SALUZZO, Ferdinando Maria
– Nacque a Napoli il 21 novembre 1744. Figlio di don Giacomo dei duchi di Corigliano e di Maria Giuseppa di Ferdinando Pignatelli principe di Strongoli e generale dell’imperatore Carlo VI, fin dalla sua più tenera età dimostrò viva intelligenza e una particolare attitudine per gli atti di devozione e pietà. Ricevette la prima educazione da precettori privati assieme ai due fratelli maschi, Agostino, primogenito e futuro duca, e Alberto, poi ciambellano dell’imperatore Giuseppe II, e alle due sorelle, Maria Teresa, poi maritata a Niccolò Caetani d’Aragona duca di Laurenzana, e Maria Lucrezia, futura badessa del monastero napoletano di S. Giovanni Battista. Per la particolare applicazione nello studio, fu mandato a Roma a completare il suo cursus studiorum laureandosi l’11 febbraio 1767 presso l’Università degli studi La Sapienza in utroque iure.
Iniziò la carriera ecclesiastica come protonotario apostolico partecipante e papa Clemente XIV lo inviò nel 1772 vicelegato a Ferrara dove diede prova di rigorosa onestà e pietà, soprattutto dopo che il cardinale legato Scipione Borghese fu richiamato a Roma per il conclave. La sua carriera prese poi sempre più slancio: richiamato nella capitale pontificia, occupò per qualche tempo l’ufficio di ponente di Consulta conferitogli da Pio VI che lo nominò utriusque signaturae referendarius, il 26 maggio 1784, presbitero ordinario e il 25 giugno dello stesso anno arcivescovo titolare di Teodosia in Zechia. ll 26 maggio 1784 papa Braschi lo destinò successore di monsignor Giovanni Andrea Archetti alla nunziatura di Varsavia e a tal scopo il 13 luglio 1784 fu consacrato metropolita titolare di Cartagine in Africa proconsolare.
Ricevute le istruzioni dalla Segreteria di Stato per mano del cardinale Lazzaro Opizio Pallavicini (Archivio segreto Vaticano, Nunziatura di Varsavia, vol. 50, cc. 1r-24v), il 5 novembre 1784 partì per Varsavia arrivandovi, ad «onta delle strade oltre ogni creder pessime» (Segreteria di Stato, Nunziatura di Polonia, vol. 329, Saluzzo a Pallavicini, Varsavia 11 dicembre 1784, c. 102r), il 14 dicembre senza poter incontrare Stanisław August Poniatowski allora impegnato nei lavori della Dieta di Grodno (1784). Il colloquio avvenne in udienza privata il 1° gennaio 1785 «alle 11½ della mattina» (Saluzzo a Pallavicini, Varsavia 1° gennaio 1785, c. 119r), rinviando al 13 maggio dell’anno successivo la consueta solenne entrata pubblica, un ritardo causato dall’opposizione delle autorità russe che intendevano sminuire così la presenza del rappresentante del papa a Varsavia.
Sul piano dei rapporti politico-diplomatico-religiosi, Saluzzo trovò una complessa situazione dovuta al recente «smembramento della Polonia» (prima spartizione della Polonia: 5 agosto 1772) che aveva prodotto notevoli restrizioni alla «giurisdizione di quella Nunziatura» (Archivio Nunziatura di Varsavia, vol. 50, Istruzioni, c. 1v). Sul piano strettamente interpersonale, legò subito con Poniatowski, il sovrano riformatore inviso a Caterina II di Russia e Federico II di Prussia, che pure l’avevano voluto sul trono, il quale, come tanti, ne apprezzò la prudenza nel dirime-re le controversie aperte tra il Regno polacco e Roma.
Anche la Sacra congregazione de Propaganda Fide inviò a Saluzzo proprie direttive, rammentando al nunzio di seguire le indicazioni già date «alli passati Nunzi, ed in specie alli due suoi immediati predecessori Garampi ed Archetti» (Città del Vaticano, Archivio storico della Congregazione de Propaganda Fide, Istruzioni, vol. 3, c. 470r): informazioni su quanto fatto da chi l’aveva preceduto e raccomandazioni su come avrebbe dovuto operare, necessarie «per le note dismembrazioni della Polonia» (c. 470r). Punti focali erano il «Collegio di Brundesberga» (cc. 481r-489v), il seminario di «Craslau» (cc. 490r-494r) e quello di Vilna eretto «da Gregorio XIII nel 1582» per l’educazione dei giovani ruteni e che già «diede causa nel 1753 alla Sagra Congregazione di riformarlo» (c. 494v), ribadendo le ragioni per cui era sorto. Proprio i ruteni costituirono un punto sul quale da Roma era richiesta la massima attenzione: compito di Saluzzo fu quello di intavolare negoziati con la Prussia e, soprattutto, con Caterina II, sotto il cui governo erano passati gli uniati, ucraini e lituani, sgraditi a quegli scismatici ortodossi moscoviti che, considerandoli apostati, non di rado li perseguitavano.
Un ulteriore problema, lasciato aperto dal predecessore, riguardava la questione della ricostituzione della Compagnia di Gesù in Polonia, auspicata da diversi deputati polacchi, anche sulla scia delle disposizioni attuate da Caterina II nella vicina Moscovia che ne aveva, al contrario, rafforzato le prerogative sotto la protezione di Stanisław Siestrzeńcewicz, il «moderno metropolitano» (c. 519r), che preoccupava, e non poco, Roma e Saluzzo: quando il castellano Lipski, nella dieta del 16 luglio 1791, propose il ristabilimento dell’ordine, trovò forte opposizione del re, profondamente convinto che il «ristabilimento della Compagnia avrebbe messo in grave imbarazzo la Santa Sede di fronte a quegli Stati che ne avevano voluto la soppressione» (Pastor, 1934, p. 246).
Intanto Saluzzo fu richiamato a Roma: e mentre il segretario di Stato Pallavicini gli richiedeva d’inviare a Roma «l’elenco de’ soggetti, Vescovi e Ministri di codesto Regno a’ quali nell’arrivo costà del nuovo Nunzio Pontificio sia di stile di dirigere e presentare i Brevi di Sua Santità» (Nunziatura di Varsavia, vol. 54, Pallavicini a Saluzzo, c. 236r) il monsignore avvertì la necessità di mettere per iscritto personali riflessioni su quanto operato in quei difficili anni di nunziatura, durante i quali aveva assistito al «nuovo smembramento della Polonia» (seconda spartizione della Polonia: 23 gennaio 1793), ovvero di «una nazione la quale ha sempre conservata come sola, non pur come dominante, la Religione Cattolica e presso la quale la Chiesa ha sempre goduti i più estesi privilegi» (vol. 54, Riflessioni, c. 295r): Saluzzo lasciò la Polonia il 9 aprile 1793 auspicando che venisse convocata al più presto una Dieta aperta alle due «potenze condividenti» così da risolvere una volta per tutte la questione, e non pregiudicare oltre «la Religione, la Chiesa, la Santa Sede» (c. 295rv), e la loro posizione nel Paese.
Giunto a Roma, fu decorato nel 1796 della presidenza dello Stato d’Urbino e Pesaro, dove seppe esercitare il proprio «genio» in tempi particolarmente difficili. Nel febbraio del 1797, a fronte della discesa francese fino a Foligno, riunì prontamente le milizie di Pesaro e Senigallia per contrastare un ulteriore avanzamento del nemico. Un’eventualità scongiurata solo dalla firma provvidenziale del trattato di Tolentino avvenuta nel febbraio del 1797: Saluzzo poté così fare rientro a Pesaro, accolto in trionfo dal popolo festante. La pace fu breve; il 15 febbraio 1798 il generale Louis-Alexandre Berthier sottoscrisse la nascita della Repubblica Romana, e cinque giorni dopo Gioacchino Murat entrò con le truppe francesi a Roma.
Terminato il biennio repubblicano, Saluzzo fu elevato alla porpora da Pio VII il 23 febbraio 1801, divenendo cardinale dell’Ordine de’ Preti sotto il titolo di S. Anastasia, ascritto poi alle congregazioni di Propaganda, del Concilio, dei Riti, dei Vescovi e regolari.
Nuove nubi minacciose si addensavano intanto sullo Stato pontificio: nel 1808 prese avvio l’operazione francese di dispersione da Roma dei cardinali; il 28 febbraio il comando militare transalpino intimò ai porporati napoletani, tra cui Saluzzo, Francesco Maria Pignatelli suo cugino, Diego Innico Caracciolo e Marino Carafa di Belvedere, di recarsi quanto prima a Napoli. Saluzzo, accompagnato dal cugino cardinale, fu costretto a mettersi in viaggio verso la città partenopea; giunti a Terracina, furono tuttavia indotti da nuovi ordini a tornare indietro per dirigersi verso Modena con il divieto assoluto di passare per Roma. Nella cittadina estense era solito occupare le giornate in opere di pietà, orazioni, visite alle chiese e relazioni con le famiglie più distinte della città, dando prova di alto spessore morale: con personaggi come Saluzzo, la dispersione del Sacro Collegio voluta dai francesi divenne un’occasione per la Chiesa di Roma di mostrare al mondo virtù, umiltà e fede sincera. A Modena il porporato risiedette ben venti mesi, godendo della residenza di campagna di Saliceta San Giuliano messagli a disposizione dall’amico fidato conte Filippo Giuseppe Marchisio.
All’inizio dell’inverno del 1809, Napoleone volle che tutti i cardinali si recassero a Parigi; tale determinazione risulta anche dalle lettere che, da Modena, Saluzzo era solito inviare alla sorella Maria Teresa: insieme a Pignatelli partì il 19 dicembre 1809, giungendo nella capitale francese senza disgrazia alcuna, informando amici e conoscenti del viaggio compiuto con missive da Torino e Lione.
Il 2 aprile 1810 Saluzzo e Pignatelli non comparvero alla cerimonia organizzata in occasione del secondo matrimonio di Napoleone: un atto che l’imperatore interpretò come un affronto alla propria persona, tanto da emettere un mandato di cattura sui due porporati, ordinando che venissero arrestati e deportati in due città diverse, imponendo l’obbligo, contro la loro dignità, di indossare una veste nera, fatto da cui venne la denominazione di ‘cardinali neri’ e ‘cardinali rossi’ usata dal popolo per distinguerli dagli altri porporati.
Mentre Pignatelli fu destinato a Rethel, Saluzzo, in compagnia del cardinale Pietro Francesco Galleffi, fu mandato a Sedan nel Dipartimento delle Ardenne: da qui, e tramite la penna del proprio segretario don Carlo Macciocchi, il nostro informava amici e familiari di godere di buona salute ma di soffrire il tempo e la monotonia del luogo. La gelosia sorta all’interno del governo per via della stretta amicizia che aveva instaurato con il maire e con il direttore di un collegio della cittadina, unita alla mancanza di una consona abitazione, furono le motivazioni che spinsero le autorità a spostare il cardinale a Charleville: assieme a Galleffi giunse nella sua nuova residenza il 15 dicembre 1810, guadagnando anche qui l’affetto e la stima delle personalità più influenti del luogo.
Nella primavera del 1812, Saluzzo, a conoscenza del trasferimento di Pio VII a Fontainebleau ordinato da Napoleone, chiese subito di raggiungere il pontefice, ottenendo tuttavia il permesso solo nel febbraio dell’anno successivo. Quando alla fine di gennaio fu concesso al pontefice di fare ritorno a Roma, Saluzzo si trovava a Pons. Liberato dalla prigionia e rientrato nella città santa, il papa gli conferì la prefettura del Buon Governo.
Stanco, indebolito per quanto subito, morì a Roma il 3 novembre 1816 dopo aver speso un’intera esistenza in «opere di be-ne, e tutta spesa a vantaggio e lustro della Santa Chiesa» (Notizia biografica..., 1845, p. 90). Le esequie furono celebrate presso la chiesa di S. Maria in Vallicella alla presenza del pontefice e del Sacro Collegio. Il corpo fu tumulato secondo le disposizioni testamentarie nella chiesa di S. Anastasia di cui Saluzzo aveva il titolo dopo aver rinunciato a quello di S. Maria del Popolo.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Roma, Tribunale della Segnatura, vol. 730, c. 229r; Archivio segreto Vaticano, Epistolae ad Principes, vol. 180, cc. 208v-210r; Segreteria di Stato, Nunziatura di Polonia, voll. 329, 330, 359, 360, 386, Add. 20, Add. 21; Nunziatura di Varsavia, voll. 11-12, 23-28, 50, 51-54, 54AA, 66-67, 70-71, 73, 78, 86-88, 103, 106, 132, 133-135, 148-149, 152; Archivio Concistoriale, Processus Consistoriales, voll. 186-188, 191-193, 196, 198-199; Città del Vaticano, Archivio storico della Congregazione de Propaganda Fide, Scritture riferite nei Congressi, Moscovia, Polonia, Ruteni, voll. 15, 16, 17; Istruzioni, vol. 3, cc. 470r-569v; Litterae, voll. 244, 246, 250, 252, 255, 258-260, 262, 264; Biblioteca apostolica Vaticana, Borg. Lat. 849, c. 13v; Varsavia, Archiwum Główne Akt Dawnych, Archivio Ghigiotti, 96c., 490c., 646a-c, 800c, 884; Korespondencja Stanisława Augusta, coll. 2; Archiwum Nunciatury, voll. 156-164, 173, 175.
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