PAER, Ferdinando Francesco
PAER, Ferdinando Francesco (diffusa anche la grafia Paër, alla francese). – Nacque a Parma il 1° luglio 1771 da Giulio e Francesca Cutica, in una famiglia di musicisti (il nonno Michele era trombettista).
Originario di Petrovaradin (oggi Novi Sad, in Serbia) «Michel Pär» lasciò la propria città per cercar fortuna a capo di un corpo di musica di reggimento (Castil-Blaze, 1838, p. 5). La dominazione asburgica sul ducato di Parma lo condusse in Italia, e proprio a Parma egli prese dimora, si sposò, divenne italiano di adozione. Il padre Giulio fu cornista e dal 1778 alla morte, 20 marzo 1790, suonò il corno da caccia nell’orchestra di corte a Parma. Introdusse importanti novità nella tecnica dello strumento, ampliando l’estensione e facilitandone l’integrazione in orchestra.
Il nome del neonato fu scelto da Maria Amalia d’Asburgo Lorena, duchessa di Parma e consorte del duca Ferdinando, che lo tenne a battesimo in S. Giovanni Evangelista. Presto il piccolo Ferdinando ricevette le prime lezioni dal padre, che ne riconobbe subito la felice disposizione per la musica. In seguito studiò con Francesco Fortunati, maestro di musica a corte e concertatore al teatro Regio, e col violoncellista Gaspare Ghiretti, rinomato contrappuntista formatosi a Napoli. Dei primi vent’anni della sua vita si hanno scarse notizie. Sembra che giovinetto, per la visita a Parma di re Gustavo III di Svezia nel 1783-84, abbia cantato a corte la parte di Amore nell’Orfeo ed Euridice di Gluck. A 19 anni rimase orfano del padre: in quel periodo prese a dedicarsi alla composizione.
La prima testimonianza di una sua opera è un libretto che attesta la rappresentazione del melologo Orphée et Eurydice (testo di Pierre Duplessis) alla corte di Parma nel 1791. Nel carnevale 1792 Paer musicò per il teatro di S. Samuele di Venezia il dramma per musica Circe (libretto di Domenico Perelli); a luglio fu nominato maestro di cappella onorario, ovvero senza salario, dell’infante di Parma. Dal 1792 vari teatri della penisola scritturarono il giovane compositore, che entro il 1798 scrisse altre 15 opere: 5 serie, 8 buffe e 2 farse in un atto.
Dopo Le astuzie amorose (commedia per musica, Antonio Brambilla; Parma, teatro Ducale, autunno 1792), nel 1793 compose un dramma per musica, Laodicea (Giuseppe Foppa; Padova, Nuovo teatro, 1° luglio 1793) e ben tre drammi giocosi: I pretendenti burlati (Giancarlo Grossardi; Medesano, teatrino Grossardi, estate 1793), L’oro fa tutto (Angelo Anelli; Milano, Scala, agosto 1793), Il nuovo Figaro (sul libretto delle Nozze di Figaro di Lorenzo da Ponte; Parma, Ducale, carnevale 1794). Altrettante opere compose l’anno dopo: due farse, Il matrimonio improvviso e I molinari (Venezia, S. Moisè, 22 febbraio 1794), e due drammi seri, L’Idomeneo (Gaetano Sertor; Firenze, teatro della Pallacorda, 21 aprile 1794) ed Ero e Leandro (Francesco Saverio Salfi; Napoli, S. Carlo, 13 agosto 1794). Il 1795 vide due drammi per musica, La Rossana (Pietro Calvi; Milano, Scala, 31 gennaio 1795) e Il Cinna (Anelli; Padova, Nuovo, 12 giugno 1795) e un dramma giocoso, L’intrigo amoroso (Giovanni Bertati; Venezia, S. Moisè, 4 dicembre 1795). Seguirono altri tre drammi giocosi: L’orfana riconosciuta (Firenze, Pergola, 28 marzo 1796), L’amante servitore (Antonio Sografi; Venezia, S. Moisè, 28 dicembre 1796) e Il principe di Taranto (Filippo Livigni; Parma, Ducale, carnevale 1797). In genere, furono le opere buffe a riscuotere il maggior successo.
Nel marzo 1797 Paer fu nominato dal duca di Parma sostituto dei maestri ufficiali della cappella di corte Giuseppe Colla e Francesco Fortunati con un salario annuo di 2000 lire. Entro maggio sposò il soprano Francesca Riccardi (nata a Parma il 28 settembre 1778), che fu poi protagonista femminile in molte sue opere successive.
Col melodramma Griselda (Anelli; Parma, Ducale, carnevale 1798), poi acclamato in tutt’Europa, Paer inaugurò l’importante filone delle sue opere di genere semiserio, che durò fino al 1809. Griselda segnò anche la fine del periodo italiano del maestro, che dopo quella stagione si stabilì a Vienna, dove la moglie venne ingaggiata nei teatri di corte.
Ad aprile Francesca debuttò al teatro di Porta Carinzia, per il quale in quegli anni Paer scrisse spesso. Ciò, più tardi, ha spinto a credere che a Vienna egli avesse assunto la direzione dell’opera italiana, rimasta in realtà sempre nelle mani di Antonio Salieri e Joseph Weigl. Ufficialmente ancora al servizio della corte parmense, Paer viveva componendo opere teatrali e cantate sceniche perlopiù su richiesta dei suoi potenti protettori a corte, Maria Teresa, consorte dell’imperatore Francesco II, e Ferdinando III granduca di Toscana, che, lasciata Firenze, si stabilì a Vienna tra il 1799 e il 1802.
Al teatro di Porta Carinzia destinò tre opere divenute celebri: Camilla ossia Il sotterraneo (dramma serio-giocoso di Giuseppe Carpani da Benoît-Joseph Marsollier des Vivetières; 23 febbraio 1799), secondo saggio nel genere semiserio e secondo successo europeo; la farsa Poche ma buone (di Foppa, rimaneggiata da Giovanni De Gamerra; 18 dicembre 1800), che, presto tradotta in forma di Singspiel (Der lustige Schuster), per oltre mezzo secolo s’instaurò nel repertorio leggero tedesco; infine il dramma per musica Achille (De Gamerra; 6 giugno 1801), che riscosse successi in tutt’Europa, suscitando l’ammirazione di personalità come Beethoven e Napoleone.
Paer compose ancora le farse in un atto Il morto vivo (Carlo Prospero Defranceschi; Vienna, 12 luglio 1799), La testa riscaldata (Foppa; Venezia, S. Benedetto, 30 gennaio 1800) e La sonnambula (Id.; ibid., 15 febbraio 1800), la tragicommedia Ginevra degli Amieri (Id.; Vienna, 2 settembre 1800) e il dramma Numa Pompilio (Pietro Bagnoli; ibid., 1800). Per gli ambienti legati alla corte austriaca scrisse anche cantate e oratorii, questi ultimi sotto l’influsso della Creazione di Haydn. Così, ad esempio, la cantata L’apoteosi (1800 circa) fu dedicata alla consorte del principe Lobkowitz; La Felicità, la Virtù e Imeneo venne composta probabilmente per le nozze del conte Moritzvon Fries (15 ottobre 1800); mentre la cantata Per la festività del Ss. Natale (1801) e l’oratorio La passione di Gesù Cristo (1802), entrambi sui versi di Pietro Bagnoli, furono composti rispettivamente per la corte e per un’esecuzione privata.
Nell’aprile 1802 i Paer lasciarono Vienna alla volta di Dresda, dove l’elettore Federico Augusto III li ingaggiò a corte per tre anni come artisti ospiti. Paer avrebbe dovuto fornire al teatro di corte due opere nuove all’anno per un compenso di 750 talleri, ma fino al 1806 ne scrisse soltanto tre. Esse però costituirono la felice trilogia di opere semiserie da cui dipese gran parte della sua fama: I fuorusciti (dramma giocoso, Anelli; 13 novembre 1802), Sargino (dramma eroicomico, Foppa; 26 maggio 1803) e Leonoraossia L’amor coniugale («fatto storico», Giacomo Cinti; 3 ottobre 1804).
Quest’ultima precedette di un anno la prima versione del Fidelio di Beethoven, basato sul medesimo soggetto, andato in scena a Vienna il 20 novembre 1805. Poiché alcune analogie tra le due opere vanno al di là della fonte comune, il libretto di un opéra-comique di Jean-Nicolas Bouilly, Léonore ou L’amour conjugal (Parigi 1798, musica di Pierre Gaveaux), è lecito congetturare che quando, pochi mesi prima dell’allestimento della Leonora, Paer diresse a Vienna l’oratorio Il trionfo della Chiesa (20 maggio 1804) i due compositori si fossero incontrati e avessero potuto discutere i rispettivi progetti operistici sullo stesso soggetto. Si sa anche che più avanti Beethoven entrò in possesso comunque di una copia della partitura paeriana: ma non si sa quando.
Il 15 settembre 1804 Paer ottenne dal principe la nomina a vita come maestro della cappella di corte sassone, dove gli competevano il servizio liturgico e la direzione di tutte le opere italiane con un salario annuo di 1200 talleri più altri 300 per ogni nuova opera teatrale composta.
Da Dresda poté assentarsi più volte per scrivere o dirigere all’estero nuovi lavori. Nei primi mesi del 1803 e nella primavera 1804 tornò a Vienna, dove presentò la cantata Arianna consolata (1803) e il citato oratorio Il trionfo della Chiesa. Nell’autunno 1804 intraprese un lungo viaggio in Italia: allestì il dramma giocoso Una in bene e una in male (Foppa; Roma, teatro Valle, 29 dicembre 1804) e il dramma serio Sofonisba (Domenico Rossetti; Bologna, teatro del Corso, 19 maggio 1805).
Fu soprattutto a causa di quest’ultima prolungata assenza se Paer compose per la corte poca musica da chiesa. Dresda vantava a corte un’illustre tradizione musicale di rito cattolico, che Paer arricchì con pochi lavori: a tutt’oggi si conoscono una Missa piena in Re minore, l’offertorio Laetamini in Deo coelites e un Salve Regina, tutti risalenti all’autunno 1805.
A Dresda aveva trovato un ambiente congeniale; vi avrebbe probabilmente trascorso il resto di sua vita, se nel 1806 la guerra non vi avesse condotto anche Napoleone. Vittorioso a Jena nell’ottobre di quell’anno, l’imperatore dei Francesi mise in ginocchio la Sassonia e assieme ai bottini di guerra sottrasse alla corte anche l’ammirato maestro di cappella. Il 23 novembre i Paer ricevettero dal principe l’ordine di partire subito per Berlino. Dapprima pensarono a un breve soggiorno, in cui avrebbero preso parte ad alcune soirées musicali in presenza dell’imperatore francese, ma giunti a Berlino scoprirono che Napoleone era già partito per la Polonia, e che l’ordine era di seguirlo a Poznań e poi a Varsavia. Appresero allora ch’egli li aveva di fatto sottratti alla corte di Federico Augusto, il quale, non potendosi opporre alla volontà del vincitore, glieli cedette alla stregua di trofei di guerra.
Di Paer, Bonaparte amava l’Achille, apprezzava il talento di compositore, ammirava le singolari doti di virtuoso e improvvisatore alla tastiera e adorava la vis comica nelle parti di basso buffo. Sembra che la sera, al quartier generale, il maestro si esibisse spesso per lui interpretando arie comiche di Paisiello in modo irresistibile (cfr. Castil-Blaze, 1838, p. 25).
Trascorso l’inverno in Polonia al seguito di Napoleone, nella primavera 1807, prima di raggiungere Parigi, Paer passò di nuovo per Vienna: compose e probabilmente diresse il 15 maggio la cantata Sophie, e l’11 giugno la cantata Adieux de la Société de Vienne à madame la princesse de Galitzin.
Con contratto firmato il 14 gennaio 1807 a Varsavia fu nominato ‘Compositeur de la musique de la chambre’ imperiale; gli fu affidata la direzione dei concerti e del teatro di corte e la composizione delle musiche ordinategli da Napoleone, con un salario annuo di 28.000 franchi cui si aggiungeva una gratifica di altri 12.000 franchi. Anche la moglie beneficiò di un munifico contratto, che la ingaggiò per dodici anni come ‘première chanteuse de la chambre’, con uno stipendio di 30.000 franchi. A Parigi, Paer non fu maître de chapelle della corte, come riportano molti testi, bensì ‘compositeur et directeur de la musique particulière’, ovvero della musica privata di Napoleone, allora costituita da cantanti celebri come Giuseppina Grassini e il castrato Girolamo Crescentini.
‘Chapelle’ e ‘Musique particulière’ erano istituzioni distinte, e a capo della prima, che tra il 1802 e il 1804 era stata diretta da Giovanni Paisiello, v’era all’epoca Jean-François Lesueur.
Per il teatro di corte rimaneggiò il Numa Pompilio, già dato a Vienna nel 1800 e ora trasformato in «dramma eroico-pastorale» (andò in scena il 12 gennaio 1809). Sempre a corte, il 2 marzo diresse la nuova cantata Diana e Endimione; in estate profittò di un congedo per recarsi a Parma. Qui, per inaugurare il teatrino privato nella villa del conte Fabio Scotti al ponte di Attaro, compose in appena tre settimane l’Agnese, dramma semiserio di Luigi Buonavoglia, andato in scena il 3 ottobre 1809. Ultima delle sue fortunate opere semiserie, Agnese fu il capolavoro di Paer; l’opera preferita dallo stesso autore godette del maggior successo e della più ampia diffusione internazionale.
Basato sulla commedia Agnese di Fitz-Henry di Filippo Casari (1802), tratta a sua volta da una novella di Amelia Opie, The Father and the Daughter (1801), il dramma mette in scena temi forti come la follia e l’amor filiale; grazie all’espressività della musica suscitò l’emozione dei pubblici teatrali di tutt’Europa e d’Oltreoceano, e l’ammirazione di musicisti come Berlioz e Chopin. Anche i teorici ne rimasero colpiti: nel 1812 Carlo Gervasoni, nella Nuova teoria di musica, descrisse in dettaglio il duetto Quel sepolcro che racchiude. Altri invece, come Stendhal, si dissero inorriditi per la crudezza delle scene di follia (cfr. Vie de Rossini [1824], 1923, pp. 33 s.).
Tra il 1810 e il 1813 Paer produsse altri lavori di spicco: per le nozze tra Napoleone e Maria Luisa, celebrate a Parigi il 1° e il 2 aprile 1810, compose la cantata La Gloria al massimo degli Eroi e quattro grandi marce per banda militare; per i festeggiamenti che seguirono il battesimo del figlio di Napoleone compose una Didone abbandonata metastasiana, data il 16 giugno 1811 alle Tuileries; in settembre, ad Amsterdam al seguito dell’imperatore, creò in soli cinque giorni la Messa breve in Si bemolle maggiore; rientrato a Parigi, si dedicò a I baccanti, dramma per musica di Gaetano Rossi, completandone a quanto pare il solo primo atto, dato a corte nel gennaio 1813.
Ricadono in questo periodo altri due momenti salienti nella vita di Paer. Uno toccò la sfera privata e fu la separazione dalla moglie. Sul finire del 1810 Francesca lasciò il marito e Parigi per tornare in Italia: stabilitasi a Bologna, continuò a calcare le scene per molti anni ancora (morì a Roma nella notte fra il 12 e il 13 maggio 1845). L’altro, invece, diede una svolta alla sua carriera. Alla fine del 1812 Paer venne nominato da Napoleone anche direttore del Théâtre Italien di Parigi, forse il teatro più prestigioso d’Europa nei generi dell’opera italiana: chi ne era a capo aveva in mano il destino degli operisti italiani che tentavano di affermarsi in Francia e nel resto d’Europa. Paer subentrò a Gaspare Spontini, ch’era stato alla testa del teatro dal 1810 al 1812.
Non si conoscono le ragioni dell’avvicendamento, ma di certo esso avvelenò i già difficili rapporti tra i due: Spontini accusò Paer di aver tramato alle sue spalle per sottrargli la carica; altri sostennero che nei due anni della sua direzione Spontini avesse aggravato anziché risollevato le sorti economiche del teatro.
L’avvio di gestione fu promettente, ma a inizio 1814 sorsero gravi problemi per il teatro, che, sovvenzionato dalle casse imperiali, subì pesantemente le ripercussioni economiche della guerra e della caduta di Napoleone. Nel frattempo, coi nemici alle porte, l’autorità imperiale commissionò a Paer, Henri-Montan Berton, Rodolphe Kreutzer ed Étienne-Nicholas Méhul L’Oriflamme, opera celebrativa della storica battaglia di Poitiers, che avrebbe dovuto risvegliare nei francesi lo spirito patriottico, incitandoli alla resistenza: compiuto speditamente, l’atto unico (testo di Charles-Guillaume Étienne e Louis-Pierre Baour-Lormian) andò in scena il 1° febbraio all’Académie impériale de musique.
Ma Napoleone cadde, e con lui anche il Théâtre Italien. L’amministratore Dominique-François Gobert fu arrestato per fallimento e Paer, impotente a Parigi, trascorse parte dell’estate in Italia. Col ritorno dei Borbone, la carica di direttore dell’Italien entrò in una fase di stallo. Spontini ne approfittò e subito si fece avanti per riaverla, cercò protezione nella famiglia reale e tentò di screditare agli occhi della corte l’immagine del rivale parmigiano accusandolo di bonapartismo. Dal canto suo Paer reclamò la validità della sua nomina, ma a novembre la ferma risposta del ministro Pierre-Louis-Jean-Casimir deBlacas gli impose di rinunciare alla direzione del teatro se voleva mantenere quella della musica privata del re.
Tra i due litiganti la spuntò un terzo personaggio, la cantante Angelica Catalani: costei – passata la bufera dei ‘Cento giorni’, che aveva momentaneamente ristabilito Paer negli incarichi – ottenne il privilegio di aprire il suo Théâtre Royal Italien inaugurandolo il 2 ottobre 1815 nella nuova sede della sala Favart.
Escluso dall’Italien, a fine 1815 Paer compì un nuovo viaggio in Italia: L’eroismo in amore (melodramma serio di Luigi Romanelli) andò in scena il 26 dicembre alla Scala di Milano, con esito fiacco. Fu probabilmente allora che gli venne commissionata dal teatro una nuova opera semiseria per l’autunno successivo: Avviso ai giudici (di Giovanni Gherardini); tuttavia, troppo preso dagli impegni parigini, Paer rinunciò al progetto e restituì il libretto, che nel 1817, assegnato a Rossini, divenne La gazza ladra.
La grande occasione gli si presentò nel maggio 1816, quando la Catalani, in partenza per una lunga tournée europea, gli affidò in sua assenza la direzione musicale del teatro, con un compenso annuo di 6000 franchi. Dando prova di grande zelo e operosità, Paer programmò una serie di opere che risvegliarono la curiosità e le aspettative dei parigini; nel contempo scrisse per le nozze del duca di Berry La primavera felice (dramma giocoso, Luigi Balocchi), data a corte il 28 giugno. Nel cartellone di quella stagione inserì anche L’italiana in Algeri di Rossini: allestita il 1° febbraio 1817, fu la prima opera del Pesarese ad approdare in Francia.
Nel 1818 altri problemi sorsero all’Italien, legati stavolta alla caotica gestione della Catalani che, padrona assoluta della scena, aveva provocato la partenza di molti cantanti, impoverendo così compagnia e repertorio. In difficoltà, Catalani si dimise, a maggio il teatro venne chiuso, e Paer ne perse di nuovo la direzione musicale.
Nella primavera 1818 Paer puntò l’attenzione sull’Académie royale de musique, per la quale s’impegnò a scrivere la tragédie lyrique di soggetto tassesco Olinde et Sophronie (Auguste-Félix Désaugiers). Ne completò tuttavia soltanto i primi due atti lasciando incompiuto il terzo: nonostante i ripetuti richiami inviatigli tra il 1819 e il 1821 da Giovan Battista Viotti, allora direttore del teatro, non consegnò mai la partitura, sostenendo che l’Opéra non gli dava garanzie né sulla celerità né sulla qualità dell’allestimento (cfr. Castellani, 2008, pp. 361 s.; Schmierer, 2008, p. 197). L’unico opéra francese di cui intraprese la composizione rimase dunque un torso.
Nel marzo 1819 il Théâtre Italien riaprì nella sala Louvois, affidato all’amministrazione dell’Opéra. Paer fu nominato ‘Maestro’, funzione equivalente a quella di direttore musicale. Memorabile, il 24 luglio, il primo allestimento parigino dell’Agnese, che ne coronò il successo internazionale. Per l’occasione egli rimaneggiò l’opera inserendovi nuovi brani per i cantanti Joséphine Mainvielle-Fodor, Felice Pellegrini e Marco Bordogni. Progressivamente intensificò anche le rappresentazioni di opere rossiniane: nel 1819 L’inganno felice e Il barbiere di Siviglia, nel 1820 Il turco in Italia e Torvaldo e Dorliska (quest’ultima scelta – Torvaldo non aveva convinto alla prima romana del 1815 – parve ad alcuni un tentativo di sabotare il successo francese di Rossini).
Gli obblighi all’Italien gli impedirono nel maggio 1820 di rispettare l’impegno preso con Domenico Barbaja per scrivere e dirigere una Francesca da Rimini al S. Carlo di Napoli: la causa civile che ne scaturì durò alcuni anni.
Il 9 giugno venne insignito del titolo di ‘chevalier de la Légion d’honneur’, onorificenza cui agognava sin dall’estate 1816 e che all’epoca gli era stata negata dagli organi competenti per i pesanti addebiti di bonapartismo che gravavano su di lui.
Il 29 marzo 1821 ebbe luogo al teatro Feydeau la prima del Maître de chapelle. Contrariamente a quanto si affermò in seguito, Paer compose questo opéra-comique in un lasso di tempo molto lungo per le sue abitudini: la gestazione aveva avuto inizio nel giugno 1818.
Il libretto di Sophie Gay è tratto dalla commedia Le souper imprévu ou Le chanoine de Milan di Alexandre Duval, e, sostituendo nel ruolo buffo il prete col maestro di cappella, condisce l’azione di gustose scene di metateatro, come lo spassoso duetto in cui il protagonista tenta di insegnare un’aria italiana alla cuoca francese o come l’aria in cui egli s’immagina la sontuosa rappresentazione scenica della sua Cleopatra. Sulle prime l’opera ebbe un’accoglienza tiepida, ma col passare delle settimane raccolse sempre maggiori consensi fino al pieno successo di pubblico e critica. Le maître de chapelle, in cui Paer gioca spesso con lo stile e le forme rossiniane dandone una versione caricata, si fissò presto nel repertorio leggero francese: sopravvisse fino alle soglie del Novecento.
Contemporaneamente, ricevette la commissione di un altro opéra, Blanche de Provence, per celebrare il battesimo del duca di Bordeaux, figlio del defunto duca di Berry. Per accelerarne la composizione furono ingaggiati con lui Berton, François-Adrien Boieldieu, Luigi Cherubini, Kreutzer e Lesueur. Fu data il 1° maggio alle Tuileries.
La fama di un Paer ostile a Rossini e sabotatore delle sue opere all’Italien nacque probabilmente con Stendhal (cfr. Vie de Rossini [1824], 1923, p. 34) e si diffuse fino a tutto il Novecento. In realtà, il rapporto tra i due maestri si sviluppò in due diverse fasi, separate, come da uno spartiacque, dalla nomina di Rossini nel novembre 1824 a direttore del Théâtre Italien. Prima d’allora, nulla nell’atteggiamento e nelle azioni di Paer lascia trasparire alcuna ostilità. Tra il 1813 e il 1819 le opere di Rossini giunsero a rilento a Parigi a causa dei problemi finanziari dell’Italien e della gestione poco lungimirante della Catalani, non già per una presunta refrattarietà di Paer. Fu anzi grazie a lui che L’italiana in Algeri e le altre opere rossiniane approdarono nella capitale in allestimenti di successo. Retrocesso a ‘direttore aggiunto’ dopo la nomina di Rossini, Paer si dovette sentire messo da parte senza riguardo da un’istituzione che negli anni egli aveva contribuito a rendere illustre in Europa. Nel contempo, tra i due sorse un contrasto di vedute su come gestire il teatro, che si aggravò quando Rossini, dopo Il viaggio a Reims del 1825, volse le spalle all’Italien e si rivolse al più lucroso teatro dell’Opéra. Ne nacque un periodo di gravi difficoltà per l’Italien, Rossini lasciò la direzione nell’ottobre 1826, e Paer si ritrovò, solo, a capo di un teatro che definì «un esercito decimato» (Paer, [1827], p. 6), alludendo alla penuria di cantanti e repertorio. Anche la stampa rilevò che Rossini, avendo assunto la direzione quando il teatro era all’apice grazie a Paer, lo restituiva ora in uno stato deplorevole. Il 14 luglio 1827 Paer, ridotto ormai a capro espiatorio di quella difficile situazione, fu definitivamente licenziato dall’Italien. Nei giorni successivi, in risposta al decreto pubblicò la lettera aperta intitolata M. Paër, ex-directeur du Théâtre de l’Opéra Italien, à MM. les Dilettanti, per difendere il proprio operato.
Come direttore della musica privata del re mantenne comunque una posizione influente nella vita musicale parigina. Il 29 gennaio 1831 venne eletto nell’Académie des Beaux-Arts dell’Institut national de France, succedendo a Charles-Simon Catel, da poco deceduto. In estate compose insieme a Daniel-François-Esprit Auber, Desiré-Alexandre Batton, Berton, Felice Blangini, Boieldieu, Michele Carafa, Cherubini e Ferdinand Hérold La Marquise de Brinvilliers, drame lyrique di Eugène Scribe e Castil-Blaze: andò in scena il 31 ottobre 1831 all’Opéra-Comique.
Negli ultimi anni s’intensificarono le sue attività nel Conservatorio parigino. Nel settembre 1831 fu nominato ‘Inspecteur de l’instruction et du chant’, senza salario. Tale carica non gli fu di aiuto quando, con Luigi Filippo, la musica privata del re subì alcuni tagli e anche la direzione di Paer venne temporaneamente sospesa. Solo dal gennaio 1833 tornò ad essere ‘Chef de la Musique de la Chambre du Roi’ con un salario di 8000 franchi annui.
Nel 1834 la carriera operistica di Paer ebbe un ultimo sussulto, col delizioso opéra-comique in un atto Un caprice de femme, libretto di Pierre-Jean Lesguillon, che andò in scena il 23 luglio all’Opéra-Comique con discreto successo.
Nell’estate 1833 Vincenzo Bellini giunse a Parigi, dove poco dopo per il Théâtre Italien avviò la composizione dei Puritani. Paer e Bellini si conobbero e si frequentarono. Il giovane e ambizioso catanese, che aspirava a una carica prestigiosa nella capitale, cominciò a speculare sulla scomparsa dell’anziano collega morisse (lettera del 13 agosto 1835, in Bellini. Epistolario, 1943, p. 583), auspicando che morisse presto per potergli succedere alla testa della musica di corte. Ma i destini si rovesciarono e toccò a Paer, il 2 ottobre 1835, accompagnare le spoglie di Bellini al cimitero e pronunciare l’orazione funebre.
Il 1° gennaio 1838 fu nominato ‘Professeur de haute composition’ al Conservatorio al posto di Lesueur, deceduto nell’ottobre precedente. Quell’anno lavorò ancora alla sua ultima fatica editoriale, le 36 Vocalises pour voix de basse.
Morì a Parigi venerdì 3 maggio 1839 alle sei di sera, nel suo appartamento in Rue de Richelieu 89.
I funerali, solenni, ebbero luogo il 6 maggio alle 11 del mattino nella chiesa di St-Roch. Dopo la cerimonia funebre la salma fu accompagnata al cimitero del Père-Lachaise, dove Carafa, Berton e il giovane Charles Gounod, allievo di Paer nella classe di composizione, pronunciarono le orazioni di rito.
Dal matrimonio con Francesca Riccardi erano nati tre figli: Alphonsine, ottima cantante, rimasta col padre a Parigi, dove morì nel 1834; Alessandro che, seguita la madre in Italia, intraprese la carriera musicale e morì a Roma nel 1860; e Maurice, il cadetto, nato all’arrivo della coppia a Parigi nel 1807.
Paer fu eccellente pianista, accompagnatore e improvvisatore, cantante – scrisse per sé la parte del baritono Uberto nell’Agnese – e maestro di canto e di composizione. Giuditta Pasta e altre celebrità perfezionarono sotto di lui la propria vocalità, mentre nel 1824 il giovane Liszt, non ammesso al Conservatorio parigino, studiò privatamente con lui composizione.
Con Johann Simon Mayr fu il massimo esponente in Europa dell’opera italiana nel decennio che precedette l’ascesa di Rossini; e proprio agli anni tra il 1798 e il 1809 risalgono i successi che segnarono il culmine della sua parabola artistica: Griselda, Camilla, Achille, I fuorusciti, Sargino, Leonora, Sofonisba, Agnese. Diede il meglio nel genere semiserio, laddove la sensibilità per l’espressione musicale d’intensi momenti patetici e drammatici si sposò con un genuino talento nel tracciare le situazioni comiche. Nello stile fu debitore della tradizione prerossiniana ma anche preparatore degli importanti cambiamenti che l’opera italiana sperimentò con Rossini. Il linguaggio orchestrale fu prevalentemente legato ai modelli di Paisiello e Mozart, con una raffinata predilezione per l’impiego di strumenti concertanti specialmente nelle arie, mentre la vocalità e il disegno melodico del canto mostrano evidenti segni di progresso in direzione della scrittura rossiniana, e in qualche caso addirittura della melodia belliniana. Dall’analisi emerge che certe forme, come quelle della sinfonia o della cabaletta in arie e duetti, e certe macrostrutture dei numeri chiusi poi mutuate e perfezionate in particolare da Rossini, come quella quadripartita che si consoliderà poi nella cosiddetta «solita forma», erano già praticate da Paer, seppur non in modo sistematico.
Oltre alle 43 opere teatrali, la sua vastissima produzione annovera tutti i generi: messe, offertorii, salmi, oratorii, cantate sacre, profane e sceniche, musica vocale da camera, comprendente oltre 150 ariette, romances e Lieder a una voce e più di 40 duettini e notturni, sinfonie, ouvertures, concerti solistici, danze e marce, sonate e pezzi staccati per strumento solo nonché opere didattiche per il canto e un metodo per violino.
Paer fu una delle personalità musicali eminenti nel primo trentennio dell’Ottocento e certamente una delle figure influenti della vita musicale a Parigi. Molti giovani musicisti – spiccano i nomi di Giuditta Pasta, Liszt, Henriette Sontag, Chopin, Bellini, Mercadante, Thalberg – giungendo per la prima volta nella capitale gli si rivolsero chiedendogli aiuto per muovervi i primi passi ed essere introdotti nei salotti più importanti.
Per un elenco completo delle opere si veda Bongiovanni, 2001, 2003 e 2004, Enßlin, 2004, Beghelli, 2008.
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