CAPPONI, Ferrante Maria
Nacque a Siena il 15 sett. 1682 dal senatore Camillo, in quel tempo depositario generale della città e Stato di Siena. Rimasto orfano in età minorile (1693) fu affidato con motu proprio granducale alla tutela della madre, la nobile senese Virginia di Giovanbattista Accarigi (Archivio di Stato di Firenze, Mediceo, 1800), morta a Firenze nell'anno 1706 (Ibid., Medici e speziali, 262). Iniziò la sua carriera di gentiluomo come "paggio granducale", conseguì l'onore di cavaliere di S. Stefano (Litta), titolo al quale poteva aspirare per la nobiltà della sua famiglia. La prima "uscita" ufficiale di notevole importanza avvenne nel 1701, quando, ai primi di gennaio (Arch. di Stato di Firenze, Manoscritti, 140), partì da Firenze al seguito di Giuseppe Dini, inviato straordinario di Cosimo III alla corte imperiale, insieme ad un altro cavaliere, Giovanni Battista Cerretani, allo scopo di esprimere la partecipazione della corte granducale al lieto evento che aveva rallegrato la casa degli Asburgo nell'ottobre del 1700 (Ibid., Mediceo, 2763). La permanenza a Vienna si protrasse dalla metà di febbraio alla fine di giugno del 1701, come appare chiaramente dal conto delle spese di soggiorno sostenute per i tre gentiluomini dal residente di Toscana a Vienna, Marco Martelli; durante quei mesi il C. ebbe modo di fare numerosi incontri e di appagare la sua "curiosità nell'osservare le cose cospicue" della corte di Vienna (Ibid., Mediceo, 4421). L'ambasceria toscana e il comportamento della medesima riuscirono graditissimi all'imperatore Leopoldo e alla sua corte (ibid.), tantè vero che al C. fu concesso il titolo di conte (20 giugno 1701, Litta). Ed è con i titoli di conte e di cavaliere, infatti, che è ricordato quando il 23 genn. 1702 partecipò al giuoco del calcio, quale alfiere "del color turchino", nel "giorno natalizio della Serenissima Gran Principessa Violante Beatrice di Toscana, sulla piazza di S. Croce" (Ibid., Manoscritti, 141). Inoltre, pare che egli sia stato tra coloro che si recarono a Napoli, al seguito di Francesco Maria de' Medici, per rendere omaggio a Filippo V di Spagna (Litta). Il primo matrimonio del C. avvenne nel 1704, quando sposò Cornelia Margherita di Ferdinando Carlo Borromei (uno dei testimoni fu Giuseppe Dini: Firenze, Arch. d. Curia arcivescovile, Matrimoni, chiesa di S. Felicita), dalla quale ebbe quattro figlie e due figli, Camillo e Ferdinando Carlo, nati rispettivamente il 6 febbr. 1713 e il 12 marzo 1721 (Firenze, Arch. d. Opera di S. Maria del Fiore); la nascita del secondo fu causa della morte della madre, sepolta nella chiesa di S. Felicita di Firenze il 20 marzo 1721 (Arch. di Stato di Firenze, Medici e speziali, 263). Il C., intanto, aveva iniziato la sua partecipazione alla vita pubblica: nel 1717 era stato chiamato a far parte del Senato dei quarantotto (Ibid., Tratte, 90, e Manoscr., 281), ma già dal 1712 era impegnato nelle magistrature del granducato. Appartenne a quella dei Dodici buonomini (1712, 1723 1728, 1742, 1750), dei Pupilli (1716, 1730, 1735), degli Accoppiatori (dove fu quasi sempre presente dal 1717 al 1751), dei Consiglieri della Repubblica fiorentina (dal 1718 ripetutamente fino al 1751), dei Conservatori della giurisdizione (1718, 1724, 1729, 1733, 1734, 1740, 1746), degli Otto di guardia (1719, 1729, 1743), del Monte comune (1719, 1728,17499), dei Procuratori di palazzo (1720, 1725, 1731, 1744), dei Conservatori di legge (1721, 1734, 1750), dei maestri di Zecca (1723), dei Capitani di parte (1727), dei Conservatori dell'archivio (1732; Arch. di Stato di Firenze, Tratte, 964-65. 90-91); particolare rilievo assunse, poi, la nomina del C. a provveditore dell'ufficio delle Decime granducali (1726), carica che tenne fino a che il sovrano non lo destinò a sopraintendente delle medesime (1736), eleggendo nello stesso tempo, come provveditore, il figlio Camillo (Ibid., Decima granducale.354, 363, 365, 555 s.; Mediceo, 1799). Per sottolineare l'importanza della posizione del C. alla corte di Toscana, è da ricordare che nel 1723 anche Cosimo III concesse a lui e ai suoi discendenti maschi il titolo e la dignità di conte (Arch. di Stato di Firenze, Pratica segreta, 196), e che nel 1731 la principessa Violante Beatrice di Baviera lo aveva designato per uno dei suoi esecutori testamentari (Ibid., Trattati internazionali, LI); inoltre, nel 1725, il C. aveva ottenuto il titolo di patrizio romano (Litta). Nel 1727 celebrò il suo secondo matrimonio legandosi a Maria Laura di Ippolito Venturi (Firenze, Arch. d. Curia arcivesc., Matrimoni, chiesa di S. Maria Maggiore), che gli dette la figlia Maria Settimia. Con decreto del 15 febbr. 1751 ottenne l'iscrizione per sé e per i suoi alla classe del patriziato fiorentino in esecuzione delle disposizioni contenute nella legge sopra la nobiltà e cittadinanza emanata dal primo granduca lorenese (Arch. di Stato di Firenze, Processi di nobiltà, 2). Morì a Firenze nel marzo del 1752 e fu sepolto il 28 di quel mese nella chiesa di S. Felicita (Ibid., Medici e speziali, 265); eredi dei suoi beni furono i figli Camillo e Ferdinando Carlo (Ibid., Decima granducale, 1733).
Oltre alla intensa attività pubblica, il C. svolse anche un'attività culturale; fu, infatti, membro di diverse accademie, quali l'Accademia Fiorentina (dove si dice che abbia letto nel 1699 una dissertazione Sopra la fortezza dell'animo e dove fu consigliere nel 1712: Salvini, pp. 645 s., 661 s.; Litta; Carini, pp. 401 s.), l'Accademia della Crusca (Litta), la Società botanica (della quale fu a capo per due anni dal 1731, in un periodo di particolare fervore di studi: Micheli, pp. L s.), l'Arcadia (Carini, pp. 401 s.). Ebbe così modo di legarsi a studiosi toscani e di altre parti d'Italia, con i quali intrattenne durevoli rapporti o che favorì nei loro lavori. Primo fra tutti, l'erudito e antiquario Antonio Francesco Gori, al quale il C. affidò l'educazione dei figli Camillo e Ferdinando Carlo. Presso la Biblioteca Marucelliana di Firenze esistono alcune lettere di Ferdinando Carlo e del C. al Gori, le quali testimoniano i rapporti cordiali che intercorrevano tra loro (ms. B. VII. 7). In quelle inviate, dal C. (1727-1750) emerge, inoltre, la sua partecipazione alle fortune letterarie del Gori; tra l'altro, si adoperò perché il volume Monumentum sive Columbarium libertorum et servorum Liviae Augustae et Caesarum Romae detectum in via Appia (Florentiae 1727) potesse essere dedicato a un alto prelato della Curia romana, Marco Antonio Ansidei Gett. del C. del 18 giugno 1727, in Bibl. Marucelliana, B. VII. 7), e questo perché il Gori, "abbondante di studio, ma scarso di facoltà", aveva bisogno di aiuti potenti. La dedica venne accettata dall'Ansidei (lettera scritta dall'Ansidei al C. del 30 ag. 1727, Ibid., B. VII. 1), ed il Gori vi scrisse le lodi del prelato e vi ricordò il suo protettore "Senator amplissimus, qui ad te [Ansidei] colendum optatum mihi aditum praebuit". Il Gori dedicò al C. un'altra sua opera, Io. Baptistae Donii patricii florentini inscriptiones antiquae nunc primum editae notisque illustratae et XXVI indicibus auctae (Florentiae 1731). La dedica (manoscritta, Ibid., A.198/9) contiene anche una biografia, molto elogiativa, nella quale il Gori esalta le doti di animo e di intelletto del C., la sua liberalità nel favorire gli uomini di cultura, e, infine, la sua umanità e competenza nell'adempimento delle incombenze affidategli e la fiducia in lui riposta dai sovrani (accennando, in questi ultimi due casi, all'opera di riordinamento archivistico eseguita dal C. nell'ufficio delle Decime granducali e alla designazione di esecutore testamentario da parte di Violante Beatrice di Baviera). Della stima in cui il C. era tenuto dai letterati del tempo è ancora testimone il Fontanini che, in una lettera al Gori scritta in occasione della morte del senatore Filippo Buonarroti, pregava di "riverire ... il Signore Senator Capponi, pregandolo conservarmi nella sua grazia" (19 dic. 1733, Ibid., B. VII. 12). Amico di Buonarroti, infatti, il C. aveva occasione d'incontrarsi "spesso con lui" (Lettere scritte a Roma, pp. 462 s., a. 1727). Tramite il Gori si può pensare che il C. sia stato in contatto anche con il Muratori, che, in alcune lettere indirizzate al Gori tra l'anno 1731 e il 1732 (Ibid., B. VII. 19), ricorda più volte il C., menzionandolo poi nel tomo XVIII dei Rerum Ital. Script.(col.1102) quale possessore di un codice della cronaca di Gino e Neri Capponi. L'esistenza di altre lettere del C., inedite, è segnalata dal Carini (pp. 401 s.), che attinge al Mazzuchelli (cod. Vat. lat.9265, C. 257rv della Bibl. Ap. Vatic.: "Molte altre lettere di questo, originali, si conservano in Oderzo presso al dotto, e valoroso Sig. conte Giulio Tomitano nel tomo III del commerzio epistolare di monsig. Fontanini suo amico"); alcune si trovano anche nel fondo Capponi presso la medesima biblioteca.
Fonti e Bibl.: Archivio di Stato di Siena, Biccherna, reg. 1145 (1678-88), C. 97rv; Firenze, Archivio della Curia arcivescovile, Matrimoni, chiesa di S. Felicita (1611-1725), c. 127; Matrimoni, chiesa di S. Maria Maggiore (1726-1811), c. 112v; Firenze, Archivio dell'Opera di S. Maria del Fiore, Battesimi (1712/3 e 1720/1); Arch. di St. di Firenze, Carte Sebregondi e Carte Pucci, Fam. Capponi; Libro d'oro dei patrizi di S. Spirito, I, n. 22; Processi di nobiltà, filza 2, n. s; Mediceo del Principato, filze 1799-1800, 2763, 4420-21; Manoscritti, regg. 140, c. 869v; 141, cc. 40, 48; 281, c. 59; Tratte, regg. 90-1, 964-5; Pratica segreta, reg. 196, c. 56; Trattati internaz., n. LI, schedula del 5 maggio 1731, e rinunzia del C. e sua sostituz. in data 27-31 ag. 1731; Camera fiscale, reg. 2749 (affare 190); Decima granducale, voll. 354, c. 58; 363, c. 32; 365, cc. 8, 9v; 555 s.; 3560; 3562; 1733 (numm. 333-4); Medici espeziali, morti, regg. 262, c. 395v; 263, c. 53; 265, cc 139v, 251v; Firenze, Biblioteca Marucelliana, B. VII. 7, cc. 166 ss.; A. XXX. 23; B. VII. 1, c. 537; B. VII. 12, cc. 114, 188; B. VII. 19; A. 173/2; A. 34/1; A. 198/9; Bibl. Apost. Vat., Arch. Capponi.Documenti concernenti il C. risultano nell'archivio dei conti Capponi a Firenze, sulla base di un inventario settecentesco giacente in copia presso la Sovrintendenza archivistica per la Toscana, ma tale archivio è stato danneggiato molto gravemente dall'alluvione del 1966. S. Salvini, Fasti consolari dell'Accad. fiorentina, Firenze 1717, pp. 645 s., 661 s.; L. A. Muratori, In Gini Capponii eiusque filii Nerii monumenta historica... praefatio, in Rerum Italic. Scriptores, XVIII, Mediolani 1731, col. 1102; Lettere scritte a Roma al signor abate Giusto Fontanini dappoi arcivescovo d'Ancira intorno a diverse materie, spettanti alla storia letteraria, raccolte dall'abate Domenico Fontanini, Venezia 1742, pp. 460-64;, Cl. Petri Antonii Michelii catalogus plantarum horti Caesarei florentini, opus postumum iussu Societatis Botanicae editum..., Firenze 1748, pp. L s.; D. M. Manni, Il Senato fiorentino o sia notizia de senatori fiorentini dal suo principio fino al presente, Firenze 1771, p. 35; L. Cantini, Saggi istor. d'antichità toscane, IX, Firenze 1798, pp. 74 s.; I. Carini, L'Arcadia dal 1690al 1890, Roma 1891, pp. 401 s.; P. Litta, Le fam. celebri ital., sub voce Capponi, tav. XIX; V. Spreti, Enc. storico-nobiliare italiana, II, p. 297.