il cuore, la ragione ed il volere" e non coglievano le devastanti conseguenze pratiche delle loro speculazioni intellettuali e delle loro riforme umanitarie (ibid...., pp. 131 s.).
Un veemente attacco a Giuseppe Baretti e la ristampa, in collaborazione con Gianfranco Scottoni, del Bue pedagogo di Appiano Buonafede, fecero da premessa alla sua celebre confutazione del trattato Dei delitti e delle pene, destinata a dargli, sia pure in negativo, una imprevista e forse non dei tutto gradita rinomanza.
Non appena pubblicata, nel luglio 1764, la celebre operetta di Beccaria aveva attirato la sospettosa attenzione degli inquisitori di Stato di Venezia che, ritenendo l'autore, allora ancora sconosciuto, un veneto, ravvisarono in alcuni passi, soprattutto nel paragrafo sulle "Accuse segrete", una manovra dei seguaci di Angelo Querini, che tra il 1761 e il 1763 aveva tentato di incrinare l'egemonia di un ristretto nucleo di famiglie dell'aristocrazia e dì favorire una più ampia partecipazione dei nobili poveri al potere politico. Al sequestro degli esemplari dell'opera, già in corso di diffusione a Venezia, e alla condanna formale del libro, "pieno di perverse massime in linea di stato, adombranti la vertenza corsa in Maggior Consiglio tre anni sono", seguirono dopo pochi mesi l'aperto riconoscimento da parte degli inquisitori dell'assoluta estraneità dell'autore a manovre destabilizzanti dell'oligarchia al potere ed anzi una massiccia adesione di molti patrizi alla nuova edizione del 1781.
Nel frattempo però il F., dopo essersi visto rifiutare dagli Inquisitori, nel novembre 1764, il consenso alla stampa di Brevi note da porsi in piè di pagina al libro intitolato Dei delitti e delle pene (Torcellan, Cesare Beccaria ...), scrisse a tamburo battente e stampò nei primi mesi del 1765 le Note ed osservazioni sul libro intitolato Dei delitti e delle pene (s. l., s. t. [ma Zatta]), la più radicale e dura confutazione dell'opera del Beccaria, che stava riscuotendo in tutta Europa, pur con varie obiezioni, un generale consenso.
Tono e linguaggio del saggio del F. sono irosi e risentiti: Beccaria è dipinto come un "frenetico", "stupido impostore", "satirico sfrenato", "sfacciato", "indegno". Al celebre libretto egli rimprovera, come ha ben sottolineato Venturi, alcuni errori capitali: l'idea che Repubbliche e Regni siano costituiti sulla base del libero consenso dei cittadini, la teoria che gli uomini sono esseri liberi ed uguali, laddove evidenti, a suo parere, risultano le differenze di età, sesso, condizione. Allo stesso Venturi dobbiamo l'osservazione che il F. è forse il primo autore a usare la parola "socialista", che per lui indica un teorico delle idee di contratto sociale, eguaglianza, libertà, come ad esempio Rousseau o Beccaria o Verri. Le Note del F. ebbero vasta eco nell'opinione pubblica e provocarono da parte di Pietro ed Alessandro Verri una pungente replica, ma al loro autore nocque moltissimo la coincidenza tra la loro elaborazione e l'iniziale condanna degli Inquisitori di Stato di Venezia: il sospetto che l'irruente vallombrosano si fosse fatto strumento di quegli inquisitori, le cui azioni di repressione, delazione e spionaggio cominciavano a diventare un Leitmotiv dell'opinione pubblica illuminata e riformatrice, echeggiò a lungo nei circoli colti ed ancora nel 1797, a Repubblica veneta ormai caduta, il F. sentì la necessità di respingerlo sdegnosamente.Nello stesso anno 1765 il F. prese di mira anche le Meditazioni sulla felicità di Verri, da lui erroneamente credute del Beccaria, nell'opuscolo Meditazioni sulla felicità con un avviso e con note critiche (s.n.t. [ma Venezia, Zatta, 1765], ripubblicate a Milano nel 1766) denunciò il nuovo "Rousseau italiano" come un fanatico.
Con una singolare contraddizione, che sembra davvero il filo conduttore delle sue esperienze intellettuali, negli anni 1767-69 in cui proseguiva la sua vivace polemica coll'illuminismo lombardo sino ad attirarsi, a suo dire, "odio e detestazione", collaborò con quel giornale Corrier letterario che, ripubblicando quasi per intero Il Caffè e molti articoli dell'Encyclopédie, fungeva da tramite diretto alla diffusione nel Veneto delle più avanzate idee dei "lumi" francesi e lombardi.
Negli anni seguenti il F. strinse significativi legami con alcuni esponenti di spicco del giansenismo italiano, come il Pujati: testimonianza di questo suo atteggiamento filogiansenista è il Saggio d'un nuovo metodo per insegnare le scienze ai fanciulli (Lugano 1791), che attacca probabilismo, molinismo e "cortigianismo sacro, profano" e definisce "capo d'opera di domma, di morale e di disciplina" il celebre sinodo di Pistoia di Scipione de' Ricci.
Da Novara si trasferì nel monastero di S. Sepolcro d'Astino presso Bergamo, in data non precisata: il Torello Sala lo dice a Novara sino al 1791, ma lo stesso F. asserì nel 1797 di essere nella nuova sede da quattro lustri. A Bergamo lo sorpresero l'arrivo dei Francesi e la rapida "democratizzazione" della città: con sorprendente disinvoltura gridò subito "Viva la repubblica bergamasca!", si scagliò contro la morente "leo-volpina repubblica" e firmò come "cittadino Ferdinando Facchinei, monaco vallombrosano" una Miscellanea che può servir anche di aggiunta al Saggio di un nuovo metodo per insegnar gli elementi delle scienze a' fanciulli, stampata dal cittadino Antoine nell'anno quinto repubblicano, alla quale fece seguire un Catalogo critico delle sue opere edite ed inedite in cui, come ha notato Venturi, cercava "ancora una volta, disperatamente, di dare un ordine e un senso alle sue contraddizioni ed una linea alle sue pagine" (Contributi..., p. 136).
Di questa Miscellanea rimase celebre, e ripetutamente citato, questo passo, che ben esprime, sia pure col livore postumo di un antilluminista troppo frettolosamente riverniciatosi "democratico", l'incapacità della classe dirigente veneziana a coniugare "lumi" e riforme: "Si trovano dentro Venezia tre o quattromila scienziati ed altrettanti per lo meno nelle province che sapevano quasi a mente le opere di Montesquieu, Rossò e il libro Dei delitti e delle pene, letto da tutti con vero entusiasmo e fatto più volte riprodurre colle stampe della vostra capitale, sebbene contenesse più di quaranta proposizioni che dichiaravano indirettamente ridicolo, iniquo, tirannico il vostro governo: perché dunque dopo più di trent'anni di appassionata lettura di tali opere non vi siete curati di riformare i vostri tribunali e raddrizzare in qualche foggia il vostro greco gotico governo, ma anzi avete progredito sempre più precipitosamente a disorganizzarlo e renderlo ogni giorno più pesante ed odioso?" (p. XXXIX).
Durante l'offensiva austro-russa del 1799 si trovava a Forlimpopoli; fu arrestato, processato, insultato dalla gente e costretto ad abiurare i suoi recenti ideali "democratici"; deve aver manifestato simpatia per il napoleonico Regno d'Italia perché nel 1814, benché nonagenario, subì un nuovo processo. Non si conosce la data precisa della sua morte.
Fonti e Bibl.: Azpeitia, Guipúzcoa, Arch. d. Santuario de Loyola, Fondo Zaccaria, b. 19, leg, 10 (10 lettere del F. a Zaccaria); Abbazia di Vallombrosa, Archivio, B.III.5a: Liber professionum B, c. 53r; D.I.14: Barli, Ricordanze Vallombrosane, n. 14, c. 193r; Firenze, Bibl. Riccardiana, Mss. Lami, n. 3724: lettere del F. del 10 genn. 1750, 24 sett. 1751, 14 nov. 1762; Firenze, Biblioteca nazionale, Mss., II.I.98; Salò, Biblioteca dell'Ateneo, Fondo Butturini-Ghisetti, sezione C, cod. 101, c. 23; Bibl. ap. Vaticana, Ferraioli, IV, 9147, int. 12; Lettera al padre don F. F., lettore vallombrosano sopra il "Codice della ragione" del signor abatedi Ponpol, Vicenza 1780; G. A. Moschini, Della letteratura veneziana del secolo XVIII sino a' nostri giorni, IV, Venezia 1808, p. 110; A. Zerboglio, Il ritorno di padre F., in Rivista d'Italia, XXX (1927), pp. 22-30; A. Torello Sala, Diz. storicobiografico di scrittori letterati ed artisti di Vallombrosa..., I, Firenze s.d. [ma 1929], pp. 182-85; A. Mambelli, Noterelle di storia forlivese, brigantaggio e reggenza nel 1799, in Corriere padano, Corriere di Forlì [Ferrara], 29 dic. 1929; Id., I Forlivesi nel Risorgimento nazionale da Napoleone a Mussolini. Dizionario biografico, Forlì 1936, p. 95; P. Savio, Devozione di mgr. A. Turchi alla S. Sede, Roma1938, pp. 350-361; C. Caversazzi, Una lettera Luigi Piccioni a difesa di un frate anti-barettiano, in Bergomum, XIV (1940), pp. 23 ss.; S. Romagnoli, Introduzione a C. Beccaria, Opere, Firenze 1958, I, p. LXXIX; G. Bonicelli, Rivoluzione e restaurazione a Bergamo, Bergamo 1961, pp. 96 s., 124; A. Vecchi, Correnti religiose nel Sei-Settecento veneto, Venezia-Roma 1962, p. 415 F. Venturi, Contributi ad un dizionario storico. "Socialista" e "socialismo" nell'Italia del Settecento, in Riv. stor. ital., LXXV (1963), pp. 129-140; G. Torcellan, C. Beccaria a Venezia, ibid., LXXVI (1964), pp. 720-48 (rist. in Settecento veneto e altri scritti storici, Torino 1969, pp.203-234); F. Venturi, Beccaria, Cesare, in Diz. biogr. degli Ital., VII, Roma 1965, p. 462; Id., Settecento riformatore, I, Da Muratori a Beccaria, Torino 1969, pp. 707, 712, 715; P. Preto, L'illuminismo veneto, in Storia della cultura veneta. Il Settecento, V, 1, Vicenza 1985, p. 45.