SARACINELLI, Ferdinando
SARACINELLI, Ferdinando. – Nacque a Orvieto nel 1583 dal capitano Curzio di Marcantonio e da Cinzia Febei, esponenti di antiche casate cittadine.
Fu instradato a seguire le orme paterne intraprendendo la carriera militare; ma nella corte medicea si distinse per una versatile natura di poeta, musicista dilettante, ballerino, infine, allestitore di spettacoli. Nel 1595, appena dodicenne e primo tra i Saracinelli di Orvieto, vestì l’abito di cavaliere di s. Stefano, entrando a far parte di quest’influente Ordine cavalleresco divenuto segno distintivo della nobiltà toscana. Nel 1606 prese parte, al seguito dell’ammiraglio Iacopo Inghirami, a una spedizione delle galere granducali sulle coste meridionali della Turchia, partecipando all’assalto della città di Laiazzo (l’attuale Yumurtalık) e alla presa di alcune «galeotte» turche al largo di Capo Colonna in Calabria; imprese delle quali, a detta di Cesare Tinghi, solerte diarista cui si deve buona parte delle notizie biografiche del cavaliere orvietano, riferì al granduca nell’ottobre di quell’anno (Firenze, Biblioteca nazionale, Diario primo..., cc. 166v, 167r, 379rv). Lo stesso anno fu ammesso tra i salariati della corte medicea, subentrando allo zio Cipriano, iscritto, almeno dal 1589, tra i cortigiani di Ferdinando I residenti a Roma; grazie alla «buona et fedele servitù fatta» dal precursore, gli fu stornata la provvisione dell’avo, equivalente a 25 scudi mensili (di 7,5 lire per scudo, ossia 321 ducati e 3 lire annui) che andò a cumulare alla propria provvisione di 16 ducati mensili come cameriere del granduca (Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 264/24, c. 5v). In questo periodo il coinvolgimento di Saracinelli in attività spettacolari fu limitato: nel Carnevale del 1605 intervenne a una giostra del saracino a Pisa in coppia con Guidobaldo Brancadori (i due vestivano i panni di Castore e Polluce).
Con l’avvento di Cosimo II la sua partecipazione a intrattenimenti cortigiani, in veste sia di interprete sia di ideatore e organizzatore, s’intensificò man mano, conducendolo a lavorare a contatto sia con gli artisti di corte sia con alcuni tra i creatori delle prime opere in musica. Il 14 febbraio 1611 fu uno dei sei gentiluomini di corte forestieri che danzarono, accanto a sei dame di Maria Maddalena d’Austria e agli stessi sovrani, in un balletto con intermedi di soggetto piscatorio, su testo di Ottavio Rinuccini e musica di Marco da Gagliano, Lorenzo Allegri e Jacopo Peri (che ricoprì la parte di Nettuno), tenuto nella sala delle Commedie di palazzo Pitti. Il giorno dopo partecipò a una giostra del saracino in via Larga (davanti a palazzo Medici), insieme al granduca e suo fratello Francesco de’ Medici. Nel Carnevale del 1613 dette prova del proprio valore come armeggiatore in una grandiosa barriera, tenuta nel teatro degli Uffizi e divisa in più azioni (scritte da autori vari: Ludovico Adimari, Iacopo Cicognini, Rinuccini, Andrea Salvadori, Giovanni Villifranchi). Saracinelli, con altri sette gentiluomini, buona parte dei quali erano anche cavalieri di s. Stefano, intervenne nel quarto intermedio come «cavaliere dello Afritto core» nella squadra del granduca; essi comparvero su una galera guidata dal «Dolore amoroso» (interpretato da Peri) e, dopo aver cantato un «madrigale per uno», vennero a battaglia contro Francesco de’ Medici e Paolo Giordano Orsini con il loro seguito (Firenze, Biblioteca nazionale, C. Tinghi, Diario primo..., cc. 477v-481r).
Le prime prove come autore di rime d’occasione destinate all’esecuzione musicale furono di quegli anni. Secondo Tinghi, nel settembre 1612 nella sala delle Nicchie di palazzo Pitti e al cospetto dei sovrani fu cantato dai paggi di corte un suo «madrigale in musica di voce et strumenti, in su l’aria del ballo di S[ua] A[ltezza] balato il Carnevale passato», musicato da Allegri (c. 409r). Tre testi di Saracinelli, scritti in questo periodo e musicati da compositori diversi, sono nel libro II di Scherzi, arie, canzonette e madrigali a una, due e tre voci per sonare e cantare con ogni sorte di stromenti di Antonio Brunelli (Venezia 1614): Alma mia, deh che farai (Brunelli), Tu piangi al mio partire (Allegri) e O dell’alto Appenin figlio sovrano (Peri). Quest’ultimo componimento era stato cantato «nelle nozze del signor conte Francesco Torelli», festeggiate a corte nel 1613, essendo la sposa una delle dame della granduchessa: Saracinelli aveva servito durante il banchetto (c. 504r).
Il primo intrattenimento da lui ideato fu l’Imperiale, ossia il Balletto fatto nel battesimo del terzogenito delle Serenissime Altezze di Toscana da’ paggi di S.A.S., azione teatrale cantata e danzata il 9 febbraio 1614 a palazzo Pitti per celebrare il terzogenito dei granduchi, cui, in onore dell’imperatore, era stato dato nome Mattias. Lo spettacolo, che si svolse sul palco e in platea, mise in scena una disputa tra Marte e Amore (sostenuto da altri dèi, tra loro l’immancabile madre Venere), cui seguì un abbattimento e un balletto tra cinque coppie di celebri guerrieri e amanti, tratti da Ludovico Ariosto e da Torquato Tasso. Gli interpreti furono i cantanti di corte e i paggi, la musica di Allegri e Peri, la coreografia di Agnolo Ricci. Nella stessa sala, due giorni dopo, si tenne il Balletto della cortesia di Michelangelo Buonarroti il Giovane (musica di Peri, Brunelli e Francesca Caccini), cui Saracinelli partecipò come ballerino. In aprile fu infine autore e interprete di un «ballo nuovo», coreografia di Ricci e musica dei «franciosini», eseguito a Pisa dai gentiluomini e dalle gentildonne di corte per le nozze di una dama della granduchessa (c. 567v).
Nel biennio successivo Saracinelli giunse a ideare dai due ai tre spettacoli l’anno. Nel Carnevale del 1615 scrisse il Ballo delle zingare, tenuto, per le nozze d’una delle dame della granduchessa, nella sala delle Commedie di palazzo Pitti e musicato dalla Caccini, la quale cantò insieme ad altre tre virtuose, mentre i balli furono eseguiti da paggi e dame di corte di minore età. Seguì in estate L’arrivo dell’Amore in Toscana in grazia delle bellissime dame fiorentine, una festa navale in Arno, con caroselli di imbarcazioni recanti musicisti e cantanti, tenuta nel giorno di s. Iacopo e seguita dal consueto palio di fregate. In questo caso, unico al momento noto, Saracinelli funse anche da compositore. Per il Carnevale del 1616 ideò un ballo «alla rusticale», tenuto a palazzo Pitti, musica di Peri e Allegri, coreografia di Ricci, diviso in due parti: la prima eseguita da «una truppa di persone rusticale del contado fiorentino», la seconda da otto gentiluomini mascherati da ninfe e pastori (Firenze, Biblioteca nazionale, C. Tinghi, Diario secondo..., c. 27r). Il 25 luglio si tenne una seconda festa navale da lui scritta e ideata, La partita d’Amore dal bel regno di Toscana per crudeltà delle dame fiorentine, che concludeva quella dell’anno precedente; infine, scrisse e inventò una mascherata o «palio di panno d’oro» corso il 28 agosto in via Maggio, che vide Diana, Amore e altre deità sfilare su carri e cantare le lodi delle gentildonne fiorentine (c. 51r). Come interprete intervenne in altri intrattenimenti, in particolare quelli in cui poteva dar prova della sua valentia militare. Nel Carnevale del 1616 partecipò, inoltre, come cavaliere sia a una giostra del saracino in via Larga, sia al balletto a cavallo Guerra d’Amore di Andrea Salvadori; nel Carnevale del 1617 per La liberazione di Tirreno e di Arnea, veglia con intermedi danzati tenuta nel teatro degli Uffizi, fu tra i gentiluomini degli abbattimenti.
Saracinelli non pubblicò mai una silloge delle proprie composizioni poetiche, ma tracce del suo lavoro si trovano nelle pubblicazioni coeve di musicisti che gli furono vicini per ragioni professionali o di patronato. Una delle più note – un’erronea lettura della dedica a Saracinelli ha portato alla conclusione ch’egli fosse nato a Bagnoregio – è il libro III di Scherzi, arie, canzonette e madrigali a una, due e tre voci per cantare sul chitarrone et stromenti simili di Brunelli (Venezia 1616). In essa il compositore, riferendosi chiaramente a sé stesso, afferma che «se bene io son nato nelli stati felicissimi di S.A.S., l’antichissima Bagnarea non di meno è mia patria», volendo intendere che la sua famiglia era originaria della cittadina laziale, per secoli sottoposta all’influenza della nobiltà di Orvieto, donde proveniva Saracinelli. Nella raccolta si trovano una nuova intonazione di Tu piangi al mio partire (stavolta su musica di Brunelli stesso e non più di Allegri), vari componimenti non specificati di Saracinelli, infine «alcune arie per balletti composte» per i granduchi, danzate dagli stessi e dalla corte. Un’altra silloge musicale contenente lavori del cavaliere orvietano è Il primo libro delle musiche di Allegri (Venezia 1618), che si apre con Spirto del ciel, scendi volando a noi, in lode del granduca (scritto da Saracinelli per essere cantato dai paggi); vi figurano otto brani strumentali per la danza relativi ai balletti di corte del decennio precedente, tra cui l’Imperiale (1614). Altra celebre raccolta contenente suoi testi, sebbene non specificati, è la seconda edizione delle Varie musiche a una due e tre voci di Peri (Firenze 1619). Nella dedica a Saracinelli, scritta da Zanobi Pignoni, cantante oltreché editore, si lodano tanto le virtù militari del cavaliere quanto la sua conoscenza della musica: una competenza non superficiale, se fu ribadita anche da Rinuccini, che in un sonetto burlesco lo descrisse giudice di un veemente duello su questioni musicali tra i compositori Peri e Muzio Effrem.
L’omaggio di Rinuccini evidenzia come Saracinelli fosse a stretto contatto anche con il mondo letterario. Fu amico e collega di Buonarroti e Salvadori, conobbe Gabriello Chiabrera, che gli dedicò la canzonetta O gentil Ferdinando (1615), infine nel 1618 entrò nell’Accademia della Crusca. La sua aspirazione non fu però quella di essere ascritto tra i poeti; la sua eclettica partecipazione agli intrattenimenti cittadini e di palazzo fu semmai finalizzata a promuovere la propria carriera tra la nobiltà toscana e a corte: nel 1614 assurse al titolo di «cameriere segreto» (cumulando l’entrata di 14 scudi mensili a quelle che già percepiva) e fu eletto gran cancelliere dell’ordine di s. Stefano, mentre nel 1617 divenne balì di Volterra. Né smise mai di svolgere le mansioni connesse al cerimoniale, tra cui alcune di particolare rilievo, come accompagnare prima Maria Maddalena d’Austria nel 1613 e poi Cosimo II nel 1616 nelle loro visite ufficiali a Loreto. Dopo la prematura scomparsa del granduca nel 1621, fu spesso al fianco dei principini nelle uscite pubbliche, oltre a presenziare costantemente alle accoglienze tributate agli ospiti della villa di Poggio Imperiale, residenza prediletta dalla sovrana, la quale, con Cristina di Lorena, resse il granducato fino alla maggiore età di Ferdinando II (1628). Proprio in questo periodo sembra avesse assunto in maniera stabile la direzione dei musicisti di corte, come appare evidente se non altro nella riedizione, per il Carnevale del 1625, della Regina sant’Orsola di Salvadori (già rappresentata nell’ottobre 1624), che lo vide arbitro di una spinosissima controversia per l’assegnazione di parti musicali e relativa scrittura dei brani tra le allieve di Effrem, Giovanni Battista da Gagliano e la Caccini. Quest’ultima, nel dedicare a Maria Maddalena d’Austria la partitura della Liberazione di Ruggiero dall’isola di Alcina (Firenze 1625), azione drammatica cantata e danzata seguita da un balletto a cavallo, definì Saracinelli, autore del testo, appunto «capo della musica del Ser.mo Granduca». Lo spettacolo, offerto al principe polacco Ladislao Sigismondo Vasa nel febbraio 1625 a Poggio Imperiale, concludeva un ciclo d’intrattenimenti iniziato quattro mesi prima con la visita dell’arciduca Carlo d’Asburgo d’Austria. Durante tali celebrazioni sia Saracinelli sia Salvadori dettero prova di come il nuovo stile del «recitar cantando» potesse adattarsi alle tematiche più varie, da quelle agiografiche a quelle cavalleresche, rivelandosi un valido strumento per trasmettere i messaggi più disparati, dall’esaltazione delle virtù muliebri delle due reggenti alla politica filo-imperiale del granducato.
L’ultimo incarico di rilievo fu per Saracinelli la cura dei festeggiamenti per il matrimonio di Ferdinando II e Vittoria Della Rovere (1637): oltre a seguire lo svolgimento di buona parte degli eventi in programma, scrisse e ideò quello conclusivo, un balletto a cavallo intercalato da sezioni cantate e musicate (in parte dal trombettiere Girolamo Fantini), tenuto nell’anfiteatro di Boboli, ispirato alla Gerusalemme liberata e centrato sulla figura della maga Armida. Non è noto in quali altre occasioni avesse prestato i suoi poliedrici talenti nel decennio precedente, giacché nel 1626 s’interrompono i diari di Tinghi. Risulta però autore dell’opera drammatica Santa Maria Maddalena trionfante in cielo (1627); inoltre, secondo Ferdinando de’ Bardi, autore della descrizione degli spettacoli del 1637, Saracinelli avrebbe «sopr’inteso a quasi tutte le feste che da molti anni in qua si sono fatte in questa corte» (Solerti, 1905, p. 203).
Tra i musicisti con cui fu in contatto nell’ultimo periodo vi furono Giovanni Pietro Bucchianti (allievo di Brunelli), che gli dedicò il componimento Vago e dolce augelletto (pubblicato nelle sue Arie, scherzi e madrigali a una e due voci per cantare nel clavicembalo, chitarrone o altro simile istrumento, Venezia 1627); Girolamo Fantini, che nel suo Modo per imparare a sonare di tromba (Francoforte 1638) inserì una sonata per tromba detta «la Saracinelli»; il romano Domenico Mazzocchi, che nelle sue Musiche sacre e morali a una, due e tre voci (Roma 1640) pubblicò O che dolce mirare, indicata come del «balì Saracinelli». Negli ultimi due casi, tuttavia, sotto questi appellativi si potrebbe nascondere anche Francesco Saracinelli, cavaliere di s. Stefano e balì di Orvieto, nipote di Ferdinando e a ruolo mediceo dal 1609, spesso chiamato a partecipare agli intrattenimenti cortigiani, ma del quale non è altrimenti nota alcuna attività poetica.
Saracinelli, mettendo al servizio dei sovrani medicei le sue molteplici doti, riuscì a promuovere, oltre la propria, anche la carriera di parte della sua famiglia: tra i paggi di camera degli anni Trenta figura un altro suo nipote, Cosimo. La sua attività non è assimilabile a un solo mestiere di ambito teatrale e ricade piuttosto nella figura del «corago», termine che nel coevo manuale pratico di messinscena recante questo titolo fu usato per indicare la persona in grado di «prescrivere tutti quei mezzi e modi che sono necessari acciò che un’azione drammatica già composta dal poeta sia portata in scena» (Il corago..., 1983, p. 21). I suoi legami con tale manoscritto adespoto, generalmente attribuito a Pierfrancesco Rinuccini, non si limitano solo a questo: circa un terzo dei componimenti poetici proposti nel Corago (1630 circa) come adatti per essere musicati e cantati in scena, sono tratti dalla Liberazione di Ruggiero. Tale circostanza, che ha indotto qualcuno a ravvisare in Saracinelli un possibile autore del manuale in questione (Harness, 2006, pp. 112 s.), evidenzia quanto la sua produzione poetica fosse nota e apprezzata da chi conosceva le problematiche relative all’organizzazione di una messinscena.
Morì a Firenze il 26 febbraio 1640.
Fonti e Bibl.: Firenze, Biblioteca nazionale, Capponi, 261/1-2: Cesare Tinghi, Diario primo di Sua Altezza Serenissima, cc. 121r, 166v, 167r, 258v, 259v, 267v, 322v, 323v, 330r, 385v, 409v, 478r, 481v, 489r, 504r, 531r, 552r, 556r, 565rv, 567v, 613r, 649r, 650v, 655v; Capponi, 261/2: Id., Diario secondo di Sua Altezza Serenissima, cc. 15r, 25r, 27r, 30v, 46r, 51r, 64v, 80v, 91v, 95v, 100v, 213v, 355v, 360v, 379rv, 384r, 385r, 388r, 442v, 446v, 448r, 460r, 467v, 485v, 501r, 502r, 515r, 520r, 531r, 550v, 559r, 561v, 584r, 598v; Archivio di Stato di Firenze, Miscellanea Medicea, 11: Id., Diario terzo di Sua Altezza Serenissima, cc. 15r, 34r, 53v, 54v, 57r, 63v, 82v, 106r; A. Solerti, Musica, ballo e drammatica alla corte medicea dal 1600 al 1637, Firenze 1905, pp. 65, 81, 85, 89, 91, 97, 105, 108, 179, 197-211, 347-365; E. Saracinelli, Memoria storico-biografica della nobile famiglia Saracinelli, conti patrizi di Orvieto, Firenze 1968, pp. 16, 23, 35 s.; Il corago, o vero alcune osservazioni per metter bene in scena le composizioni drammatiche, a cura di P. Fabbri - A. Pompilio, Firenze 1983, p. 21; W. Kirkendale, The court musicians in Florence during the principate of the Medici, Firenze 1993, pp. 608 s.; M. Mangani, Due paragrafi brunelliani, in Musiche d’ingegno. Studi per Antonio Brunelli da Santa Croce (1577-1630), a cura di P. Gargiulo, Pisa 1999, pp. 38, 40; F. Fantappiè, Sale per lo spettacolo a Pitti (1600-1650), in Vivere a Pitti: una reggia dai Medici ai Savoia, a cura di S. Bertelli - R. Pasta, Firenze 2003, pp. 147 s., 153 s., 161, 169; L’arme e gli amori. Ariosto, Tasso and Guarini in late Renaissance Florence. Actes of a international conference… 2001, a cura di M. Rossi - F. Gioffredi Superbi, Firenze 2004 (in partic. K. Harness, Equestrian ballets and other staged battles in Florence, pp. 256 s., 264 s., 267 s., 271, 273, 278; F. Decroisette, L’Armida trionfante di F. S. (1637): la vittoria dello spettacolo totale, pp. 285-296); G. Chiabrera, Opera lirica, a cura di A. Donnini, II, Genova 2005, pp. 137-139; K. Harness, Echoes of women’s voices: music, art and female patronage in early modern Florence, Chicago-London 2006, ad ind.; S.G. Cusick, Francesca Caccini at the Medici court. Music and the circulation of power, Chicago-London 2009, ad ind.; J. Cole, Music, spectacle and cultural brokerage in early modern Italy. Michelangelo Buonarroti il giovane, Firenze 2011, ad ind.; T. Carter - R.A. Goldthwaite, Orpheus in the marketplace. Jacopo Peri and the economy of late Renaissance Florence, Cambridge (Mass.)-London 2013, ad ind.; “La liberazione di Ruggiero dall’isola d’Alcina”: Räume und Inszenierungen in Francesca Caccinis Ballettoper (Florenz, 1625), a cura di C. Fischer, Zürich 2015, ad ind.; E.M. Anderson, Ariosto, opera and the 17th century: evolution in the poetics of delight, Firenze 2016, ad indicem.
Si vedano inoltre le banche dati: Gli stemmi dei cavalieri dell’ordine di Santo Stefano nella Scuola normale superiore. Scheda: Cavaliere F. S., 2013, http://www.docstar.sns.it/stemmi/schedaStemma.php?id=433 (30 settembre 2017); Accademia della Crusca. Catalogo degli accademici. F. S. 1590?-1640, 2014, http://www.accademicidellacrusca. org/scheda.asp?IDN=2256 (30 settembre 2017).