FERNÁNDEZ DE FRIAS, Pedro (Petrus Fernandus de Frigidis)
Nacque probabilmente intorno alla metà del sec. XIV a Frias in Castiglia (oggi prov. di Burgos) da una nobile famiglia. Mancano notizie sicure sulla sua giovinezza e sulla sua formazione. Al momento della nomina a vescovo di Osma nel 1379 egli risulta canonico a Burgos e arcidiacono a Treviño. Nello stesso anno Giovanni I salì al trono di Castiglia e si trovò ad affrontare il grave problema dello scisma d'Occidente, che si era aperto l'anno precedente con la doppia elezione di Urbano VI e Clemente VII. Dopo il fallimento dell'ipotesi conciliare proposta dai tre cardinali "neutrali" - Simone da Brossano, Pietro Corsini e Giacomo Orsini - il Regno di Castiglia, dopo un lungo periodo di riflessione, si schierò nel 1381 per Clemente VII. Un ruolo importante in questa decisione aveva svolto Pedro Tenorio, arcivescovo di Toledo.
Appartenente al gruppo che faceva capo a quest'ultimo - la diocesi di Osma era suffraganea di quella di Toledo - il F. risulta aver preso parte alle Cortes sia sotto Giovanni I sia sotto il successore di questo, Enrico III (1390-1406). Una crisi temporanea apertasi nel 1393, durante la minorità del re castigliano, all'interno del gruppo legato all'arcivescovo di Toledo, sfociò un anno più tardi nella nomina del F. a cardinale da parte di Clemente VII, il quale gli confermò anche la diocesi di Osma. Tuttavia il F. non si trasferì alla Curia di Avignone, ma rimase in Castiglia; così egli non prese parte al conclave del 1394 nel corso del quale venne eletto pontefice l'aragonese Pedro de Luna con il nome di Benedetto XIII.
Il nuovo papa confermò nel 1395 il F. alla guida della sua diocesi, dopo che una ambasceria francese aveva sondato senza successo il Regno di Castiglia per una ricomposizione dello scisma. Due anni dopo, tuttavia, segui la "neutralità" del Regno di Castiglia - la decisione fu adottata nella riunione del luglio-agosto 1397 a Salamanca per influenza del Tenorio e del F. - e, infine, nel 1398 la Castiglia ritirò la sua obbedienza a Benedetto XIII.
Il F. non partecipò personalmente con gli altri cardinali allo scontro armato presso il palazzo pontificio ad Avignone, ciononostante Benedetto XIII non dimenticò la posizione di ostilità assunta dal F.: quando nel 1399 in seguito alla morte dell'arcivescovo Tenorio la sede di Toledo si rese vacante, il pontefice non vi trasferì il F., ma vi nominò il proprio nipote dopo che il Regno di Castiglia, nel 1403, aveva rinnovato l'obbedienza al papa avignonese. Il F., deluso nella sua aspettativa, impedì al nuovo arcivescovo di prendere possesso della sede; a queste manifestazioni di ostilità Benedetto XIII rispose un anno dopo togliendo al F. la diocesi di Osma. Il contrasto tra il papa e il cardinale crebbe ulteriormente quando Benedetto XIII convocò il F. in Curia per preparare un viaggio della Curia in Italia (a Genova nel 1404-1405) e il cardinale si rifiutò incorrendo, di conseguenza, in sanzioni ecclesiastiche. Questa opposizione al papa finì col privare il F. di importanti appoggi nei contrasti con i suoi avversari alla corte di Castiglia: una disputa personale fornì il pretesto per allontanarlo dalla stessa corte, confiscare il suo considerevole patrimonio obbligarlo a recarsi alla Curia del suo avversario, Benedetto XIII, dove arrivò alla fine di giugno del 1406; il 27 agosto le sanzioni ecclesiastiche vennero annullate. La riconciliazione con il papa fu comunque solo temporanea: i successivi sviluppi dello scisma resero defiffitiva la rottura tra i due.
Alla fine del 1406 morì a Roma Innocenzo VII: il suo successore Gregorio XII, mandò una legazione a Benedetto XIII e il 21 apr. 1407 venne stipulato il trattato di Marsiglia, sottoscritto anche dal F., che stabiliva un incontro dei pontefici per l'autunno successivo a Savona. Per ribadire questo impegno, nel corso dell'estate giunse presso la Curia avignonese un'ambasceria fiorentina guidata da Filippo Corsini; in base alle istruzioni ricevute i fiorentini dovevano consultare, oltre ai cardinali Niccolò Brancaccio e LudovicO Fieschi, anche il F.: tutti e tre "anno singulare affectione e benivolenza alla nostra communità". Tuttavia l'incontro dei pontefici venne rimandato poiché entrambi temevano di essere sequestrati o di rimanere vittime di complotti. Mentre, per questo motivo, la Francia ritirava nel maggio del 1408 la sua obbedienza a Benedetto XIII, alcuni dei cardinali di obbedienza romana abbandonarono Gregorio a Lucca, si incontrarono con alcuni cardinali di Benedetto e, il 29 giugno, conclusero con loro l'accordo di Livorno, per il quale, in caso di ulteriori esitazioni dei pontefici, si affidava la soluzione dello scisma ad un concilio convocato dai cardinali.
Il F. non aveva partecipato a questi incontri, la sua rottura con Benedetto XIII avvenne più tardi. Il papa avignonese lasciò l'Italia nel giugno del 1408 per aprire a Perpignano un proprio concilio ed anche Gregorio XII sollecitava a partecipare al suo concilio. Il F. non partecipò all'assemblea voluta da Benedetto XIII, ma, nel maggio del 1409, giunse a Pisa per l'assemblea convocata dai cardinali, proprio in tempo per partecipare alla decisione che decretava la deposizione di entrambi i pontefici, ed egli fu tra i sottoscrittori del relativo decreto approvato il 5 giugno durante la quindicesima sessione. L'8 giugno il F. fu tra i cardinali che accolsero una legazione del re di Boemia Venceslao IV; nello stesso giorno e nei successivi Benedetto XIII assegnò ad altri ecclesiastici spagnoli le prebende già del Fernández. Al 13 giugno è datata la lettera con cui il F. informava Martino di Aragona, con il quale era da tempo in rapporto, del decreto di deposizione e lo invitava ad aderire al concilio comunicandogli l'imminente elezione del nuovo papa. Tale elezione si svolse dal 15 al 26 giugno e portò all'elevazione al pontificato dell'arcivescovo di Milano Pietro Filargo con il nome di Alessandro V. Dopo la chiusura del concilio il F. si trattenne presso la Curia di questo; il nuovo papa gli concesse il titolo di S. Prassede già del cardinale Antonio Calvi di obbedienza romana. Alla fine del 1409 il F. accompagnò Alessandro V a Bologna, dove il papa prese residenza stabile all'inizio del 1410. Nell'autunno del 1409 Luigi II d'Angiò, che era stato investito da Alessandro V del Regno di Sicilia, e il legato di Bologna, Baldassarre Cossa, dopo aver concluso una lega con Firenze e Siena, assicurarono la città di Roma all'obbedienza pisana. Nel febbraio 1410 il papa ricevette a Bologna una legazione proveniente da Roma, e il 19 marzo conferì al F. il vicariato della città. Un mese più tardi il F. lasciò Bologna, ma vi fece ritorno all'inizio di maggio alla notizia della morte di Alessandro V, per prendere parte al conclave nel quale venne eletto, il 17 maggio, Baldassarre Cossa, che assunse il nome di Giovanni XXIII. Alcuni giorni dopo il nuovo papa confermò il vicariato al F., il quale - dopo essere passato per Firenze - il 14 giugno giunse a Roma.
Il F. era il primo vicario pontificio che tornava a Roma dopo che, il 25 apr. 1408, Ladislao di Durazzo, re di Napoli, si era impossessato della città e aveva costretto alla fuga il vicario di Gregorio XII, cardinale Pietro Stefaneschi. La situazione politica era cambiata rispetto a due anni prima: Ladislao era sulla difensiva, mentre Giovanni XXIII si era accordato, già nel luglio di quello stesso anno, con i Colonna di Palestrina. Pochi giorni dopo l'arrivo del F. Niccolò Colonna era morto. Il F. si incontrò con il fratello di questo, Giovanni, e con il condottiero Paolo Orsini, il "vero signore di Ronia", come lo definisce Dietrich da Niem, il 28 agosto successivo, così che poté presentare a Luigi II d'Angiò, giunto a Roma, una città quasi pacificata. Questa situazione si conservò fino alla fine dell'anno, quando Luigi II partì per Bologna, dove si trattenne fino alla primavera 1411; il 10 aprile l'Angiò tornerà da Bologna a Roma insieme con Giovanni XXIII. La vittoria, riportata su Ladislao presso Roccasecca il 19 maggio, aprì un altro periodo di pace, durante il quale nella primavera del 1412 poté svolgersi un nuovo concilio. A metà giugno si arrivò anche alla conclusione di una pace tra Giovanni XXIII e Ladislao di Durazzo, in virtù della quale quest'ultimo abbandonò Gregorio XII, deposto dal concilio del 1409, che aveva fino ad allora sostenuto.
Durante la sua permanenza a Roma il F. riusci ad acquisire prebende che lo indennizzarono delle perdite subite in precedenza: quando, nell'ottobre 1411, morì il cardinale Calvi, egli venne nominato suo successore nell'arcipresbiterato di S. Pietro e, un anno più tardi, fu creato cardinale-vescovo di Sabina. Era chiaro che Giovanni XXIII intendeva garantire una sicurezza finanziaria al solo spagnolo del suo Collegio: il F., infatti, sebbene avesse riavuto da Alessandro V la diocesi di Osma, non ne riscuoteva le entrate, che erano percepite dal cardinale Alfonso Carrillo, nominato amministratore da Benedetto XIII. A conferma delle difficoltà finanziarie che fino ad allora aveva conosciuto il F., si può ricordare che Bonifacio Ferrer - fratello di Vincenzo, membro della legazione inviata dal concilio avignonese a Pisa che incontrò il F. il 13 giugno 1409 -, lo descrive come una persona che "non habet ubi caput suum reclinet; ideo oportet, quod vivat de reliquiis mensarum dominorum".
Le favorevoli condizioni di cui godette il F. a Roma nel 1411-1412 finirono però presto. Dopo la partenza di Luigi d'Angiò, Ladislao temette un accordo tra Giovanni XXIII e Sigismondo di Lussemburgo, re dei Romani dal 1410; nel giugno del 1413 egli iniziò perciò l'avanzata su Roma. Il papa fuggì con i suoi cardinali verso il Nord, ma Firenze negò asilo alla Curia. In questa situazione disperata Giovanni XXIII, dopo aver incontrato Sigismondo a Lodi nel dicembre 1413, dispose l'apertura di un nuovo concilio a Costanza per il 1º novembre dell'ánno successivo. La decisione venne confermata dal Papa anche quando, il 6 agosto 1414, mori il suo avversario Ladislao: ma, in verità, sono documentati preparativi per il soggiorno della Curia ad Avignone. Qui il F. risulta presente il 29 ottobre e, di nuovo, il 30 maggio 1416, molto dopo l'inizio del concilio e dei processi contro Giovanni XXIII e Giovanni Hus. Ad Avignone il cardinale aspettò le decisioni dei Regni spagnoli: sia Aragona sia Castiglia, solo dopo il trattato di Narbona della fine del 1415, avevano deciso di abbandonare Benedetto e di partecipare al concilio. Il 16 giugno 1416 Alfonso V di Aragona ringraziò il F. per la sua mediazione; nel settembre la legazione aragonese raggiunse Costanza, seguita, nel marzo successivo, da quella castigliana. Nell'estate del 1417 il F. prese parte agli incontri della "nacio, hispanica": dopo la rinuncia di Gregorio XII e la destituzione di Benedetto XIII era, infatti, imminente l'elezione di un nuovo pontefice. L'11 novembre venne infine scelto il cardinale Oddo Colonna, che assunse il nome di Martino V. Con la Curia di questo il F. tornò in Italia, ed il nuovo papa gli conferì la commenda di S. Cecilia. A Firenze assistette al riconoscimento da parte di Martino V dei cardinali precedentemente nominati da Benedetto, alla rinnovata creazione cardinalizia del suo antico protettore Cossa e alla morte improvvisa di questo. Poco dopo, il 19 sett. 1420, moriva a Firenze anche il F.; la sua salma fu trasportata in Castiglia e sepolta a Burgos.
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