FERNÁNDEZ de CÓRDOBA
. Antica famiglia castigliana suddivisa già nel sec. XV in varî rami tra cui i due degli Aguilar e dei conti di Cabra. In fiera lotta tra loro ai tempi delle dissensioni intestine di Cordova e ai tempi di Pietro, padre di Alfonso (1450-1503) capostipite dei marchesi di Priego, e di Consalvo il Gran Capitano (v. cordova, gonzalo fernández de, XI, p. 377), capostipite a sua volta dei duchi di Sessa, essi si congiunsero mercé il matrimonio (1519) tra donna Elvira (circa 1493-1524), unica figlia superstite ed erede di Consalvo (come tale, signora, oltre che di Sessa, anche di Andria, Bitonto, Venosa, Terranova, Gerace, Teano, Roccamonfina, Montefusco e di molti altri feudi nell'Italia meridionale) e don Luigi, quarto conte di Cabra, marchese di Poza e duca di Baena, amico e talora mecenate di parecchi letterati italiani (Pietro Gravina, Paolo Giovio, Baldassarre Castiglione, Vittoria Colonna, ecc.), dimorante a Napoli dall'aprile 1521, e dall'ottobre 1523 ambasciatore di Carlo V a Roma, dove morì il 17 agosto 1526. Oltre a due femmine, Francesca e Beatrice, un unico maschio nacque (1520) da quelle nozze: Gonzalo, terzo duca di Sessa, guerriero, letterato, poeta, e così prodigalmente liberale, anche nei riguardi di poeti, letterati e artisti italiani (Luigi Tansillo, Paolo Giovio, Annibale Caccavello, Sofonisba Anguissola, Giuliano Gorellini, ecc.), da dare fondo in pochi anni all'immenso patrimonio avito. Intorno al 1542 entrò nella corte del futuro Filippo II di Spagna, che, dal 1548 al 1551, accompagnò nel lungo viaggio politico in Italia, nella Bassa Germania e in Fiandra e, nel 1554, in Inghilterra; dal 1556 militò nelle Fiandre, stringendosi in amicizia con Emanuele Filiberto di Savoia e partecipando alla battaglia di San Quintino; dal luglio 1558 al marzo 1560 fu governatore di Milano, riuscendo, mercé le imprese vittoriose di Centale, Moncalvo e Cuneo, a cacciare quasi del tutto i Francesi dal Monferrato e dal Piemonte, il quale ultimo, dopo Câteau-Cambrésis, fu da lui riconsegnato a Emanuele Filiberto; governatore di Milano per la seconda volta (1563-64), suscitò gli entusiasmi della cittadinanza per avere saputo dissuadere Filippo II dall'introdurre anche in Lombardia l'inquisizione di Spagna; nel 1569 fu a fianco di don Giovanni d'Austria (v. giovanni d'austria, XVII, p. 225) nella guerra contro i moriscos del regno di Granata, conchiusa vittoriosamente (1570) soprattutto per opera di Gonzalo, premiato con l'ammissione nel consiglio di stato e con una pensione vitalizia; dal luglio 1572 alla fine del 1577 fu luogotenente generale del medesimo don Giovanni in tutte le operazioni guerresche contro i barbareschi, non senza assumere, anche titolarmente, il comando supremo, così durante le lunghe e numerose assenze di don Giovanni dal quartier generale di Napoli, come dopo che, nel maggio 1576, quest'ultimo partì definitivamente per la Francia. Tornato in Spagna, morì povero in un villaggio presso Madrid il 2 dicembre 1578. Dalle sue nozze (1538) con donna Maria Sarmiento di Mendoza (figlia dell'onnipotente segretario di Carlo V e "commendator maggiore" del regno di León, Francisco de Los Covos) non nacquero figli, onde il cognome Fernández de Córdoba, con i titoli annessi, passò al suo nipote per parte della sorella, Antonio, figlio di Beatrice e di Fernando de Cardona (1512-70), "grande almirante" del regno di Napoli e figlio, a sua volta, del famoso Raimondo (v. cardona, raimondo folch de, VIII, p. 994). Membro autorevolissimo del consiglio di stato, don Antonio fu, dal giugno 1590 al novembre 1603, ambasciatore spagnolo a Roma: il che, tra l'altro, gli porse occasione di sostenere violente dispute con Sisto V, di cui divenne fiero nemico; d'essere il deus ex machina dei quattro conclavi da cui uscirono papi Urbano VII, Gregorio XIV, Innocenzo IX e Clemente VIII; di porre in opera la maggiore energia, pur senza riuscire nell'intento, a che Clemente VIII non concedesse, nel 1595 assoluzione e riconoscimento a Enrico IV di Francia; di partecipare, dal 1593 al 1596, a incessanti dispute giurisdizionali della Spagna col cardinale Alfonso Gesualdo, arcivescovo di Napoli, e col nuovo arcivescovo di Milano, Federigo Borromeo; d'intervenire, quale procuratore dei due mariti assenti, ai matrimonî, celebrati a Ferrara da Clemente VIII (15 novembre 1598) tra Alberto arciduca d'Austria (1559-1621) e l'infanta Isabella Clara Eugenia (1566-1633), signora dei Paesi Bassi, e tra Filippo III e Margherita di Stiria: dopo di che, tornato in Spagna (1604), fu fino alla morte maggiordomo di Margherita (6 gennaio 1606). Degli almeno sei figli che gli diede donna Giovanna d'Aragona, meritano menzione il primogenito don Luigi (1579-1642), sesto duca di Sessa, grande almirante del regno di Napoli e amico fraterno, oltre che munifico mecenate, di Lope de Vega che dal 1605 alla propria morte (1635) gli fu segretario devotissimo; donna Francesca, moglie (1606) di Gómez Suárez Figueroa duca di Feria (v. suárez de figueroa, gómez, XXXII, p. 906) e pertanto, dal 1618, governatrice di Milano, dove morì il 23 gennaio 1623; e segnatamente il quartogenito, don Gonzalo, a torto bistrattato nei Promessi Sposi. Nato, pare, qualche anno dopo il 1590, e quindi a Roma, servì dapprima nella marina; dal 1620 al 1625, ora in sottordine ad Ambrogio Spinola, più spesso quale comandante in capo delle forze spagnole, combatté gloriosamente in Fiandra e nel Palatinato, segnalandosi a Wimpfenn, a Hoechst e soprattutto a Fleurus (1622); nel 1625 andò a Milano quale "mastro di campo" del duca di Feria suo cognato, allora in guerra con Carlo Emanuele I di Savoia; dal marzo 1626 all'agosto 1629 fu a sua volta governatore di Milano; quasi riluttante, e sovente protestando contro la condotta impostagli da Madrid, fu alleato di Carlo Emanuele nella guerra del Monferrato e nell'assedio di Casale che, per la discesa di Luigi XIII in Italia e il conseguente abbandono dell'alleato, fu costretto a togliere (marzo 1629); esonerato a sua iterata domanda dalla carica, venne, dopo qualche anno di disgrazia, mandato ambasciatore straordinario a Parigi (1632), donde proseguì per Bruxelles, partecipando ancora una volta, fino al novembre 1634, alle guerre di Fiandra e del Palatinato; tornato in Spagna e ritiratosi a vita devota, morì qualche giorno dopo (febbraio 1635).
Bibl.: F. Nicolini, Il don Gonzalo dei "Promessi sposi" e la sua discendenza dal Gran Capitano, Napoli 1934, estr. dagli Atti della R. Acc. di sc. mor. e politiche; id., Su don Gonz. Fern. de Córd. terzo duca di Sessa, in Japigia, 1933-34; id., Una vittima storica di A. Manzoni, Bari 1934.