fertilizzanti
Sostanze per arricchire i terreni
L'uso di fertilizzanti per restituire al terreno la ricchezza dei suoi costituenti risale a tempi remoti. Nell'epoca industriale sono stati introdotti prodotti di sintesi a composizione complessa e variabile. Oggi i terreni vengono modificati tenendo conto delle diverse esigenze delle piante coltivate. E accanto ai concimi chimici ritrova ampio spazio l'uso di quelli naturali
Per duemila anni si è pensato che l'efficacia dei concimi fosse data dalla componente organica. Solo nel 19° secolo il chimico tedesco Justus von Liebig scoprì che le piante si nutrono di sostanze minerali e inorganiche, che hanno bisogno in particolare di azoto e di fosforo e che i concimi tradizionali potevano essere sostituiti da composti minerali solubili in acqua. Era una scoperta rivoluzionaria, difficile da accettare perché non si capiva come le piante, pur vivendo in un'atmosfera contenente azoto, potessero assorbirlo solamente dal terreno. E, al contrario, come il carbonio, costituente essenziale dell'humus, venisse invece assorbito dall'anidride carbonica presente nell'aria. Liebig ha formulato anche la innovativa legge del minimo: se anche uno solo degli elementi nutritivi è inferiore alla soglia minima, la crescita delle piante è rallentata pure in presenza di eccesso degli altri nutrienti. In quegli stessi anni si diffuse in Inghilterra e negli Stati Uniti l'impiego del guano (escrementi di uccelli), che dal 1875 venne rimpiazzato dal nitrato del Cile (che ha comunque origine organica) e dal solfato di ammonio.
Motivi economici spinsero a ricercare un metodo per fissare l'azoto atmosferico, cioè per combinarlo in un composto e renderlo disponibile per le piante: l'azoto non serviva solo come fertilizzante ma, sotto forma di acido nitrico, era di primaria importanza anche nell'industria degli esplosivi. Il metodo più importante fu il processo ideato nel 1913 dal chimico tedesco Fritz Haber per produrre ammoniaca direttamente da idrogeno e azoto atmosferico.
Il fosforo, oltre che dal guano, si otteneva dalla polvere d'ossa, dai fosfati minerali o dalle scorie Thomas (scarti dell'industria metallurgica) per aggiunta di acido solforico. Mentre pirite e zolfo erano le materie prime impiegate nella preparazione dell'acido solforico, necessario per avere i superfosfati (concimi a lento assorbimento).
I sali di potassio, adoperati in precedenza nelle miscele di polvere nera, trovano un'applicazione agricola solo dopo la scoperta dei giacimenti di Stassfurt (Germania) nel 1856 e fino alla fine della Prima guerra mondiale saranno un monopolio tedesco.
Oggi il terreno non è più considerato un supporto inerte al quale aggiungere o sottrarre nutrienti. È piuttosto un corpo complesso che interagisce con l'ambiente trasformandosi. È possibile 'progettare' un terreno avendo ben presente quali siano le caratteristiche (permeabilità, compattezza) che dovrà avere in funzione delle specie da coltivare e dei risultati attesi: vegetazione rigogliosa, fioritura, fruttificazione, resistenza alle malattie e ai parassiti.
Gli elementi che devono essere presenti in un fertilizzante sono classificati come principali (azoto, fosforo, potassio); secondari (calcio magnesio, zolfo, sodio); oligoelementi, cioè essenziali ma in minime quantità (manganese, zinco, rame).
I fertilizzanti minerali sono classificati in semplici o complessi, binari e terziari in base agli elementi principali contenuti. Per tutti i fertilizzanti, anche secondari o a base di oligoelementi, deve essere indicata la qualità e quantità di nutrienti. I fertilizzanti organici, invece, sono ricchi di composti di carbonio e sono classificati come azotati o azoto-fosfatici, secondo la composizione.
Un uso eccessivo di fertilizzanti, oltre a essere costoso, comporta un aumento enorme di microalghe nelle acque (eutrofizzazione). Inoltre, la relativa impurezza dei concimi minerali porta a un accumulo nei terreni di sostanze indesiderate quali, per esempio, i metalli pesanti. Anche il crescente ritorno ai concimi organici non è esente da rischi per la possibile presenza di agenti patogeni o semi di piante infestanti. Nei paesi europei si è scelto di riciclare i rifiuti organici (bucce, resti di vegetali, foglie secche) trasformandoli in compost, un concime organico di recupero.
Separare le sostanze organiche dagli altri rifiuti già in fase di raccolta risponde a questa esigenza. La presenza di plastiche, metalli pesanti, medicinali, ne renderebbe chiaramente dannoso l'utilizzo.