FERRARI DALLE SPADE, Gianni (Giannino)
Nacque a Tregnago (Verona) il 9 nov. 1885, dal nobile Ciro e da Maria dei conti Franchini.
Il padre, storico e meteorologo, scoprì "la legge che lega assieme isobare e isoterme coll'isocrona dei temporali": su di lui, i devoti cenni biografici del F. (Prefazione all'opera postuma di Ciro Ferrari, La campagna di Verona all'epoca veneziana, in Miscell. della R. Deputaz. veneta di storia patria, IV [1930], pp. V-VIII, ora in Scritti, III, pp. 357-359). Dalla madre, secondo il De' Dominicis, il F. ereditò - nota saliente della sua personalità - la nobiltà dei modi.
Il F. compì gli studi liceali a Verona. Si iscrisse alla facoltà di giurisprudenza di Padova e divenne allievo dello storico del diritto Nino Tamassia. La sua formazione fu specialmente influenzata dal corso di storia del diritto greco-romano, svolto dal maestro "rielle ore vespertine, nella tenue penombra di un'aula ... scomparsa" (così A. Checchini, a Padova compagno di studi, di scuola e poi collega). Nel 1906 seguì per un semestre corsi di storia del diritto all'università di Atene. Si laureò con pieni voti e lode il 21 nov. 1907, e la sua dissertazione, sul diritto penale nelle Novelle di Leone il Filosofo, fu trasfusa in un articolo del 1908, pubblicato sulla Rivista penale (Scritti, I, pp. 9-39).
Il F. nell'ampio raggio dei suoi interessi (non trascurò - sulla traccia del padre - la storia veneta) predilesse l'Alto Medioevo. Bizantinista di valore, per lo più le sue indagini concernono la legislazione di Bisanzio applicata all'Italia. Nei suoi studi domina la ricerca della continuità del diritto al di là dei rivolgimenti politici (di qui la particolare attenzione ai documenti della prassi), fino a rimarcare un parallelismo di sviluppo giuridico tra Oriente e Occidente (stante la comune matrice romana).
Il fulcro delle idee del F. scaturisce dall'insegnamento del maestro: Tamassia propugnò la continuità tra diritto romano e diritto moderno e polemizzò con le tesi germaniste di F. Schupfer. La posizione savigniana saldò, nel F., studio del diritto romano e studio del diritto medievale; lo preservò da una dissolvitrice critica delle fonti, funzionale ad eccessi di sistematica modernizzante.
Era tuttavia l'epoca della critica alla scuola storica tedesca, il mutazionismo prevaleva sull'evoluzionismo, e il volontarismo sull'idea della spontanea formazione del diritto. Divisa del romanista erano lo sforzo dogmatizzante e l'acribia interpolazionistica. Ne emerse - e pesa ancora ingiustamente sul F. - un giudizio di storico erudito e vieto.
Il F., nel 1908, ebbe a Ferrara l'incarico di storia dei diritto italiano.
Al suo primo concorso per assegni di perfezionamento - lo stesso anno - allegò un Contributo alla storia del diritto volgare (nota letta all'Accademia di scienze, lettere e arti di Padova, il 17 maggio 1908: Scritti, I, pp. 85-90), lodato dai commissari (tra gli altri, C. Fadda): "mette in luce l'esagerazione di certi scrittori tedeschi, per i quali tutte le modificazioni, che il diritto romano ebbe a subire nella sua applicazione dovrebbero avere origine germanica" (Boll. uff. del Min. dell'Istruzione pubblica, XXXVI[1909], parte 1, 16, p. 945). L'opzione antigermanista era già concretata. Non ottenne l'assegno; né l'ottenne nel 1919, censurato per insufficiente rilievo di "elernenti specifici giuridici" (ibid., XXXVII[1910], parte 1, 10, p. 770). Nel 1910 (anno in cui tentò pure il concorso a cattedra), la commissione, pur dando "giudizio molto favorevole", sancì, poiché il F. chiedeva di perfezionarsi anche in diritto romano, "che i suoi studi, tutti di carattere storico", non possedevano "quel carattere giuridico dogmatico ... indole della Cattedra di Diritto romano" (ibid., parte 11, 40, p. 2713). Il F. allegava in quell'occasione Idocumenti greci medioevali di diritto privato dell'Italia meridionale e loro attinenza con quelli bizantini d'Oriente e coi papiri greco-egizii (Scritti, I, pp. 133-301): opera - ammirata ad esempio da S. Riccobono (Prefazione, in Scritti, I, p. VIII) - ove, muovendo "dall'analisi della struttura dei documenti greci privati dell'Italia meridionale, anteriori alle costituzioni di Melfi" di Federico II, si prova "ch'essi mqstrano un identico formulario di quelli bizantini orientali sincroini o quasi": le popolazioni greche d'Italia, "anche dopo la conquista normanna, continuarono a redigere i loro istrumenti secondo le formule patrie" (Scritti, I, p. 298). E al 1910 risalgono La degenerazione della stipulatio nel diritto intermedio e la clausola "cum stipulatione subnixa" (Scritti, I, pp. 41-84) e L'obbligazione letterale delle istituzioni imperiali (ibid., pp. 117-131), ove la "continuità ininterrotta della tradizione classica trova nuova conferma" (Checchini).
Nel 1910 il F. ottenne tuttavia l'abilitazione alla libera docenza per storia del diritto romano a Padova (Arch. centr. dello Stato, Min. Pubbl. Istruz., Liberi docenti, II versamento, 1910-1930, busta 133, Bollettino uff. del Min. dell'Istr. pubbl., XXXVII [1910], parte 1, 10, p. 2078). A Padova il F. insegnerà fino al dicembre 1915, reggendo anche storia del diritto romano e storia del diritto privato internazionale.
Dopo un ulteriore tentativo infruttuoso (ibid., XXXIX[1912], parte1, 18, p. 1440), il F. ottenne una borsa per la Germania nel 1912: frequentò le lezioni di L. Mitteis; studiò il materiale diplomatico delle biblioteche universitarie di Monaco e di Lipsia, e pubblicò, a Venezia nel 1914, Ricerche sul diritto ereditario in Occidente nell'Alto Medioevo con speciale riguardo all'Italia (Scritti, II, pp. 1-172).
Intendimento è l'"esposizione dottrinale e dogmatica del sistema del diritto vigente nell'epoca considerata. L'essenziale, pertanto, è la interpretazione esatta della norma legislativa e la classificazione tecnica dei negozi e degli atti giuridici contenuti nei documenti", esorbitando dagli scopi "lo studio delle condizioni sociali e politiche che occasionarono la legge e ne regolavano la applicazione pratica". Le fonti romane anteriori, quelle barbariche, quelle greco-orientali, sono tendenzialmente escluse dalla ricerca, e tuttavia "dall'elemento greco-romano non si può del tutto prescindere in nessuna ricerca riflettente l'Alto Medioevo, poiché lo sviluppo del diritto negli stati romano-germanici sorti dallo sfacelo dell'Impero d'Occidente è in istretta dipendenza coi diritto romano dell'età ultima del quale sono fonti integranti, e intimamente connesse, le fonti greche". Infatti: "L'importanza dell'elemento romano nel Medioevo, già sostenuta da nostri insigni maestri, risulterà anche dalle conclusioni cui credo d'essere giunto". li confronto con Scliupfer è ravvicinato ("I miei risultati divergono talora dai suoi ed ho creduto mio obbligo di dichiararlo esplicitamente", ibid., pp. 1 s.). Nel primo capitolo ("Concetti cardinali della eredità romana e contenuto degli atti di ultima volontà": pp. 7 s.) - ove si svaluta l'ipotesi bonfantiana di una "precedenza storica dell'erede testamentario sul legittimo" (anche in virtù della "ricerca comparativa su altri diritti" p. 16) - il F. sottolinea la differenza tra testamento romano (l'heres è successore nella sovranità e solo per consequenza nel patrimonio) e testamento moderno. Reputa fallace l'opinione (sostenuta tra l'altro da P. Bonfante, da Schupfer) che il cosiddetto testamento barbarico abbia "influito a rendere l'istituto moderno così dissimile dal romano" (p. 19): nel periodo imperiale "non solo il cittadino... usava disporre sia con atti unilaterali di ultima volontà diversi dal testamento contenente la heredis institutio, ma... questi atti doveano essere più usati dei testamenti, per la loro agevolezza, e pel minor formalismo" (p. 20). Al F. "preme ... la constatazione che, a lato del testamento solenne romano ... vigeva e prosperava un atto di ultima volontà... privo d'instituzione d'crede, il quale atto ... sopravvive nel Medioevo e corrisponde al concetto di testamento che si ha nel diritto ... moderno" (p. 23). Una recensione di F. Maroi, in sostanza adesiva, annota che il lavoro - vivacemente discusso nella rivista di Schupfer - "aprì ... quel dibattito che si continuò poi a proposito di altri lavori relativi a speciali istituti di diritto durante il Medioevo, convergenti tutti, secondo l'ironica espressione bonaria dell'illustre decano dei nostri storici, alla restitutio Urbis" (Riv. ital. di sociologia, XXI [1917], p. 104).
Nel 1915 (anno al quale risale Osservazioni sulla trasmissione diplomatica del codice teodosiano e sulla interpretatio Visigotica, pubblicato a Padova, e poi in Scritti, II, pp. 225-254) il F. partecipò al concorso per la cattedra di storia del diritto italiano a Messina (B. Paradisi, Glistudi di storia del diritto italiano nell'ultimo cinquantennio (1895-1945), in Studi senesi, LX [1946-48], pp. 729 ss., 752 ss., 761 ss.). Sebbene riuscisse primo all'unanimità, la valutazione riassuntiva della commissione fu condizionata dal giudizio vergato da Schupfer.
Il F. divenne straordinario di storia del diritto italiano il 1º dic. 1915 (stabile il 1º dic. 1918, ordinario il 16 luglio 1919). Dal 1915 al 1917 fu al fronte come sottotenente dei mitraglieri nella 3a armata (guadagnò medaglia di bronzo e croce di guerra).
Lo studio La legislazione veneziana sui beni comunali (pubblicato in NuovoArch. veneto nel 1918, poi in Scritti, II, pp. 255-303) che era stato iniziato a Messina, nel 1917, "comandato a quel Deposito di fanteria", e ultimato "a Roma durante la licenza invemale" concessagli "dopo aver partecipato al ripiegamento dal Carso al Piave e alla prima difesa di questo" (ibid., p. 303) si raccorda al precedente sulla Campagna di Verona, ed è chiuso da una nota, ove, annunziando un seguito, si sottolinea l'urgenza che ha spinto alla pubblicazione: "La questione dei domini collettivi ha assunto ora una tale importanza, che credo opportuno il farne conoscere i precedenti storici per una tra le più cospicue regioni d'Italia e per mostrare come quando le circostanze lo esigevano, anche allora lo Stato non esitasse, per le necessità della guerra, ad imporre i più gravi sacrifici ai sudditi" (ibid.).
Il F. fu trasferito al corpo d'occupazione in Macedonia, indi a Parigi presso il Consiglio superiore di guerra; fu poi alla commissione d'armistizio di Spa, e a Parigi, in qualità di civile, come esperto giuridico al congresso della pace. Rientrato in Italia venne posto a disposizione del ministero degli Esteri (1919-1921): fu nella commissione di governo e di plebiscito per l'Alta Slesia e capo di gabinetto dell'Alto Commissariato della Società delle nazioni (De' Dominicis). Fu membro effettivo della Commissione giurisdizionale per i beni dei sudditi ex nemici. Nel settembre 1921 si iscrisse al Partito nazionale fascista. Nel 1922 tornò all'insegnamento, trasferito alla cattedra di storia del diritto italiano dell'università di Siena.
Al 1922 risale un reverente necrologio di Mitteis nell'Archivio giuridico (Scritti, III, pp. 472-476: si sottolinea la distinzione fra i termini "Volksrecht", coniato da Mitteis, e "Vulgarrecht" di Brunner). Nella voce Brunner, Heinrich redatta per l'Enciclopedia Italiana (VII, Roma 1930, pp. 977 s., poi in Scritti, III, pp. 482-483) si legge che "diritto romano volgare", coniato da Brunner, "fu poi usato a proposito e a sproposito da una lunga serie d'imitatori". Del 1923 è L'esecuzione forzata gotica e longobarda (Scritti, II, pp. 305-407).
Neldicembre del 1924 il F. passò all'università di Firenze. Fu infine a Padova: trasferito dal 16 ott. 1925, tenne storia del diritto romano (indi storia e istituzioni di diritto romano). Per tre anni (dall'anno accademico 1926-27) risulta incaricato di diritto comparato con particolare riguardo al diritto austriaco.
Nell'Archivio giuridico del 1926 (Scritti, III, pp. 478-481) appaiono quattro franche pagine in memoria di Schupfer. Nello stesso anno esce il divulgativo Codificazione giustinianea e leggi romane dei barbari, per la Nuova Antologia (Scritti, II, pp. 409-418).
A chiusa del resoconto sul II congresso internazionale di studi bizantini, per l'Archivio storico italiano, del1927 (Scritti, III, pp. 349-355), affermando che il "diritto italico" è fonte comunedi istituti romano-barbarici e di istituti greci, il F. dichiara una consonanza con "le acute indagini di Salvatore Riccobono", e chiosa: "anche i notevoli rappresentanti di altra tendenza mostrano ora una certa titubanza di fronte a troppo rigide affermazioni" (p. 355).
In una recensione (in Rivista internazionale di filosofia del diritto, 1927: Scritti, III, pp. 438-441) agli studi di E. Besta e di G. Salvioli nella Storia del diritto italiano diretta da P. Del Giudice (topera grandiosa, che rappresenta un passo in avanti in confronto delle ricostruzioni storiche del Pertile e dello Schupfer": p. 438; più argomentata, ma non più benevola, la critica a Pertile e a Schupfer in una recensione ad altri saggi contenuti nella citata Storia, in Rivista internazionale di filosofia del diritto, 1924: Scritti, III, pp. 431-438), il F., ricordando il suo Ricerche suldiritto ereditario e, ancora, Codificazione giustinianea e leggi romane dei barbari, sottolinea come nelle consuetudini medioevali si riscontrino nracce genuine del diritto romano antico": "Il ritorno bolognese alle fonti giustinianee tolse di mezzo quei residui e quelle tracce del vetusto diritto romano, che spontaneamente sopravvivevano nella prassi italica prebolognese" (Scritti, III, p. 439). Al 1927 appartiene anche Dell'occupazione di territorio austro-ungarico in seguito all'armistizio e sull'incamerabilità dei beni privati tedeschi nelle provincie annesse all'Italia (pubblicato in Rivista di diritto internazionale, e poi in Scritti, III, pp. 315-347). Dell'anno accademico 1927-28 restano le Lezioni di storia del diritto romano e istituzioni, compilate dal De' Dominicis (Padova 1928): la parte storica indugia sulle fonti (rimarchevole l'immagine di Roma primitiva come "emporio commerciale e ... centro prevalentemente militare di difesa": p. 11); la sezione istituzionale è dedicata a persone, famiglia, cose, eredità, obbligazioni (la trattazione delle azioni è promessa per l'anno seguente); tra l'altro, il F. dedica spazio alla papirologia (pp. 285 ss.), e si sofferma sui "Criteri di ricerca delle interpolazioni" (elencandone dieCi: pp. 246 s.). Del 1929 è La donazione nei papiri di Ravenna (Scritti, III, pp. 1-29) ove si individua un uniformarsi di norme giustinianee "a quanto praticavasi per consuetudine", in tema di revoca della donazione (p. 20).
Dal 1º nov. 1929 il F. fu rettore dell'università di Padova, per un biennio. Nel 1930-31 fu presidente del Consorzio interprovinciale universitario per l'incremento del materiale scientifico, e della commissione permanente dell'Istituto per la storia dell'università di Padova; l'anno seguente direttore dell'istituto di diritto romano e di storia del diritto romano, e incaricato di diritto romano.
La pubblicazione (nel 1927) della edizione di F. de Zulueta del Liber pauperum di Vacario occasionò uno studio su La glossa bolognese in Inghilterra (in Rivista di storia del diritto italiano, 1930: Scritti, II, pp. 449-465). Scrisse la voce Diritto bizantino per l'Enciclopedia Italiana (sotto il lemma Civiltà bizantina, VII, pp. 141-148, poi in Scritti, II, pp. 467-492).
Nel 1931 morì Tamassia: con decreto ministeriale del 1º marzo 1932, il F. fu chiamato alla cattedra del maestro (tenuta nel frattempo per incarico da V. Manzini) con decorrenza dal 1º nov. 1932 (ma dal 17 nov. 1932 al 31 dic. 1933 fu esonerato dall'insegnamento, per compiere "speciali studi nell'interesse dei servizi dipendenti dal Ministero degli Esteri"). Svolse, negli anni, corsi che esplorarono l'intera area della storia del diritto italiano.
Il 14 genn. 1933 commemorò a Padova il maestro (Scritti, III, pp. 483-498); questa la preminente chiave di lettura: "Nelle varie epoche storiche Egli ricercò sempre l'eredità di Roma, l'elemento che spontaneamente erompeva dall'animo del Popolo italiano" (p. 494).
Nel 1935 il Consiglio della Società delle nazioni nominò il F. componente del Comitato centrale di controllo per l'oppio. Dal 1935 al 1940 egli tenne l'incarico di diritto privato comparato (svolgendo corsi sul diritto inglese). Al 1935 risale Registro Vaticano di atti bizantini di diritto privato (Scritti, III, pp. 31-49): pubblicazione e commento di diciannove atti privati del codice Vat. gr. 952, scoperti da S. G. Mercati; al 1937 La legislazione dell'impero d'Oriente in Italia (Scritti, III, pp. 53-77); del 1938 la voce Diritto bizantino per il Nuovo Digesto italiano (ristampata nel Novissimo Digesto: Scritti, II, pp. 493-505). Nel 1938-39 il F. fu incaricato di storia e politica coloniale nella facoltà di scienze politiche (trattò della colonizzazione del continente africano).
L'espletamento, dal 1938 al 1942, dei gravoso e ingrato compito di commissario governativo dell'università di Trieste lo distolse in parte dallInsegnamento. Pubblicò comunque, nel 1939, Infiltrazioni occidentali nel diritto greco-italico della Monarchia normanna (Scritti, III, pp. 95-123): fonti private testimoniano come in Italia meridionale continuasse "ad essere in vigore il diritto bizantino", anche dopo la presa normanna (p. 114); nel 1940, Le immunità ecclesiastiche nel diritto romano imperiale (Scritti, III, pp. 125-242), che si raccorda ai postumi Privilegi degli ebrei nell'Impero romano-cristiano (ibid., pp. 267-277) e Giurisdizione speciale ebraica nell'Impero romano-cristiano (ibid., pp. 279-304) in un disegno vasto e incompiuto.
In un necrologio letto all'adunanza del R. Istituto veneto di scienze, lettere ed arti, il giorno 3 nov. 1940, in memoria di L. Landucci (Scritti, III) pp. 498-506), il F. lamentò lo "scarso senso storico" e i "criteri troppo meccanici e superficiali" a mezzo dei quali era condotta "la ricerca delle interpolazioni, per fortuna solo da qualche isolato". "Le scoperte papirologiche di questi ultimissimi anni stanno a dimostrarlo" esse ad esempio, "rivendicano, nel suo complesso, l'autenticità del Gaio veronese, si gravemente messa in dubbio da qualche romanista" (p. 505. Proprio negli Studi Riccobono, I, Palermo 1936, pp. 71 ss., S. Solazzi aveva pubblicato la prima "puntata", scritta nel 1931, delle Glosse a Gaio: "lostudio... del manuale gaiano mi ha convinto che esso sia il più glossato degli scritti della giurisprudenza classica": p. 73).
Per il 1941-42 e per l'anno seguente il F. risulta incaricato di esegesi delle fonti del diritto italiano. Nel 1942 apparve La sicurezza collettiva. Saggio storico-giuridico (Scritti, III, pp. 361-370). Nelle Considerazioni sul problema universitario (in Annali triestini di diritto, economia e politica, 1942: Scritti, III, pp. 371-376), il F. lamentò il "livellamento" e la "moltiplicazione" degli istituti superiori, la "moltiplicazione (o novella inflazione) delle materie d'insegnamento", e l'"elefantiasi degli iscritti" (da ovviare col numerus clausus).
Il F. morì l'8 nov. 1943, nella casa di Tregnago dov'era nato.
Nel 1948 un gruppo di studiosi (E Besta, B. Biondi, M. Cavalieri, C. A. Maschi, L. Wenger) progettò di ripubblicarne gli scritti. L'opera apparve in tre volumi (Scritti giuridici, Milano 1953-56) con Prefazione di S. Riccobono. Questi caratterizzò l'opera dei F. in antagonismo alle idee dei "germanisti della scuola storica" (p. III) e affermò che essa "rimane documento ammirevole di quel periodo di lotte" (p. X).
Bibl.: P. S. Leicht, in Rivista ital. per le scienze giuridiche, LIV (1947), pp. 276 ss.; A. Checchini, in Università degli studi di Padova, Annuario 1946-1947, Padova 1947, pp. 159-175 (con elenco delle pubblicazioni); M. A. De' Dominicis, Ilmetodo e l'indirizzo storico-romanistico nell'opera di G. F., in Rivista di storia del diritto ital., XXIII (1950), pp. 97-171.