LAMBORGHINI, Ferruccio
Nacque a Renazzo, frazione di Cento, presso Ferrara, il 28 apr. 1916, da Antonio ed Evelina Govoni.
I Lamborghini, proprietari di un podere di circa 20 ettari, lavoravano anche la canapa e commerciavano in bestiame. Primogenito di cinque figli (Edmondo, Giorgio, Maria, Silvio), il L. fin da giovanissimo si dimostrò assai più interessato alla meccanica che all'agricoltura.
Terminata la scuola elementare, frequentò l'istituto di formazione professionale Taddia, iniziando anche a lavorare, come apprendista, nella bottega del fabbro G. Ferioli di Cento. Nel 1934 trovò impiego a Bologna, presso l'officina Righi, per un salario di 15 lire la settimana. All'età di 18 anni, insieme con l'amico M. Filippini, il L. si mise in proprio, aprendo un'officina a Renazzo. Nel 1939 fu richiamato alle armi e inviato a Rodi.
Qui fu assegnato al 50° autoreparto misto di manovra, divenendo in breve elemento indispensabile per la sua capacità di riparare e riadattare l'antiquato parco autoveicoli a disposizione. A Rodi il L. accumulò un'importantissima esperienza nel recupero di mezzi ormai prossimi alla rottamazione e conobbe Clelia Monti, che avrebbe sposato all'indomani della Liberazione.
Nell'estate 1946 ritornò a Cento e aprì, con R. Govoni, una piccola officina di riparazioni meccaniche. Nell'aprile 1947 morì la moglie, dando alla luce il figlio Antonio; sul finire di quello stesso anno il L. decise di compiere il grande salto, trasformandosi da meccanico in costruttore. Il primo passo fu la costituzione di una società con altri tre meccanici. Nacque così, con capitale di 2.000.000 di lire, la Società Lamborghini Carassiti Monti Guazzaloca per la costruzione di trattori.
Utilizzando motori e differenziali di camion abbandonati, venduti presso i centri ARAR (Azienda recupero alienazione residuati), i quattro soci iniziarono a costruire le prime trattrici Carioca; per ovviare ai grossi problemi legati alla persistente carenza di benzina, il L. mise a punto un vaporizzatore estremamente efficace, il quale, consentendo al mezzo di partire a benzina per poi funzionare a petrolio (attraverso la predisposizione di due serbatoi distinti, collegati da una serpentina di rame), permetteva di limitare il consumo; il primo trattore prodotto dal L. fu presentato il 2 febbr. 1948.
In quello stesso 1948 il L., uscito dalla società, si mise in proprio, assumendo quattro operai, sposò Annita Fontana e partecipò alla quindicesima edizione della Mille Miglia, sia pur con esito negativo (distrusse la macchina da lui modificata). Nell'ottobre, poi, di ritorno dal viaggio di nozze - che gli aveva permesso di scoprire, a Portici, l'esistenza di un grande deposito ARAR di motori Morris, Perkins e Dodge -, ottenne un prestito di 10.000.000 di lire dalla locale Cassa di risparmio. Tale denaro, garantito dal podere paterno, gli permise di acquistare, presso l'ARAR di Portici, un centinaio di motori diesel.
Nel giro di due anni la produzione dell'azienda passò da un trattore alla settimana a circa 200 all'anno, gli operai salirono a 30 e nuovi motori di fabbricazione italiana sostituirono i vecchi residuati bellici.
Con l'aumento della produzione s'impose la necessità di un luogo di lavoro adatto: nella primavera 1951, il L., in cambio di un trattore Lamborghini, acquisì da B. Oppi, responsabile delle vendite del bestiame per la Società Bonifiche ferraresi, un lotto di terreno pari a 1000 m2 (anche negli anni seguenti tale tipo di baratto avrebbe regolato ogni transazione finalizzata all'ampliamento dell'impianto). Nel febbraio 1952 iniziarono i lavori per la costruzione dello stabilimento da cui uscì il primo trattore il 26 nov. 1956.
L'azienda, che ora contava 50 operai, si era nel frattempo dotata di una rete commerciale. In particolare, in questo campo si rivelò molto importante la figura di C. Carpeggiani, responsabile commerciale per la Germania, grazie al quale fu stipulato un importante accordo di fornitura con la MWM di Mannheim: in cambio di un'irrisoria royalty l'azienda di Cento ottenne di costruire in Italia il motore MWM, su disegno e licenza MWM.
La promulgazione della legge Fanfani del 25 luglio 1952 - che stanziava, all'interesse del 3%, 125 miliardi in cinque anni a favore degli agricoltori che avessero acquistato macchine agricole di produzione nazionale - fece fare un ulteriore salto di qualità all'azienda. Fu in quel primo lustro degli anni Cinquanta che la Lamborghini si trasformò in impresa industriale a tutti gli effetti, abbandonando la dimensione artigianale che ancora per larghi tratti la caratterizzava.
Furono allestite due catene di montaggio, fu rafforzata la rete commerciale dei venditori e, con l'assunzione dei direttori responsabili per i diversi settori, venne completamente riorganizzata la struttura dirigenziale. La strategia aziendale si articolò, in quegli anni, sulla valorizzazione di tre modelli: un due cilindri con potenza di 25 CV, un tre cilindri con 37 CV e un quattro cilindri con 50 CV. Con queste tre versioni di motori, la Lamborghini avrebbe creato una gamma di quattordici trattrici. Fra i modelli più innovativi prodotti in quegli anni vale la pena di ricordare, dal 1957, la Lamborghinetta (dotata di un motore a due cilindri per 22 CV, pesante 10 quintali e venduta a un milione) e Le Vigneron (un piccolo trattore bicilindrico di 25 CV, largo 70 cm, ideato per la viticoltura).
Nel periodo 1968-69 la Lamborghini Trattori, in seguito al notevole aumento delle vendite registrato, adottò una strategia finalizzata a migliorare sia la qualità tecnica dei trattori, sia il volume produttivo. Nell'arco di qualche mese, per far fronte a una produzione giornaliera di circa 55 trattrici, i dipendenti passarono da 380 a quasi mille. La produzione annua raggiunse poi la cifra record di 8000 mezzi all'anno. La crisi, però, giunse rapidissima, dovuta a molteplici cause.
Vi furono motivi contingenti (come l'annullamento di una grossa commessa da parte del governo boliviano), ma furono i fattori strutturali a essere preponderanti. Fra questi ultimi occorre ricordare la stretta creditizia attuata dalle banche in seguito all'aggravarsi della crisi economica; la Lamborghini, che per i forti investimenti fatti era particolarmente esposta alla tempesta congiunturale, fu duramente colpita. Anche l'inasprirsi delle vertenze sindacali contribuì ad acuire il malessere generale: la conflittualità permanente mise in crisi una dirigenza dall'habitus mentale di tipo paternalistico.
Una parziale soluzione fu trovata con la vendita alla FIAT degli stabili, nella primavera 1971, e con il ricorso alla cassa integrazione. In seguito, grazie alla ritrovata liquidità - ottenuta dalle vendite dei trattori "boliviani" e della maggioranza azionaria della Lamborghini Auto - il L. creò a Pieve di Cento una azienda più dinamica, sgravata dai costi di gestione che avevano appesantito la Trattori di Cento. Nonostante i buoni risultati, però, nel 1973 la Lamborghini Trattori fu venduta alla concorrente di sempre, la Same di Bergamo.
La vicenda imprenditoriale del L. non si limitò, tuttavia, alla produzione di trattori, ma si identificò anche con la costruzione di condizionatori, caldaie e bruciatori. Considerando che il forte incremento edilizio nazionale del dopoguerra (in Italia, alla fine degli anni Cinquanta, si costruivano 400.000 vani all'anno) non poteva non accompagnarsi all'introduzione del riscaldamento, il L., nel 1960, aveva deciso di produrre bruciatori.
Nel corso di quell'anno l'ingegner S. Venturi fu incaricato di costruire un nuovo stabilimento a Pieve di Cento. Assumendo i migliori tecnici esistenti sul mercato, la Bruciatori Lamborghini iniziò la propria attività nel 1961. Nel 1970 la Lamborghini Calor si trasferiva da Pieve di Cento a Dosso di Ferrara, in un più moderno stabilimento.
La passione del L. erano, però, le auto. La tradizione vuole che sia stato un battibecco con E. Ferrari a fornire lo stimolo decisivo per indurlo a cimentarsi con la produzione di auto gran turismo. Più realisticamente si può supporre che la decisione sia maturata dopo aver considerato l'entità dei profitti assicurati da tale settore, da una parte, e dopo aver valutato la ricaduta pubblicitaria che il successo automobilistico avrebbe assicurato all'intero gruppo, dall'altra.
Il primo passo fu l'allestimento, nel corso del 1962, di una squadra di tecnici di grande spessore. Da G. Bizzarrini, disegnatore di motori per la Ferrari dal 1957 al 1961, il L. ottenne un dodici cilindri capace di superare, per cilindrata e potenza espressa, quello prodotto dalla Ferrari; arrivarono poi altri progettisti, quali G.L. Vecchi, A. Bevini, G. Previti, P. Stanzani e, soprattutto, G.P. Dallara. Il 22 febbr. 1963 venne quindi acquistato per 10.000.000 di lire un terreno di 20.000 m2 a Sant'Agata Bolognese, dove, in cinque mesi, fu completato uno stabilimento, costato un miliardo, inaugurato il 26 ott. 1963; parallelamente nasceva la prima vettura: la 350 GTV, con motore Bizzarrini e telaio Fini e Bonacini, presentata al Salone di Torino nel novembre 1963, che si rivelò un fallimento; anche la vettura successivamente prodotta - la 350 GT - non ebbe grande fortuna.
Il L. era sul punto di chiudere lo stabilimento di Sant'Agata Bolognese quando, nell'agosto 1965, Dallara, Bevini e Vecchi gli presentarono i disegni per una vettura innovativa, con motore posteriore. La carrozzeria del prototipo - denominato P440 - fu disegnata da M. Gandini, stilista che aveva sostituito G. Giugiaro alla Bertone. La nuova fuoriserie, denominata Miura (dal nome di una razza spagnola di tori), venne esposta, nella primavera del 1966, al salone di Ginevra e, in autunno, a quello di Parigi. Il consenso di pubblico fu grande e le ordinazioni fioccarono.
La Miura, capace di raggiungere i 280 km/h, venne prodotta fino al 1973; furono quindi presentate anche la Espada (ammiraglia a quattro posti) e la Islero (coupé dalla linea molto pulita e tradizionale). Per il L., dopo la laurea honoris causa, conferitagli dall'Università di Padova nel 1968, giunse, nel 1969, la nomina a cavaliere del lavoro.
Nel 1969, inoltre, fu creata, a Funo di Bologna, la Lamborghini Oleodinamica (la cui direzione il L. affidò al figlio Antonio). In quello stesso anno, però, iniziarono le difficoltà anche nel settore automobilistico. Nonostante le burrasche, nel 1970 nacquero la Jarama, la Urraco e la Jota; nel 1971 venne disegnato, dall'ingegner Stanziani, il prototipo della Countach. La vicenda del L. quale grande industriale stava, però, volgendo al termine. Nel 1973 G.-H. Rossetti, subagente svizzero della Lamborghini, acquistò il 51% dell'azienda, pagando 12 milioni di franchi svizzeri; quando, dopo poco, il L. si presentò a Rossetti per ricomprare il pacchetto di maggioranza, questi rilanciò con una offerta di 2 miliardi di lire per comprare il rimanente 49%. A quel punto il L. decise di uscire di scena vendendo la sua quota azionaria a René Leimer. L'ultima occasione per rientrare in possesso della Lamborghini Auto si presentò nel 1980, quando, dopo una gestione commissariale e il ricorso all'amministrazione controllata, la proprietà fu messa all'asta dal tribunale di Bologna: il L. si presentò quale acquirente, ma la sua offerta fu inferiore a quella della società Mimran.
Nel 1987 la proprietà della Lamborghini Auto passò, per circa 30 miliardi, alla Chrysler; a partire dal 1991, la crisi internazionale dell'auto coinvolse la Lamborghini in un momento in cui i forti investimenti realizzati ne avevano prosciugato la liquidità finanziaria. Tra la fine del 1992 e l'inizio del 1993 dovette, dunque, essere nuovamente adottata la cassa integrazione.
Dopo la perdita dell'azienda da lui creata il L. si lanciò in una nuova impresa. Nel 1974 - anno del divorzio da Annita Fontana - acquistò, nei pressi del lago Trasimeno, a Panicarola di Macchie, una tenuta agricola di 70 ettari, La Fiorita, che divenne un'azienda agricola all'avanguardia, capace di produrre vini pregiati e di intraprendere, fra le prime, la strada dello sviluppo agrituristico.
Il L. morì a Perugia il 20 febbr. 1993.
Fonti e Bibl.: Le carte relative alle aziende del L. sono andate perdute nel corso dei vari passaggi di proprietà; la biografia può essere ricostruita, però, attraverso tre monografie: la più recente, ricchissima di informazioni, particolari e aneddoti è quella di F. Borzicchi, L'uomo che inventò la Miura. Storie, miti e curiosità dell'Italia di F. L., Milano 2001; si veda anche il volume dedicato alla vita del padre da A. [Tonino] Lamborghini, Onora il padre e la madre. Storia di F. L., Venezia 1997; decisamente più interessata alla memoria operaia delle maestranze impiegate alla Lamborghini, oltre che alle vicende del periodo successivo all'uscita di scena del L., è invece l'opera di F. Foresti, La fucina del toro: Lamborghini, uomini macchine saperi, con fotografie di D. Facchinato e una present. di R. Roversi, Bologna 1993. Per un'analisi del contesto territoriale ed economico si rimanda a: A. Albertazzi, Età contemporanea. Panoramica di storia centese, Cento 1986, nonché Dall'artigianato all'industria. Protagonisti dell'industrializzazione centese, a cura di B. Menegatti, Cento 1989. Sull'industria delle trattrici, infine, si vedano: V. Castronovo, L'industria italiana dall'Ottocento a oggi, Milano 1980; G. Magnanimi, Storia della trattrice italiana (dal 1900 al 1960), Reggio Emilia 1987.