GALIANI, Ferdinando
Nato a Chieti il 2 dicembre 1728, fu educato a Napoli dallo zio Celestino (v.). Già a sedici anni prendeva le mosse dalle dottrine politiche del Vico e dagl'insegnamenti orali dei due fiorentini napoletanizzati Bartolomeo Intieri e Alessandro Rinuccini, nonché di Alessio Simmaco Mazzocchi, per comporre una serie di dissertazioni, tutte inedite, di argomento politico, economico e archeologico, tra cui vanno menzionate quelle sullo Stato della moneta al tempo della guerra di Troia, sull'Antichissima navigazione del Mediterraneo e sulla vexata quaestio ove sorgesse a Napoli il castro luculliano. Circa quel tempo imprendeva altresì una traduzione delle Considerations of the consequences of the lowering of interest and raising of the value of money del Locke, aggiungendovi parecchie note: primo nucleo del suo classico trattato Della moneta (1751; 2ª ed. con aggiunte, 1780; edizione critica del Nicolini, Bari 1915), celebre soprattutto per una limpidissima teoria del valore economico, riposto nella simultanea "utilità" e "rarità" delle cose. Nel 1751-2 compieva un lungo viaggio d'istruzione in Italia, stringendosi dappertutto in amicizia con gli studiosi più insigni. Tornato a Napoli, pubblicò nel 1754, per incarico dell'Intieri, un altro trattato Sulla perfetta conservazione del grano (tradotto in francese, nel 1770, dal Bellepierre-de-Neuve-Église); nel 1755 fu tra i soci fondatori della reale Accademia ercolanense, fornendo suoi contributi al primo volume de Le pitture antiche d'Ercolano e contorni (Napoli 1757); nello stesso anno inviò a papa Benedetto XIV una raccolta di pietre vesuviane con un suo Catalogo ragionato (messo a stampa nel 1772); nel 1758 dava alla luce le Lodi del medesimo pontefice quanto mai apprezzate dal Diderot e particolarmente notevoli per un originale sviluppo del "non fare" in politica.
Con la carica di segretario dell'ambasciata napoletana, non senza essere talvolta "incaricato di affari", si trasferì nel 1759 a Parigi, donde ebbe un carteggio confidenziale col ministro Bernardo Tanucci (v.), documento di primo ordine per la storia europea e pubblicato parzialmente dal Bazzoni e dal Nicolini (Bari 1914), e dove la sua vena di causeur gli valse grande familiarità con gli uomini più rappresentativi di quella capitale e la fraterna amicizia del Diderot, del Grimm e della signora d'Épinay, nel cui salotto furono improvvisati, prima che scritti, i suoi originali Pensieri su Orazio (1765): lavoro ripreso più tardi a Napoli con altro metodo e ricostruito, sui frammenti superstiti, dal Nicolini (Bari 1910). Gli editti del 1764 sulla libera esportazione dei grani lo trovarono dapprima consenziente, come mostra una sua lunga "consulta" inedita, scritta, per incarico del Tanucci, durante un breve congedo trascorso a Napoli (1765-66); ma, tornato a Parigi (1766) e particolarmente dopo un viaggio in Olanda e in Inghilterra (1767), si volse a poco a poco contro lo sconfinato liberismo economico, componendo, contro i fisiocratici che lo sostenevano (e che poi mossero in colonna serrata contro di lui), i famosi Dialogues sur le commerce des blés, che, pubblicati nel 1770 a cura del Diderot e della d'Épinay, propugnano la tesi che le questioni economiche, come quelle che abborrono le generalizzazioni, vanno studiate, caso per caso, secondo le varie contingenze di tempo e di luogo. Un infortunio diplomatico lo fece richiamare nel 1769 definitivamente a Napoli, donde ebbe con la d'Épinay e gli altri amici francesi una nutrita corrispondenza, che, messa più volte a stampa, è, nella grande varietà di argomenti, ritenuta concordemente il suo capolavoro. Fu in patria consigliere (1769) e poi anche segretario (1770) del Supremo tribunale di commercio, membro della giunta degli allodiali (1777), primo assessore del consiglio supremo di finanze (1782), assessore della soprintendenza del "Fondo della separazione" (1784), con annesso teatro, di cui gli toccò perfino di essere "impresario"; e, in tali qualità, scrisse molte importanti "consulte" inedite d'argomento politico ed economico, preparò il testo di alcuni trattati di navigazione e di commercio delle Sicilie con varie potenze (per es. con la Russia, la cui imperatrice, Caterina II, era fra le sue ammiratrici), e fece altresì iniziare sotto la sua direzione i lavori di ripristino dell'antico porto romano di Baia. Diede ancora alle stampe, oltre a taluni opuscoli burleschi, una grande carta geografica, in più pezzi, del regno di Napoli (1771), disegnata a Parigi, sotto la sua direzione, dal Rizzi-Zannoni; il libretto del Socrate immaginario, composto nel 1775 in collaborazione con Giambattista Lorenzi e musicato dal Paisiello; un trattatello grammaticale-storico, contesto di nuove vedute estetico-linguistiche, sul Dialetto napoletano (1779; 2ª ed., accresciuta, 1789; ed. critica e annotata, a cura del Nicolini, Napoli 1923); un Vocabolario del medesimo dialetto, pubblicato postumo nel 1789 e ricco di osservazioni folkloristiche; nonché, per incarico ufficiale, un grosso volume sui Doveri dei principi neutrali (1782), che presenta interesse per un tentativo di risolvere le questioni di diritto internazionale come problemi geometrici de maximis et minimis. Morì a Napoli il 30 ottobre 1787. La sua copiosa biblioteca e il suo prezioso museo, ricco soprattutto d'uno scelto medagliere, andarono, dopo la sua morte, disseminati e quindi dispersi. Per contrario, tutti i suoi carteggi e manoscritti editi e inediti si serbano nella biblioteca della Società napoletana di storia patria e i più importanti sono stati pubblicati e si vanno pubblicando dal Nicolini.
Bibl.: F. Nicolini, Il pensiero dell'abate G., Bari 1909, saggio bibl. finale, e, per la lett. post., F. Flora, Le più belle pagine dell'abate G., Milano 1927. Cfr. altresì F. Nicolini, La signora d'Épinay e l'abate G., Bari 1927.