Feudo quaternato
La feudistica e l'antiquaria conoscevano l'origine del feudo quaternato nel modo superficiale indicato dall'etimo e con la piena coscienza che fosse istituto peculiare del Regno (Capece, 1570). L'indicazione in alcune constitutiones federiciane (Const. I, 42. 2; I, 44; III, 25) dei "magnis feudis qui in quaternionibus Dohanae nostrae baronum inveniuntur inscriptis" ha poi orientato anche qualche tentativo di ricostruzione (Chalandon, 1907) di questi quaterni o quaterniones, benché già Andrea d'Isernia dicesse "hos quaternos non videmus hodie" (Libri feudorum II, 16). A ispirare l'inquaternamento dei feudi importanti è possibile che fosse la necessità d'assicurare alla Curia regis l'esatta prestazione del servitium, almeno dall'epoca della riorganizzazione feudale voluta nel 1142 da Ruggero II (Cuozzo, 1989; Jamison, 1992). Si badi, tuttavia, che il nomem di feudo quaternato, emerso solo nella prima età sveva, individua genericamente un feudo basilare nel computo delle prestazioni, ma non è strettamente identificabile con la baronia, anch'essa centrale nelle istituzioni sveve, e inquaternata (Const. III, 25, Post mortem), ma connotata dall'avere beni demaniali o rendite demaniali che il feudo quaternato può non avere (Vallone, 1999); né deve fuorviare l'altra identificazione con il castrum, che già in età sveva sembra essere sinonimo più di 'terra abitata' che solo di 'fortificazione'. Il rigido dirigismo federiciano e l'esigenza di controllo d'ogni feudo principale attraverso l'inquaternamento cambia anche la fisionomia di quelle unità suffeudali d'importanza, che si predispongono ora all'uso del re con suo diretto intervento e suo diretto vantaggio; l'inquaternamento del suffeudo e il suo essere, anch'esso, in capite a rege (con compattamento di tale espressione) definiscono quest'eccentrica creatura. È il suffeudo quaternato, che sembra avere, anch'esso, precedenti in età ruggeriana, come suggerisce, ad esempio, un noto documento del 1144 (ibid.). Matura una disciplina articolata: il primo feudale assegna il suffeudo quaternato, ma è il re a concederlo, cioè a farne investitura. Questa è la lettera della Const. III, 25. Tuttavia, un importante documento del luglio 1223 (anteriore al Liber Augustalis) attribuisce la electio del suffeudale al primo feudatario, mentre al re è riservata solo la licentia (Acta Imperii inedita); è un modo che anticipa l'effimero capitolo Si contingat di papa Onorio IV (1285), ma è meno di quel che la Const. III, 25 riconosceva al re. Dunque per principio generale il suffeudo dovrebbe indicare, proprio per la sua subordinazione strutturale ad altro feudo, la naturale destinazione delle proprie prestazioni; tuttavia il suffeudo quaternato ha natura ancipite per il diretto intervento regio.
È un profilo che assimila feudo e suffeudo quaternato, e un tardo feudista, Bartolomeo Camerario (1558), parlerà di feudum quaternatum simplex e feudum quaternatum secundum quid. Né sorprende che la dottrina formata nello spirito federiciano vedesse nel re, benché con grandi oscillazioni, il destinatario delle prestazioni suffeudali quaternate: così il relevium (che la stessa Const. III, 25 assegna al primo feudale); così il ritorno scadenzale del suffeudo; così, soprattutto, il servitium, che avendo, in generale, natura militare, è al cuore della questione. È notevole che ancora Andrea d'Isernia ne sostenga, pur nel quadro confuso della dottrina, l'attribuzione regia mentre in genere, nel primo Trecento e in particolare in Bartolomeo da Capua, sarà sentita l'esigenza di attribuirlo al primo feudale. È una delle fratture dell'ordine costituzionale tra età sveva ed angioina, che ebbe il suo epicentro nell'attribuzione generale della giurisdizione civile alla feudalità (1282). In effetti è del tutto condivisibile la vecchia idea che, in età sveva, i feudali ebbero giurisdizione solo per espressa concessione regia (Liberatore, 1834), con buona pace di Rosario Gregorio e di altri dopo di lui che hanno sostenuto, errando, l'attribuzione di bassa giurisdizione alla feudalità per norma generale federiciana (Vallone, 1993). Altre teorie, per le quali ogni feudo concesso dal sovrano ha, di per sé, natura quaternata, o simili, nascono e fioriscono in epoche posteriori, né è necessario qui darne conto.
fonti e bibliografia
B. Camerario, Repetitio legis imperialem de prohibita feudi alienatione, Romae 1558, pp. 68 ss.
A. Capece, Investitura feudalis, Neapoli 1570, p. 230.
Andrea d'Isernia, In usus feudorum commentaria, Francofurti 1598, p. 276.
Acta Imperii inedita, I, nr. 257, p. 234.
P. Liberatore, Della feudalità, suoi diritti ed abusi nel Regno delle Due Sicilie, Napoli 1834, pp. 27-28, 56.
B. Capasso, Sul catalogo dei feudi e feudatari delle provincie napoletane sotto la dominazione normanna, "Atti della Reale Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti", 4, 1868-1869, pp. 302-304, 335.
F. Chalandon, Histoire de la domination normande en Italie et en Sicile, II, Paris 1907, pp. 530-532, 648-652.
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G. Vallone, Iurisdictio domini. Introduzione a Matteo d'Afflitto, Lecce 1985, pp. 68-95, 102 s.
E. Cuozzo, Quei maledetti normanni. Cavalieri e organizzazioni militari, Napoli 1989, pp. 107-109, 121.
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