FETO e annessi fetali
Si chiama feto (dal lat. foetus) il nuovo essere, prodotto del concepimento degli animali vivipari, quando ancora è contenuto nelle viscere materne, ma dopo che ha assunto la conformazione caratteristica della specie cui appartiene. Così per l'uomo la denominazione di feto viene usata a partire dalla fine del secondo mese di gestazione; mentre prima di tale epoca il nuovo essere, che non ha ancora raggiunto la forma umana, si chiama emobrione (v. embriologia).
Alla fine del primo mese di gestazione, mentre l'uovo ha un diametro di quasi 2 cm. uniformemente ricoperto dalle villosità del corion, l'embrione ha una lunghezza di 7,5-8 mm., pesa circa 2 gr., è incurvato sul dorso, presenta una testa relativamente molto grossa (circa la metà del tronco) con una larga fessura naso-boccale trasversale, con ai lati i rudimenti degli occhi e i quattro archi branchiali. L'amnio è già distinto dal corion, al quale l'embrione è congiunto, in vicinanza della sua estremità podalica, mediante un cordone ombellicale breve (4-5 mm.) e largo, essendo la cavità addominale ancora non completamente delimitata e chiusa, e persistendo ancora abbastanza voluminosa la vescicola ombellicale. Quattro piccoli tubercoli rappresentano i rudimenti degli arti.
Alla fine del secondo mese l'embrione ha già forma grossolanamente umana ed è diventato feticino: è lungo circa 30 mm. e pesa all'incirca 4 gr. La bocca è distinta dal naso. Sono scomparsi gli archi branchiali; gli arti vanno differenziandosi nei loro tre segmenti, sebbene ancora non siano distinte le dita, né alle mani, né ai piedi; sono comparsi i nuclei d'ossificazione delle clavicole, della mandibola e delle costole. L'anello ombellicale s'è ristretto; la vescicola ombellicale s'è notevolmente ridotta; il funicolo è lungo circa 1 cm. L'uovo, che ha press'a poco il volume d'un uovo di gallina, è ancora tutto ricoperto da villosità; ma è già evidente la distinzione tra quelle rigogliose del corion frondoso, e quelle atrofiche del corion lieve.
Al finire del terzo mese il feto ha la lunghezza. dal vertice del capo alla pianta dei piedi, di circa 10-12 cm. e pesa 75-100 gr. Le palpebre sviluppate si toccano col loro margine. Le dita delle mani e dei piedi sono distinte. Esistono punti d'ossificazione all'occipitale, al temporale, alla scapola, al cubito, all'osso iliaco e alla tibia. Comincia a differenziarsi il sesso e a individualizzarsi la placenta. Il funicolo ombellicale, inserito poco sopra il pube, ha raggiunto 7-8 cm. di lunghezza.
Alla fine del quarto mese il feto è lungo 17-20 cm. e pesa circa 200 gr. Ha ben differenziato il sesso, e il padiglione auricolare bene conformato. Fa movimenti manifesti e tentativi di respirazione. S'inizia la formazione della pelurie e le dita sono provviste d'unghie cutanee.
Alla fine del quinto mese il feto ha una lunghezza di 25-27 cm. e un peso di 300-400 gr. Compaiono i capelli; s'inizia la secrezione sebacea cutanea con la formazione della vernice caseosa; incomincia la formazione del pannicolo adiposo sottocutaneo. Nelle mandibole sono evidenti i germi dentarî; nell'intestino è contenuto meconio. Si hanno tracce delle circonvoluzioni cerebrali. Il funicolo è lungo circa 30 cm.
A sei mesi di gestazione la lunghezza del feto è di 30-33 cm. e il suo peso s'aggira intorno ai 1000 gr. La sua cute si presenta alquanto rugosa. Le palpebre sono aperte; ma persiste la membrana pupillare. Sono evidenti le areole e conformati i capezzoli alle mammelle; manifeste sono le circonvoluzioni cerebrali. Il funicolo ombellicale misura 37 cm. e la placenta pesa 270-280 gr. Da quest'epoca, e precisamente dal 180° giorno, il feto si considera legalmente vitale, e s'inizia l'obbligo (art. 371 segg. del cod. civ.) della denuncia della sua nascita allo stato civile comunale. La sua espulsione da questo momento cessa di chiamarsi aborto o parto abortivo per assumere la qualifica di parto prematuro.
Alla fine del settimo mese la sua lunghezza è di 35-38 cm. e il suo peso intorno ai 1750 gr. Presenta cute grinzosa, quasi vecchieggiante, e pelurie abbondante, specie sul dorso, al collo e sulla fronte. La membrana pupillare è scomparsa. Nei maschi i testicoli vanno impegnandosi nel canale inguinale. La vitalità extrauterina del feto comincia a essere reale. La placenta pesa 375-380 gr e il funicolo è lungo circa 42 cm.
All'ottavo mese la lunghezza fetale è di 43-45 cm. e il peso di gr. 2300-2500. La pelle è liscia e rosea per maggiore ricchezza di grasso sottocutaneo. La pelurie incomincia a cadere. I testicoli nei maschi stanno sorpassando l'anello inguinale esterno, specie a sinistra. La vitalità extrauterina è ormai assicurata. La placenta con gli annessi pesa intorno ai 450 gr. Il funicolo è lungo circa 47 cm.
A termine di gravidanza (280 giorni circa dal suo inizio) il feto ha acquisito i caratteri della sua completa maturità. Ha un peso di 3000 gr. e oltre (3125 gr. per le femmine e 3250 gr. per i maschi), una lunghezza fra 48 e 52 cm., cioè di 50 cm. in media. Ha aspetto paffuto con cute rosea, liscia. Poca pelurie residua appena sulle spalle; i capelli sono lunghi all'incirca 2 cm.; la vernice caseosa è abbondantemente raccolta intorno al collo, alle ascelle e agl'inguini. Le unghie, ormai cornee, sorpassano i polpastrelli delle dita. Sono bene sviluppate le cartilagini nasali e auricolari. Il funicolo ombellicale s'inserisce alla metà circa della lunghezza del corpo. Nei feti di sesso femminile le grandi labbra ricoprono completamente le piccole labbra; e in quelli di sesso maschile i testieoli sono discesi nello scroto. Nell'intestino è contenuto meconio di colore bruno-verdastro, viscido, in quantità variabile da 75 a 200 gr. La placenta con le membrane e il funicolo pesa 500-600 gr. e il cordone ombellicale è lungo in media 50-55 cm.
Con l'esame anatomo-patologico, come anche con quello radiologico, nel feto a termine si può abitualmente mettere in evidenza come segno di maturità il nucleo d'ossificazione del Béclard nella massa cartilaginea dell'epifisi inferiore del femore. Altri caratteri importanti sono desunti dalle singole dimensioni del tronco e della testa fetale, e dal peso dei diversi visceri. Va notato peraltro che il peso di poco superiore ai grammi 3000, dato come norma per il feto a termine, può subire oscillazioni notevolissime fra 2500 e 5000 gr. e più. Feti di peso inferiore alla norma, p. es., sebbene sicuramente a termine, si hanno spesso nelle gravidanze multiple. I feti che raggiungono alla nascita un peso di 4000 gr. e oltre si chiamano macrosomi. Minori di quelle ponderali sono le variazioni della lunghezza del corpo, in quanto esse risentono meno l'influenza dello stato di nutrizione generale del feto. Il feto vive e si sviluppa normalmente nell'utero, avvolto e protetto dai suoi annessi, mediante i quali si mette in relazione con l'organismo materno, per trarne i materiali necessarî per la sua esistenza e per il suo accrescimento.
Gli annessi fetali o secondine sono costituiti dalle membrane ovulari distinte in amnio e corion, dalla placenta, dal funicolo ombellicale e dal liquido amniotico. Inclusi in essi si trovano pure i residui della vescicola ombellicale col condotto onfalo-enterico, e i resti dell'allantoide; e a essi aderente all'esterno è lo strato superficiale della caduca parieto-riflessa, appartenente alla madre. Gli annessi fetali si sviluppano dalla porzione extraembrionaria della vescicola blastodermica, secondo un processo evolutivo che è particolarmente studiato dall'embriologia, ed è schematicamente raffigurato nella figura qui di fianco.
La membrana più esterna limitante l'uovo è il corion. Risulta d'uno strato esterno epiteliale, derivato dall'ectoderma ovulare, il quale viene a trovarsi in immediato contatto con la decidua o caduca, cioè con la mucosa uterina modificata per effetto della gravidanza, e d'uno strato connettivale d'origine mesodermica (somatopleura). Dalla seconda alla terza settimana di sviluppo dell'uovo umano, tutta la superficie esterna del corion è ricoperta da tenui villosità, più o meno arborizzate, che lo fanno rassomigliare a un riccio di castagna; ma nell'ulteriore sviluppo, mentre continuano a crescere quelle (corion frondosum) in contatto con la primitiva sede d'impianto dell'uovo nella mucosa uterina (caduca basale o serotina), vanno invece atrofizzandosi le altre (corion laeve), che si trovano in rapporto con la caduca avvolgente l'uovo (caduca capsulare o riflessa).
Per tal modo, a partire dalla fine del terzo mese, mentre il conon frondosum è venuto a costituire la parte ovulare della placenta (v.), ormai costituita e differenziata, il corion laeve, fattosi liscio e regolare, ha assunto aspetto membranaceo e forma la membrana esterna del sacco ovulare.
L'amnio (v.) è la più interna delle membrane ovulari, lassamente aderente da un lato mediante i residui del magma reticularis alla faccia interna del corion, e limitante, dall'altro, la cavità amniotica, in cui è contenuto il feto, che nuota nel liquido amniotico. Anche l'amnio consta d'uno strato connettivale esterno (in contatto con la lamina corrispondente del corion), derivante dal mesoderma (somatopleura), e d'uno strato epiteliale interno verso la cavità. L'amnio riveste pure, aderendovi lassamente, la faccia fetale della placenta, e fornisce la guaina amniotica del cordone ombellicale, per continuarsi poi, a livello dell'ombellico, con la cute del feto, con la quale ha una comune origine embriologica.
Il liquido amniotico, nella quantità di circa 1000 cmc. a termine di gravidanza, riempie la cavità dell'uovo (cavità amniotica), nella quale si trova il feto sospeso mediante il funicolo, o cordone ombellicale, alla placenta.
Ha aspetto e consistenza acquosa, è limpido, appena lievemente opalescente, ha reazione neutra o leggermente alcalina, un peso specifico basso, fra 1002 e 1008, un Δ fra 0,31 e 0,496 (media 0,45). È costituito per la massima parte da acqua (98%), e contiene sali inorganici (0,60%), poca albumina (0,18%), urea (0,02-0,40), discreta quantità d'acido lattico, creatina, creatinina, non raramente glucosio, e sostanze estrattive diverse. Al microscopio presenta pelurie e squamme epidermiche, derivanti dalla cute del feto. La sua origine è tuttora discussa, ammettendosi per esso la possibilità d'una derivazione diretta dall'attività secretiva dell'epitelio amniotico, oppure per trasudazione attraverso i vasi ombellieali del funicolo e della superficie fetale della placenta, senza peraltro poter neppure escludere la compartecipazione della secrezione urinaria del feto, né quella d'una trasudazione sierosa dai vasi deciduali materni attraverso le membrane ovulari.
Il liquido amniotico protegge il feto dai traumi esterni e ne favorisce lo sviluppo regolare, impedendo che su esso s'eserciti direttamente la pressione delle pareti uterine; concorre agli scambî materno-fetali provvedendo d'acqua il sangue del feto; e durante il parto facilita, con la formazione della borsa delle acque, la dilatazione della bocca uterina e deterge nella sua fuoruscita a fiotto le vie genitali materne, cooperando verosimilmente a proteggerle contro i facili inquinamenti. Quando il liquido amniotico si trova in quantità notevolmente inferiore alla norma (a termine meno di 500 cmc.) si dice oligoidramnios; quando invece appare notevolmente aumentato (oltre i 1500 cmc.) si dice polidramnios.
La vescicola ombellicale deriva dalla porzione extraembrionaria della cavità blastodermica primitiva, rimasta esclusa dal corpo dell'embrione per la formazione dell'ombellico cutaneo, che ne separa la porzione intraembrionaria o intestino primitivo. La vescicola ombellicale, dapprima (2ª e 3ª settimana) ampiamente comunicante con la cavità intestinale, si restringe in seguito alla sua base per formare il condotto onfalo-enterico. Essa consta d'uno strato epiteliale endodermico all'interno, e d'uno connettivale mesodermico all'esterno (splancnopleura), nel quale scorrono i vasi onfalomesenterici, e contiene il vitello nutritivo, che nei Mammiferi concorre per un periodo breve e transitorio alla nutrizione dell'embrione (4ª e 5ª settimana). Va in seguito rapidamente atrofizzandosi, lasciando di sé solo un piccolo rudimento tra le membrane o alla superficie fetale della placenta, al disotto dell'amnio, e tracce del condotto onfalo-enterico nello spessore del funicolo ombellicale.
L'allantoide (v.) è un'estroflessione della porzione caudale dell'intestino primitivo, a forma di canale con pareti ricche di tessuto connettivo e di vasi (vasi allantoidei o ombellicali). Essa scorre lungo la parete ventrale dell'embrione, dall'estremità caudale verso l'apertura ombellicale, dalla quale esce per portare connettivo e vasi al funicolo (una vena e due arterie) e alle villosità del corion (ansa vascolare del villo). Entra quindi con la sua porzione extraembrionaria a formare il funicolo e la parte fetale della placenta; mentre dalla sua porzione intraembrionaria s'originano la vescica urinaria e l'uraco. Il feto nell'utero vive di vita propria, sebbene parassiticamente a spese dell'organismo della madre. Esso esercita funzioni della vita vegetativa, cioè nutrizione, respirazione, escrezione, circolazione sanguigna, secrezione ghiandolare e termogenesi, e funzioni della vita di relazione, come sensibilità e movimento. Il feto si nutre assorbendo dal sangue materno, attraverso la placenta, i materiali di cui abbisogna, quali albuminoidi, idrati di carbonio, grassi e sali inorganici. Si rifornisce d'acqua deglutendo il liquido amniotico, e si provvede d'ossigeno, cioè respira, in corrispondenza pure della placenta, per effetto d'un'ossidasi placentare, capace d'attivare il distacco dell'ossigeno dall'emoglobina del sangue materno e di farsene vettrice verso il sangue fetale; mentre per la stessa via elimina l'anidride carbonica e le scorie del suo metabolismo organico, per cui l'asfissia fetale consegue prontamente alla cessazione degli scambî col sangue materno o all'interruzione della circolazione ombellico-placentare. I polmoni, invece, rimangono inerti durante tutta la vita intrauterina.
Il feto ha una circolazione propria, detta cardioplacentare, diversa per alcune sue particolarità da quella cardiopolmonare della vita extrauterina. Nel suo cuore, i cui battiti s'avvertono anche attraverso l'addome della madre a partire dalla metà della gravidanza, esiste il foro di Botallo (o meglio di Carcano Leone, che per primo lo descrisse esattamente), che fa comunicare fra loro le due orecchiette; e nel suo albero circolatorio l'arteria polmonare comunica ampiamente con l'aorta, dopo che questa ha descritto il suo arco, per mezzo del dotto arterioso. Le due arterie iliache interne si continuano direttamente con le arterie ombellicali, che portano sangue venoso alla placenta; mentre il sangue, divenuto arterioso, da essa ritorna al feto per la vena ombellicale. E questa, oltrepassato l'ombellico e giunta alla faccia inferiore del fegato, da una parte s'innesta mediante il dotto venoso di Aranzio direttamente nella vena cava ascendente, mentre dall'altra convoglia indirettamente nella stessa vena il resto del suo sangue, dopo averlo fatto passare attraverso il fegato mediante la vena porta e le vene sopraepatiche.
Durante la vita fetale le funzioni di secrezione sono dimostrate dalla presenza della vernice caseosa, dovuta alle ghiandole sebacee e alla desquamazione cutanea, da quella del meconio e dall'accertata possibilità della secrezione urinaria, almeno a carico della funzione glomerulare. È ormai indubbia, a un certo periodo di sviluppo fetale, anche l'attività delle ghiandole endocrine.
Effetto della termogenesi fetale è il fatto accertato, che il feto nell'utero ha una temperatura propria, di circa mezzo grado superiore a quella della cavità uterina che lo alberga (38,3-38,5°).
Il feto, mentre non pare verosimile che possegga già entro l'utero le sensibilità specifiche, è provvisto certamente e precocemente di senstbilità tattile, e reagisce con movimenti riflessi agli stimoli direttamente o indirettamente su di lui esercitati (movimenti attivi). Tentativi di movimenti si possono talora provocare già su feticini trimestri, espulsi vivi in parti abortivi; ma tali movimenti, bene evidenti al quarto mese, a partire dalla metà della gravidanza diventano percepibili anche attraverso l'addome materno. Si possono pure osservare, a gravidanza avanzata, movimenti ritmici ondulatorî, verosimilmente di deglutizione, e movimenti ritmici a scatto, interpretabili come singulti fetali.
Data la sproporzione che già precocemente si stabilisce fra la capacità uterina e la lunghezza del feto, questo deve adattarsi all'angustia di quella, assumendo con essa particolari rapporti che sono regolati dalla cosiddetta legge d'adattamento feto-utero-placentare, oltre che dall'influenza della gravità, esercitantesi più o meno manifestamente sul corpo fetale spostabile entro il mezzo liquido delle acque dell'amnio. I rapporti del corpo fetale con la cavità uterina e col bacino materno s'indicano in ostetricia coi termini di atteggiamento, situazione, presentazione e posizione.
Per atteggiamento s'intendono i rapporti che le diverse parti del feto assumono tra di loro. L'atteggiamento normale del feto nell'utero è quello in flessione: cioè la testa flessa, il tronco in flessione dorsale e gli arti flessi sul tronco. Per situazione s'intende il rapporto del diametro cefalopodalico del feto coi diametri uterini. La situazione normale è quella longitudinale; mentre sono anomale la trasversale e l'obliqua. Si designa col nome di presentazione la parte voluminosa del corpo fetale (testa, tronco, o podice), che occupa l'ingresso pelvico e regola il meccanismo del parto. Nella specie umana la presentazione più tipica e frequente è quella cefalica di vertice. S'intende per posizione il rapporto della parte presentata fetale col contorno dello stretto superiore del bacino della madre. Nelle gravidanze gemellari si parla anche di disposizione reciproca dei due gemelli nell'utero, che può essere laterale (l'uno a fianco dell'altro), anteroposteriore (l'uno davanti all'altro), o verticale (l'uno sopra l'altro).
Quando il feto muore nell'utero, alla cessazione della sua vita segue di regola, a breve distanza, la sua espulsione. La ritenzione più o meno prolungata di esso, dopo la sua morte, nell'utero, può, a seconda dei casi, dar luogo alla macerazione asettica (feto macerato o sanguinolento per il colore rosso dovuto alla diffusione nei tessuti dell'emoglobina del sangue), oppure alla mummificazione (feto mummificato o papiraceo), oppure anche alla sua putrefazione, se germi dall'esterno arrivano in cavità (feto putrefatto). Talora anche, specie quando l'uovo s'era impiantato e sviluppato fuori dell'utero, si può avere la sua trasformazione grassosa, con successiva deposizione di sali calcarei sul corpo o sugl'involucri del feto, con formazione di un litopedion (v.).
Bibl.: H. Garrigues, A text book of Obstetrics, Londra 1902; I. Clivio, E. Pestalozza, G. Resinelli, G. Vicarelli, Trattato di ostetricia, Milano 1914; H. A. Dietrich, Anatomie und Physiologie des Foetus und Biologie der Placenta, in J. Halban e L. Seitz, Biologie und Pathologie des Weibes, Berlino e Vienna 1925; W. Zangemeister, Lehrbuch der Geburtshilfe, Lipsia 1927; P. Bar, A. Brindeau, M. Chambrelent, La pratique de l'art des accouchements, Parigi 1925 segg.; L. Mangiagalli, Lezioni di ostetricia e di clinica ostetrica, Milano 1928.