Fiducia
La nozione di fiducia occupa un posto tutt'altro che secondario nel pensiero politico e sociale occidentale. Le teorie contrattualistiche del XVII e XVIII secolo considerano la fiducia un prerequisito essenziale dell'ordine politico e della fondazione del contratto sociale. Anche i padri fondatori della sociologia, più interessati a individuare l'elemento morale che permea l'ordine sociale, fanno un implicito riferimento a essa.
Si tratta però sempre di una presenza intrecciata e confusa con quella di legittimità, consenso, cooperazione, solidarietà, carica di valenze più morali che analitiche. Il concetto di fiducia interseca indubbiamente tutte queste dimensioni, ma non si confonde con esse. Esso ha diritto, invece, a uno statuto specifico, come ben traspare dalle brevi ma dense note dell'unico grande classico del pensiero sociale, Georg Simmel, che ha trattato la fiducia come categoria specifica d'analisi.Tale esigenza si è venuta via via accentuando nel secondo dopoguerra, specie negli anni settanta e ottanta, quando una pluralità di approcci disciplinari si sono confrontati nel tentativo di superare il carattere sfuggente e allusivo con cui generalmente il concetto di fiducia si presenta non solo nel linguaggio comune, ma anche nei linguaggi speciali delle scienze sociali. Questa complessa operazione, in pieno svolgimento, si sviluppa dando vita a un dialogo fecondo, e per certi versi del tutto peculiare, con le conoscenze di senso comune della vita quotidiana.
Nonostante la pluralità, a volte sconcertante, di significati attribuiti nell'analisi sociale al concetto di fiducia, è possibile individuare l'esistenza di un terreno comune su cui tali significati crescono e si differenziano. Esso è costituito dalla collocazione della fiducia nel contesto di aspettative aventi una valenza positiva per l'attore sociale e formulate in condizioni d'incertezza. Ciò vale sia quando il destinatario di tali aspettative è costituito dall'organizzazione naturale e sociale nel suo insieme o nelle sue singole espressioni istituzionali e collettive (fiducia sistemica o impersonale), sia quando tale destinatario è costituito da attori individuali (fiducia personale o interpersonale). Le differenziazioni nelle posizioni interpretative concernono invece il contenuto dell'aspettativa fiduciaria, e precisamente ciò su cui essa verte. Tale contenuto riguarda: a) il processo comunicativo in sé, e cioè le modalità non opache, non ambigue, né distorte o manipolate, della comunicazione in generale e della trasmissione di informazioni che riguardano più in particolare gli attributi del destinatario della fiducia; b) la natura e l'estensione di questi attributi.
Inoltre, chi pone l'accento sul carattere trasparente e non manipolato della comunicazione tende a esaurire in ciò il problema della fiducia, senza prendere ulteriore posizione sugli attributi del destinatario dell'aspettativa fiduciaria; chi, invece, è particolarmente interessato alla specificazione di tali attributi dà per scontati i suddetti requisiti della comunicazione.
I contenuti della fiducia sistemica o impersonale vengono generalmente qualificati come aspettative di stabilità di un dato ordine naturale e sociale, di riconferma, dunque, del funzionamento delle sue regole. Si tratta, perciò, di aspettative di regolarità d'ampia portata e a carattere generalizzato.
Una simile accezione di fiducia è fatta propria dagli approcci più preoccupati di fare i conti con ciò che Durkheim definiva l'elemento pre-contrattuale della vita sociale, e cioè con quella solidarietà di base, con quell'accordo cooperativo implicito, morale e cognitivo al contempo, che 'tiene insieme' la società. Non è un caso perciò che questo tipo di concezione accomuni l'etnometodologia di Harold Garfinkel (v., 1967, pp. 172-173) e le macroanalisi di Talcott Parsons (v., 1969; tr. it., pp. 461-462, 518-521, 574-576) e Niklas Luhmann (v., 1979, pp. 48-60).Per Garfinkel la fiducia va inquadrata nel contesto delle procedure interpretative per mezzo delle quali l'attore attribuisce un senso alle sue attività quotidiane date per scontate, ossia alle regole del gioco sociale riprodotte in una pluralità di microsituazioni. Essa costituisce un'aspettativa generalizzata di persistenza e stabilità del mondo con cui l'attore si trova a interagire quotidianamente e spiega, in quanto tale, il meccanismo fondamentale tramite il quale gli individui si conformano a un determinato ordine di eventi e alle sue regole.
In Parsons e Luhmann l'aspettativa di stabilità è strettamente collegata a quella dell'efficace funzionamento dei 'mezzi generalizzati di scambio' o 'mezzi di comunicazione generalizzati simbolicamente' (fiducia nei media). Mentre però per Parsons la fiducia sistemica si regge sull'interiorizzazione di valori comuni, su un'adesione attiva all'ordine normativo, per Luhmann essa è invece proprio il prodotto di uno sganciamento dalle strutture motivazionali degli attori, una volta garantito il soddisfacimento di un generico 'bisogno di sicurezza'.
Una spiegazione del concetto di fiducia sistemica attuata esclusivamente in termini di aspettative di regolarità ha però l'ovvio inconveniente di escludere dalla relazione fiduciaria le aspettative di mutamento dell'organizzazione sociale e delle sue regole di base. Inoltre, l'enfasi posta sull'adesione incondizionata dell'attore all'ordine sociale porta facilmente a negare rilevanza alla possibilità che venga percepito come problematico il rapporto comunicativo tra sistema e attore. D'altronde, il dare per scontata la fiducia nel processo di comunicazione in sé, nel carattere non distorto né opaco o ambiguo del contesto comunicativo, appare quasi l'inevitabile prodotto dell'insistenza con cui questi studiosi guardano ai problemi dell'ordine sociale.I complessi risvolti della comunicazione sono invece al centro dell'attenzione degli autori interessati allo studio della fiducia personale o interpersonale. L'aspettativa generale rispetto ai caratteri di trasparenza e non distorsione della comunicazione interpersonale che trascendono intenzioni e azioni degli attori resta però implicita in tali autori, sia perché, in questo caso, il confine rispetto al processo comunicativo tra sistema e attore è alquanto sfumato, sia perché questi autori hanno più interesse a legare in modo diretto le aspettative alle strategie adottate consapevolmente dagli attori in un contesto di incertezza imputabile alla contingenza dell'interazione sociale. La fiducia personale viene, allora, prioritariamente definita come l'aspettativa che Alter non manipolerà la comunicazione o, più specificamente, che fornirà una rappresentazione autentica, non parziale né mendace, del proprio comportamento di ruolo e della propria identità. L'aspettativa di Ego concerne cioè la sincerità di Alter, intesa come non ricorso alla discrezione, al nascondimento, o addirittura alla menzogna, alla frode e all'inganno. Tale prospettiva è condivisa da autori quali Simmel (v., 1908; tr. it., pp. 295-296), Erving Goffman (v., 1959, tr. it., pp. 13 e 19, e 1969, tr. it., pp. 429-430), Julian B. Rotter (v., 1971, p. 444), Burkart Holzner e Roland Robertson (v., 1980, pp. 9-11).
Questa qualificazione della fiducia personale, relata al processo comunicativo, è assunta implicitamente da altre impostazioni interessate a precisare ulteriori contenuti del rapporto fiduciario interpersonale, cioè interessate a fornire una più puntuale descrizione delle qualità e degli attributi del destinatario della fiducia.
Una prima specificazione viene da quegli autori che considerano la fiducia come un'aspettativa di regolarità e continuità nel comportamento di ruolo e nell'identità degli attori. Anche in questo caso sono Luhmann (v., 1979, p. 39) e Garfinkel (v., 1967) a condividere tale posizione. E ciò ben si coniuga con l'attenzione particolare da essi rivolta al problema della stabilità e del rispetto delle regole-base del gioco interattivo.Una seconda specificazione lega invece strettamente l'aspettativa fiduciaria alla variabile costituita dall'interesse. La fiducia che Ego nutre nei confronti di Alter risulta, in tal caso, costituita dalle aspettative di comportamento (azioni e non azioni) di Alter non lesivo dell'interesse di Ego. La fiducia, in questo contesto, rimanda ad aspettative di comportamento cooperativo e 'non opportunistico', nell'ampia gamma che va dal non abuso di posizioni di potere al mantenimento degli impegni, alla reciprocità non sbilanciata, fino a forme deboli o forti di altruismo che favoriscono attivamente gli interessi di Ego. Tale accezione di fiducia è dominante nella teoria dello scambio sociale (v. Blau, 1964; v. Coleman, 1990), nell'analisi transazionale dell'impresa e delle organizzazioni (v. Ouchi, 1980; v. Butler, 1982), nella teoria della scelta razionale (v. Deutsch, 1973; v. Gambetta, 1988).
Infine, l'aspettativa fiduciaria può concernere altri attributi del destinatario della fiducia che ne investono il comportamento di ruolo, aspetti della personalità o l'identità complessiva. Si può spaziare da aspettative ristrette nei contenuti e meno coinvolgenti sul piano emotivo ad aspettative d'ampia portata e più cariche emotivamente. Un elenco sommario può includere: il comportamento di ruolo tecnicamente competente, l'abilità, l'intelligenza, il coraggio, la credibilità, la discrezione, la sensibilità, il comportamento responsabile rispetto a un mandato, l'autorevolezza, la coerenza, la generosità, l'onestà, l'adesione a certi valori e a certi principî morali, l'amicizia e l'amore.
Le varie concezioni di fiducia personale fin qui analizzate permettono di tematizzare anche l'autoreferenza ('fiducia in se stessi'). Questa dimensione autoriflessiva della fiducia ha interessato soprattutto la ricerca psicologica (v. Rotter, 1980) e psicanalitica (v. Erikson, 1950 e 1968), ma appare con insistenza anche in molti studi sul ruolo delle aspettative in economia (v. Visco, 1985), nei quali la fiducia funziona, per l'operatore economico, come aspettativa di validità delle proprie stime. La fiducia in se stessi può abbracciare le aspettative che riguardano la capacità di sapersi presentare agli altri in maniera credibile, di modo che venga riconosciuta senza fraintendimenti la propria identità, o quantomeno l'identità che si vuole rendere socialmente visibile; ma può anche riguardare le aspettative concernenti la propria capacità di evitare l'autoinganno e comportamenti lesivi del proprio interesse, la stabilità o il mutamento del proprio comportamento di ruolo o della propria identità, il possesso di certe qualità, la validità delle proprie aspettative in generale e di quelle fiduciarie in particolare ('fiducia nella fiducia').
È possibile definire, a questo punto, la fiducia come un'aspettativa di esperienze con valenza positiva per l'attore, maturata sotto condizioni di incertezza, ma in presenza di un carico cognitivo e/o emotivo tale da permettere di superare la soglia della mera speranza (v. Mutti, 1987, p. 230).Si tratta di una definizione molto generale, in grado di includere la fiducia sistemica e personale nelle varie formulazioni analizzate, ivi comprese le aspettative di mutamento e l'autoreferenza. In essa si ribadisce che ci troviamo in presenza di aspettative riguardanti eventi ed esperienze con significato 'positivo' per l'attore che emette l'atto fiduciario, senza, con questo, che si debba ricorrere a un'arbitraria specificazione della natura umana e dei suoi bisogni. Si sottolinea, inoltre, che l'aspettativa fiduciaria non matura in condizioni di totale ignoranza e che, quando ciò avviene, deve esserci una compensazione in termini di componenti emotive. Infine, viene effettuata una distinzione tra semplice speranza e fiducia vera e propria. Nel caso della speranza, infatti, ci troviamo di fronte a un'aspettativa priva di ancoramenti cognitivi e/o emotivi, o con una loro presenza così ridotta da impedire il passaggio a un'aspettativa più intensa e rassicurante come la fiducia.
La fiducia si colloca, dal punto di vista cognitivo, in una zona intermedia tra completa conoscenza e completa ignoranza. "Chi sa completamente - afferma Simmel - non ha bisogno di fidarsi, chi non sa affatto non può ragionevolmente fidarsi" (v. Simmel, 1908; tr. it., p. 299).
L'aspettativa fiduciaria interviene sull'incertezza non già fornendo le informazioni mancanti, bensì sostituendole con una forma di 'certezza' interna che ha la valenza di rassicurazione positiva rispetto a eventi ed esperienze contingenti. L'incertezza viene resa più tollerabile con quest'atto di sostituzione che riduce la complessità in direzione di previsioni gratificanti per l'attore.
L'aspettativa fiduciaria sostituisce, dunque, l'incertezza con un livello di 'certezza' e rassicurazione interna che varia secondo il grado di fiducia concessa. Essa rappresenta, comunque, un investimento cognitivo più elevato della semplice speranza. In caso di errore incappa, perciò, in conseguenze motivazionali negative più gravi. L'individuazione della soglia cognitiva di passaggio dalla speranza alla fiducia solleva, però, questioni complicate e quasi completamente inesplorate. Siamo in presenza, perciò, di un problema ancora tutto da chiarire.L'aspettativa fiduciaria comporta una 'presa di posizione' che ha tutta la natura di una scommessa. In caso di delusione, infatti, può incorrere in conseguenze ed esperienze negative più gravi di quelle positive derivanti dalla non delusione. Questa alternativa critica evoca il rischio implicito in ogni concessione di credito e sottolinea l'accresciuta vulnerabilità nei confronti del beneficiario della fiducia (v. Deutsch, 1973, pp. 143-176). Il livello di rischio e la gravità della delusione dell'aspettativa fiduciaria dipendono sia dall'entità e dalla probabilità dei danni oggettivi che possono derivare dalla fiducia mal riposta, sia dal grado in cui il danno viene percepito come effetto anche della decisione di concedere fiducia. Questi elementi vengono in vario modo scontati dall'attore nel corso del complesso processo, fatto di aspettative, scelte e decisioni, che porta alla concessione della fiducia.
Esiste, però, un altro tipo di fiducia che, come ben rileva Simmel, si colloca al di fuori delle categorie di conoscenza e ignoranza. Questo tipo di fiducia "si chiama fede di un uomo in un altro, e rientra nella categoria della fede religiosa. Come non si è mai creduto in Dio in base alle 'prove dell'esistenza di Dio', ma queste prove sono piuttosto soltanto la giustificazione successiva o il riflesso intellettuale di un comportamento dell'animo assolutamente immediato, così si 'crede' in un uomo senza che questa fede si giustifichi con prove relative alla dignità della persona, e spesso nonostante le prove in contrario. Questa fiducia, questa interna mancanza di riserve di fronte a un uomo non è mediata né da esperienze né da ipotesi, ma è un comportamento primario dell'anima in rapporto all'altro" (v. Simmel, 1908; tr. it., p. 299).
Ci troviamo di fronte, cioè, a un'aspettativa che si regge su basi esclusivamente emotive. Essa è propria dei forti legami affettivi, d'amore o d'amicizia, di mutua intimità e simpatia. Ed è presente anche nelle esperienze solidaristiche che sviluppano un senso di comune appartenenza e di mutuo sostegno tra i partecipanti, come pure nell'adesione spontanea a simboli espressivi che producono la soddisfazione di bisogni emozionali, una sensazione di benessere o la risoluzione di tensioni interne all'attore. In questi casi l'atto fiduciario è sovente iscritto in un processo di ristrutturazione delle identità degli attori, di ridefinizione del sistema di riferimento e delle premesse della loro azione. Questa colorazione fortemente emotiva non è esclusiva della fiducia interpersonale, ma può interessare anche la fiducia sistemica quando è orientata verso simboli e valori ad alto contenuto espressivo.Situazioni di totale incertezza che impedirebbero, sul piano puramente cognitivo, il sorgere della fiducia, creando gravi impasses decisionali, possono essere risolte perciò da un atto fiduciario intensamente emotivo, sconfinante nell'atto di fede. L'incertezza viene, pertanto, sostituita con un livello di sicurezza interna e di valutazione positiva di eventi contingenti, fondato su basi esclusivamente emotive e variabile secondo l'intensità della fiducia concessa. In questo processo non interviene alcuna componente di calcolo e scommessa razionale. Una tale drastica, spontanea e immediata modalità di riduzione dell'incertezza e della complessità comporta un investimento emotivo più forte della semplice speranza. In caso di delusione incorre, perciò, in conseguenze motivazionali negative più gravi. L'individuazione della soglia emotiva che fa scattare il passaggio dalla speranza alla fiducia costituisce però, anche in questo caso, un problema del tutto aperto. La contrapposizione tra fiducia cognitiva e fiducia emotiva va intesa, ovviamente, in senso analitico. Nella realtà l'atto fiduciario è generalmente costituito da una combinazione variabile di componenti cognitive ed emotive (v. Lewis e Weigert, 1985).
I fattori d'incertezza su cui s'innesta l'aspettativa fiduciaria sono legati al carattere contingente del suo contenuto, e cioè all'esistenza o meno di una comunicazione trasparente, non distorta o manipolata, e degli attributi imputati al destinatario della fiducia.Il livello di questa incertezza è il prodotto complesso di diversi fattori. Alcuni ineriscono alla relazione fiduciaria medesima e ai suoi elementi, e più precisamente: alla presenza o assenza di una sperimentazione positiva del rapporto nel tempo; alle caratteristiche di chi riceve la fiducia; alla natura e all'estensione (contenutistica e spazio-temporale) di ciò su cui la fiducia verte; alla capacità di raccolta di informazioni e di interpretazione adeguata di queste ultime da parte di colui che fornisce la fiducia. Altri fattori rimandano, invece, alla natura del contesto strutturale e congiunturale in cui l'atto fiduciario viene compiuto. In questo caso il livello d'incertezza dipende non solo dall'esistenza di ambiti sociali privi di strutture normative, ma anche dalla possibilità di manipolazione interpretativa del sistema di norme esistente e di comportamento deviante dalle norme stesse.
Il grado di coerenza e completezza, di ambiguità e manipolabilità dei sistemi normativi diventa perciò cruciale nella spiegazione dei processi di generalizzazione delle aspettative sociali e di riduzione dell'incertezza, entro cui inquadrare il ruolo della fiducia. Lo spazio della fiducia, dunque, è tanto più ampio quanto più estese sono le aree socialmente non normate, e quanto più le strutture normative e gli espedienti organizzativi attivati per ridurre l'incertezza risultano manipolabili interpretativamente e passibili di comportamento non conforme.
L'identificazione delle condizioni generali che favoriscono l'attivazione e la riproduzione della fiducia costituisce un problema rilevante e complesso. La fiducia si manifesta, infatti, in un contesto d'interazione influenzato sia da variabili attinenti al sistema sociale, sia da variabili che riguardano la struttura della personalità. La questione va perciò inquadrata all'interno di un'articolata teoria della società. Qui possiamo solo tentare di elencare le variabili che ci sembrano più significative.Anzitutto, è evidente che l'esistenza di una storia del rapporto fiduciario, che ha dato risultati positivi, pesa in modo favorevole sulla sua possibilità di persistenza e riconferma futura. L'omogeneità culturale, la familiarità, la scarsa ambiguità nell'identità degli attori, agevolando la comunicazione, precostituiscono pure un terreno favorevole alla relazione fiduciaria. L'esistenza di pressioni normative alla cooperazione e di sanzioni sociali che forniscono un'assicurazione contro i rischi legati al conferimento della fiducia opera nella stessa direzione. Queste norme e sanzioni possono essere il prodotto di specifiche variabili storico-culturali, o di pressioni esterne al contesto sociale in cui matura la fiducia (per esempio: esigenze di competitività economica o di difesa nei confronti dell'esterno). Va sottolineato, però, che la fiducia, per la sua stessa natura di investimento rischioso ed emotivo, mal si presta a una rigida regolamentazione, tanto più se formalizzata. Un eccesso di regolamentazione è, anzi, spia di una sistematica carenza di fiducia. Infine, situazioni di rapidi mutamenti sociali che, accrescendo a dismisura l'incertezza interna ed esterna agli attori, scoraggiano la riproduzione della fiducia su basi cognitive, possono invece stimolare l'emergere di nuove identità collettive e di relazioni fiduciarie fondate su forti componenti emotive.
Anche a parità delle condizioni di informazione e di contesto fin qui accennate, resta comunque un quid di variabilità nella propensione a concedere la fiducia che rimanda a fattori individuali, e cioè agli spazi di autonomia decisionale degli attori. Esistono, infatti, attori che sono più propensi a conferire fiducia di altri.Secondo Kim Giffin (v., 1973), gli individui più portati a concedere fiducia, se si escludono le situazioni patologiche di credulità cronica, rivelano anche una maggiore fiducia in se stessi e nelle proprie aspettative fiduciarie. Questo nesso tra fiducia in se stessi, fiducia negli altri e, più in generale, nel mondo è definito da Eric H. Erikson (v., 1968) fiducia di base. Esso costituisce il fondamento di una personalità pienamente sviluppata ed è il prodotto della soluzione positiva data al conflitto tra fiducia di base e sfiducia di base, che si manifesta in modo particolarmente acuto nel primo anno di vita del bambino. Tale esito è - sempre secondo Erikson - il risultato delle dinamiche interne al delicato rapporto che s'instaura tra madre e figlio in questa fase dello sviluppo infantile.
Più in generale, si può affermare che le modalità in cui la fiducia è stata appresa e ha trovato conferma nella famiglia giocano un ruolo rilevante ai fini della sua estensione successiva ai rapporti extrafamiliari. Ma è altrettanto probabile che la propensione a concedere fiducia faccia parte di un lungo processo di apprendimento non esauribile nella socializzazione primaria. Ancora del tutto inesplorate restano le differenze nella struttura della personalità di chi offre prevalentemente fiducia cognitiva, rispetto a chi ha un'alta propensione a fornire fiducia emotiva. Nel primo caso, probabilmente, ci troviamo di fronte a personalità segnate da una costante flessibilità interiore che permette di anticipare e trattare con 'compostezza' psicologica gli effetti di una possibile delusione. Nel secondo caso difficilmente può essere presente questa forma di flessibilità interna, proprio perché essa mal si presta a fare i conti con i sentimenti specie se acuti, caldi e perciò anelastici, indivisibili, riorganizzabili solo attraverso drastici processi di distruzione e ricostruzione.
La fiducia personale, una volta concessa e resa esplicita, attiva una relazione sociale di cui vanno analizzati i tratti specifici. La fiducia che riceviamo, sottolinea infatti Simmel con la sua consueta lucidità, deve essere "onorata" perché "contiene un pregiudizio quasi coercitivo, e deluderla richiede già una cattiveria positiva" (v. Simmel, 1908; tr. it., p. 323). L'atto fiduciario comporta, dunque, il coinvolgimento non solo di colui che dà fiducia, ma anche di colui che la riceve, il quale deve dimostrare di essere degno della fiducia ottenuta. Entrambe le parti entrano in relazione sia nel momento dell'azione che nel momento dell'aspettativa. Entrambe sviluppano meccanismi autoriflessivi e cioè, da un lato, aspettative di validità delle proprie aspettative fiduciarie (fiducia nella fiducia concessa), dall'altro, aspettative che la fiducia ricevuta non risulti fittizia (fiducia nella fiducia ricevuta). La fiducia, dopo che è stata concessa, cerca perciò una qualche conferma nella realtà e produce anche delle pressioni perché ciò avvenga.
Questo processo di verifica non è esente però da ambiguità e contraddizioni.La delusione dell'aspettativa può risolversi in un processo di apprendimento e di adattamento alla realtà che fa assumere alla fiducia i caratteri di un'aspettativa che si corregge di fronte alla delusione. Ovviamente non ogni delusione distrugge automaticamente la fiducia. Molto probabilmente esiste una soglia di delusione che, una volta superata, trasforma bruscamente la fiducia declinante in sfiducia. Questa soglia denota una discontinuità tale per cui piccoli spostamenti determinano grandi cambiamenti. Sappiamo poco su di essa, ma è facile immaginare che la sua collocazione risenta grandemente del tipo di combinazione di elementi cognitivi ed emotivi presenti nell'atto fiduciario. Colui che ha offerto fiducia può inoltre adottare delle strategie di assorbimento della delusione che assegnano alla fiducia tutti i connotati di un'aspettativa che non apprende dalla realtà. Tali strategie possono risolversi nella minimizzazione degli eventi deludenti, nella loro imputazione a forze esterne al destinatario della fiducia e persino nella loro negazione pura e semplice. Entriamo qui nel campo, affascinante e complesso, delle 'contraddizioni della mente' così efficacemente esplorato da Jean-Paul Sartre (v., 1943) e Jon Elster (v., 1979). Conflitto motivazionale, wishful thinking, acrasia, isteresi e autoinganno sono tutti meccanismi subintenzionali di formazione delle credenze di colui che ha offerto fiducia, che è piuttosto difficile mettere sotto controllo con strategie intenzionali di anticipazione e precondizionamento delle reazioni. Ciò vale soprattutto se la fiducia è basata su forti componenti emotive e resta sempre un'impresa particolarmente problematica per l'autoinganno, essendo quest'ultimo costituito proprio da un progetto intenzionale per ingannare se stessi. Questi meccanismi interni, che impediscono in vario grado di apprendere dalla realtà e di ammettere l'errore, sono tutt'altro che rari nel rapporto di fiducia e riflettono l'ambivalenza, la mancanza di unità, coerenza e trasparenza a se stesso di colui che ha compiuto l'atto fiduciario. Essi sono all'opera specialmente quando vengono coinvolti intensi legami affettivi. Spesso i sentimenti cercano di rendersi immuni da confutazione: l'adesione incondizionata all'oggetto della fiducia sconfina facilmente nella cecità.
Anche colui che tradisce la fiducia concessagli può essere vittima di 'contraddizioni della mente', come ha efficacemente argomentato Judith N. Shklar (v., 1984; tr. it., pp. 165-226). Conflitti di lealtà, difficoltà a soddisfare le richieste eccessive provenienti da colui che accorda la fiducia, dilemmi legati alla necessità di ricorrere alla menzogna per ragioni di tatto o umanitarie, per evitare danni o produrre benefici, sono episodi tutt'altro che infrequenti. Così come non infrequenti sono i casi di impossibilità a soddisfare le richieste di chi ha offerto la fiducia per debolezza della volontà, perché si è indotti a tale inadempienza proprio da quest'ultimo o da cause indipendenti dalla propria volontà, per difetti di comunicazione tra chi offre e chi ottiene fiducia, o, infine, per mancanza di fiducia nella fiducia ricevuta.
Ma può accadere anche che la fiducia non venga 'onorata', senza che ciò sia minimamente percepito da chi l'ha concessa. Questa situazione può essere l'effetto di una particolare ambiguità e opacità della comunicazione in sé, che riduce drasticamente, o rende di difficile interpretazione, le informazioni e i segnali provenienti dal destinatario della fiducia. O può dipendere dalla particolare ingenuità e credulità di colui che ha accordato fiducia. Oppure, ancora, può essere il prodotto di un'attiva opera di manipolazione della comunicazione realizzata da chi è riuscito a ottenere la fiducia. Tale manipolazione assume le valenze deboli della discrezione, del non rivelato, della segretezza o i toni forti della menzogna. La mutua fiducia che sopravvive sulla base del reciproco fraintendimento o del reciproco inganno non è che una suggestiva esemplificazione di tutti questi complicati meccanismi. La manipolazione della comunicazione e lo sfruttamento delle contraddizioni interne a Ego (che ha offerto la fiducia) fanno assumere alla relazione fiduciaria i caratteri squilibrati di un rapporto di potere esercitato da Alter su Ego. Nel caso, inoltre, di fiducia reciproca tra Ego e Alter possono essere attivate risorse di potere in entrambi i poli della relazione, e la maggiore o minore azione esercitata da un polo sull'altro dipenderà dai dislivelli di potere relativo.I rapporti di potere tra Ego e Alter hanno spesso origini molto lontane, ma possono anche nascere all'interno del rapporto fiduciario: esso è, infatti, un processo di comunicazione e di apprendimento in grado di generare nuove risorse di potere.
Nonostante queste complicazioni, l'atto fiduciario, una volta effettuato, attiva un meccanismo di riduzione dell'incertezza e della complessità sociale (v. Luhmann, 1979). Esso favorisce, perciò, i processi decisionali degli attori e, così, le interazioni e gli scambi sociali. Esso produce, inoltre, una forma di pressione e di controllo nei confronti del beneficiario al fine di essere confermato. Spesso chiede pure la reciprocazione, alimentando una spirale autorafforzantesi che stimola la cooperazione e la solidarietà sociale. Sotto questo profilo, dunque, la concessione della fiducia è portatrice di un profondo significato morale.
Anche la sfiducia funge da riduttore dell'incertezza perché contribuisce a forgiare le aspettative degli attori ed entra in modo pertinente nei loro processi decisionali. Anch'essa tende a confermarsi e rafforzarsi nell'interazione sociale, alimentando la reciprocazione. La spirale della sfiducia e del sospetto non incentiva però la solidarietà e la cooperazione, bensì il conflitto e l'atomizzazione sociale. Può diventare, cioè, una potente forza distruttiva.
Da un punto di vista dinamico, rapporti di fiducia reciproca elevati, generalizzati, equilibrati, poggianti su basi reali, favoriscono la collaborazione e l'accettazione dei rischi derivanti da una maggiore interdipendenza, come pure la trasparenza nel processo di comunicazione e la chiarezza nelle regole dell'interazione esistenti (soprattutto sotto il profilo della loro interpretazione). Stimolano, dunque, una spirale virtuosa di intensificazione dei rapporti sociali. In termini di scambio sociale, queste condizioni incentivano scambi generalizzati, a contenuto ampio e di lungo periodo; rendono superfluo il ricorso a un'elevata formalizzazione o a una dettagliata specificazione delle regole dello scambio; rendono, perciò, potenzialmente più elastico, dinamico e allargato l'intero processo di scambio. La sfiducia e il sospetto alimentano invece processi opposti, dando vita a una spirale socialmente 'viziosa'.
La fiducia svolge, dunque, una fondamentale funzione di incentivazione della socialità e di generalizzazione della relazione sociale. Essa estende l'orizzonte temporale del sistema sociale e ne aumenta il potenziale d'azione. Ciò è tanto più evidente quanto più elevato e generalizzato è il livello di fiducia che circola nel sistema, e quanto più ridotti sono gli squilibri nei gradi di fiducia che gli attori reciprocamente si concedono. Lo stesso vale se la fiducia poggia su basi reali e non su processi di manipolazione che corrono costantemente il rischio di essere smascherati.La fiducia svolge anche importanti funzioni di controllo e di regolazione sociale. L'attribuzione di fiducia e di responsabilità fornisce, infatti, una flessibilità di controllo maggiore di quella offerta da un sistema particolareggiato di punizioni-ricompense per ogni comportamento specifico. Questo è particolarmente evidente per i ruoli e le attività ad alta discrezionalità, dove minuziose e inflessibili regole di comportamento attiverebbero un marchingegno talmente complicato da contraddire la natura discrezionale stessa di tali attività. Una simile funzione di controllo e di regolazione sociale è presente nella rappresentanza in campo politico ed economico, in molti rapporti intra- e interorganizzativi, come pure nelle strategie di riproduzione dei gruppi dominanti.
Nelle democrazie rappresentative il rappresentante può essere descritto come un fiduciario controllato. In quanto fiduciario, esso gode di un certo margine di autonomia che gli consente un'azione di respiro più ampio di quanto permetterebbe la presenza di un mandato imperativo. Nello stesso tempo, il rappresentante resta sottoposto al vincolo di non tradire la fiducia in lui riposta dagli elettori. Come ben ha evidenziato John Dunn (v., 1984), Locke è il filosofo politico che più ha insistito su questo punto. Tutta la sua concezione del governo costituzionale è basata, in ogni elemento decisivo, sulla fiducia. La relazione tra elettori ed eletti - e di entrambi con l'esecutivo - è fondata sulla fiducia. Se il legislativo e l'esecutivo tradiscono il proprio incarico, il popolo ha il potere di destituirli, togliendo loro la fiducia concessa e violata.
La figura del rappresentante, in qualità di delegato o esperto di fiducia, occupa, nelle moderne economie, un posto di rilievo in molte transazioni economiche e finanziarie oltre che all'interno del management delle organizzazioni complesse. La delicatezza di questo nesso fiduciario, che è oggetto di crescente attenzione in ambito economico, giuridico e sociologico (v. Pratt e Zeckhauser, 1985), era già stata evidenziata da Parsons (v., 1970) a proposito del rapporto professionale. Tale rapporto, secondo Parsons, è governato e controllato da un essenziale meccanismo fiduciario, data l'elevata discrezionalità di cui gode il professionista. La fiducia del cliente è basata, in sintesi, su due aspettative fondamentali: di competenza tecnica e di integrità rispetto agli standard professionali.I rapporti entro le organizzazioni e tra le organizzazioni sono attraversati da complicati meccanismi fiduciari su cui la network analysis ha finito col porre sempre più insistentemente l'attenzione, sottolineando il complesso intreccio di reti formali e informali che governa gli assetti economici e politici contemporanei. Mark Granovetter (v., 1985) ha fatto notare che la fitta rete di rapporti interpersonali informali che intessono il mercato e le organizzazioni funge da fondamentale riduttore dell'incertezza. Essa, infatti, permette agli attori una migliore conoscenza reciproca, e così una maggiore possibilità di prevedere le strategie altrui nei loro aspetti più contingenti.
Questa dimensione cognitiva può associarsi anche a elementi di natura emotivo-affettiva, quale l'amicizia. Legami deboli e legami forti svolgono l'importante compito di permettere, in condizioni d'incertezza, di basare l'emissione di atti fiduciari sul comportamento dei propri alleati - ma anche, per alcuni versi, dei propri avversari - su un minimo di elementi cognitivamente ed emotivamente rassicuranti. Inoltre, questi legami interpersonali e fiduciari finiscono spesso per costituire dei ponti di raccordo tra ambiti istituzionalmente differenziati, veicolando peculiari processi di integrazione. Questa promettente prospettiva d'analisi è stata applicata, con risultati di indubbio interesse, allo studio dei rapporti tra imprese nelle aree a economia diffusa (v. Granovetter, 1984; v. Bagnasco, 1985), all'analisi del mercato del lavoro (v. Granovetter, 1974) e degli interlocking directorates (v. Useem, 1984), alle dinamiche dei rapporti che tendono a maturare all'interno dell'impresa tra superiori e subordinati e, orizzontalmente, in seno al management e al lavoro dipendente (v. Fox, 1974; v. Ouchi, 1980; v. Butler, 1982), al sistema organizzativo sovietico (v. Wintrobe, 1987) e ai rapporti tra le élites politiche (v. Laumann e Pappi, 1976). La funzione di regolazione sociale della fiducia è stata posta in evidenza anche dagli studi sul clientelismo (v. Eisenstadt e Roniger, 1984) e sul conflitto internazionale (v. Schelling, 1966). Meno studiato è invece il ruolo dei meccanismi interpersonali e fiduciari nel processo di riproduzione dei gruppi dominanti. Si tratta di una lacuna che va colmata perché è legittimo supporre che, nelle odierne democrazie occidentali, i processi di reclutamento delle élites, così come le reti e gli scambi operanti tra di esse, siano retti da forti componenti fiduciarie.
La fiducia può svolgere, infine, importanti funzioni di medium e garante dello scambio. Nei processi di scambio sociale, in cui gli oggetti scambiati appaiono di difficile misurazione e comparazione, il problema cruciale diventa quello dell'individuazione di un criterio per calcolare i costi e i benefici, e dell'attivazione di strumenti che garantiscano il rispetto degli impegni (quando lo scambio non è istantaneo). Nel caso di uno scambio fortemente coercitivo, ove non esista alcuna possibilità di exit per il sottoposto, il potere svolge entrambi questi compiti. Lo scambio funziona senza bisogno di fiducia, a meno che non vengano avanzate pretese di legittimazione.In situazioni di scambio non coercitivo (equilibrio di potere tra i partners, neutralizzazione o sospensione degli effetti di potere), regole procedurali e sostanziali, ben corroborate e sanzionate socialmente, possono svolgere in buona parte queste funzioni. La fiducia si innesta in queste dinamiche incidendo sull'efficacia di tali regole e sulla loro interpretazione. Là dove tali regole non esistono ancora, o sono largamente incoerenti, incomplete e inefficaci, la fiducia reciproca diventa l'unico medium e garante dello scambio. Una volta confermata e rafforzata da scambi ben funzionanti, può fornire un contributo specifico alla formazione e stabilizzazione delle regole stesse.Per concludere, è bene sottolineare che la riduzione dell'incertezza operata dalla fiducia non va intesa come soluzione stabile e definitiva del problema dell'ordine sociale.
La fiducia non è un mero equivalente funzionale dell'organizzazione fortemente vincolante. Essa è piuttosto un vincolo e una risorsa a carattere contingente, non è data cioè una volta per tutte: non solo la fiducia può essere più o meno elevata, ma può anche trasformarsi bruscamente in sfiducia.
Il ruolo della fiducia interpersonale nell'agire strategico è, a questo punto, sufficientemente chiaro. Altrettanto evidente risulta come le teorie della scelta razionale non riescano a cogliere tutta la ricchezza dei risvolti dell'atto fiduciario. La fiducia non può essere ridotta a un'opzione strategica per economizzare sui costi di informazione, perché spesso molte informazioni rilevanti risultano comunque inaccessibili nonostante forti investimenti in tempo e denaro; in questi casi il ricorso alla fiducia ha come unica alternativa la sfiducia. Né la fiducia è facilmente riducibile a un mezzo per massimizzare certi fini individuali già dati, specie nel caso di atti fiduciari a forte componente emotiva e solidaristica, facenti parte di un'azione costitutiva o rafforzativa delle identità degli attori. Qui l'azione fonda il sistema di riferimento su cui basare il calcolo individuale mezzi-fini, e precede logicamente tale calcolo. La fiducia, infine, non può essere ricondotta, puramente e semplicemente, a un valore di probabilità soggettiva, perché questa possibilità di quantificazione non sempre risulta praticabile per l'attore.
Meno esplorati, rispetto alla fiducia interpersonale, sono i meccanismi della fiducia sistemica. Fa da parziale eccezione a questo quadro lo studio delle aspettative fiduciarie dei cittadini nei confronti del sistema politico, che diventa un tema specifico di riflessione politologica soprattutto sulla scia dei suggerimenti teorici presenti nei classici lavori di Gabriel A. Almond e Sidney Verba (v., 1963) e di Robert A. Dahl (v., 1971). Tale riflessione si innesta in modo composito sull'ampia ed eterogenea letteratura che ha per oggetto i processi di legittimazione, 'alienazione' e socializzazione politica nelle democrazie occidentali.
James D. Wright (v., 1976) e Bernard Barber (v., 1983) hanno sintetizzato i risultati di questa eterogenea letteratura, giungendo alla conclusione che circa la metà della popolazione adulta degli Stati Uniti mostra sfiducia verso il governo e la leadership politica, per quel che riguarda le dimensioni della competenza tecnica e della responsabilità rispetto all'interesse pubblico. Questa forma di sfiducia sistemica non è però, secondo i due autori, il prodotto di ignoranza e irrealismo o di patologica reazione alla società di massa, come vorrebbe la teoria dell'alienazione politica. La prevalenza di fasce sociali deprivilegiate e con scarso potere, tra coloro che esprimono sfiducia politica, dimostra piuttosto che essa è frutto di atteggiamenti razionali e realistici.L'eterogeneità di questi gruppi, il loro fatalismo e la loro disposizione ad accettare pragmaticamente lo status quo fanno sì che l'atteggiamento negativo nei confronti del sistema politico non si traduca però in opposizione effettiva. Di conseguenza, gli Stati Uniti e altre democrazie occidentali possono, grazie a questi processi che impediscono agli atteggiamenti di sfiducia di trasformarsi in opposizione esplicita, assorbire una elevata quantità di sfiducia senza gravi conseguenze in termini di legittimità.
Seymour Martin Lipset e William Schneider (v., 1983), in uno studio statisticamente più ricco e aggiornato, hanno dimostrato in modo convincente come sia metodologicamente necessario distinguere tra fiducia verso le istituzioni e fiducia verso la leadership che opera in tali istituzioni. La sfiducia degli Americani sarebbe allora rivolta non tanto alle istituzioni politiche ed economiche - la legittimità di base dell'ordine istituzionale sarebbe, anzi, garantita - quanto piuttosto ai leaders politici, imprenditoriali e sindacali. Questa distinzione trova conferma anche nei risultati della ricerca condotta, nel 1981, in nove paesi europei (v. Stoetzel, 1983; v. Dogan, 1988).
La fiducia nelle istituzioni di base, politiche ed economiche, va però a questo punto spiegata, anche perché variabili classiche, quali lo status socioeconomico e il livello di istruzione, mostrano uno scarso potere esplicativo. La fiducia nelle istituzioni pone indubbiamente il problema della percezione comune di una loro maggiore 'distanza' rispetto ai leaders che in esse operano. Il problema centrale è dato dalle scarse possibilità di controllo di cui dispone il singolo individuo, riguardo alla validità delle sue aspettative fiduciarie nei confronti di sottosistemi, media e istituzioni sociali. Il controllo sulla fiducia nel buon funzionamento del sistema e dei suoi elementi richiede una conoscenza da esperto che non è a disposizione dell'attore comune, il quale comunque finisce col navigare sempre in un mare di incertezze.
È necessaria perciò un'attenta riflessione sui limiti di informazione dell'attore, sulle sue risposte cognitive ed emotive a tale situazione di grande incertezza, sui caratteri della sua socializzazione politica.Questi problemi sono ben presenti in Luhmann e Simmel. Per Luhmann (v., 1988) la distanza che si crea tra attore e sistema favorisce la percezione di un'assenza di alternative, che colloca l'aspettativa rispetto al buon funzionamento del sistema in un campo nel quale l'attore si vede privo di ogni efficace potere di intervento. Per Simmel la fiducia sistemica ha molti elementi in comune con l'atto di fede a causa di quel carattere, che le è proprio, di adesione senza esitazione a un ordine sovraindividuale ipercomplesso, inconoscibile e distante (una posizione analoga è stata assunta recentemente anche da Anthony Giddens: v., 1990). La fiducia nella moneta ne è l'esemplificazione più pregnante. La "sensazione di sicurezza personale data dal possesso del denaro - scrive Simmel - è forse la forma e l'espressione più intensa e acuta della fiducia nell'organizzazione dello Stato e nell'ordine sociale" (v. Simmel, 1900; tr. it., p. 264). Simmel finisce, così, col sollevare indirettamente anche l'importante questione del ruolo cognitivo ed emotivo dei simboli nelle situazioni di grande incertezza. E cioè di come la produzione di simboli generali, la teatralizzazione e personalizzazione della politica, la comparsa di leaders carismatici possano rispondere al bisogno di sicurezza espresso da attori che si muovono in un ambiente opaco e sconosciuto, garantendo quel minimo di fiducia sistemica che permette la cooperazione sociale. Secondo Simmel e Luhmann l'aumento di complessità sociale richiede una generalizzazione della fiducia, tale da estenderla dai circoscritti ambiti interpersonali verso il sistema e le sue istituzioni.Questo non vuol dire però che tra fiducia personale e fiducia sistemica esista una relazione inversa. Anzi, pare vero il contrario. Lipset e Schneider, nella ricerca summenzionata, hanno rilevato l'esistenza di una significativa correlazione positiva tra fiducia in se stessi e negli altri, e fiducia nelle istituzioni. Ciò confermerebbe la validità del nesso posto a suo tempo in evidenza da Erikson col concetto di fiducia di base. Ci troviamo dunque in presenza di una problematica suggestiva, appena abbozzata, che è senz'altro destinata ad alimentare la ricerca futura.
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