RUGGI, Ferdinando
– Nacque, sesto di otto figli, a Salerno il 23 maggio 1760 dal marchese Matteo Angelo e dalla marchesa donna Maria Maddalena Cavaselice.
La famiglia paterna, Ruggi d’Aragona, apparteneva all’alta nobiltà del Regno di Napoli, mentre quella della madre alla grande aristocrazia spagnola. Nel 1777 entrò a far parte del Sacro Militare Ordine di Malta e di lì a breve abbracciò la carriera militare nella Marina borbonica: nel 1784 divenne allievo volontario e si imbarcò su una fregata, continuando il proprio servizio a bordo negli anni successivi. Nel 1787 venne promosso brigadiere graduato, nel 1789 alfiere di vascello e nel 1793 tenente di vascello.
Lasciò il servizio marittimo agli inizi del 1798, quando venne inviato, sempre con lo stesso grado, alla guarnigione presso i cantieri navali militari di Castellammare. Qui lo sorpresero gli avvenimenti di fine anno, quando il re Ferdinando IV di Borbone si decise a muover guerra alle truppe francesi di stanza nella Repubblica Romana. Alla rapida avanzata nel Lazio tenne dietro, a seguito di ripetute sconfitte, una precipitosa ritirata, che convinse il sovrano, ormai alla fine dell’anno, a lasciare Napoli alla volta della Sicilia sotto scorta della flotta britannica. Nel frattempo, per impedire che i francesi, giunti alle porte di Napoli, potessero impadronirsene, gli inglesi decisero la distruzione dei navigli da guerra della Marina borbonica. Della flotta colata a picco faceva parte il vascello Partenope, affondato a Castellammare per ostruire l’ingresso del porto. Nel clima di sbandamento di quei momenti, profondamente disgustato per l’umiliazione subita dalla Marina, Ruggi si trasferì a Napoli, dove nel frattempo, dopo aver vinto un’accanita resistenza di popolo, facevano ingresso i francesi del generale Jean-Étienne Championnet.
Il 21 gennaio 1799, alla nascita della Repubblica Napoletana, Ruggi entrò a far parte del governo provvisorio con l’incarico di riordinare quanto restava della Marina e promuovere l’ordinamento delle milizie nazionali. Nel frattempo, molto insistette perché da Salerno si inviasse una deputazione della città al generale Championnet che dichiarasse fedeltà al nuovo ordine e ottenesse il pieno appoggio delle armi francesi contro gli insorgenti in provincia.
Agli inizi di febbraio, le elezioni per la nuova municipalità portarono alla scelta di Ruggi in qualità di fiscale. Fu quella l’occasione perché il governo provvisorio della Repubblica provvedesse invece a nominarlo, qualche giorno dopo, commissario straordinario per il Dipartimento del Sele, che comprendeva la città di Salerno e il suo territorio. Sostenuto dal fratello Antonio (nato a Salerno nel 1758), che aveva lasciato l’avvocatura a Napoli per coadiuvarlo nell’azione di governo, Ruggi non perse tempo: distrutti i simboli del passato governo, dichiarato il trionfo della libertà e dell’eguaglianza, egli avviò una risoluta azione contro i circoli monarchici e combatté la minaccia di un ritorno in forze della reazione. Per questo motivo, sin dal mese di marzo appoggiò la spedizione militare avviata dal comandante repubblicano Giuseppe Schipani per procedere alla riconquista della Calabria. Tuttavia, il grave insuccesso di quell’iniziativa favorì il precipitare delle cose: in aprile gli inglesi minacciarono Salerno e Ruggi si dovette portare a Napoli per ottenere l’intervento delle armi francesi. Il nuovo comandante Jacques-Étienne-Joseph-Alexandre Macdonald gli fornì un contingente al seguito del quale Ruggi tornò nel Dipartimento e avviò una dura repressione verso i centri ribelli. La sua determinazione si spinse sino all’aperta rappresaglia e approvò il brutale saccheggio di Cetara.
Questa strenua difesa della causa repubblicana gli valse, nel mese di maggio, al momento del rinnovo dell’esecutivo della Repubblica Napoletana, la conferma nella carica di commissario organizzatore del Sele e del Bradano. Tuttavia, di lì a pochi giorni egli preferì rinunciare al mandato. Nel frattempo, gli insorti, ormai padroni di Salerno, lo obbligarono a trovare rifugio a Napoli assieme al fratello Antonio. Qui rimasero sino alla caduta della Repubblica Napoletana, il 13 giugno: contrariamente alla convenzione firmata al momento della resa, che prevedeva la possibilità di un salvacondotto per quanti fossero con la guarnigione francese, entrambi furono incarcerati e sottoposti a processo. Il 28 ottobre 1799 venne emessa la sentenza di morte (con il riguardo della decapitazione in luogo della forca perché di famiglia aristocratica). Nondimeno, l’esecuzione venne sospesa perché sul condannato, annoverato tra quelli che si erano arresi nel forte di Castelnuovo, era necessario che si esprimesse direttamente il sovrano stesso.
Ferdinando IV dette il proprio benestare all’esecuzione il 22 novembre e Ruggi venne decapitato a Napoli sulla piazza del Mercato il 7 dicembre 1799. Lo aveva preceduto sul patibolo, sin dal 23 novembre, il fratello Antonio, che vinto dalla tensione sembra avesse all’ultimo momento tentato di salvarsi denunciando una congiura repubblicana a Palermo.
Fonti e Bibl.: M. D’Ayala, Vite degl’Italiani benemeriti della libertà e della Patria, Torino-Roma-Firenze 1883, pp. 541-544; G. Fortunato, I Napoletani del 1799, Firenze 1884, pp. 41-43; L. Conforti, Napoli nel 1799. Critica e documenti inediti, Napoli 1889, pp. 212 s., 220 s.; A. Sansone, Gli avvenimenti del 1799 nelle Due Sicilie: nuovi documenti, Palermo 1901, ad nomen; C. Carucci, La Provincia di Salerno durante la Repubblica Partenopea. Relazione di Costantino Filippi al Direttore della Segreteria di Stato e Giustizia e Grazia d. Emanuele Parisi del 4 luglio 1800, in Archivio storico per la Provincia di Salerno, n.s., III (1935), 2, p. 157; C. Petraccone, Napoli nel 1799: rivoluzione e proprietà, Napoli 1989, p. 124; Il Monitore napoletano, a cura di M. Battaglini, Napoli 1999, ad nomen; R. Avallone, I fratelli Ruggi martiri salernitani della Repubblica Partenopea, in Il Follaro, 2005, nn. 1-2, pp. 123-140.