DELLA PORTA, Fidia
Figlio illegittimo dello scultore Guglielmo, fratello di Teodoro, ma di madre diversa (Bertolotti, 1881, I, p. 144), nacque a Roma dopo il 1538 se non aveva ancora vent'anni nel 1558, quando veniva nominato erede dal padre Guglielmo insieme col fratello Minore (ibid., II, pp. 305 ss.). Guglielmo fa riferimento al D. in una lettera del 29 apr. 1575, indirizzata alla corte spagnola: questa e il citato testamento del 1558 sono gli unici riferimenti diretti da parte del padre, che ci siano rimasti (Gramberg, 1964, P. 108).
Dopo la morte del padre il D. fece l'inventario dei beni che depositò, con tutte le formalità del caso, il 5 febbr. 1577 (Masetti Zannini, 1972, pp. 300, 303 ss.), Nel suo testamento, fatto poco prima della morte (M. Gualandi, Memorie originali,VI, Bologna 1845, p. 123), Guglielmo aveva nominato erede universale Teodoro (cfr. la voce in questo Dizionario).Nel luglio 1577, dopo che gli esecutori testamentari avevano rinunciato al loro mandato, Panfilia, madre di Teodoro, otteneva dal giudice che, con il consenso del D., suo marito S. Torrigiani, detto il Bologna, fosse nominato tutore di Teodoro (Masetti Zannini, 1972, p. 301).
Nonostante l'eredità - qualunque ne fosse l'entità - il D. non riuscì ad estinguere i suoi debiti: nel novembre 1577 venne imprigionato per 30 scudi di debito con una certa Angela Federici "romana" (ibid.); due anni dopo veniva venduta la casa di famiglia dietro la "curia Savelli" a Roma e furono divise tra i fratelli le proprietà di Porlezza (Bertolotti, 1881, I, p. 143).
Il D. fu di nuovo imprigionato (1586), questa volta per un grave furto nell'"officio del Piombo"; secondo la sua stessa dichiarazione (21 maggio) poiché non poteva vivere con il fratello Teodoro, avendo litigato con la madre di lui Parifilia, e avendo debiti con il marito di lei, aveva dovuto lasciare la sua "stantia", a Borgo, per la casa al vicolo dei Cappuccini (ibid., I, pp. 143 s.). Fu condannato a morte; comunque morì subito dopo, dal momento che una vigna che il D. aveva affittato nel 1580 (ibid., II, pp. 307 s.), veniva considerata nel febbraio 1589 proprietà di Teodoro, che presumibilmente l'aveva ereditata (Masetti Zannini, 1972, p. 302).
Durante il processo del marzo 1609, quando Teodoro denunciò Antonio Gentili, già aiuto di Guglielmo, per il possesso e l'uso illecito di alcune forme e modelli di Guglielmo, vennero discusse le circostanze del furto (avvenuto nel 1586) ma non fu fatta menzione di Fidia. Antonio Gentili dichiarò di aver comprato dal D. un rilievo in cera della Deposizione per 50 scudi, e uno dei suoi aiuti testimoniò di averne fatto lui la gettata, in tutta segretezza; non si conosce il risultato del processo, ma è evidente che sia il D. sia Antonio Gentili erano colpevoli (Bertolotti, 1881, II, p. 122).
L'unica opera nota del D. è una placchetta di bronzo (13 × 22 cm), conservata nel Metropolitan Museum di New York, firmata "Fidia". Si tratta di una rozza versione di un'opera del padre, Guglielmo, la Caduta dei giganti dalle Metamorfosi di Ovidio (Gramberg, 1960).
Fonti e Bibl.: G. Vasari, Le vite... [1568], a cura di G. Milanesi, Firenze 1906, V, p. 622; A. Bertolotti, Artisti lombardi a Roma...,Milano 1881, I, pp. 143 s.; II, pp. 122, 305-08; J. Phillips, Guglielmo Della Porta...,in Bulletin of the Metropolitan Museum,XXXIV(1939), pp. 148-151; W. Gramberg, Guglielmo Della Porta, Coppe Fiammingo und Antonio Gentile..., in Jahrbuch der Hamburger Kunstsammlungen, V(1960), pp. 48-50; Id., Die diisseldorfer Skizzenbücher des Guglielmo Della Porta, Berlin 1964, pp. 19 s.,108; G. Masetti Zannini, Notizie biogr. di Guglielmo Della Porta in documenti notarili romani, in Commentari, XXIII(1972), pp. 300-305; U. Middeldorf, A Renaissance jewel...,in The Burling. Mag., CXVIII(1976), p. 134.