FERECRATEI (ϕερεκράτειον, pherecratēus versus)
Si chiamano così alcune specie di versi in uso nella lirica greca e nella latina, che trassero il nome dal poeta comico Ferecrate, il quale dimostrò per essi particolare predilezione ma non ne fu l'inventore, in quanto i ferecratei si trovano come i gliconei usati molto prima di lui. Si distinguono il ferecrateo primo e il secondo per la posizione del cosiddetto dattilo ciclico: il ferecrateo primo fu detto dagli antichi archilochio o aristofaneo. Il ferecrateo secondo può avere nella prima sede le forme del trocheo, del giambo, dello spondeo, del pirrichio: in Orazio (che lo usa come membro di una strofe asclepiadea, mentre il primo lo adopera nella saffica maggiore) ha sempre lo spondeo. In un verso di Catullo (LXI, 25) il dattilo ciclico del ferecrateo secondo è sostituito dallo spondeo. Tanto il ferecrateo primo quanto il secondo ricorrono pure (presso i tragici) nella forma acefala. Secondo la teoria metrica di Efestione i ferecratei sono versi di natura coriambo-giambica.
Schemi: Ferecrateo I: -́ ⌣ ⌣ -́ ⌣ -́ ⌣̲
Ferecrateo II: ⌣̲́ ⌣̅ -́ ⌣ ⌣ -́ ⌣̲
Bibl.: F. Zambaldi, Metrica greca e latina, Torino 1882, pp. 383 segg.; H. Gleditsch, Metrik der Griechen und Römer, 3ª ed., Monaco 1901, pp. 177 seg. e 271 segg.; O. Schroeder, Grudriss der griechischen Versgeschichte, Heidelberg 1930, pp. 86, 122, 143, 156; id., Nomenclator Metricus, Heidelberg 1929, p. 37; U. v. Wilamowitz-Moellendorff, Griechische Verskunst, Berlino 1921, pp. 248, 325, 396.