FICTOR
Fictor, da fingo formare, plasmare, era in Roma il modellatore in genere, soprattutto in creta, ma anche in cera (e il formatore di focacce e pasticcere, e anche il coadiutore delle Vestali e dei pontefici per la preparazione dei pani rituali).
La definizione di Servio (Ad Aen., viii, 634) fictores dicuntur qui imagines vel signa ex aere vei cera faciunt, sì riferisce ai preparatori delle forme per statue, ma fictor sta spesso per figulus anche nei marchi delle tegole. L'uso di oggetti o di parti decorative fittili fu tipicamente italico ed etrusco: sia per la produzione di oggetti dell'uso comune, fatti in una serie teoricamente infinita con matrici fittili o metalliche, sia per la produzione di oggetti d'arte modellati volta per volta. Alla prima categoria appartengono soprattutto suppellettili domestiche, come il vasellame e le lucerne; alla seconda sarcofagi e urne, figurine, le statue vere e proprie e decorazioni architettoniche. Anche se la produzione delle statue fu sopraffatta dall'uso del bronzo e del marmo, si continuò a chiamare gh. scultori modellatori, fictores (cfr. Cic., De nat. deor., 1, 29: reliquos deos ea facie novimus, qua pictores fictoresque voluerunt) e, anche, alla greca, plastes (cfr. Vell. Pat., i, 17: hoc idem evenisse grammaticis, plastis, pictoribus, sculptoribus).
Le numerose firme su statue e su oggetti d'arte fittili non portano accanto al nome dell'artista alcun appellativo (non fictor o plastes), ma sono costituite dal nome seguito da fecit, analogamente a quelle degli scultori (v. marmorarius). I nomi registrati su iscrizioni sono riportati alla voce plastes (v. anche terracotta).