FERRARA
(Ferraria nei docc. medievali)
Città dell'EmiliaRomagna, capoluogo di provincia, situata sul Po di Volano, a pochi chilometri a S del Po.Le vicende di F. sono direttamente legate all'ubicazione su un terreno in trasformazione, il delta padano, e alla guerra fra Longobardi e Bizantini, i quali fondarono strutture fortificate per munire i varchi praticabili nella distesa paludosa che delimitava a N-O il loro territorio.Il deluvium attestato da Paolo Diacono nel 589 (Hist. Lang., III, 23-24) dovette segnare l'inizio dello spostamento verso N del corso del Po, con il conseguente interrarsi del Padus vetus, del rinforzarsi del Po di Volano e del Po di Primaro; dopo la rotta verificatasi a Ficarolo nel 1152 si costituì il Po di Goro. Le modificazioni misero in crisi il sistema viario romano, causando il dissesto della via per Padum, da Ravenna a Piacenza, della via Popilia e della via Annia, da Ravenna ad Altino-Aquileia, e della via Emilia minor, da Bologna ad Altino; la viabilità fu garantita nei secoli seguenti esclusivamente dalla via Romea, un insieme di fluttuanti percorsi litoranei non lastricati e privi di infrastrutture, solo in qualche breve tratto coincidenti con la via Popilia e la via Annia (Santini, 1989), ma il sistema di comunicazione principale rimase quello fluviale e a questo è legata la fortuna di F. (Ugolini, 1982).La prima menzione di F. data al 757 (MGH. Epist., III, 1892, p. 506), anno in cui Desiderio si impegnò a restituire al papa Stefano II il ducatus Ferrariae, termine comprovante che a quel tempo il nucleo abitato era a capo di un territorio politicamente e amministrativamente organizzato (Bocchi, 1979). La fondazione risalirebbe secondo Flavio Biondo all'esarca Smaragdo all'inizio del sec. 7°, ma è comunque accertato che F. nacque come insediamento fortificato durante la guerra longobarda, con popolazione militare di origine orientale, ma strutturata in modo da poter offrire rifugio ai coloni; F. divenne il polo aggregante di una serie di insediamenti castrensi bizantini. La sede vescovile sarebbe stata trasferita a F. da Voghenza nel 657, o comunque entro la fine del secolo, e le strutture episcopali, tra cui l'ecclesia dedicata a s. Giorgio, vennero edificate sul cuneo posto alla defluenza del Po di Volano dal Po di Primaro, zona protetta a N dal castrum bizantino ubicato sulla sponda sinistra del ramo del Volano; la dominazione longobarda iniziò probabilmente nel 751, a opera di Astolfo. Nel 774, caduto il regno longobardo, l'arcivescovo Leone consolidò il dominio ravennate sulle città emiliane, in primis su F., divenuta una "area di frizione fra Roma, Ravenna e il Regno" (Bacchi, 1987).Alla fine del sec. 8°, nel 9° e soprattutto nel 10° aumentò sensibilmente la presenza patrimoniale della Chiesa di Ravenna, con il progressivo passaggio dell'episcopio suffraganeo nell'orbita imperiale, fino a che Ottone II nel 967 rese F. al papa; nel 999 la città per intervento di Ottone III fu riassoggettata a Ravenna. Nello stesso anno fu investito del Comitato di F. Tedaldo di Canossa, a cui fece seguito il figlio Bonifacio (1012-1052), ma alla sua morte Enrico III accentuò l'appoggio ai curtenses ferraresi, dando modo al gruppo dirigente cittadino di rafforzarsi. Per il difficile equilibrio fra forze imperiali e papali, a F. la riforma gregoriana fu vissuta in termini estremamente dialettici (Capitani, 1987, p. 301): nel 1068 la scomunica del vescovo Samuele e l'imposizione di Graziano segnarono il ritorno della città nell'area filoromana e alla obbedianza a Matilde. La pace durò solo fino al 1083, quando il vescovo Graziano fu sostituito da Samuele prima e poi dallo scismatico Guido (1086 - 1092), autore del De schismate Hildebrandi; nel 1101 la comitissa Matilde con l'aiuto di Venezia e Ravenna si impadronì nuovamente della città e il vescovo filoromano Landolfo (1101 - 1138)riuscì a tenere unito, grazie all'appoggio di Guglielmo Marchesella, il ceto dirigente cittadino formato da quei capitanei che alla morte di Matilda diedero vita al Comune (Bocchi, 1987).Il legame tra i cittadini e la cattedrale di S. Giorgio fu rinnovato in questi anni con la translatio delle reliquie di s. Maurelio (1106) e del braccio di s. Giorgio (1110), ma venne definitivamente compromesso dalla riconciliazione tra Roma e Ravenna (1118), cui fu concessa nel 1123 la giurisdizione sulla Chiesa ferrarese (Vasina, 1987a). La ribellione di F. e la conseguente scomunica trovarono una soluzione nel 1133 e la costruzione della nuova cattedrale, su un'area donata al Patrimonium Petri, segnò questa forzata pace. Al tempo delle lotte tra i comuni e Federico I la città sembrò rivivere l'antica unità, espressa negli Statuti del 1173 scolpiti lungo il fianco meridionale della nuova cattedrale. Seguirono alcuni decenni di prosperità per la ripresa dei commerci fluviali, ma alla fine del sec. 12° la famiglia degli Este, proveniente dall'area veneta, si scontrò con gli ultimi resti dell'autonomia cittadina guidati da Salinguerra Torrelli e riuscì a trionfare solo dopo che questi fu imprigionato a Venezia nel 1240.Con la signoria di Obizzo II d'Este nel 1264 sempre più saldi divennero i legami con il partito angioino e con il papato, che anche durante il periodo di esilio in Francia continuò a interferire nella politica cittadina, provocando la ribellione di F. contro gli Este. La famiglia rientrò in città solo nel 1317 con l'appoggio dei ghibellini e riprese il suo complesso gioco di equilibri fra la Chiesa di Roma e l'impero.L'aspetto della città due-trecentesca è testimomiato nel manoscritto di fra Paolino Minorita, databile tra il 1323 e il 1325 (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. Z 399, c. 98v; Bondanini, 1973).La prima cinta muraria della città isolava, mediante mura e fossato, solo il castrum bizantino sul guado a N; nell'alveo fluviale, sulle od. via Ripagrande e via C. Mayr, emergevano di fronte all'insediamento due isole, Belvedere a O e Sant'Antonio a E; quest'ultima fronteggiava la defluenza del Po di Volano dal Po di Primaro, che individuava il cuneo di terra, l'insula Ferriola (Riccobaldo da Ferrara, Chronica parva Ferrariensis), sede del primo episcopio. Il castrum aveva una forma a ferro di cavallo su un'area tra m2 6000 e 7000; oggi lo identifica un doppio anello di strade con andamento O-N-E, forse sul percorso degli antichi fossati e delle mura (Bocchi, 1974), mentre a S scorreva il Po di Volano. L'insediamento era diviso da un asse viario longitudinale, l'od. via di Porta S. Pietro, a lato del quale si allungavano tre stretti isolati per parte. Nel castrum erano ubicate le chiese di S. Pietro, di S. Alessio e del Salvatore, e sono stati rinvenuti nelle fondamenta di edifici civili numerosi basoli stradali romani provenienti dall'antica via per Padum (Uggeri Patitucci, 1976). Le abitazioni si svilupparono extra moenia nei secc. 9° e 10° lungo la riva del fiume verso O, contenute a N da un terraglio che forse sfruttava il terrapieno della via per Padum che correva lungo il paleoalveo del Po; su questo terrapieno si basò la nuova cinta difensiva con fossati e strutture lignee, costruita probabilmente per fronteggiare le invasioni degli Ungari. All'interno vi erano canali e aree agricole, come documenta l'attuale toponomastica; le abitazioni private erano in legno, con tetti di paglia, e le suppellettili ritrovate, ceramica invetriata e pietre ollari, testimoniano un discreto livello di vita. Non erano recintati il borgo Vado, o burgus Inferior, e il burgus Superior (Visser Travagli, 1987). Alla fine del sec. 10° Tedaldo fece costruire una nuova fortificazione a difesa del guado occidentale, un castello distrutto nel sec. 17°, con mastio sulla sponda opposta. Contemporaneamente i documenti rivelano le prime testimonianze di insediamenti monastici benedettini, S. Bartolo e S. Silvestro presso la cattedrale e S. Romano, passato ai Fruttuariensi nel sec. 11°, all'estremo limite nord della civitas. Sono documentate le chiese di S. Paolo, S. Michele, S. Vitale, S. Martino e S. Maria in Vado, seconda sede battesimale di Ferrara.Dopo la costruzione della nuova cattedrale del 1135 nel fondo Baniolo, all'esterno del limite nord, si creò un sistema completo, un terraglio con fossa e diciotto torri, che inglobava il borgo Nuovo a N, per una lunghezza di mille passi a E-N-O.Non documentabile è oggi il precoce insediamento degli Ordini mendicanti in F. (Zuliani, 1987), a causa del totale rifacimento nel 1494 del convento di S. Francesco e nel 1726 del convento di S. Domenico, simmetricamente ubicati a E e a O rispetto alla cattedrale; nel monastero delle Benedettine di S. Antonio in Polesine, fondato da Beatrice II d'Este nel 1257, restano tracce archeologiche consistenti dei lavori effettuati tra il sec. 13° e il 14°; a questa età risalgono gli importanti affreschi del coro delle monache (Varese, 1987), di poco posteriori a quelli dell'abbazia di S. Bartolo. Intanto la città si arricchiva delle nuove sedi del potere estense: la piazza a S della cattedrale, con torre del 1273 rifatta nel 1603 (od. torre dell'Orologio), e il palazzo di Piazza, del 1283, residenza estense, rimaneggiato nel 1738 e restaurato nel 1924-1928. Parallelamente si trasformarono con pareti in laterizi le case private, soprattutto in borgo Nuovo, ove si trasferirono le nobili famiglie, conformemente alle nuove disposizioni degli Statuti del 1287. Nel 1314 Pino della Tosa fece inglobare nelle mura borgo Vado, sviluppatosi a E; sono menzionate per la prima volta strutture di mattoni e una porta turrita sull'od. via Ripagrande. Nel 1323-1325 la mappa di fra Paolino Minorita (Venezia, Bibl. Naz. Marciana, lat. Z 399, c. 98v) mostra un sistema murato anche a S in corrispondenza di borgo Vado e borgo Centrale, mentre a O il borgo Superiore possiede ancora terraglio e torri; nel 1326 è costruito il palazzo della Ragione, ora di restauro. Nel 1335 anche borgo Superiore venne cinto di mura per volontà di Niccolò I d'Este, che affidò l'incarico a Bertolino Piloti (Cesari, 1985, p. 31). Nel 1385 il duca Niccolò II d'Este commissionò la costruzione del castello di S. Michele (od. castello Estense) a Bartolino da Novara, gettando le basi della trasformazione signorile della città, trasformazione di cui sia le raffinate ceramiche graffite, sia l'accurata opera dei maestri de lignamine (per es. il coro del 1384 nella chiesa di S. Domenico), sia il ciclo di affreschi cavallereschi del palazzo del Paradiso, del 1390, forniscono una precisa documentazione.Gli edifici di fondazione medievale a F. sono stati sistematicamente e programmaticamente rimaneggiati nel corso della dominazione estense e, in anni più recenti, durante le moderne campagne di restauro; solo la nuova cattedrale di S. Giorgio conserva parzialmente all'esterno la struttura medievale. L'interno è stato infatti modificato nella zona absidale-presbiteriale da Biagio Rossetti nel 1498 e rifatto nel 1710 da Francesco Mazzarelli, che ridusse a tre navate l'impianto medievale. La pianta di Giovanni Battista Aleotti del 1628 (Ferrara, Bibl. Com. Ariostea, Cl. I 763, cc. 147, 159) restituisce infatti una basilica strutturata su cinque navate, divise in nove campate scandite da sostegni probabilmente alternati, e su un'ampia zona libera tra abside e navate, interpretabile come transetto non sporgente e forse sopraelevato, probabile indizio dell'esistenza di una cripta; l'insieme costituisce una programmatica ripresa della basilica romana di S. Giovanni in Laterano (Quintavalle, 1985) e riutilizza molti marmi di età romana (Uggeri, 1982). Dell'originaria decorazione interna restano solo il frammento musivo con la testa della Vergine ora al Mus. del Duomo, opera di maestranze ravennati (Pezzini, 1983), il fonte battesimale, ancora in situ, e le due lastre al Mus. del Duomo, provenienti dalla distrutta recinzione presbiteriale, raffiguranti l'una un guerriero e un contadino, l'altra la Vendemmia, opere di Nicolò (Quintavalle, 1984b). La facciata corrisponde solo nella parte inferiore all'originale progetto dovuto a questo stesso magister, che si firma nell'iscrizione della lunetta con S. Giorgio; l'edificio doveva presentare una copertura a doppio spiovente per parte, in ossequio al modello modenese. Nella parte superiore tra la fine del sec. 12° e l'inizio del 13° operarono maestranze campionesi che trasformarono la facciata in schermo indipendente dal corpo della fabbrica. Il fianco nord nelle quattro campate orientali mantiene l'originario sistema di trifori di ascendenza lanfranchiana, mentre a O risulta modificato da interventi campionesi (Quintavalle, 1985); il fianco sud, verso la piazza del Mercato, presentava il portale dei Mesi di Nicolò, con lunetta e protiro (Krautheimer-Hess, 1928), e un primo livello di trifori ancora di tipo lanfranchiano. Nel 1173 furono scolpiti su questo fianco gli Statuti di questo stesso anno e nel 1230 il Maestro dei Mesi, di cultura chartriana (Gnudi, 1975), ristrutturò il portale nicolesco. Contemporaneamente o poco dopo, altre maestranze di origine veneziana (Zuliani, 1987) completarono il secondo loggiato del fianco sud. Alla metà del secolo si data l'attività dei maestri del Giudizio finale, formatisi sulla cultura reimsiana anteriore al 1230 (Valentiner, 1954; Zuliani, 1987), che sovrapposero alla ripresa dell'arte paleocristiana propria dell'età nicolesca - segno tangibile del ritorno di F. alla Chiesa di Roma - un nuovo classicismo, nato nella Francia settentrionale e più funzionale alla cattedrale della città degli Este. A questi differenti magistri e ai loro locali collaboratori vengono assegnate anche alcune sculture erratiche oggi al Mus. del Duomo (Gandolfo, 1987; Zuliani, 1987).Per il sec. 14°, segnato dalle guerre e dalla pestilenza, restano come testimonianza alcuni degli importanti monumenti funebri destinati alle chiese mendicanti e secolari: nell'atrio della cattedrale si trova il sarcofago del giurista Bonalbergo di Bonfido (1343), che mostra sulla fronte il defunto in cattedra, opera d'importazione realizzata secondo i modelli propri delle botteghe veneziane, mentre di produzione locale, anche se ispirato a modelli lagunari, è da considerarsi il Cristo in trono inquadrato da colonnine annodate nicolesche, ora impiegato come paliotto d'altare nella chiesa di S. Maria Nuova e S. Biagio, ma in origine destinato alla Certosa (Zuliani, 1987). Di migliore qualità sono le testimonianze pittoriche, a partire dal ciclo del monastero di S. Antonio in Polesine, realizzato da due diverse botteghe: la prima attiva all'inizio del secolo fu guidata da due maestri di cultura rispettivamente giottesco-assisiate e giottesco-padovana (Benati, 1986), o bizantino-cavalliniana e giottesca (Varese, 1987), mentre la seconda avrebbe operato intorno alla metà del secolo, su modelli bolognesi vicini a quelli di Dalmasio degli Scannabecchi (Benati, 1986) o propri di Cristoforo da Bologna (Varese, 1987). Nel settimo decennio invece gli affreschi di casa Minerbi propongono un più meditato rapporto con il giottismo padovano, alla luce delle esperienze di Altichiero e di Jacopo Avanzi, mentre la vena narrativa di Tomaso Barisini si diffonde nelle opere ferraresi di Serafino Serafini, documentate nel 1361 e nel 1393.La grande tradizione del collezionismo estense e delle famiglie patrizie cittadine fu alla base dell'istituzione dei numerosi musei di F., tra i quali, per quanto concerne i reperti medievali, risultano interessanti: il Mus. Civ. d'Arte Antica di Palazzo Schifanoia, dove si segnalano un acquamanile del sec. 13° e un coevo polittico in alabastro di produzione inglese; il Mus. del Duomo, ricco di notevoli sculture databili tra il sec. 9° e il 13°, come due lastre di Nicolò, la serie dei Mesi e il capitello con le Storie del Battista del 1230, le lastre provenienti dal pulpito distrutto nel 1716 e la testa della Vergine a mosaico che costituisce l'unica traccia dell'originaria decorazione della cattedrale della prima metà del sec. 12°; il Mus. di casa Romei, che conserva, oltre a un piccolo lapidario con elementi trecenteschi, affreschi staccati del sec. 14° di cultura riminese e bolognese provenienti da chiese e oratori della città; infine la Pinacoteca Naz., dove sono custoditi gli affreschi (1260-1295) di cultura bizantina, contrassegnati da un raffinato cromatismo, provenienti da S. Bartolo, e l'Apoteosi di s. Agostino di Serafino Serafini, della seconda metà del 14° secolo.
Bibl.:
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Quintavalle, Antico: i tempi di una 'politica' dall'età della Riforma gregoriana a quella del primo gotico, in Tradizione dell'antico nelle letterature e nelle arti d'Occidente, Parma 1990, pp. 594-657; La rinascita del sapere. Libri e maestri dello studio ferrarese, a cura di P. Castelli, cat. (Ferrara 1991-1992), Venezia 1991; San Giorgio tra Ferrara e Praga. Un santo guerriero. Dalle collezioni estensi a Konopištē, cat., Ferrara 1991.G. Zanichelli
F. è stata oggetto negli ultimi anni di una serie di indagini archeologiche effettuate nel pieno centro cittadino da varie istituzioni, soprattutto in previsione di lavori di restauro e di costruzione che avrebbero potuto distruggere senza lasciare nessuna documentazione il patrimonio archeologico del sottosuolo.F. presenta una situazione anomala e interessante perché, essendo una delle poche città importanti in epoca medievale ad aver avuto le proprie origini nell'Alto Medioevo, offre la possibilità di indagare lo sviluppo di un urbanismo medievale del tutto nuovo.F. sorse quasi sicuramente come centro difensivo e amministrativo dell'Esarcato bizantino. L'andamento delle strade attuali ha permesso di ipotizzare l'esistenza di un castrum bizantino (Bocchi, 1974, pp. 38-45), che tuttavia non è ancora stato indagato archeologicamente in modo soddisfacente e probante (Ferrara prima e dopo il Castello, 1992, p. 18).Uno scavo all'angolo di corso Porta Reno e via Ragno ha chiarito le origini e le trasformazioni di una zona sviluppatasi, forse già nel sec. 8° o nel 9°, lungo il Po di Volano a O dell' ipotetico castrum e che forse dipendeva in gran parte dal commercio fluviale. Qui è stata scavata una singola unità insediativa, partendo dal livello stratigrafico delle sue origini (ora a m. 6 di profondità), fino a quello dell'età moderna (Gadd, Ward-Perkins, 1991). La prima struttura del sito era in legno, senza tracce di laterizio; grazie alle condizioni di umidità del sottosuolo, molti degli elementi strutturali si sono conservati nel terreno ed è stato perciò possibile documentare lo sviluppo stilistico e tecnologico dell'architettura domestica in legno: da semplici strutture sostenute da grossi tronchi grezzi infissi nella terra a un tipo di casa molto più evoluta, forse del sec. 12°, con ossatura lignea squadrata, che mostra alti livelli di carpenteria e che poteva sostenere più piani. Verso la fine del sec. 13° la casa lignea fu demolita e sostituita da una struttura in mattoni a più piani, tipica del Tardo Medioevo, che ha poi resistito, con varie modifiche, fino alla demolizione degli anni Cinquanta.Altri scavi hanno ulteriormente chiarito la storia della città nel Medioevo inoltrato; ricerche effettuate accanto al castello Estense e alla chiesa di S. Nicolò hanno messo in evidenza pavimentazioni stradali in mattoni, che risultano tipici tentativi tardomedievali di rendere più agevole e gradevole la vita cittadina. Lo scavo al castello ha inoltre mostrato che l'estensione urbana nel tardo Duecento in questa zona fu caratterizzata dalla costruzione di un quartiere di casamenta di dimensioni regolari. Dopo ca. un secolo l'intero quartiere fu demolito per dare spazio al massiccio e incombente castello Estense, iniziato nel 1385 e simbolo del nuovo potere signorile (Ferrara prima e dopo il Castello, 1992).Oltre ai contesti domestici, le indagini hanno coinvolto varie strutture monumentali; le quattro principali finora indagate dagli archeologi nel corso dei restauri sono le mura difensive di età tardomedievale e postmedievale, i palazzi Schifanoia e del Paradiso e il castello Estense (Il Museo civico, 1985, pp. 181-240; Ferrara prima e dopo il Castello, 1992). Nei palazzi e nel castello sono stati posti in evidenza i livelli originari di costruzione e di calpestio, insieme alle successive modifiche e strutture di cui nessuna traccia rimaneva in vista. Sia al palazzo del Paradiso sia al castello sono state trovate infatti le fondazioni di logge in seguito demolite. Inoltre lo scavo scientifico ha potuto fornire dal recupero dei rifiuti dati molto dettagliati e significativi sulla vita economica nei diversi secoli (Il Museo civico, 1985, pp. 207-239; Ferrara prima e dopo il Castello, 1992).La ceramica ferrarese costituisce un ottimo esempio delle nuove conoscenze e delle ulteriori possibilità di indagine offerte dall'archeologia medievale: lo scavo a corso Porta Reno ha fornito una serie cronologica completa delle ceramiche in uso nella città, dalle prime anfore e ceramiche invetriate, probabilmente d'importazione, sino al momento più complesso ed evoluto dell'età tardo e postmedievale, documentata anche negli altri scavi e attestata inoltre da recuperi controllati a corso della Giovecca.Nel caso della ceramica ingobbiata, graffita e invetriata, molto diffusa nell'Italia padana del Quattrocento e Cinquecento, recenti indagini hanno dimostrato che F., considerata un tempo il centro principale di innovazione e produzione delle 'graffite' (La ceramica graffita in Emilia-Romagna, 1971, pp. 25-31), fu affiancata in realtà da altri luoghi di analoga importanza, come Bologna (Ceramiche graffite della donazione Donini Baer, 1991, pp. 119-123; Ferrara prima e dopo il Castello, 1992, pp. 286-288).
Bibl.: Istorie delle fabbriche di majoliche metaurensi e delle attinenti ad esse, a cura di G. Vanzolini, Pesaro 1879, II (rist. anast. Bologna 1975); La ceramica graffita in Emilia-Romagna dal secolo XIV al secolo XIX, a cura di L. Reggi, cat., Modena 1971; F. Bocchi, Note di storia urbanistica ferrarese nell'alto Medioevo, Atti e Memorie della Deputazione provinciale ferrarese di storia patria, s. III, 18, 1974; Il Museo civico in Ferrara. Donazioni e restauri, a cura di E. Bonetti, cat., Firenze 1985; Ceramiche graffite della donazione Donini Baer, a cura di S. Nepoti, cat., Faenza 1991; D. Gadd, B. Ward-Perkins, The Development of Urban Domestic Housing in Northern Italy. The Evidence of the Excavations on the San Romano Site, Ferrara (1981-1984), The Accordia Research Papers 2, 1991, pp. 105-127; Ferrara prima e dopo il Castello. Testimonianze archeologiche per la storia della città, a cura di S. Gelichi, Ferrara 1992.B. Ward-Perkins