FETONTE (Φαέϑων, Phaetnon)
Figlio del Sole e di Merope o dell'oceanina Climene, o di Rhode figlia di Asopo, o di Prote (Proto) figlia di Neleo (o piuttosto Nereo). La forma più antica della leggenda è in Esiodo: F., a insaputa del padre e con l'aiuto delle sorelle, riesce a ottenere e guidare il carro paterno. Levatosi in alto nel cielo, preso da paura, precipita nell'Eridano (Po); ovvero, incapace di reggere i fervidi cavalli, s'avvicina troppo alla terra, in cui produce un immenso incendio, che per essere spento ha bisogno del concorso delle acque di tutti i fiumi, onde il diluvio universale. Colpito dal fulmine di Zeus precipita nell'Eridano. Le sorelle Eliadi, che ne piangono la morte, sono mutate in pioppi, le loro lacrime in ambra; Eridano diventa la costellazione del Fiume.
Non pare che Eschilo nel suo dramma Le Eliadi cambiasse di molto la materia esiodea; piuttosto egli trasportava Eridano nell'Iberia e lo chiamava Rodano, a cui non deve essere estraneo il nome dato alla madre di Fetonte: Rhode. Euripide, invece, si allontanò del tutto da Esiodo. La scena è da lui immaginata nell'Etiopia; F. è nato da un connubio di Climene e del Sole; Meropo, re degli Etiopi, ne è il padre putativo. F., saputo della sua origine celeste, chiede al padre vero il governo del cocchio. Il Sole ammonisce il figlio, prima di consegnargli il carro, e poi sul dorso d'un cavallo ne dirige i movimenti. Ma F. colpito dal fulmine di Zeus, cade nell'Etiopia stessa. Questo allontanarsi dalla tradizione classica non dovette giovare alla fortuna del dramma. Molto dopo Euripide, un ignoto poeta alessandrino poté valersi in qualche particolare della concezione euripidea, ma s'ispirò principalmente a Esiodo. Il suo epillio si può ricostruire sulla scorta di Ovidio, Nonno, Luciano, Sulpicio, ecc.
Bibl.: Preller-Robert, Griech. Myth., 4ª ed., Berlino 1894, p. 438 segg.; Roscher, in Lexikon d. gr. u. röm. Myth., III, ii, coll. 2177-2200; G. Knaack, Quaestiones Phaethonteae, in Phil, Unters., VIII; id., in Hermes, XXII, p. 637 segg.; N. Wecklein, in Sitzungsber. d. bayer. Akad. d. Wiss., 1888, p. 118 segg.