GUISONI, Ferrante
Figlio del pittore Fermo Ghisoni e di Costanza Costa, figlia naturale del pittore Lorenzo Costa, nacque intorno agli anni Trenta del XVI secolo, probabilmente a Mantova, dove suo padre si era trasferito da Caravaggio per entrare nella cerchia degli allievi del Costa e in un secondo tempo in quella di Giulio Romano, entrambi operanti alla corte del duca di Mantova Federico II Gonzaga. Sebbene i documenti ufficiali tacciano sul luogo, sulla data esatta di nascita, nonché sulla paternità del G., quest'ultima ci è tuttavia rivelata da una lettera del 22 febbr. 1575 in cui il mercante bolognese Ercole Dall'Armi, da Bologna, pregava il destinatario Camillo Luzzara di inviare al G. una lettera di condoglianze per la morte del padre, avvenuta il 27 gennaio (Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, b. 1159).
Poche e frammentarie sono le notizie anteriori a quella data. La prima fonte, del 17 genn. 1550, è una lettera del G. da Mirandola, in cui egli, firmandosi ancora Ghisoni come suo padre, ringraziava il castellano di Mantova, Sabino Calandra, di averlo posto al servizio di Galeotto (II) Pico, conte di Mirandola, marito di Ippolita Gonzaga. Al servizio dei Pico il G. rimase anche dopo la morte di Galeotto, avvenuta in quello stesso 1550, adoperandosi per oltre vent'anni con mansioni di vario genere. In un primo tempo fu forse segretario a corte, mentre è certo che in seguito fu inviato come agente presso altre corti. In tale veste è documentata la sua presenza negli anni Settanta a Parigi, da dove, per il tramite del castellano di Mantova, il 6 ott. 1573 inviò un plico di lettere alla contessa reggente della Mirandola, Fulvia da Correggio, vedova di Ludovico (II). Non è noto tuttavia quando iniziasse questa missione francese, ma di sicuro già dal 1562, dato che il G., come egli stesso dichiara in una lettera del 25 marzo 1576, fu presente alla battaglia di Bourges combattuta nell'agosto di quell'anno, uno degli episodi delle guerre civili che insanguinarono allora la Francia. È certo inoltre che passò al servizio dei Gonzaga nel 1575. All'inizio di quell'anno, infatti, l'ambasciatore gonzaghesco in Francia, Ercole Strozzi, nella necessità di servirsi di persona ben introdotta nella corte di Enrico III, onde trattare un delicato affare volto a contrastare un progetto del duca di Savoia riguardante il marchesato di Saluzzo, suggeriva di impiegare a quello scopo il G., "che fu figliolo di messer Fermo, quale per esser praticho in questa corte et nella lingua saria molto a proposito" (ibid., b. 657, 20 maggio 1575).
Da quella data si infittiscono le notizie aventi attinenza proprio con la missione suggerita dallo Strozzi. Richiamato quindi in Italia, nel maggio 1575 il G. fece ritorno in Francia, questa volta per conto del duca di Mantova, trattenendosi a Parigi fino oltre il mese di luglio. Un incarico che dovette concludersi con un discreto successo se, dopo aver fatto rientro in Italia per un breve periodo, nel marzo 1576 riprese la via della Francia per sostituire lo stesso Ercole Strozzi, dapprima come semplice agente, e dal settembre 1576 quale segretario ambasciatore dei Gonzaga, incarico diplomatico che ricoprì ininterrottamente, sempre alla corte parigina, per circa un ventennio, dapprima per il duca Guglielmo, quindi dal 1587 per il figlio Vincenzo I.
Già nella missiva del 26 marzo 1576, appena giunto a Parigi, il G. stesso riferì l'apprezzamento espresso da Enrico III nei confronti del duca di Mantova per avere scelto lui quale nuovo agente in Francia, dato che il sovrano conosceva le sue doti da molto tempo. Centinaia sono le lettere che costituiscono il copioso carteggio del G. che si sviluppa ininterrottamente fino al 28 marzo 1593, quando cessano le sue relazioni dalla corte francese. Durante quegli anni egli fu testimone e attento commentatore di ogni avvenimento che interessava la corte, riferendo a Mantova non solo notizie di carattere politico, ma anche artistico, musicale e letterario, come quando, alla fine di novembre 1576, appena giunto a Blois, dove la corte si era riunita per partecipare ai lavori degli Stati generali, il G. riferì che in quella città, contrariamente al suo solito, il sovrano durante il pranzo non voleva più trattare affari di Stato, ma piuttosto questioni di filosofia morale, aspetto, questo degli interessi culturali di Enrico III, che, come fa notare Baschet, nessuno al di fuori del G. aveva mai sottolineato. Nei dispacci del G. si ricavano inoltre notizie di tutti coloro che giungevano o si allontanavano dalla corte e i motivi di tali arrivi e partenze.
Il copioso carteggio dalla Francia si interrompe all'improvviso nel marzo 1593, allorquando, verosimilmente, il G. fece ritorno in Italia. Del giugno 1594 è infatti la sua nomina a commissario di Reggiolo, dove rimase fino ai primi mesi del 1596, trascorrendo tuttavia momenti non del tutto felici a causa di continue controversie con il notaio Giulio Nova, che lo aveva preceduto nella reggenza del piccolo centro reggiano. Nella primavera 1596 il G. lasciò ancora l'Italia, forse proprio a causa dei dissapori vissuti nel periodo di Reggiolo, per tornare a ricoprire il ruolo di oratore gonzaghesco alla corte di Francia.
Durante il periodo trascorso a Reggiolo, alcuni atti notarili documentano, per la prima volta, l'esistenza di due fratelli del G., Giulio e Annibale, quest'ultimo anch'egli residente per molti anni in Francia. Con questi fratelli il G. condivideva, sembra in armonia, la residenza paterna lasciata loro in eredità. Questa comprendeva anche i beni artistici, conservati ancora nello studiolo del padre ed elencati in un inventario inedito, in cui spicca un disegno di mano di Michelangelo raffigurante una Pietà, che il G. conservava presso di sé.
Dopo aver dettato testamento, il 19 ott. 1595, in favore del fratello Giulio e dei figli di questo, il G. lasciò nuovamente l'Italia e dall'agosto 1596 riprese con la consueta frequenza il suo carteggio dalla Francia che si interruppe definitivamente il 21 ag. 1597.
Nell'ultima missiva comunicò al duca di Mantova di scrivere in condizioni disagiate poiché si trovava a letto febbricitante. Otto giorni dopo l'altro oratore mantovano a Parigi, Francesco Nuvoloni, comunicava la morte del G., avvenuta il 28 ag. 1597.
Non si hanno notizie sulla formazione del G., che dovette seguire un percorso umanistico. Il suo nome, infatti, è strettamente legato agli ambienti letterari della corte di Francia degli ultimi tre decenni del XVI secolo, frequentati da Guillaume Du Peyrat, Pierre de Ronsard, Pierre e Bartolomeo Del Bene, e altri letterati italiani della corte di Caterina de' Medici, quali Matteo Zampini, Cosimo Ruggieri e Filippo Cavriana. Insieme con Pierre Del Bene, il Ruggieri e lo Zampini, il G. collaborò infatti, con il sonetto Giunta del gran Ronsardo all'altra riva, al Tombeau di P. de Ronsard, raccolta di versi in omaggio e in memoria del poeta francese edita nel 1586 (C. Binet, Discours de la vie de P. de Ronsard… ensemble son tombeau…, Paris 1586, p. 108). Fra le altre rime che il G. compose, rimane un sonetto preliminare contenuto in Les premières oeuvres poétiques di Flaminio de Birague (Parigi 1585) e una quartina prodotta per l'Exposition des sept psaumes pénitenciels, tradotta da Flaminio de' Nobili (Tours, Jean Mettayer, 1592).
Dal 1589 al 1594, durante gli anni della Lega e l'assedio di Parigi, nel corso del quale la corte dimorò ininterrottamente a Tours, il G. raccolse intorno a sé una ristretta cerchia di traduttori che diedero alle stampe una serie di versioni italiane di opere francesi. Egli stesso pubblicò in italiano, sempre presso J. Mettayer, La divina settimana di Guillaume de Saluste Du Bartas, che fu poi ripubblicata a Venezia nello stesso anno presso G.B. Ciotti, poi nel 1595 e nel 1599, a testimonianza del successo editoriale incontrato dalla traduzione in verso sciolto italiano del Guisoni. La validità della traduzione fu sottolineata già nel 1593 dall'encomiastico omaggio che Guillaume Du Peyrat gli dedicò in alcune stanze presenti negli Essais poétiques editi dal poeta francese a Parigi in quell'anno.
Oltre a produrre rime e traduzioni, il G., fu probabilmente anche editore, dell'Aminta di T. Tasso, uscita a Parigi nel 1584 presso Abel l'Angelier, poi a Tours nel 1592 presso il Mettayer, e del Pastor fido di B. Guarini, pubblicato ancora a Tours nel 1592 presso lo stesso stampatore.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Mantova, Archivio Gonzaga, bb. 656-664, 1341, 2663, 2669; Registrazioni notarili, 1595, nn. 193, 562; 1596, nn. 1090, 1159, 1321; Fondo D'Arco: C. d'Arco, Notizie delle Accademie… edimille scrittori mantovani…, IV, p. 245; A. Baschet, Les comédiens italiens à la cour de France sous Charles IX, Henri III, Henri IV et Louis XIII, Paris 1882, p. 67; H. Vaganey, Un "français italianisant" peu connu. Du Peyrat, F. G., Du Bartas et… Jacques VI, in Revue du XVIe siècle, XVI (1929), pp. 133-140 passim; R. Quazza, Emanuele Filiberto di Savoia e Guglielmo Gonzaga (1559-1580), in Atti e memorie della R. Accademia Virgiliana, n.s., XXI (1929), ad ind.; R.J. Sealy, The Palace Academy of Henry III, Genève 1981, pp. 60-62; J. Balsamo, Les italiens de la cour et les lettres sous le règne de Henri IV (1589-1610), in Les lettres au temps de Henri IV. Actes du Colloque, Agen-Nérac… 1990, Pau 1991, pp. 184 s.; Id., La circulation des hommes et des oeuvres entre la France et l'Italie a l'époque de la Renaissance, Paris 1992, pp. 75 s.; P. Cosentino, La "Divina settimana" di F. G., in Italiques, II (1999), pp. 143-165; V. Grohovaz, La traduzione dal francese all'italiano nel XVI secolo. Avvio di una catalogazione delle opere a stampa (1501-1600), in La lettera e il torchio. Studi sulla produzione libraria tra XVI e XVIII secolo, a cura di U. Rozzo, Udine 2001, pp. 80, 114 s.; J. Balsamo, G., F., in Dictionnaire des lettres françaises. Le XVIe siècle, Paris 2002, p. 589.