Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Scrittore complesso e proteiforme, Fernando Pessoa ha composto versi, scritto prose di vario genere (critico, filosofico, d’invenzione) e ha partecipato inoltre attivamente alla vita culturale di Lisbona, contribuendo in modo decisivo all’avvento del modernismo in Portogallo. Ma la più grande creazione di Pessoa è l’eteronimia: l’aver dato vita a una moltitudine di alter ego poetici, dietro la cui maschera l’autore dissimula la propria identità ed esprime diverse tendenze sperimentali.
Le maschere di Pessoa
Fernando Pessoa
Ricardo Reis - Odi
Non tenere niente fra le mani,
neanche un ricordo nell’anima,
chè quando ti metteranno
in mano l’obolo estremo,
nell’aprirti le mani
niente da esse cadrà.
Quale trono ti possono dare
Che Atropo non ti prenda?
Quali allori che non appassiscano
Negli arbitrii di Minasse?
F. Pessoa, Una sola moltitudine, a cura di A. Tabucchi e M.J. de Lancastre, Milano, Adelphi, 1984
Fernando Pessoa all’età di sette anni, dopo la morte del padre, si trasferisce in Africa del Sud con la madre e il suo secondo marito che, nel 1895, è nominato console del Portogallo a Durban, città della colonia britannica di Natal. Qui compie gli studi sino all’esame d’ammissione all’università del Capo e acquisisce una perfetta conoscenza dell’inglese, lingua in cui scrive poesie e prose sin da quando è tredicenne. Nel 1905 fa ritorno a Lisbona, dove si iscrive al corso di filosofia della facoltà di Lettere. Affianca alla lettura dei simbolisti francesi e degli autori inglesi (Shakespeare, Keats, Milton, Poe, Whitman), lo studio di filosofi come Arthur Schopenhauer e Friedrich Nietzsche, ma non sostiene alcun esame e abbandona ben presto l’università per lavorare come corrispondente commerciale alle dipendenze di diverse ditte, un’occupazione che manterrà per tutta la vita. Conduce una esistenza scandita dai ritmi del lavoro impiegatizio e pubblica con il nome anagrafico (il proprio ortonimo) solo una minima parte della sua opera, rimasta per lo più sconosciuta al pubblico sino al momento della sua morte.
Personalità complessa e poliedrica, instancabile sperimentatore, Pessoa, che ha rappresentato in modo esemplare le inquietudini dell’uomo novecentesco, dissimula la propria identità sotto una moltitudine di pseudonimi (più di 40), i principali dei quali (gli eteronimi) si costituiscono come veri e propri alter ego poetici, ognuno dotato di una biografia, di un originale temperamento, di uno stile proprio e caratterizzante. Con i nomi di Alberto Caeiro, Ricardo Reis, Álvaro de Campos – le sue principali creazioni etoronimiche – pubblica poesie e prose sulle maggiori riviste portoghesi dell’epoca. Nella celebre lettera ad Adolfo Casais Monteiro del 1935, edita postuma sul periodico “Presença”, l’origine remota del travestimento eteronimico è ricondotta da Pessoa all’abitudine, maturata durante l’infanzia, di dialogare con personaggi fittizi di sua invenzione. Risale d’altra parte già al 1894 la prima figura immaginaria di cui si abbia notizia, il Chevalier de Pas, tramite cui l’autore scrive lettere a se stesso. Ha invece un nome anglosassone, Alexander Search, il corrispondente creato dalla fantasia pessoiana durante il periodo sudafricano, personaggio che si evolverà negli anni successivi sino a diventare uno dei suoi eteronimi. Questa singolare tendenza alla dissociazione, su cui si affaccia l’inquietante ombra della follia, è fatta risalire dai biografi a eventi infantili di natura traumatica (la morte prematura del padre, la malattia della nonna paterna e il suo ricovero in un ospedale psichiatrico), dai critici è stata invece riconosciuta come il principio che genera e regola la complessa costruzione letteraria di Pessoa. Dando vita agli eteronimi e orchestrando il suo multiforme drama em gente, il poeta portoghese ha infatti trovato il modo per esprimere in maniera autonoma e compiuta attitudini sperimentali diverse e tra loro contrastanti, dalla poesia bucolica di Alberto Caeiro a quella neoclassica di Ricardo Reis, dagli esperimenti avanguardistici di Álvaro de Campos sino alle prose filosofiche di António Mora, autore di un neopaganesimo lusitano.
Il percorso letterario
Pessoa esordisce nel 1912 sulla rivista “A Águia” con una serie di articoli dedicati alla nuova poesia portoghese, dove si avvicina al saudosismo di Teixeira de Pascoaes, un orientamento estetico nato in Portogallo nel clima nazionalista e neoromantico d’inizio secolo, percorso da tendenze mistiche e aspettative messianiche. Dal saudosismo si distanzia tuttavia ben presto e, cogliendo suggestioni tardo-simboliste e liberty, dà origine a una autonoma corrente letteraria, il paulismo, di cui scrive alcuni testi poetici esemplari (Paúis, Impressões do Crepúscolo, Hora Absurda). Nel 1913, tramite l’amico Mário de Sá-Carneiro che soggiorna a Parigi, Pessoa compie le prime letture futuriste. Avrà un ruolo decisivo nella ricezione, in Portogallo, della avanguardie e delle più moderne tendenze artistiche europee. Su stimolo dei fermenti e delle innovazioni dell’epoca, conclusa la fase paulista, è a sua volta ideatore di due movimenti letterari: l’intersezionismo che risente dell’influsso delle scomposizioni futuriste e cubiste (Chuva Oblíqua ne è il testo più rappresentativo) e il sensazionismo che coglie suggerimenti marinettiani, coniugandoli con ascendenze whitmaniane.
Nel 1915 fonda insieme a un gruppo di giovani letterati e artisti, tra cui Mário de Sá-Carneiro, Almada Negreiros Santa-Rita Pintor e Luís de Montalvor, la rivista “Orpheu” che dà voce sia a esperienze intersezioniste che sensazioniste e segna l’avvento del modernismo portoghese. Pessoa vi pubblica testi ortonimi (come il “dramma statico” O Marinheiro), ma anche poesie dell’eteronomo Álvaro de Campos. Tra queste ultime va ricordata l’Ode Triunfal, versi tra i più riusciti del sensazionismo portoghese. Ben riconoscibili sono qui echi futuristi: “Ah, poter esprimermi tutto come si esprime un motore! / Essere completo come una macchina! / Poter andare nella vita trionfante come un’automobile ultimo modello!”. Álvaro de Campos è per Pessoa la tipica figura dell’avanguardista turbolento e provocatore, non privo tuttavia di un lato notturno e nevrotico. Nel 1917 egli ricorre non a caso a questo eteronimo per collaborare al periodico “Portugal Futurista” che, culmine della stagione dell’avanguardia portoghese, viene messo sotto sequestro dalla polizia dopo l’uscita del suo primo numero. Sul fascicolo d’esordio fa però in tempo ad apparire il provocatorio ultimatum “contro i mandarini letterari d’Europa” firmato da Campos.
Come per tutti i suoi più fecondi alter ego, Pessoa progetta la figura di Campos nei minimi dettagli: scrive una particolareggiata scheda biografica (il celebre Hóroscopo), ne specifica professione (quella di ingegnere navale) e perfino caratteristiche somatiche (alto, con i capelli neri divisi da un lato e col monocolo). Mette inoltre in stretta relazione Campos con il primo eteronimo da lui ideato, Alberto Caeiro, di cui l’irrequieto avanguardista sarebbe discepolo. Il teatro dei travestimenti stilistico-letterari inizia così ad animarsi e gli attori sono personaggi fittizi che poetano contemporaneamente ma in stili differenti, polemizzano, discutono, si scrivono a vicenda prefazioni. Pessoa ha persino annotato la data in cui il gioco delle parti ha avuto inizio e l’ha fatta coincidere con il giorno della genesi di Alberto Caeiro (l’8 marzo 1914). Ha inoltre precisato uno dei motivi della sua creazione: la ricerca di un poeta bucolico con cui canzonare l’amico e co-fondatore della rivista “Orpheu”, Mário de Sá-Carneiro. Autodidatta, di salute cagionevole, umbratile e contemplativo, il capostipite degli eteronimi generato dal geniale estro di Pessoa conduce una vita ritirata in campagna e annovera, nella sua vasta produzione, il “diario” Pastor Amoroso e i poemetti Guardador de Rebanos. Suo discepolo, oltre ad Álvaro de Campos, è il terzo principale eteronimo pessoiano, Ricardo Reis. La sua figura è altrettanto originale: cresciuto in un collegio di Gesuiti, medico, imbevuto di classicismo e di ellenismo, appassionato estimatore di Orazio, compone poesie neoclassiche. Pessoa lo fa esordire nel 1924, quando fonda insieme a Ruy Vaz la rivista “Athena” che, in sintonia con gli orientamenti letterari europei, propone anche in Portogallo, dopo i furori dell’avanguardia, un rappel à l’ordre.
Ma non è solo alle sperimentazioni letterarie che si rivolge il genio di Pessoa: la sua personalità artistica presenta molteplici sfaccettature e abbraccia diversi campi di sapere. Dopo aver tradotto un trattato di teosofia di Charles Webster Leadbeater, s’immerge in letture esoteriche e teosofiche (Rosacroce, Swedenborg, Blake) che influenzeranno in maniera decisiva la sua opera ortonima. Si dedica a pratiche medianiche, si interessa di psicanalisi. Scrive addirittura una lettera (forse mai inviata) a due affermati psichiatri dell’epoca, i dottori Hector e Henri Durville, in cui diagnostica a se stesso una histeronevrastenia. Non abbandona, nel corso degli anni, gli interessi filosofici giovanili e crea tra i suoi eteronimi anche originali pensatori come António Mora. Assume posizioni politiche bizzarre e reazionarie. Nel 1926, dopo il colpo di stato militare che apre la via al regime di Antonio de Oliveira Salazar, Pessoa rilascia un’intervista a un giornale della capitale in cui inizia a esporre le sue teorie del Quinto Impero, pronosticando l’avverarsi delle profezie di Badarra risalenti al XVI secolo, secondo cui il re Don Sebástian, dato per morto nel 1578 nella battaglia di Alcazarquivir, avrebbe fatto ritorno per fondare un regno di giustizia e pace, cui il Portogallo sarebbe destinato.
Fedele ai rituali quotidiani della sua esistenza da impiegato, nascosto dietro la maschera degli eteronimi, Pessoa rimane in vita uno scrittore pressoché sconosciuto e si afferma piuttosto nella cultura portoghese come critico e polemista. Pubblica con il proprio nome soltanto cinque volumetti di poesie: 35 Sonetts (1918), Antinous (1918), English Poems I-II e English Poems III (1921) in inglese; Mensagem (1934) in portoghese. Dopo la sua scomparsa, avvenuta nel novembre del 1935, il rinvenimento della celebre “arca” contenente l’incredibile mole degli inediti (più di 27 mila documenti) ha rivelato la dimensione e la portata della sua opera. Nel 1942 la casa editrice Ática di Lisbona ne ha iniziato la pubblicazione dedicando il primo tomo alle poesie ortonime. Tra gli inediti pubblicati postumi quello che ha avuto un maggiore successo di pubblico è Il Libro dell’Inquietudine di Bernardo Soares (O Livro do Desassossego por Bernardo Soares, 1982). Si tratta, dell’autobiografia del contabile Bernardo Soares, suo eteronimo, che lavora in un ufficio al quarto piano di Rua dos Douradores, nella Baixa di Lisbona. Come ha detto Antonio Tabucchi, che ne ha curato la versione italiana, “Il libro di Soares è certamente un romanzo. O meglio, è un romanzo doppio, perché Pessoa ha inventato un personaggio di nome Bernardo Soares e gli ha delegato il compito di scrivere un diario. Soares è cioè un personaggio di finzione che adopera la sottile finzione letteraria dell’autobiografia. In questa autobiografia senza fatti di un personaggio inesistente consiste l’unica grande opera narrativa che Pessoa ci abbia lasciato: il suo romanzo”.