Fermioni superfluidi
Gli ultimi decenni del 20° sec. hanno visto l’affermarsi di una nuova fisica atomica che, partendo da studi spettroscopici in cui raffinate tecniche laser erano impiegate per determinare la struttura degli atomi, è pervenuta all’analisi di nuove fenomenologie al confine tra ottica, fisica della materia condensata e fisica dei fluidi quantistici. Questa ‘nuova frontiera’ della fisica è nata dalla possibilità di utilizzare il laser come ‘manipolatore’ del moto degli atomi e dallo sviluppo di una serie di nuovi approcci sperimentali che hanno consentito il raggiungimento di temperature di pochi miliardesimi di kelvin. A queste temperature si ha la degenerazione quantistica prevista negli anni Venti del 20° sec. dalla teoria di Bose-Einstein per particelle con momento angolare intero (bosoni) e dalla statistica di Fermi-Dirac per particelle con momento angolare semintero (fermioni).
Anche se tutti i costituenti elementari della materia (elettroni, protoni, neutroni) sono fermioni, un atomo, a seconda del numero di fermioni che lo compone, può essere bosone o fermione.
Il 1995 ha visto una rivoluzione nel campo della fisica degli atomi ultrafreddi con la realizzazione della condensazione di Bose-Einstein, per la quale nel 2001 è stato assegnato il premio Nobel per la fisica agli statunitensi Eric A. Cornell e Carl E. Wieman e al tedesco Wolfgang Ketterle. Da questa osservazione sono scaturiti progressi impressionanti, sia teorici sia sperimentali. Un aspetto importante e caratteristico dei campioni atomici ultrafreddi è la possibilità di controllarne con precisione il numero e la temperatura. Inoltre le interazioni interatomiche possono essere modificate a piacere e si possono creare strutture geometriche ordinate (potenziali periodici) mediante l’impiego di fasci laser in opportune configurazioni.
L’inizio del 21° sec. ha assistito al nascere di una nuova scienza in cui questi atomi degeneri vengono impiegati come simulatori quantistici, realizzando configurazioni sperimentali controllate che vanno al cuore della fisica di base la quale, nell’ambito della materia comune, è mascherata da impurezze e imperfezioni. In questa direzione è stato fondamentale il raggiungimento del regime di degenerazione quantistica anche per isotopi atomici fermionici. Infatti nella materia condensata sono gli elettroni, appunto fermioni, i responsabili delle fenomenologie legate alla conduzione elettrica, ivi comprese quelle della superconduttività. Com’è noto, questo fenomeno si spiega con la formazione di coppie di elettroni (coppie di Cooper). Questo è uno dei processi fisici più affascinanti, non ancora pienamente compreso. In particolare, non è del tutto chiarito il meccanismo alla base della superconduttività ad alta temperatura, presente nei nuclei atomici e nelle stelle di neutroni, e inclusa nelle teorie che prevedono nuove fasi nell’accoppiamento dei quark.
Se la simulazione quantistica con atomi fermionici ultrafreddi promette di essere uno dei campi di sviluppo più interessanti della fisica di questo inizio secolo, con la possibilità di esplorare nuovi scenari, un risultato importante già ottenuto è quello dell’osservazione sperimentale della superfluidità fermionica con atomi (Ultra-cold Fermi gases, 2007).
In questo saggio si illustrerà in primo luogo come sia possibile portare a temperature di degenerazione quantistica atomi fermionici (6Li, 40K), superando le difficoltà imposte dal principio di esclusione di Pauli (uno dei fondamenti della meccanica quantistica). Si mostrerà poi come sia possibile rendere i fermioni fortemente interagenti per produrre stati accoppiati e quindi raggiungere la superfluidità fermionica. Infine, si discuterà come questo nuovo sistema atomico superfluido costituisca un laboratorio ideale per investigare una nuova fisica di fenomeni quantistici a molti corpi.
Atomi a basse temperature
La densità tipica dei campioni atomici ultrafreddi prodotti in laboratorio è dell’ordine di 1011÷1012 atomi per cm3, ovverosia molto più bassa di quella dei normali materiali (che in media è di circa 1023 atomi per cm3). In un sistema così diluito ci si può limitare a considerare solamente urti binari tra le particelle. Per campioni ultrafreddi le collisioni atomiche avvengono a basse energie, e non tutti i tipi di urto elastico sono favoriti: per temperature al di sotto di 10−3 K sono permesse soltanto le collisioni con momento angolare nullo. La sezione d’urto elastica σ, che è legata alla probabilità di osservare questo tipo di collisioni, dipende da un unico parametro, la lunghezza di diffusione a, secondo la relazione σ=8πa2 (Dalibard 1999). Il significato fisico è molto semplice: ciascun atomo ‘vede’ un altro atomo come bersaglio di area σ e raggio a. Questo risultato vale per particelle identiche, cioè atomi della stessa specie nello stesso stato di energia interna, di natura bosonica. Nel caso dei fermioni, invece, il risultato non è corretto: fermioni identici non interagiscono a bassa temperatura, essendo la sezione d’urto elastica nulla. Tale caratteristica unica prende il nome di Pauli blocking ed è una diretta conseguenza del principio di esclusione di Pauli. Fermioni identici si comportano quindi come un gas ideale di particelle indipendenti.
Questa proprietà rende molto difficile raffreddare al regime di degenerazione quantistica un campione di atomi fermionici con la tecnica sperimentale del raffreddamento evaporativo, che invece ha un ruolo cruciale per la produzione dei condensati di bosoni. Essa si basa direttamente sulle collisioni interatomiche come veicolo per rimuovere energia (e quindi diminuire la temperatura) dal sistema. Gli atomi più energetici vengono estratti dal campione in maniera selettiva, e gli atomi rimanenti si portano a una nuova situazione di equilibrio termodinamico, corrispondente a una temperatura inferiore a quella iniziale.
Nel caso di fermioni identici, questa fase non è efficiente, essendo nulla la sezione d’urto elastica: per raggiungere il regime di degenerazione quantistica devono essere utilizzate altre tecniche. Le collisioni ultrafredde tra fermioni possono essere comunque ripristinate se le particelle sono distinguibili: è il caso di atomi della stessa specie ma in diversi stati di energia interna. Ciò ha consentito nel 1998 il raffreddamento evaporativo e il raggiungimento del regime di degenerazione quantistica per un gas di fermioni di potassio (40K; DeMarco, Jin 1999).
Un’altra tecnica che nel 2001 ha permesso di aggirare la difficoltà di raffreddare fermioni identici è stata quella di ricorrere alle collisioni con una seconda specie, come nel caso del fermione 6Li, che è stato portato alla degenerazione per collisioni con l’isotopo bosonico 7Li (Schreck, Khaykovich, Corwin et al. 2001; Truscott, Strecker, McAlexander et al. 2001). Questa tecnica, denominata raffreddamento simpatetico, ha aperto scenari decisamente più rilevanti, dal momento che nello stesso periodo in Italia al LENS–European Laboratory for Non-linear Spectroscopy di Firenze se ne scopriva l’efficacia anche nel caso di due specie chimiche distinte (Modugno, Ferrari, Roati et al. 2001). In particolare, le due specie vengono catturate simultaneamente in una trappola magnetica, ma soltanto una delle due viene direttamente raffreddata. Nell’esperimento fiorentino del 2002 si utilizzava ancora il fermione 40K e lo si raffreddava mescolandolo con un gas di bosoni di 87Rb (Roati, Riboli, Modugno, Inguscio 2002). La componente fermionica veniva raffreddata mediante collisioni elastiche interspecie. Alla fine del processo degenerativo si disponeva di una miscela degenere di atomi diversi, aprendo la possibilità di produrre dimeri eteronucleari ultrafreddi. Questa miscela è interessante anche perché l’interazione con un bagno bosonico può indurre un accoppiamento tra i fermioni, che altrimenti sono non interagenti. Ciò simula quanto avviene in fisica dello stato solido, dove l’accoppiamento tra gli elettroni viene mediato dall’interazione con il campo bosonico prodotto dalle eccitazioni fondamentali del reticolo cristallino (fononi). Come vedremo, in effetti il raggiungimento dell’accoppiamento tra fermioni, e quindi della superfluidità, è stato invece ottenuto mediante l’applicazione di campi magnetici esterni (Ultra-cold Fermi gases, 2007).
Interazione tra particelle in un gas di fermioni ultrafreddi
Un gas fermionico non interagente costituisce un campione comunque interessante per le applicazioni nelle quali si vogliono evitare le perturbazioni indotte dalle collisioni, come nel caso di misure di alta precisione. A questo proposito negli ultimi decenni si è sviluppato un campo d’interferometria atomica dove le onde di materia atomica si sostituiscono ai fotoni degli interferometri tradizionali. L’impiego di campioni atomici degeneri aprirebbe in questo settore della fisica nuove possibilità legate alle alte densità, e quindi alle brillanze raggiungibili (nel caso dei bosoni gli effetti collisionali costituiscono un limite importante, che è invece assente per i fermioni identici). Ciò è stato dimostrato (Roati, de Mirandes, Ferlaino et al. 2004) con un gas degenere di potassio intrappolato in un reticolo periodico allineato nella direzione verticale: gli atomi compiono oscillazioni periodiche con frequenza determinata dalla forza di gravità. Questo fenomeno costituisce un esempio di interferometro atomico con risoluzione spaziale micrometrica e apre nuove possibilità per la misura di forze. Al tempo stesso queste oscillazioni sono quelle che la teoria di Bloch, alla base della fisica dello stato solido, prevede per gli elettroni in un metallo ideale.
Ampie prospettive si sono aperte con la possibilità di controllare l’interazione tra i fermioni. Il risultato più significativo è stato la realizzazione di un gas superfluido di fermioni, il quale richiede che esista un’interazione attrattiva tra le particelle.
Come abbiamo visto, l’interazione fra gli atomi ultrafreddi è descritta da un unico parametro, la lunghezza di diffusione a. Mentre il valore assoluto di a è legato alla sezione d’urto elastica, il suo segno definisce se gli atomi del campione si attraggono (a<0) o se si respingono (a>0).
Due atomi che collidono possono o dare vita a una molecola (stato legato) o semplicemente diffondersi liberi dopo l’urto. Un campo magnetico esterno, tramite l’effetto Zeeman, può mettere in risonanza l’energia dei due atomi che collidono con quello di uno stato molecolare a soglia e ciò porta a un effetto che prende il nome di risonanza di Fano-Feshbach (Chin, Grimm, Julienne, Tiesinga 2010). A titolo indicativo, nella figura 1 è presentato l’andamento della lunghezza di diffusione a in funzione del campo magnetico, nel caso di atomi fermionici di 6Li. Come si può vedere, la lunghezza di diffusione mostra un comportamento dispersivo, attorno al centro della risonanza situato a circa 830 Gs (1 Gs=10−4 tesla). La lunghezza di diffusione assume valori positivi, negativi e persino nulli. In pratica, cambiando il valore del campo magnetico è possibile modificare direttamente le proprietà d’interazione fra gli atomi, manipolando sia la sezione d’urto elastica sia il segno dell’interazione. Queste risonanze collisionali sono state osservate e caratterizzate per un gran numero di atomi, sia bosonici sia fermionici, nonché per miscele di specie atomiche diverse. Nel caso dei fermioni, hanno rappresentato lo strumento fondamentale per l’osservazione del regime superfluido BCS (dalle iniziali di John Bardeen, Leon N. Cooper e John R. Schrieffer che, nel 1957, resero possibile la comprensione del fenomeno della superconduttività nel caso dei solidi).
La possibilità di controllare il segno dell’interazione tra i fermioni ha un’altra importante conseguenza. Nella regione in cui a>0, esiste uno stato molecolare legato con energia inferiore rispetto all’energia di due atomi liberi. È dunque possibile trasferire efficientemente coppie di atomi liberi in molecole variando semplicemente in modo adiabatico il campo magnetico attraverso la risonanza da valori corrispondenti ad a<0 a valori relativi ad a>0.
Questo processo è coerente, reversibile e non produce riscaldamento. Le molecole hanno un’energia di legame molto piccola, essendo nello stato vibrazionale più eccitato, quindi sono molto fragili. Inoltre la loro estensione spaziale è dell’ordine delle decine di nm, assai maggiore rispetto alle dimensioni delle usuali molecole (la molecola di H2 ha, per es., dimensioni dell’ordine del nanometro).
Le molecole sono prodotte attraversando la risonanza da a<0 ad a>0 e poiché presentano transizioni ottiche diverse da quelle atomiche, il campione molecolare risulta invisibile alla luce laser risonante utilizzata per osservare gli atomi. L’informazione sperimentale dell’avvenuta formazione di molecole è quindi una diminuzione repentina del segnale relativo agli atomi. A questo punto per essere certi che effettivamente sia stato prodotto un campione molecolare e che non si siano verificate perdite nel campione, si attraversa la risonanza nella direzione opposta, cioè da a>0 ad a<0. Le molecole vengono ‘ridissociate’ in atomi, che risultano nuovamente risonanti con la luce.
L’associazione di molecole ultrafredde nei pressi di una risonanza di Fano-Feshbach (nella direzione a>0) può avvenire anche mediante un altro meccanismo. Infatti, vicino alla risonanza il coefficiente di ricombinazione a tre corpi diventa molto grande: questo significa che il processo per cui due atomi formano una molecola è molto probabile. Per conservare l’energia e la quantità di moto, è necessario che un terzo atomo partecipi allo stesso processo. Di conseguenza, per ogni molecola formata si ‘perdono’ tre atomi.
La possibilità di associare molecole in prossimità di una risonanza di Fano-Feshbach è molto interessante proprio nel caso di un campione composto da fermioni, dal momento che le molecole formate sono bosoni: si può dunque realizzare un condensato di Bose-Einstein di queste molecole. È noto che un campione di bosoni a bassissime temperature e in particolari condizioni di densità forma il cosiddetto condensato di Bose-Einstein (BEC, Bose-Einstein Condensate). In natura solamente 4He a una temperatura di circa 2 K (−271,15 °C) mostra evidenza di questa transizione.
Come detto, nel caso degli atomi alcalini la condensazione di Bose-Einstein è stata osservata per la prima volta nel 1995 per atomi di 87Rb, e al momento attuale sono moltissimi i laboratori nel mondo in grado di produrre questo nuovo stato della materia. Una delle proprietà dello stato BEC è infatti proprio la superfluidità, la capacità di fluire senza dissipazione. Con i condensati di Bose-Einstein diluiti, un primo esperimento che aveva dimostrato la superfluidità, realizzato al MIT (Massachusetts Institute of Technology) di Boston, misurava la velocità critica muovendo all’interno del condensato un fascio laser focalizzato che, respingendo gli atomi, simulava il moto di un’impurezza nel fluido (Raman, Köhl, Onofrio et al. 1999). Un altro esperimento, realizzato a Firenze, dimostrava il diverso comportamento, superfluido e non, di un gas condensato rispetto a una componente termica residua (Cataliotti, Burger, Fort et al. 2001). Nell’esperimento veniva creata una serie di barriere luminose periodiche attraverso le quali il condensato oscillava per una serie di effetti tunnel coerenti, mentre la nube termica residua veniva intrappolata nei minimi e non superava le barriere: è il comportamento tipico dello stato superfluido. Un modo spettacolare per dimostrare la superfluidità di una fase BEC è stato quello di mettere in rotazione il sistema per formare vortici quantizzati che corrispondono a linee di circuitazione della velocità, al centro delle quali la densità del sistema si annulla (Anderson, Halijan, Wieman, Cornell et al. 2000). Nel caso dei fermioni degeneri e resi fortemente interagenti si è fatto ricorso a simili fenomenologie per evidenziare comportamenti superfluidi.
È importante ricordare che da tempo i fisici hanno messo in evidenza il legame tra superconduttività e superfluidità. Già nei primi lavori teorici degli anni Cinquanta del 20° sec. apparve chiaro che dovesse esserci una tale connessione, benché nei superfluidi non avvenga alcun trasporto di carica elettrica. In particolare, lo stato BEC cominciò a essere considerato come caso particolare dello stato BCS. Successivamente, negli anni Ottanta, il fisico inglese Anthony J. Legget (che ha ricevuto il premio Nobel per la fisica nel 2003 proprio per i suoi contributi pionieristici sui superconduttori e superfluidi) dimostrò che dimeri composti da fermioni fortemente legati e coppie di Cooper non sono realtà totalmente distinte ma connesse da una transizione. Nel lavoro teorico di Legget, il parametro fisico che viene fatto variare è proprio l’interazione fra i fermioni. La dimensione delle coppie fermioniche passa con continuità dall’essere maggiore della distanza media tra i fermioni nel regime BCS all’esserne minore nel caso dello stato molecolare della fase BEC, dove esiste un vero e proprio stato molecolare legato.
I gas atomici fermionici ultrafreddi e il controllo delle interazioni mediante le risonanze di Fano-Feshbach si sono rivelati strumenti formidabili per la realizzazione sperimentale della situazione descritta da Legget. Variando la lunghezza di diffusione attraverso la risonanza è possibile creare sia dimeri composti da fermioni (a>0) sia coppie nel regime BCS (a<0); diversi regimi sono mostrati nella figura 2. In effetti, i due regimi sono casi limite di un’unica fenomenologia, e l’impiego di un ‘simulatore atomico’ controllabile ha consentito di investigare anche la regione di transizione, dando risposte a problematiche che presentano lati oscuri sia dal punto di vista del modello teorico sia da quello degli esperimenti condotti su solidi reali.
Un aspetto importante è che al centro della risonanza la lunghezza d’interazione diverge e si entra in un regime definito universale. La fisica del sistema dipende da un solo parametro, la distanza media tra le particelle (proporzionale a n−1/3, dove n è la densità media del campione) e la scala di energia è data unicamente dall’energia di Fermi (Ultra-cold Fermi gases, 2007).
Di seguito si descrivono con maggiore dettaglio le due situazioni emblematiche del comportamento dei fermioni fortemente interagenti: la fase BEC di dimeri e la fase BCS di coppie.
Osservazione di un condensato di Bose-Einstein molecolare
Come abbiamo visto, fermioni identici non collidono. Quindi, per poter raffreddare alla degenerazione un gas di fermioni è necessario disporre di una miscela (50-50%) di fermioni in due differenti stati di momento angolare. Nel caso del 6Li gli stati interessati sono |F=1/2, mF=1/2› e |F=1/2, mF=−1/2› (Zwierlein, Stan, Schunk et al. 2004), mentre per il 40K sono |F=9/2, mF=−9/2› e |F=9/2, mF=−7/2› (Greiner, Regal, Jin 2003), confinati e raffreddati in una trappola puramente ottica a una temperatura inferiore a quella di degenerazione (T/TF ≤0,2). Le molecole vengono prodotte nella regione di lunghezza di diffusione positiva (a>0) attraversando la risonanza di Fano-Feshbach a 202 Gs circa, nel caso del 40K, o semplicemente sfruttando l’elevato rate di ricombinazione a tre corpi a circa 820 Gs per il 6Li.
La possibilità di formare una fase BEC molecolare dipende dalla stabilità del campione molecolare stesso. Infatti, come abbiamo visto, queste molecole sono molto fragili, essendo prodotte nello stato vibrazionale più eccitato. Di conseguenza, urti con la frazione di atomi non associati in dimeri distruggerebbero velocemente il campione. Stranamente, la vita media misurata è stata invece di vari secondi. La ragione di questa inaspettata stabilità del campione molecolare risiede nelle particolari proprietà collisionali dei fermioni ultrafreddi.
Il campione molecolare risulta immerso in un campione atomico composto dagli stessi fermioni che compongono le molecole. Un urto tra una molecola e un atomo implicherebbe che almeno due fermioni identici (uno dei quali appartenente alla molecola) vengano a contatto ravvicinato, processo fortemente soppresso dal Pauli blocking.
Per raggiungere la temperatura critica di condensazione viene effettuata un’ulteriore fase di raffreddamento nel potenziale ottico, riducendone in maniera controllata la profondità. Essa risulta doppia per le molecole rispetto agli atomi, dato che la polarizzabilità della molecola è doppia rispetto a quella atomica. Nel processo di raffreddamento della miscela atomi più molecole viene rimossa essenzialmente la sola componente atomica (fig. 3). Le molecole sono quindi efficientemente raffreddate alla temperatura critica di condensazione. Nella figura 3 vengono presentate anche le immagini in assorbimento e i relativi profili di densità del campione in caduta libera nel caso di atomi di 6Li per diversi valori finali del potenziale di intrappolamento. La distribuzione di densità cambia drasticamente riducendo la temperatura del campione. In particolare essa passa dall’essere gaussiana, corrispondente a un campione termico, a essere bimodale a TC e infine piccata per T<TC, dove TC è la temperatura critica di condensazione che dipende dal numero di atomi e dalle caratteristiche del potenziale di intrappolamento. Questo è il sintomo dell’avvenuto raggiungimento del regime di degenerazione quantistica per il campione molecolare. La distanza media tra le molecole, n−1/3 (n è la densità), è comparabile con la loro dimensione, che è dell’ordine della lunghezza di diffusione a. Il sistema è quindi prossimo alla transizione BEC-BCS. La fisica di questo lato della risonanza di Fano-Feshbach è quella di coppie robuste, legate in uno stato a due corpi la cui energia di legame è maggiore dell’energia di Fermi. Questo significa che durante l’espansione libera successiva al rilascio dalla trappola ottica le molecole rimangono legate, cioè stabili.
Al di là dell’importanza ai fini della realizzazione della superfluidità fermionica, tale possibilità di creare stati legati tra atomi ultrafreddi, recentemente dimostrata anche per specie atomiche diverse, costituisce uno dei significativi risultati della fisica di questi anni, poiché può rappresentare un primo embrione dello sviluppo di una nuova chimica ultrafredda.
Realizzazione e osservazione di un BCS
La situazione cambia radicalmente evaporando il campione nella parte BCS, dove non esiste uno stato molecolare legato a due corpi e dove l’interazione fra gli atomi è attrattiva. In questa regione, la condensazione è dovuta solamente a effetti a molti corpi che caratterizzano lo stato BCS. Questa differenza sostanziale si ripercuote sulla metodologia di rivelazione della transizione. Infatti le coppie di Cooper sono molto fragili e la loro sopravvivenza dipende fortemente dalle altre coppie. In precedenza abbiamo visto come la transizione a condensato di Bose-Einstein si rifletta in un evidente cambiamento nella distribuzione di densità del campione in caduta libera, che da isotropa diventa prima bimodale e poi piccata. Nel caso di un condensato molecolare, le molecole non si dissociano (l’energia di legame dipende dalla lunghezza di diffusione), benché durante l’espansione la densità del campione diminuisca molto velocemente. La situazione non vale nel caso BCS in cui, durante l’espansione, al decrescere della densità cresce il rapporto T/TC (infatti TC, la temperatura critica, dipende dalla densità) e quindi le coppie si rompono.
Per superare questi inconvenienti è stata sviluppata una tecnica sperimentale, schematizzata nella figura 4. Introdotta da Deborah S. Jin presso il JILA della University of Colorado-Boulder nel caso di atomi di potassio (Regal, Greiner, Jin et al. 2004; Ultra-cold Fermi gases, 2007) e utilizzata poi anche nel caso di atomi di litio (Zwierlein, Stan, Schunk et al. 2004), essa consiste nel proiettare le coppie di Cooper formate nella parte BCS della risonanza di Fano-Feshbach in stabili molecole nella parte BEC. In pratica, il campo magnetico viene variato velocemente da a<0 ad a>0. Ciò è possibile in quanto il tempo di adiabaticità di un sistema a molti corpi è di vari ordini di grandezza superiore a quello di un sistema a due corpi. In questo modo le fragili coppie di Cooper vengono rese forti e stabili trasformandole in molecole reali. Se ciascuna coppia è trasferita in una molecola, allora è possibile dimostrare che l’informazione sulla distribuzione di momento della coppia originale è preservata. Come si vede nella figura 4, è possibile osservare la formazione del condensato fermionico sia nella regione BEC-BCS sia in quella BCS. In tutti e tre i differenti regimi (BEC, BEC-BCS e BCS) si nota chiaramente l’apparire della distribuzione bimodale che indica il raggiungimento del regime di degenerazione quantistica per il campione molecolare (lato BEC) e per quello formato da coppie fermioniche (lato BCS).
Superfluidità fermionica e formazione dei vortici
La tecnica mostrata nel paragrafo precedente ha il merito di permettere l’osservazione della transizione BEC-BCS semplicemente studiando la distribuzione di densità del campione fermionico, ma non è una misura diretta, in quanto le coppie vengono proiettate nel lato BEC. Inoltre non è una misura della superfluidità del sistema. In effetti, la dimostrazione più chiara della superfluidità è l’osservazione dei vortici, come più volte affermato da Cornell. I vortici sono conseguenza del fatto che in un campione superfluido tutti gli atomi sono descritti da un’unica funzione d’onda.
Quando un superfluido è messo in rotazione si producono vortici che persistono senza decadere. Nel caso di fluidi normali, invece, i vortici sono instabili e decadono nella semplice rotazione di corpo rigido. Nel caso di un condensato di Bose-Einstein l’osservazione di singoli vortici e di strutture a molti vortici organizzati in reticoli è stata riportata in numerosi esperimenti.
Per eccitare vortici, è necessario trasferire un momento angolare al sistema. Il campione viene dunque preparato in un potenziale a simmetria cilindrica, e due o più fasci laser focalizzati vengono ruotati simmetricamente attorno al campione. La tipica dimensione di un vortice in trappola è dell’ordine di 200 nm, quindi minore della lunghezza d’onda della luce che viene utilizzata al fine di rivelare i campioni atomici (500÷800 nm): risulta, quindi, impossibile osservare i vortici direttamente nel campione intrappolato. Poiché il momento angolare si conserva durante l’espansione libera del gas, e quindi i vortici sopravvivono, è possibile osservarli con alta risoluzione spaziale.
L’osservazione di vortici è la dimostrazione della superfluidità in un gas di fermioni. Nella parte BCS, tale osservazione è resa più complicata dall’insita fragilità delle coppie di fermioni: in particolare, coppie isolate non sono stabili. Durante l’espansione libera, la densità del campione diminuisce velocemente e a un certo punto le coppie si rompono: il contrasto dei vortici viene perso rapidamente, così come l’informazione sulla coerenza del campione. Per evitare che questo accada, il valore del campo magnetico viene cambiato velocemente nella parte BEC pochi istanti dopo il rilascio dalla trappola, proteggendo le coppie dalla dissociazione e permettendo quindi l’osservazione della struttura di vortici.
Misura dell’energia di legame delle coppie di Cooper
Le coppie di fermioni sono molto fragili: la loro energia di legame è proporzionale alla temperatura critica della transizione superfluida. La misurazione diretta di questa quantità microscopica del sistema avviene mediante una tecnica spettroscopica molto simile a quella utilizzata normalmente per determinare la struttura dei livelli energetici di un atomo o di una molecola. Come spiegato precedentemente, lo stato BCS è formato da coppie di fermioni in due differenti stati di energia interna, che indichiamo, a partire dal più basso, con 1 e 2. Consideriamo anche un terzo livello, 3: la differenza di energia E23 è diversa da E12 a causa dell’effetto Zeeman quadratico. Ciò significa che è possibile trasferire in 3 l’atomo inizialmente nello stato 2 in maniera selettiva, senza eliminare atomi dallo stato 1. Nel caso di un sistema composto da atomi indipendenti si può popolare efficientemente il livello 3 irradiando il campione con un’onda elettromagnetica di frequenza opportuna (ν23=E23/h, dove h è la costante di Planck).
La situazione cambia nel momento in cui siano presenti coppie fermioniche. Infatti, per poter trasferire gli atomi dal livello 2 al 3 è necessario prima rompere la coppia, e per dissociarla occorre una quantità di energia che è proprio l’energia di legame. La segnatura sperimentale del processo di accoppiamento è quindi data dall’apparire di una struttura a doppio picco nella misurazione del numero di atomi rimanenti nel livello 2 dopo l’applicazione della radiofrequenza. In particolare, ci si aspetta di osservare un picco di perdita proprio alla frequenza ν23 relativa agli atomi soli e un altro picco a una frequenza maggiore dovuta alle coppie di Cooper. Un esperimento simile può essere effettuato anche nel caso di un campione molecolare condensato composto da atomi fermionici. In questo caso, l’eccesso di energia da fornire al sistema è dato proprio dall’energia di legame della molecola stessa.
Prospettive future
Tutto ciò che sino a ora è stato descritto testimonia quanto i primi anni del 21° sec. siano stati importanti per la fisica delle basse temperature. La produzione di condensati di Bose-Einstein e di superfluidi fermionici apre certamente prospettive affascinanti. Il ricercatore dispone di nuovi campioni macroscopici perfettamente controllabili, che lasciano vedere con chiarezza come la meccanica quantistica, che è stata la rivoluzione scientifica più importante del 20° sec., stia uscendo dalla fase di verifiche concettuali di fenomeni spesso controintuitivi, per diventare, nel 21° sec., il cuore di una nuova scienza e di una nuova tecnologia. Lo sviluppo di computer che si basino su logiche quantistiche è certamente un sogno lontano che, comunque, i fisici di questo secolo inseguiranno, dal momento che, come sostiene William D. Phillips (premio Nobel per la fisica nel 1997), un computer quantistico sarebbe tanto distante dai computer convenzionali quanto questi ultimi lo sono dall’abaco.
La realizzazione di simulatori quantistici è già realtà grazie allo sviluppo della fisica degli atomi ultrafreddi. Il successo nell’ottenere la superfluidità fermionica ne è una prima dimostrazione.
Siamo probabilmente agli inizi di un nuovo periodo affascinante della fisica, poiché si sono aperte molte nuove strade da esplorare (Giorgini, Pitaevskii, Stringari 2008). Si stanno compiendo i primi passi nello studio di superfluidità con miscele di fermioni sbilanciati (Zwierlein, Schirotzek, Schunk, Ketterle 2006). Sono in corso esperimenti con fermioni di specie atomiche di massa diversa: essi consentiranno di verificare teorie sviluppate nel campo delle particelle elementari che, basandosi sull’accoppiamento di quark diversi, prevedono l’esistenza di nuove fasi superfluide esotiche (Casalbuoni, Nardulli 2004; Voigt, Taglieber, Costa, Wieser et al. 2009; Spiegelhalder, Trenkwalder, Naik et al. 2009).
L’utilizzo di fasci laser in diverse configurazioni geometriche ha già consentito di intrappolare gli atomi in maniera ordinata. Questi cristalli atomici costituiscono ormai, in fisica della materia, la base non soltanto per la simulazione di fenomeni noti, ma anche per l’osservazione di nuovi fenomeni. In questa direzione uno sviluppo interessante è determinato dalla recente dimostrazione che in tali sistemi si può introdurre disordine in maniera controllata (Fallani, Fort, Inguscio 2008).
Il disordine è presente in tutte le realtà fisiche, chimiche e biologiche e, oltre che oscurare fenomeni di base, può essere causa di fenomenologie del tutto nuove. A questo proposito si può citare il fenomeno della localizzazione, che già nel 1958 Philip W. Anderson aveva previsto come possibile causa di una transizione da conduttore a isolante in un cristallo all’aumentare del grado di impurezze. Soltanto cinquant’anni dopo i fisici hanno riportato un’evidenza diretta di questa transizione di fase, utilizzando appunto atomi ultrafreddi e ‘cristalli’ di luce opportunamente disordinati (Roati, D’Errico, Fallani et al. 2008). La manipolazione ottica consente inoltre di creare situazioni a dimensionalità ridotta, per es. quella in due dimensioni, che dà luogo a fenomeni come l’effetto Hall quantistico.
Questo primo decennio del 21° sec. ha fornito gli ingredienti che, opportunamente dosati e mescolati, consentiranno di seguire filoni di ricerca con prospettive oggi ancora inimmaginabili.
Bibliografia
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