fiamma
In qualche luogo si differenzia da ‛ fuoco ' in quanto esprime, di questo, la varia fenomenologia: Lo quale amore poi, trovando la mia disposta vita al suo ardore, a guisa di fuoco, di picciolo in grande fiamma s'accese (Cv III I 1); simigliante... a la fiammella / che segue il foco là 'vunque si muta (Pg XXV 97: " la fiamma ", nota il Sapegno, " è la forma impressa dal fuoco nell'aria "); oppure ne contraddistingue le lingue, le vampe: Se manifestamente per le finestre d'una casa uscisse fiamma di fuoco (I XII 1); la vostra miseria non mi tange, / né fiamma d'esto 'ncendio non m'assale (If II 93, dove la distinzione epesegetica opera rispetto a 'ncendio, vocabolo assimilabile a ‛ fuoco ': cfr. If XXIII 39 come la madre ch'al romore è desta / e vede presso a sé le fiamme accese).
Più spesso non manifesta uno spostamento semantico ben percepibile nei confronti di ‛ fuoco ', come può rilevarsi per esempio dal seguente passo, interessante per la struttura parallela dei due ultimi versi: Per questo mio guardar m'è ne la mente / una giovane entrata, che m'ha preso, / e hagli un foco acceso, / com'acqua per chiarezza fiamma accende (Rime XC 27; interpreta il Maggini, seguito dal Pernicone: " come l'acqua trasparente attraversata dai raggi del sole provoca una fiamma "; altri intende, ma trascurando la corrispondenza fra i due termini del paragone, " come la fiamma illumina col suo splendore l'acqua per la sua trasparenza "); o ancora dalla perfetta rispondenza tra la fiammetta di If VIII 4 e il foco di VIII 9, tra la fiamma cornuta di XXVI 68 e il foco che vien sì diviso di XXVI 52 (e v. le altre coppie di If XXVI 58 e XXVI 79, Pg XXV 112 e XXV 116). Del resto, anche Pg XXXI 118 disiri più che fiamma caldi conferma l'usuale sovrapporsi delle due aree semantiche.
Il significato corrente si ravvisa in Pd I 34 Poca favilla gran fiamma seconda (allusivo peraltro alle sollecitazioni che l'impresa di D. potrà esercitare in futuro su poeti migliori di lui); VIII 16 come in fiamma favilla si vede; XIV 52 come carbon che fiamma rende; XVI 29 Come s'avviva a lo spirar d'i venti / carbone in fiamma, così vid'io quella / luce risplendere a' miei blandimenti; XXVIII 4 fiamma di doppiero; If VIII 4 li occhi nostri n'andar suso a la cima [dell'alta torre della città di Dite] / per due fiammette che i vedemmo porre (qui " segnali " sul tipo dei cenni di castella ricordati anche in If XXII 8) e, sulla stessa linea, il già citato esempio di Pg XXXI 118.
In un più esteso ambito di valori è talora evidente, lungo la prima cantica, la funzione di tormento attribuita alla f., complementare tuttavia a efficaci effetti di contrappunto coloristico con le tenebre infernali: If IX 118 tra li avelli fiamme erano sparte, / per le quali eran sì del tutto accesi, / che ferro più non chiede verun' arte; il medesimo può dirsi delle fiamme incese (If XVI 11; fiammelle in XVII 33, in rima, e XIV 90, fuori rima) che, cadendo dall'alto, simili a una pioggia di fuoco (Quali Alessandro in quelle parti calde / d'India vide sopra 'l süo stüolo / fiamme cadere infino a terra salde, XIV 33), impiagano le membra dei sodomiti; di quelle che si muovono dai calcagni a le punte dei piedi dei simoniaci, onde la domanda di D.: Chi è colui, maestro, che si cruccia / guizzando più che li altri suoi consorti / ... e cui più roggia fiamma succia? (XIX 33); di quelle che, accordate col tono alto di tutto l'episodio mediante il paragone con le lucciole (Quante 'l villan ch'al poggio si riposa / ... vede lucciole giù per la vallea / ... di tante fiamme tutta risplendea / l'ottava bolgia, XXVI 31) e il successivo richiamo al carro di Elia (E qual colui che si vengiò con li orsi / vide 'I carro d'Elia al dipartire / ... che nol potea sì con li occhi seguire, / ch'el vedesse altro che la fiamma sola, / sì come nuvoletta, in sù salire: / tal si move ciascuna per la gola / del fosso, XXVI 38), avvolgono i consiglieri di frode (cfr. v. 42 ogne fiamma un peccatore invola, e XXVII 131): si segnala in tal contesto la f. entro cui si geme / l'agguato del caval (XXVI 58), e la fiamma cornuta (v. 68) che brucia Ulisse e Diomede, a proposito della quale è da osservare che il vocabolo denota ora il fuoco nel suo insieme (Poi che la fiamma fu venuta quivi / dove parve al mio duca tempo e loco, XXVI 76; Lo maggior corno de la fiamma antica, v. 85) ora, appunto, uno dei due corni in cui il fuoco si bipartisce, e precisamente quello che corrisponde a Ulisse e ‛ si crolla ' al suo parlare conformemente a una lingua umana: Già era dritta in sù la fiamma e queta / per non dir più (XXVIII 1); così come si agiterà poi la f. in cui è nascosto Guido da Montefeltro: S'i' credesse che mia risposta fosse / a persona che mai tornasse al mondo, / questa fiamma staria sanza più scosse (XXVII 63).
Per converso nel Purgatorio la parola è più volte riferita alla cortina di fuoco attraverso la quale procedono i lussuriosi per purificarsi del loro peccato: vidi spirti per la fiamma andando (XXV 124); io facea con l'ombra più rovente / parer la fiamma (XXVI 8); e v. anche XXV 112, XXVII 7 e 26.
Altri passi sfruttano le proprietà luminose connesse alla f., più di una volta volgendole a significazioni allusive, come accade per i candelabri che precedono la processione sacra nel Paradiso terrestre: vidi le fiammelle andar davante, / lasciando dietro a sé l'aere dipinto (Pg XXIX 73); vidi 'n sul braccio destro esser rivolto / lo glorïoso essercito, e tornarsi / col sole e con le sette fiamme al volto (XXXII 18; si tratta con ogni probabilità del settemplice spirito di Dio o dei sette doni dello Spirito Santo); o per le quattro stelle sfavillanti nel cielo dell'emisfero meridionale e rappresentanti, secondo la concorde opinione dei commentatori, le virtù cardinali: Goder pareva 'l ciel di lor fiammelle (Pg I 25).
Questo rimando dall'effetto luminoso a sensi velatamente traslati è comune nel corso della terza cantica o comunque quando si affrontano argomenti relativi al Paradiso: Lo cielo Empireo, che è a dire cielo di fiamma o vero luminoso (Cv II III 8); parvemi tanto allor del cielo acceso / de la fiamma del sol, che pioggia o fiume / lago non fece alcun tanto disteso (Pd I 80: si veda poco dopo la ripresa 'l grande lume, v. 82); quella pacifica oriafiamma / nel mezzo s'avvivava, e d'ogne parte / per igual modo allentava la fiamma (XXXI 129; cfr. il precedente rincalzo del v. 126 e quinci e quindi il lume si fa scemo).
Avvicineremo alle precedenti occorrenze la complessa raffigurazione di Pd XXX 54: un lampo vivo abbaglia temporaneamente D.; secondo la spiegazione di Beatrice è il modo con cui Dio vuol rendere i beati atti a contemplarlo: Sempre l'amor che queta questo cielo / accoglie in sé con sì fatta salute, / per far disposto a sua fiamma il candelo, " disposto a sua fiamma, idest, ‛ ad eius amorem et lucem ' " (Benvenuto); " per far disposta l'anima a ricevere tale grazia, che arda di lui e non d'altra cosa " (Buti).
Un sicuro fondamento analogico è nella rappresentazione degli spiriti beati sotto figura di fuochi o f., tanto più chiari quanto più perfetta è la visione di Dio goduta dai beati stessi: Pd XXI 90 a la vista mia, quant 'ella è chiara, / la chiarità de la fiamma pareggio; XII 2, XIV 66, XXIII 119 (dove la coronata fiamma è la Madonna), XXVI 2 (dove la fulgida fiamma è s. Giovanni), XXI 136 (nella forma diminutiva fiammelle, in rima), XX 148 (nell'altra forma diminutiva fiammette, in rima). Con questo valore f. è variante di ‛ cima ', in Pd XXIII 125 ciascun di quei candori in sù si stese / con la sua cima (v. Petrocchi, Introduzione 241, e ad l.).
Simile è il motivo per il quale i nove cerchi d'igne, cioè le gerarchie angeliche, crescono d'intensità luminosa a mano a mano che s'avvicinano a Dio, la favilla pura che è al loro centro: e quello avea la fiamma più sincera / cui men distava la favilla pura, / credo, però che più di lei s 'invera (Pd XXVIII 37).
Altrove, ma per affini premesse espressive, il concetto generale di f. come luce si specifica in quello di luce purpurea, messo in risalto dall'aggettivo ‛ vivo ': donna m'apparve, sotto verde manto / vestita di color di fiamma viva (Pg XXX 33, e il colore simboleggerà la carità di Beatrice); Le facce tutte avean di fiamma viva / e l'ali d'oro, e l'altro tanto bianco, / che nulla neve a quel termine arriva (Pd XXXI 13, dove nelle facce degli angeli si fa visibile l'ardore di carità, sul solco della tradizione scritturale: " adspectus eorum quasi carbonum ignis ardentium " [Ezech. 1, 13]; " Et vidi angelum fortem descendentem de caelo... et facies eius erat sol " [Apoc. 10, 1]).
In altro contesto tuttavia, denso di tratti realistici, l'impressione di un baluginare rosseggiante emerge dal sostantivo usato assolutamente: il nocchier de la livida palude / ...'ntorno a li occhi avea di fiamme rote (If III 99), all'origine della quale immagine non par dubbio che sia il virgiliano " stant lumina flamma " (Aen. VI 300), arricchito dall'efficace particolare delle rote. Il Parodi adduce per la connotazione di Caronte precedenti testimonianze figurative tratte dalle Chansons de geste (cfr. " Bull. " XXIII [1916] 29 n.); a esse F. Mazzoni aggiunge gli esempi biblici di Dan. 10, 6, Apoc. 1, 14 e altri (cfr. F. Mazzoni, Saggio d'un nuovo commento alla D.C., Firenze 1967, 434).
A livello di vera e propria metafora f. vale " ardore " di un sentimento, in primo luogo d'amore: Pg XXII 12 Amore, / acceso di virtù, sempre altro accese, / pur che la fiamma sua paresse fore; Pg XXX 48 conosco i segni de l'antica fiamma (cfr. Aen. VI 23 " agnosco veteris vestigia flammae "); Pd VII 60 Questo decreto, frate, sta sepulto / a li occhi di ciascuno il cui ingegno / ne la fiamma d'amor non è adulto (dove si allude ad amore verso Dio); ma anche di carità, in senso cristiano: Vn XI 1 Dico che quando ella apparia da parte alcuna... nullo nemico mi rimanea, anzi mi giugnea una fiamma di caritade, la quale mi facea perdonare a chiunque, passo che per le implicazioni stilnovistiche ha affinità con Cv III VIII 16 (dove viene commentato Cv III Amor che ne la mente 63 Sua bieltà piove fiammelle di foco; cfr. anche VIII 15 e 20, XV 11): E però dico che la biltade di quella piove fiammelle di foco, cioè ardore d'amore e di caritade; ma più avanti, in sede d'interpretazione allegorica: E però dico che sua biltà, cioè moralitade, piove fiammelle di foco, cioè appetito diritto, che s'ingenera nel piacere de la morale dottrina (XV 12).
È figura di ardente fede in Pd XXIV 146 Quest'è 'l principio, quest'è la favilla / che si dilata in fiamma poi vivace, / e come stella in cielo in me scintilla.
Infine, in un campo parabolico, in cui si uniscono e intensificano vicendevolmente l'idea del calore e quella della luce, il vocabolo concentra in sé l'alto valore poetico dell' Eneide, ispiratrice e guida di nuova poesia e insieme testo di verità e profezie religiose: Pg XXI 95 Al mio ardor fuor seme le faville, / che mi scaldar, de la divina fiamma / onde sono allumati più di mille, " Cioè ... lo splendore divino de la poesia... o vogliamo intendere che dica ‛ divina ', cioè avansante ogni ingegno umano " (Buti).