Ferro
Il ferro, elemento chimico metallico (simbolo Fe) diffuso in natura sotto forma di composti minerali, dal punto di vista biologico appartiene alla categoria dei microelementi, o elementi traccia. L'organismo umano adulto contiene complessivamente circa 3,8 mg di ferro nell'uomo e 2,3 mg nella donna. Il 65% del totale è legato all'emoglobina contenuta nei globuli rossi, il 10% si trova nella mioglobina, mentre il resto, in quantità minime, si trova nei citocromi, in alcuni enzimi, in certi sistemi funzionali del cervello e, in misura variabile a seconda dello stato di nutrizione ferrica dell'organismo, sotto forma di riserva legata alle proteine ferritina ed emosiderina, soprattutto nel fegato, nella milza e nel midollo osseo. Una piccola quantità si trova anche nel plasma sanguigno, legata alla transferrina, la proteina di trasporto del ferro.
L'assorbimento di ferro avviene nell'intestino, con un'efficienza che varia in rapporto a diversi fattori, quali la forma chimica in cui è contenuto negli alimenti e la presenza di sostanze che facilitano o inibiscono l'assorbimento stesso. Esso è influenzato anche dalla quantità ingerita e dallo stato delle riserve corporee. Il ferro può essere presente negli alimenti in due forme: ferro eme e ferro non eme. Il primo, legato al gruppo prostetico (eme) dell'emoglobina e della mioglobina delle carni, è molto bene assorbito. L'altro, che rappresenta una quota del ferro presente negli alimenti di origine animale e la totalità di quello contenuto nei vegetali, è assorbito con maggiore difficoltà, anche perché si trova in forma ferrica, mentre il ferro per essere assorbito deve trovarsi in forma ferrosa. La riduzione può essere effettuata dall'acido cloridrico del succo gastrico, ma può essere ulteriormente facilitata da sostanze riducenti, come l'acido ascorbico (vitamina C) e altri acidi organici presenti negli alimenti. Un altro meccanismo di facilitazione si riscontra nel latte umano, dove il ferro è unito a una proteina, la lattoferrina che, legandosi a recettori specifici presenti nell'intestino del neonato, agevola l'assorbimento del minerale. Al contrario, l'assorbimento viene ostacolato dalla presenza di sostanze che legano il ferro, quali i fitati, contenuti in quantità cospicue nei cereali allo stato integrale, gli ossalati, abbondanti in alcuni vegetali, tra cui gli spinaci, e i polifenoli di cui è ricco, per es., il tè. Anche la crusca e certi composti farmaceutici, come gli antiacidi, possono inibire in modo sostanziale l'assorbimento del ferro. La quantità di ferro ingerita e lo stato delle riserve nell'organismo influiscono sull'assorbimento nel senso che più alta è la quota di ferro ingerita, o presente nelle riserve dell'organismo, più bassa è la quota di ferro assorbita, e viceversa. Esistono quindi meccanismi fisiologici che regolano l'assorbimento del ferro, impedendo situazioni da carenza o da eccesso. La quantità di ferro presente nell'organismo è ben conservata: esso non viene eliminato con le urine, ma solo con la desquamazione delle cellule e con le perdite di sangue. Anche il ferro rilasciato dai globuli rossi che hanno esaurito il loro ciclo vitale viene riutilizzato in modo molto efficiente. Le perdite fisiologiche maggiori si hanno nelle donne in età fertile, durante il ciclo mestruale e durante la gravidanza con il trasferimento di ferro al feto.
Il ferro contenuto nell'emoglobina funge da trasportatore di ossigeno dai polmoni alle cellule, dove viene usato per la respirazione cellulare, mentre il ferro della mioglobina serve per immagazzinare e cedere l'ossigeno all'interno dei muscoli, dove viene utilizzato nei processi della contrazione muscolare. Il ferro dei citocromi, localizzati nei mitocondri delle cellule aerobiche, ha la funzione di trasferire gli elettroni nell'ultima parte della catena respiratoria terminale, rendendo possibile il processo di trasformazione dell'energia chimica dei nutrienti in energia biologicamente utilizzabile (ATP, adenosintrifosfato). Il ferro contenuto nel citocromo P450, localizzato soprattutto nei microsomi epatici, consente lo svolgimento di reazioni di degradazione ossidativa di sostanze endogene ed estranee all'organismo, quali per es. farmaci e pesticidi. Il ferro è presente anche in alcuni enzimi e sistemi di neurotrasmettitori cerebrali, come quelli dopaminergici e serotoninergici, con un possibile ruolo nei processi cognitivi e di apprendimento.
Per definire i bisogni fisiologici di ferro, si deve tener conto di due fattori: lo stato delle riserve nell'organismo e la biodisponibilità del ferro negli alimenti comunemente consumati; condizioni, queste, che possono variare anche a parità di età e sesso, rendendo difficile definire il bisogno fisiologico medio. I LARN (Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana) hanno stabilito valori giornalieri di 18 mg per le donne in età fertile e 10 mg per gli uomini. Durante la gravidanza, considerato che non si hanno perdite mestruali, non sarebbero necessari supplementi di ferro ma, poiché la maggior parte delle donne entra in gravidanza con scarse riserve di ferro, i LARN consigliano di portare l'introito giornaliero a 30 mg. Una tale quantità di ferro non può verosimilmente essere fornita soltanto con un'alimentazione equilibrata, per cui sarebbe indispensabile ricorrere a supplementi farmaceutici. Per il periodo dell'allattamento non sono stati previsti supplementi, essendo le raccomandazioni di base tali da coprire le piccole quantità di ferro che passano nel latte materno e permettono la formazione di riserve.
La carenza di ferro produce anemia. Per definizione, un individuo viene considerato anemico quando i suoi valori di emoglobina si situano ai limiti inferiori dei valori considerati normali per età e sesso. L'anemia definita in tale modo rappresenta solamente lo stadio finale di un processo continuo che ha inizio quando le perdite di ferro sono superiori agli introiti. L'organismo reagisce aumentando le capacità di assorbimento e attingendo alle riserve, ma quando queste non sono più disponibili ha inizio quello che è considerato il primo stadio dell'anemia, vale a dire 'l'esaurimento delle riserve', clinicamente rilevato da un basso livello di ferritina sierica. Il secondo stadio della carenza è caratterizzato da una diminuzione dei livel- li di saturazione della transferrina, mentre i livelli di emoglobina sono ancora nell'ambito della norma, sicché la condizione viene definita come 'carenza di ferro senza anemia'. Infine, il terzo stadio è quello in cui i tessuti eritropoietici non hanno più ferro sufficiente per sintetizzare l'emoglobina: il livello di quest'ultima si abbassa ai limiti inferiori della norma e si raggiunge quindi la condizione di 'anemia da carenza di ferro'. La carenza di ferro spesso non è evidenziata da sintomi specifici esterni, ma soltanto attraverso indagini di laboratorio; tuttavia, i soggetti che si trovano in questa condizione lamentano una minore resistenza alla fatica, diminuite capacità lavorative e di termoregolazione. Particolare attenzione hanno destato in questi ultimi anni i rapporti esistenti tra carenza di ferro, sviluppo psicomotorio e processi cognitivi, per la presenza di ferro in alcuni enzimi associati al metabolismo dei neurotrasmettitori cerebrali.
Studi effettuati sia in bambini sia in animali da laboratorio dimostrerebbero che la mancanza di ferro causa la riduzione delle capacità di apprendimento e che, oltrepassati certi limiti, i sintomi cerebrali non sono più reversibili, anche se scompaiono altri sintomi clinici di carenza. È stato anche accertato che alla nascita il cervello contiene soltanto il 10% del ferro che ha in età adulta; all'età di 10 anni il contenuto è del 50% e il valore massimo si raggiunge a 20-30 anni. Grande attenzione dovrebbe dunque essere rivolta alla prevenzione da carenza di ferro in giovane età. I gruppi di popolazione più esposti al rischio di carenze di ferro sono i bambini, gli adolescenti e le donne in età fertile, specialmente quelle con flusso mestruale abbondante e con gravidanze multiple. I bambini esauriscono le loro scorte fetali intorno ai 4-6 mesi di età e il latte vaccino, al contrario di quello umano, contiene ferro scarsamente assorbibile. Nel periodo dello svezzamento dovrebbero quindi essere fornite fonti di ferro di facile assorbimento, quali carne e pesce. Uguale attenzione dovrebbe essere rivolta alla dieta degli adolescenti, nei quali la rapida crescita e l'aumento di globuli rossi e di emoglobina richiedono un incremento proporzionale degli introiti di ferro. L'alimentazione vegetariana può facilmente condurre, in taluni soggetti, a carenze di ferro.
Di norma, la regolazione fisiologica dell'assorbimento di ferro impedisce l'accumulo di quantità che possono risultare tossiche, a meno che non esistano difetti genetici relativi a tale regolazione. È il caso della emocromatosi idiopatica, malattia che produce disfunzioni multiple in diversi organi, secondo un meccanismo ancora non ben chiarito. La malattia colpisce soprattutto gli uomini al di sopra dei 50 anni, con manifestazioni cliniche quali diabete, insufficienza epatica o cardiaca. Casi di tossicità si sono verificati specialmente nei bambini per ingestione di supplementi farmaceutici. Intossicazioni da ferro si possono avere anche in soggetti che richiedono trasfusioni continue di sangue, come i talassemici, abbastanza frequenti in certe aree del nostro paese. È da tener presente che i supplementi di ferro possono ridurre l'assorbimento di altri minerali e aumentare il rischio di infezioni, perché il ferro può favorire proliferazioni batteriche. Tutti i preparati farmaceutici a base di ferro hanno effetti collaterali spiacevoli, come dolori epigastrici, nausea, diarrea, l'intensità dei quali dipende dalla dose e aumenta se i preparati sono assunti a stomaco vuoto.
R. Yip, P.R. Dallman, Iron, in Present knowledge in nutrition, ed. E.E. Ziegler, L.J. Filer jr., Washington, ILSI, 1996⁷, p. 277-92.
LARN: Livelli di assunzione raccomandati di energia e nutrienti per la popolazione italiana, Revisione 1996, a cura della Società italiana di nutrizione umana, Roma 1997.