HERRERA, Fernando de
Poeta spagnolo, nato nel 1534 a Siviglia, dove morì nel 1597. Di vita semplice e tutta raccolta negli studî, l'H. ebbe poche conoscenze, a cui si legò soprattutto per interessi poetici, ed ebbe scarse vicende esteriori, che però sentì fortemente e approfondì nella sua squisita esperienza lirica. A Siviglia, dove dimorò sempre, godette un beneficio ecclesiastico, che gli assicurò una certa indipendenza economica, modesta ma per lui preziosa, poiché visse chiuso in una disdegnosa austerità, che parve a qualche contemporaneo asprezza di carattere, ed era invece aristocrazia spirituale, aliena dal volgo e insofferente della facile e fastidiosa notorietà. L'episodio più saliente della sua vita è costituito dall'amicizia fedele e platonicamente amorosa ch'egli nutrì per donna Eleonora di Milano, moglie del conte di Gelves, che l'H. conobbe per la prima volta nel 1559. Stabilitasi a Siviglia nel 1565, Eleonora morì nel 1581.
In questa esperienza sembra rinnovarsi la vicenda trovatorica; e nell'H. non è difficile ritrovare echi diretti della poesia provenzale e del canzoniere di Ausias March, e sembrano ripetersi le situazioni petrarchesche - e al Petrarca egli si accostò soprattutto per il gusto della parola e del suo suono: cosicché la storia di questa passione, viva e attuale, è tenuta in un ambiente letterario, trasferita in quella cultura lirica del poeta troppo esperta di antica e nuova poesia e assai consumata nella sapienza stilistica. C'è nel canzoniere dell'H. (Poesías, 1582) una sensibilità poetica lucidissima che anche in momenti aridi e fiacchi sa trovare l'espressione chiara e la parola sonora, e sempre, anche nelle condizioni più felici, si sorveglia e si ascolta, vigile nell'affinare il patrimonio lessicale della sua lingua e svilupparne gli elementi musicali. Al di sopra della sua passione amorosa, che è il motivo prevalente, e sulle stesse rievocazioni storiche (celebre la Canción por la victoria de Lepanto, edita nel 1572), è vagheggiata un'idealità formale, puramente estetica, che, se per un verso riesce a svolgere situazioni psicologiche e aspetti pittorici in una mirabile gradazione di suoni e di colori - sicché il sonetto, la canzone e l'elegia diventano schemi melodici più che moduli metrici - confina, d'altra parte, in un preziosismo di tecnica e perciò di sentimento che la lirica posteriore porterà alle estreme conseguenze. Per questa raffinatissima esperienza, l'H. fu detto dai contemporanei "del Divino", e fu tenuto a maestro dalla scuola sivigliana. Questo gusto della poesia, così delicato e sottile, s'esercitò nella critica: le sue Anotaciones a las obras de Garcilaso (1580) rivelano il segreto, tormentoso, attento lavorìo intellettuale con cui si educava e si controllava il poeta. Il commento analitico - pronto a cogliere con matura intelligenza il significato della parola e le sue esterne risonanze - è un originale excursus attraverso la lirica del tempo. I giudizî sintetici, le digressioni su varî problemi di lingua, di stile, d'eloquenza, i richiami alle sue molte letture, le citazioni poetiche, sono fondamentali a intendere i presupposti artistici della scuola sivigliana e rappresentano la più personale comprensione delle correnti estetiche del Rinascimento.
Ediz.: L'ediz. di Siviglia, 1582, è stata riprodotta da A. Coster, Parigi 1908; ma a cura di F. Pacheco (Siviglia 1619) apparve, con poesie inedite e molte varianti, una nuova ediz., che però non offre molta garanzia: di essa, ha tenuto conto l'ediz. di V. García de Diego, Madrid 1914 (in Clasicos castell., 26).
Bibl.: Sull'H. scrissero parecchi contemporanei: ne fece l'elogio F. Pacheco, Illustres varones, Siviglia 1599. Vedi A. Coster, F. de H., Parigi 1908; F. Rodríguez Marín, El divino H. y la Condesa de Gelves, Madrid 1911.