FERDINANDO III di Lorena, granduca di Toscana
Secondogenito di Pietro Leopoldo, nacque il 26 maggio 1769. Quando il padre, per la morte del fratello Giuseppe II, fu assunto all'impero, cedette a lui il granducato di Toscana nel 1791. F., secondo le correnti avverse alla politica paterna, temperò o annullò molte delle riforme economiche ed ecclesiastiche leopoldine. Al sopraggiungere degli eserciti francesi, cercò di cautelarsi con una dichiarazione di neutralità, che non fu rispettata dagl'invasori e, nel marzo 1799, un esercito, comandato dal generale Gaultier, occupava la Toscana. Partiti i Francesi, dopo la sconfitta di Macdonald alla Trebbia, fu restaurato il governo granducale per opera degli Austriaci. Ma, dopo la vittoria di Marengo, la Toscana fu di nuovo invasa dagli eserciti francesi, finché col trattato di Lunéville (1801) F. fu spodestato, ricevendo in compenso il granducato di Würzburg, e la Toscana, trasformata in regno d'Etruria, fu assegnata a Ludovico di Borbone, figlio del duca di Parma.
Fino alla Restaurazione, F. rimase sovrano del suo piccolo stato di Germania; fu reintegrato nel vecchio dominio di Toscana nell'aprile 1814 e ottenne, per le decisioni del congresso di Vienna, anche un aumento di territorio. Tornò desideratissimo dai suoi sudditi, e non esercitò vendette. Se non poté diventare sovrano costituzionale, sembra per opposizione dell'Austria, lasciò ai suoi ministri, tra i quali furono uomini di segnalato valore come il Fossombroni, il Frullani, il Corsini, piena autorità e libertà d'azione. Perciò la parola "restaurazione" non ebbe in Toscana il significato che assunse in altri stati d'Italia. Ciò che il dominio francese aveva recato di utile e di buono F. III conservò: il codice di commercio, il sistema ipotecario, la procedura giudiziaria, lo stato civile. Curò la continuazione del nuovo catasto, già iniziato dai Francesi. Ripristinò le corporazioni religiose soppresse da Napoleone, ma non tollerò innovazioni nel sistema giurisdizionalista leopoldino, e, in generale, mantenne e ristabilì le riforme paterne, in quanto avevano giovato all'economia del paese. Sola innovazione, intonata alle esigenze dei tempi, quella della soppressione dell'autonomia municipale.
Ad alleviare la crisi economica, F. intraprese opere pubbliche: la bonifica della Valdichiana, la costruzione di strade, il risanamento edilizio di alcune città. Un'epidemia di tifo petecchiale scoppiata in quegli stessi anni, rivelando le deficienze delle cure ospedaliere, lo indusse ad assegnare una gran parte dei beni demaniali agli ospedali. A mitigare la piaga del pauperismo, fondò a Firenze e a Siena ospizî di mendicità. Questi salutari provvedimenti spiegano come la Toscana, in quel torbido periodo, rimanesse pressoché immune dal contagio delle sette segrete e delle rivoluzioni. Per questo fatto a F. fu anche possibile mantenere una certa indipendenza dall'Austria, al punto di suscitare il risentimento del Metternich per il rifiuto di recarsi personalmente al congresso di Lubiana.
Morì il 18 giugno 1824. Aveva sposato in prime nozze Maria Luisa, figlia di Ferdinando IV re di Napoli (1790) e, in seconde nozze, Maria Fernanda, figlia di Massimiliano I re di Sassonia (1821).
Bibl.: A. Zobi, Storia civile della Toscana dal 1737 al 1848, Firenze 1850-1852, II, pp. 553-62; III; IV, pp. 5-312; A. Reumont, Geschichte Toscanas' seit dem Ende des florentinischen Freistaates, II, Gotha 1877, pp. 243-474; id., Federico Manfredini e la politica toscana dei primi anni di Ferdinando III, in Archivio storico italiano, s. 3ª, XXVI (1877); P. Pieri, La Restaurazione in Toscana (1814-21), Pisa 1922.