FERRAIOLO
Non si possiedono notizie biografiche su questo autore di una cronaca napoletana illustrata, vissuto nella seconda metà del sec. XV.
Il cognome si ricava dall'opera stessa, laddove, a proposito dell'ingresso trionfale in Napoli di Alfonso I d'Aragona (1443), egli indica la sua fonte nel padre Francesco Ferraiolo, il quale era stato spettatore dello storico evento.
Non provato resta il collegamento avanzato da R. Filangieri con una famiglia di orafi presente a Napoli fino al Cinquecento inoltrato e della quale erano attivi intorno al 1484 un Giovanni e un Leonardo; non emergono altresì connessioni con altri Ferraiolo rintracciati dal Coluccia (Cronaca..., pp. XXV s.) nei registri della Cancelleria aragonese per gli anni 1479-1500.
Più convincente, anche se non inoppugnabile, l'identificazione proposta da N. Vacca in base ad una provvisione della Sommaria del Regno in data 11 apr. 1497 diretta al doganiere e credenziere di Napoli. Il documento è accompagnato da una lettera di Federico d'Aragona in cui è menzionato il "fidele servo" Melchionne Ferraiolo, al quale viene risarcita parzialmente la perdita di cinque casse di "beni mobili", per il valore di 600 ducati, spedite a suo tempo ad Ischia per metterle al riparo dai saccheggi delle truppe di Carlo VIII e donate per sbaglio da Ferrante II ad un tale Antonio Carafa. Melchionne si era astenuto negli anni successivi dal richiedere il rimborso, date le difficoltà in cui versava la cassa reale, ma ora era costretto a farlo perché pressato dai creditori per un debito di 450 ducati: a costoro - si tratta di tre mercanti - viene concessa l'esenzione doganale fino alla copertura della somma. Nella Cronaca si legge effettivamente che l'autore, all'arrivo dei Francesi, si trovava sul molo per mettere in salvo i suoi averi: non però a Ischia, bensì a Sorrento.
Se nonostante questa discrasia tra i due passi si accetta l'identità dei due personaggi ivi citati, il F. avrebbe dunque fatto parte della familia dei re d'Aragona, con un grado medio o basso come lascia inferire la qualifica di "servo", da interpretare probabilmente come maggiordomo o siniscalco. Confermano tale deduzione, a prescindere dal lealismo nei confronti del casato che aleggia dappertutto nella Cronaca, le notizie precise e dettagliate sul cerimoniale di corte che arricchiscono la narrazione: il F. mostra sempre un occhio attento e informato, spingendosi persino a specificare il valore venale delle vesti e degli ornamenti indossati dai personaggi nelle occasioni ufficiali, particolare che gli poteva essere noto solo in quanto addetto al cerimoniale.
L'appartenenza alla cerchia più ristretta della corte è testimoniata anche dai vari episodi della vita privata dei sovrani che il F. descrive con cognizione di causa: in chiusura dell'opera, ad esempio, a proposito delle accoglienze festose riservate dalla consorte e dalla regina madre a re Federico al ritorno dalla vittoria sui ribelli principi Sanseverino, il F. dice di avervi assistito "con gli uocchi mieie". Infine, l'inserimento nel tessuto della Cronaca di alcuni documenti della Cancelleria. reale, per quanto di importanza modesta, non sarebbe stato possibile se non ad un personaggio che gravitasse attorno alla corte.
La Cronaca del F. è conservata in testimone unico dal manoscritto 801 della Pierpont Morgan Library di New York, che contiene inoltre una copia incompleta del Fasciculus temporum (cronistoria universale attribuita al monaco tedesco Werner Rolewinck), una della Cronaca di Partenope (compilazione storico-leggendaria risultante dalla fusione delle opere di più autori che andava dal Basso Medioevo alla fine del XIV secolo, e diffusa in numerose stampe a partire dal 1486) ed una di un trattato anonimo sui bagni di Pozzuoli (Trattato de li bagni de Pezola):tutte e tre queste opere derivano da esemplari a stampa (Venezia 1481, la prima; Napoli 1486-90, la seconda e la terza). La raccolta di testi, scritti da una sola mano in una umanistica non calligrafica e rilegati disordinatamente nel codice, ubbidiva ad una strategia precisa: alla storia universale del Rolewinck seguiva la Cronaca di Partenope, che era considerata la storia ufficiale della città, e quindi la narrazione degli eventi recenti e contemporanei dei quali il compilatore stesso era stato testimone. Completava la scelta il trattato sui celebratissimi bagni puteolani che rappresentavano un'attrazione naturale del Regno universalmente nota. La rilegatura scorretta del volume, l'incompleta trascrizione del Fasciculus, cosi come le lacune nella Cronaca, nonché la mancanza in essa di un inizio e di una fine di cui neanche l'opera di un letterato dilettante qual era il F. sarebbe stata sprovvista, fanno pensare che la compilazione della silloge fosse interrotta anzitempo e all'improvviso, forse a causa della morte del F., che sarebbe quindi da collocare a ridosso del 1498, data alla quale ha termine la Cronaca. Se si considera che nel 1443 il F. non era ancora nato, o almeno non ancora in età da avere ricordi personali riguardo ad un avvenimento eccezionale come l'ingresso trionfale di Alfonso 1 nella città, l'arco della sua vita risulta essere approssimativamente compreso nella seconda metà del secolo, cronologia che sembra in qualche misura confermata dal fatto che nell'opera il F. allega le sue testimonianze dirette sui fatti solo a partire dal 1481.
La Cronaca comincia exabrupto con una notizia sul primo ingresso di Alfonso in Napoli nel 1423 conclusosi infaustamente, prosegue con la descrizione del suo trionfo (1443) e con varie notizie sugli avvenimenti successivi, per diventare una vera e propria cronaca a partire dalla liberazione di Otranto dai Turchi (1481) fino al ritorno a Napoli di Federico d'Aragona vittorioso sui Sanseverino (13 febbr. 1498) allorquando s'interrompe bruscamente. L'autografia della Cronaca è stabilita dal Coluccia e dal Corchia sulla base di quattordici interventi sul testo che non presentano le caratteristiche generiche di modifiche dovute ad un copista estraneo (si tratta per lo più di correzioni di notizie errate con i dati esatti; tre casi di spazi bianchi sono attribuiti non a difficoltà di decifrazione dell'antigrafo, ma allo scrupolo di completare il testo solo dopo aver acquisito l'informazione corretta) e per uno dei due miniatori che decorarono il codice, quello più brillante ed originale, il Filangieri avanza l'identificazione con lo stesso Ferraiolo.
Il testo, in un volgare napoletano contaminato da sparsi elementi cancellereschi e immune da toscaneggiamenti, èdiviso in paragrafi di estensione variabile, talvolta solo di poche righe, dedicati alle singole notizie. Gli avvenimenti anteriori al 1480 sono descritti sommariamente e anche i disegni sono di qualità scadente, mentre dall'impresa di Otranto in poi il cronista procede con regolarità e fornisce descrizioni dettagliate, palesando come suo tratto precipuo una sincera e appassionata adesione al partito dei suoi signori: i sovrani e i condottieri del casato sono presentati sempre con grandi lodi, mentre ai loro nemici (di volta in volta Maometto II, Innocenzo VIII, i baroni ribelli, Carlo VIII) non sono risparmiati giudizi pesanti e invettive ingiuriose. L'attenzione èconcentrata quasi esclusivamente sui fatti napoletani, tralasciando le vicende politiche che non hanno il loro teatro di svolgimento nel Regno.
Osservatore spontaneo e immediato, il F. si ferma all'esteriorità degli avvenimenti, registrando i fatti più spettacolari e sensazionali in presa diretta, come egli stesso ha cura di sottolineare più volte precisando di esserne stato testimone. Ampio risalto hanno perciò le descrizioni di processioni, parate militari, feste, battaglie terrestri e navali, in cui la scrittura diretta e comunicativa del F. trova integrazione e complemento nello splendido apparato illustrativo. Le raffigurazioni rappresentano un prezioso documento storico per la scrupolosa accuratezza dei particolari: vestiti, ornamenti, armi, fortificazioni, fino ai tratti somatici dei personaggi, che vengono resi con estrema fedeltà, ancorché non disgiunta da punte espressionistiche dalle quali traspare la fede politica dell'autore. Mentre, ad esempio, Alfonso di Calabria alla testa dell'esercito aragonese figura solenne e trionfale sul suo cavallo elegantemente bardato, Carlo VIII che entra in Napoli èritratto azzimato e mingherlino, con un falcone sul braccio sinistro (si trattava di uno degli esemplari donatigli dalla Repubblica di Venezia, confermano i Diarii di M. Sanuto), su una cavalcatura di taglia ridotta dallo strano muso a metà tra l'asino e il maiale, che lascia per giunta intravedere - unico caso tra i numerosi cavalli disegnati nella Cronaca - ilmembro sotto il mantello del cavaliere: chiaro messaggio di scherno percepibile senza difficoltà dal pubblico presso il quale era destinata ad avere limitata diffusione la Cronaca.
Il codice della Pierpont Morgan Library si configura, infatti, come un prodotto eminentemente privato, confezionato per soddisfare le ambizioni estetiche del suo autore e per circolare in una cerchia selezionata di amici e conoscenti, piuttosto che per essere oggetto di una pubblicazione in piena regola. Oltre che per il valore documentario, le illustrazioni del codice si impongono all'attenzione per l'eccezionale livello artistico, nel quale alla maestria nella cura dei dettagli si unisce una disposizione sapiente e raffinata delle figure, sicché anche soggetti ritornanti come parate militari o battaglie navali non danno mai luogo a soluzioni stereotipe. Di grande effetto, ad esempio, la positura variegata e artificiosa dei cavalli nelle sfilate o la ricerca di profondità nella disposizione dei vascelli nelle scene navali, o ancora la soluzione adottata per la figura del processo ai capi dei baroni ribelli, in cui il F. mette in atto l'artificio scenografico della "quarta parete", disponendo nella parte alta del foglio, su due ordini, gli otto giudici assisi sugli scranni e nella parte bassa, in piedi in positure diverse, i quattro imputati di spalle.
Della Cronaca del F. sono disponibili due edizioni: Una cronaca napoletana figurata del Quattrocento, a cura di R. Filangieri, Napoli 1956, che riproduce l'apparato iconografico presente nel codice; Cronaca, a cura di R. Coluccia, Firenze 1987, senza le illustrazioni, ma con una ricostruzione del testo molto più affidabile e corredata da ampi apparati linguistici e filologici.
Fonti e Bibl.: N. Vacca, Sull'autore della "Cronaca nap. figurata del Quattrocento", in Atti della Acc. Pontaniana, n. s., IX (1959-60), pp. 113-116; O.Casale, Nota a un'ediz. della cronaca napol. del F., in Ann. della Fac. di Magistero di Lecce, II (1972-73), pp. 243-271;R. Coluccia-D. Corchia, Preliminari ad una nuova ediz. della "Cronaca" del F., in Ann. dell'Univ. di Lecce. Fac. di lett. e filos., VI (1971-73), pp. 241-253;R. Coluccia, L'apparato come fonte di informazione sulle scelte linguistiche dell'autore: il caso della "Cronaca" del F., in La critica del testo. Problemi di metodo ed esperienze di lavoro, Roma 1985, pp. 515-525.