FERRI DE SAINT-CONSTANT, Giovanni Lorenzo
Nacque a Fano (Pesaro e Urbino) il 31 ott. 1755 da Cristoforo Ferri e Maria Teresa Martinelli. Destinato alla carriera ecclesiastica, venne affidato allo zio paterno mons. Luigi Ferri, che lo condusse con sé in Francia, ove compì gli studi ad Aix e successivamente a Parigi presso istituzioni religiose. Il F. ricevette una educazione classica, basata sullo studio del greco, del latino, della letteratura francese e italiana e della filosofia, ma non trascurò quello del diritto, delle scienze e della lingua inglese.
Stabilitosi a Parigi il F. approfondì gli interessi letterari e filosofici. Frutto dei suoi studi giovanili fu l'opuscolo Mélanges littéraires et philosophiques, pubblicato a Parigi nel 1775, nel quale difendeva, con abbondanza di citazioni erudite, il pensiero di Voltaire e Rousseau dagli attacchi degli apologisti cattolici.
La vastità dei suoi interessi spinse il F. a coltivare oltre agli studi umanistici anche le scienze naturali, come testimoniato dalla sua seconda opera, pubblicata anonima a Parigi nel 1778, Le génie de m. de Buffon (che ebbe nove edizioni successive ed anche una traduzione in russo a Mosca nel 1783) ove sono raccolte, a scopo didattico, alcune parti della Histoire naturelle di G.-L. Buffon.
Nel 1777 il F. tornò per la prima volta in Italia. Fu a Fano e successivamente a Roma, dove conobbe V. Monti.
L'incontro con il Monti fu particolarmente importante perché servì ad introdurre il giovane F. nel mondo culturale italiano, dal quale l'educazione francese lo aveva tenuto lontano. Il Monti, che nel 1779 dedicò al F. Il consiglio a Fille e gli fece ottenere la nomina a socio dell'Accademia degli Agiati, rimase in rapporto epistolare con lui per molti anni.
Il soggiorno in Italia dovette costituire una delusione per il F., che ritroviamo, alla fine dello stesso 1779, nuovamente a Parigi alla ricerca di una occupazione. Nel 1780 pubblicò a Parigi Les portraits ou Caractères et moeurs du XVIIIe siècle suivis de maximes et de pensées diverses sur les passions, les vertus et les vices...,una sorta di panoramica di ritratti moraleggianti.
Dal carteggio con il padre (conservato nella Sezione di Archivio di Stato di Fano fondo Archivio Ferri-Saladini) e da una testimonianza del celebre avventuriero F. Mazzei sappiamo che il F. "viveva a Parigi col prodotto dei suoi talenti" e che nel 1785 si trasferì in Olanda quale istitutore dei figli del marchese Ch-O. Saint-Georges de Verac, ambasciatore francese all'Aja. Il Mazzei, che proprio all'Aja conobbe il F. e ne divenne in seguito amico, continuò a frequentarlo anche dopo il suo ritorno in Francia e gli fece ottenere le corrispondenze da Parigi della Gazette de Leyde (cioè le Nouvelles extraord. de divers endroits), che fruttavano "52 luigi l'anno".
Tornato a Parigi nel 1786, il F. ottenne nel 1788 l'incarico, per dieci anni, di istitutore del figlio del marchese C. Spinola, ministro di Genova presso la corte francese. Nello stesso anno pubblicò, sotto lo pseudonimo di Fr. Van den Yzer, Considérations sur les révolutions des Provinces unies (La Haye 1788), opera storica frutto del soggiorno olandese che esprime la sua ammirazione per lo spirito di indipendenza e libertà di quel popolo. Sempre nel 1788 sposò Marie-Mathilde Salvatic, contessa de Saint-Constant, ed ottenne di aggiungere il titolo al proprio cognome.
Nel 1789 pubblicò a Parigi, presso Merigot, un'opera a carattere didattico, dichiaratamente destinata ai giovani, De l'éloquence et des orateurs anciens et modernes, dove erano passati in rassegna i più celebri maestri dell'oratoria classica e moderna.
Lo scoppio della Rivoluzione colse il F. a Parigi. Dal carteggio risulta che egli pubblicò, a firma di "Un Cittadino di S. Marino", un opuscolo sulla convocazione degli Stati generali, opera che allo stato attuale degli studi risulta irreperibile. Nel 1792, dopo la caduta della monarchia, si recò a Boulogne al seguito dello Spinola per poi rifugiarsi a Londra nel febbraio del 1793. Alla moglie fu impedita la partenza da Parigi, perché sposata ad uno straniero.
Il soggiorno inglese, che si protrasse sino al 1796, fu di particolare importanza nella sua formazione culturale. Nella capitale inglese egli collaborò al Morning Post e, soprattutto, raccolse ed elaborò quella messe di dati ed informazioni che confluirono nella sua opera maggiore, Londres et les Anglais.
Nel 1796, sempre al seguito dello Spinola, il F. si recò a Genova, dove rimase sino al 1799.
Qui conobbe il barone J. C. Lagersvärd, rappresentante diplomatico svedese, al quale fu legato da profonda amicizia, testimoniata da un vasto carteggio. Secondo G. Rossi, negli anni della Repubblica Ligure il F. scrisse alcuni articoli antifrancesi nelle gazzette locali, circostanza che lo costrinse a nascondersi per sfuggire alle ricerche delle autorità.
Alla fine del 1799, dopo l'ascesa del Bonaparte al consolato, che consentì il ritorno in Francia agli emigrati e restituì loro i beni sequestrati, il F. poté ritornare a Parigi e ricongiungersi con la moglie. Qui il F. si dedicò alla stesura di quella anipia opera in 4 volumi, Londres et les Anglais, che, pubblicata a Parigi nel 1802 e ivi ristampata nel 1804, ebbe anche una traduzione in tedesco (Weimar 1805) e fruttò al F. notorietà internazionale.
L'opera del F. è di notevole interesse perché testimonia la riflessione che, durante gli anni della Rivoluzione, la Francia fu costretta a compiere nei confronti dell'Inghilterra e della sua differente storia e cultura. I dati e le osservazioni del F. sono estremamente precisi e forniscono un equilibrato quadro della vita, delle tradizioni e della cultura inglese.
Dopo un breve soggiorno a Fano nel 1804 per curare l'eredità familiare, il F. fece ritorno nel 1805 a Parigi. Con la riorganizzazione dell'istruzione pubblica voluta da Napoleone, ottenne l'incarico di provveditore del liceo imperiale di Angers. Nella sua prolusione, pubblicata col titolo Discours sur les principes de l'éducation lycéenne prononcé àl'inauguration du Lycée d'Angers ... (Paris 1806), dopo le inevitabili lodi all'opera dell'imperatore, era celebrata la rinascita dell'istituzione liceale e della cultura classica come base fondamentale del sapere. Nel 1809 venne nominato rettore dell'Accademia di Angers. Durante il soggiorno in questa città diede alle stampe Rudimens de la traduction ou l'art de traduire le latin en français (Angers-Paris 1808), opera successivamente ripubblicata con una aggiunta (Paris-Angers 1811), ed ottenne il 13 luglio 1810 la laurea in lettere dell'università di Parigi.
L'ottimo lavoro svolto ad Angers valse al F. l'incarico di organizzare l'Accademia imperiale di Roma che, dal 10 giugno 1809, era stata annessa all'Impero francese. Inviato a Roma nel 1811 quale rettore della nuova istituzione, compì alcuni studi sul sistema scolastico e universitario dello Stato pontificio allo scopo di realizzare l'inserimento degli istituti romani nel sistema napoleonico.
Frutto di questi studi fu il Rapport sur l'organisation de l'instruction publique dans les départemens de Rome et du Trasimène che il F. preparò nel 1812. Il Rapport (edito nel 1995 da Alvazzi Del Frate, in Università napoleoniche...) è di notevole interesse perché fornisce un ampio quadro delle istituzioni scolastiche e universitarie pontificie e degli interventi previsti per assimilare tali istituti a quelli francesi.
L'opera del F. nell'ateneo romano non fu certamente facile a causa dell'ostilità di parte del corpo accademico nei confronti della francesizzazione dell'università, che comportava l'unificazione della Sapienza e della Gregoriana e la riforma degli studi, soprattutto giuridici, con l'introduzione dell'insegnamento del diritto civile napoleonico e la soppressione del diritto canonico.
Con l'approssimarsi della crisi dell'Impero napoleonico il F. decadde dalla carica di rettore nel gennaio 1814 e lasciò Roma per ritirarsi a Fano, sua città natale. Sebbene il F. avesse mostrato moderazione e fosse stato apprezzato dagli ambienti culturali romani, nella Restaurazione pontificia restò isolato, senza lavoro e con notevoli problemi economici, non alleviati dalla amministrazione di alcune terre del fondo denominato "appannaggio di Eugenio Beauharnais", appartenente all'ex viceré d'Italia.
A Fano si dedicò alla stesura de' Lo Spettatore italiano preceduto da un saggio critico sopra i filosofi..., pubblicato a Milano nel 1822.
L'opera era stata scritta dal F. in francese e successivamente tradotta da alcuni scrittori (tra i quali G. F. Cecilia, G. Alborghetti, G. Antinori, G. Perticari e L. Castracane) in un italiano aulico che ne rendeva estremamente pesante la lettura. Nel lavoro erano confluiti gli interessi che il F. aveva sempre coltivato per le opere di carattere moralistico, ricche di dialoghi e di ritratti satirici, che lo avevano già portato alla pubblicazione dei Portraits ou caractères nel 1781.
Lo Spettatore italiano, che fu recensito da G. Montani nell'Antologia nel giugno 1824, fu apprezzato per i suoi contenuti, ma assai criticato per la ricercatezza e per l'artificiosità dello stile. L'opera conobbe un certo successo immediato, ma fu presto dimenticata.
Nonostante i molti tentativi il F. non riuscì ad ottenere alcun lavoro né dal governo pontificio né da quello francese: nel 1820 aveva infatti chiesto inutilmente a Parigi una pensione quale ex rettore delle università di Angers e di Roma.
Gli ultimi anni furono rattristati nel 1822 dalla morte della moglie, che si trovava in Francia per preparare il ritorno in quella che il F. considerava "ma véritable Patrie", e nel 1824 dalla condanna, seppure "donec corrigatur", dello Spettatore italiano, da parte della congregazione dell'Indice che vi aveva rinvenuto considerazioni favorevoli alla teoria della metempsicosi, aperta adesione alle dottrine roussoviane e ostilità nei confronti del clero. Il F. aveva poi intrapreso la stesura di una seconda edizione corretta dello Spettatore italiano, oggi conservata nella Biblioteca Federiciana a Fano.
Morì a Fano il 15 luglio 1830.
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