FETICISMO
Questo termine, entrato in forme assai simili in tutte le lingue moderne, deriva dal portoghese feitiço "sortilegio, amuleto, talismano" (dal lat. facticius; cfr. l'italiano "fattura"), con cui i marinai e mercanti portoghesi designarono, paragonandoli agli amuleti ch'essi stessi portavano, le conchiglie, punte di corno, ecc. che gl'indigeni recavano addosso e che avevano un evidente carattere sacro. Il nome ebbe poi larga diffusione, grazie all'opera di C. de Brosses, Du culte des dieux fétiches, ou Parallèle de l'ancienne religion de l'Égypte avec la religion actuelle de Nigritie (Parigi 1760), libro che segna per alcuni riguardi una data importante nello svolgimento della storia delle religioni. Ma il De Brosses estese l'uso del termine, così da poter includere in questa categoria anche il culto degli animali sacri nell'Egitto antico. Così a poco a poco la parola "feticismo" venne ad acquistare un significato sempre più largo e indeterminato, fino a indicare genericamente il grado più basso dello sviluppo religioso: onde l'uso volgare - largamente diffuso - della parola col valore generico e spregiativo di "superstizione". Con A. Comte, feticismo diventa sinonimo di "religione naturistica" (ivi compreso il culto dei corpi celesti, Sole, Luna, Terra, i "grandi feticci" cui sono dedicate speciali feste del calendario positivista); altri definirono il feticismo come il culto degli oggetti inanimati, mentre per H. Spencer il feticcio è un oggetto che per la sua stranezza suscita nel cosiddetto primitivo l'idea che in esso dimori uno spirito, cioè, in conformità della teoria generale di lui circa l'origine della religione, l'anima di un antenato. Una maggiore determinazione del concetto si ebbe con E. B. Tylor, secondo il quale si può parlare di un feticcio nel vero senso della parola solo quando sia provata la credenza che l'oggetto sia la dimora o lo strumento di uno spirito, o che esso sia trattato come se avesse una coscienza e un'azione personale: quindi pregato e lusingato, o punito e disprezzato, a seconda del suo modo di comportarsi verso i devoti. A questa definizione accedettero A. Lang, aggiungendo l'ulteriore determinazione della credenza nelle qualità magiche dell'oggetto, dovute alla stranezza di esso o a quelle associazioni d'idee che stanno a base della magia simpatica, il Goblet d'Alviella e altri, tra cui F. Schultze, il quale comprendeva però tra i feticci anche i corpi celesti. Invece per altri studiosi il termine rimase vago, servendo p. es. a indicare tutto il complesso delle credenze religiose dei Negri dell'Africa occidentale. Sotto l'influenza appunto del Tylor, si è ricondotto il feticismo sotto la categoria più generale dell'animismo (v.). Il feticcio sarebbe appunto l'oggetto inanimato in cui il devoto ritiene abiti uno spirito, sia che vi abbia fissato spontaneamente la propria dimora, sia che vi sia stato racchiuso dall'arte magica di un sacerdote-stregone: si spiegherebbe pertanto il culto di cui il feticcio è oggetto, affine di propiziarsi lo spirito che vi è incorporato, e anche il suo abbandono, allorché si dimostra inefficace ad assicurare al devoto il successo (che può essere anche la morte del nemico, ecc.). Questa inefficacia è attribuita sia alla fuga dello spirito dal feticcio, sia al fatto che l'avversario è dotato a sua volta d'un feticcio più potente.
Più recentemente, il progresso delle ricerche nel campo dell'etnologia religiosa, con la determinazione di uno stadio preanimistico, ha condotto a una spiegazione più completa. Essa viene trovata nel fatto che nella mentalità dei cosiddetti primitivi non esiste distinzione tra animato e inanimato, nel senso che tutte le cose sono dotate di vita, cioè di una forza particolare, che noi diremmo spirituale, ma che il primitivo non concepisce come immateriale nel vero senso della parola. Di questa, benché in misura diversa, sono piene le varie cose: l'oggetto, che per la sua stranezza attira l'attenzione, o al quale in seguito a un'esperienza particolare (p. es., l'essere apparso in sogno, l'aver tardato o fermato l'inseguitore o l'inseguito, il possedere una somiglianza magica con altri, ecc.) viene attribuita una potenza straordinaria, è un feticcio, di cui l'uomo si vale per poter sfruttare questa forza nel modo più vantaggioso per sé o per il gruppo del quale fa parte. L'oggetto feticcio può poi avere manifestato la sua potenza spontaneamente, o essere stato creato artificialmente dallo stregone: qualunque oggetto può quindi essere un feticcio. Qualcuno ha poi sostenuto che il feticismo, benché dipenda ancora strettamente da concezioni magiche, implica tuttavia un atteggiamento veramente religioso, in quanto, più che a dominare le forze della natura, l'uomo mira ad assicurarsi la protezione della forza sacra racchiusa nel feticcio medesimo, pure ammettendo che questa vi sia stata trasferita mediante un incantesimo.
Come si è accennato, vi possono essere feticci individuali e feticci di gruppo; alcuni hanno creduto di poter distinguere varie categorie di feticci, a seconda non solo della natura dell'oggetto, ma anche del tipo di culto ad esso prestato, ecc.; ma il tentativo si è rivelato vano, di fronte al fatto che, a seconda del punto di vista, il medesimo oggetto si può far rientrare in classi diverse. È anche stato osservato che, in genere, il feticcio individuale possiede una sfera d'azione strettamente delimitata, sicché la stessa persona deve provvedersi di parecchi feticci, a seconda degli scopi che vuole ottenere. Ciò si verificherebbe soprattutto nello stadio animistico; nel quale, d'altronde, il feticcio di gruppo, talvolta ospitato in una capanna apposita, riceve anche offerte vere e proprie; qualora abbia una vaga forma umana o l'arte concorra a rendere questa somiglianza più viva, il feticcio diviene allora già qualcosa di molto simile all'idolo vero e proprio, in cui dimora una particolare divinità tutelare del gruppo o d'un agglomerato sociale anche più vasto.
È chiaro da quanto precede che di feticismo, come di un tipo di religiosità per sé stante, o come di un particolare stadio in uno sviluppo della religiosità umana, secondo le teorie evoluzionistiche, non è più il caso di parlare: poiché in realtà esso non rappresenta che un particolar modo di atteggiarsi della mentalità pre-animistica o animistica.
Bibl.: F. Schultze, Der Fetischismus, Lipsia 1871; E. B. Tylor, Primitive culture, 4ª ed., Londra 1903; F. B. Jevons, Introduction to the history of religion, Londra 1896, 9ª ed., ivi 1927, pp. 163-179; A. Lang, The making of religion, 3ª ed., ivi 1909; M. H. Kingsley, West African studies, ivi 1899; R. H. Nassau, Fetichism in West Africa, ivi 1904; A. C. Haddon, Magic and fetishism, ivi 1906; art. Fetishism, di varî, in Hastings, Encyclopaedia of religion and ethics, V, Edimburgo 1912, pp. 894-905; C. H. Toy, Introduction to the history of religion, Cambridge (Mass.) 1913, rist. 1924, pp. 100, 223; N. Turchi, Manuale di storia delle religioni, Torino 1922, pp. 32 e 38; G. F. Moore, The birth and growth of religion, New York 1923, pp. 32-36 (trad. ital., Origine e sviluppo della religione, Bari 1925); E. W. Hopkins, Origin and evoolution of religion, New Haven 1924, pp. 18 seg., 98 seg.; E. Lehmann, in Chantepie de la Saussaye, Lehrbuch der Religionsgeschichte, 4ª ed., I, Tubinga 1924; R. Will, Le culte, I, Strasburgo-Parigi 1925, pp. 45-49; II, Parigi 1929, p. 520.