Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Parallelo allo sviluppo cittadino, tra XIII e XIV secolo, vi è un fenomeno di rinascita dei commerci, conosciuto come rivoluzione commerciale, nel quale l’Italia, fulcro dell’asse che unisce Oriente ed Europa nord-occidentale, svolge un ruolo fondamentale. La centralità italiana, oltre ad essere la conseguenza della sua collocazione geografica, dell’audacia con la quale i suoi mercanti intraprendono viaggi avventurosi verso l’Estremo Oriente, creando piazzeforti commerciali in territori ostili, è soprattutto il frutto della capacità di elaborare strumenti finanziari adeguati alle esigenze dei traffici.
Nel XIII secolo l’Europa medievale attraversa una fase di straordinaria fioritura dei commerci e delle attività manifatturiere per cui gli storici non hanno esitato a usare la definizione di “rivoluzione commerciale”. A differenza di quanto accaduto in passato, la ricchezza viene investita nella produzione di altra ricchezza, l’espansione degli scambi indebolisce il sistema feudale, crea nuove opportunità di ascesa sociale, consente ai gruppi mercantili di eguagliare e superare lo splendore degli aristocratici, ai contadini di diventare artigiani o piccoli negozianti e fornisce ai servi maggiori possibilità di affrancamento.
È la città il luogo dove cercare libertà e ricchezza: essa vive in quest’epoca una straordinaria fioritura e diventa la sede privilegiata di mercanti e artigiani che, liberi dagli obblighi verso il signore, possono dedicarsi al commercio a tempo pieno. Il fervore urbanistico, l’accresciuta circolazione degli uomini, lo sviluppo dei consessi fieristici stimolano la diffusione di una cultura giuridica e tecnico-scientifica più idonea alle esigenze degli scambi di quanto non lo fossero diritti e usi feudali. Va nascendo lo jus mercatorum e vengono istituiti i primi tribunali mercantili. Un ruolo non secondario giocano anche gli statuti cittadini, che creano uno spazio di esenzione dai vincoli feudali, un humus di libertà civili necessarie all’impresa. Anche i piccoli insediamenti e i centri minori sono interessati dal generale progresso: favoriti da una particolare posizione geografica, dalla presenza di corsi d’acqua o di miniere, alcuni di essi diventano luoghi di industria inserendosi a pieno titolo nelle trame del mercato sia locale sia internazionale, cosicché alla fine del XIII secolo l’Europa del commercio si avvicina per estensione alle dimensioni geografiche proprie del continente.
A cavallo tra XIV e XV secolo, un variegato insieme di cause concomitanti porta a una brusca battuta d’arresto del generale sviluppo cui si è fino a quel momento assistito. Una serie di carestie, in parte dovute a cambiamenti climatici, investe l’Europa rendendo le popolazioni particolarmente vulnerabili alle epidemie, in particolare a quella di peste, che dal 1348, per un cinquantennio, imperversa per il continente. La caduta della crescita demografica è inoltre aggravata da contrasti politici e militari, fra tutti la guerra dei Cent’anni; mentre dal punto di vista sociale si assiste alle rivolte contadine in Francia, in Catalogna, nelle Fiandre e a quelle urbane dell’Italia centro-settentrionale, di cui la più nota è quella dei Ciompia Firenze nel 1378. Profonde sono le ripercussioni in campo economico, al decremento della produzione agricola e manifatturiera si associano frequenti variazioni dei prezzi e la crisi delle attività creditizie con la bancarotta delle maggiori compagnie fiorentine.
Il predominio mongolo nello spazio asiatico apre una nuova via commerciale, attraverso Baghdad, Teheran, Samarcanda, che consente di raggiungere i luoghi di produzione della seta e delle spezie sottraendosi alle vessazioni e alle imposizioni fiscali degli intermediari musulmani che monopolizzano i porti dell’Egitto e della Siria. I sovrani mongoli aprono le porte dei propri possedimenti ai missionari e ai mercanti occidentali, e proprio lungo la nuova via terrestre, tra il 1260 ed il 1268, il padre e lo zio di Marco Polo raggiungono la corte del gran khan.
Fondamentale nei commerci e nelle comunicazioni è il ruolo delle colonie che le maggiori città mercantili riescono a istallare a Gerusalemme, Giaffa, Cesarea, Beirut, Tripoli, Antiochia, Alessandria, e su tutte le coste dell’Africa settentrionale. Le colonie, dotate non solo di residenze per i mercanti ma anche di forni, bagni, empori, luoghi di culto, hanno varia estensione, godono di diritti extraterritoriali e sono governate da un console con ampi poteri amministrativi e giudiziari. A partire dal XIV secolo vengono create colonie italiane anche in Occidente, a Bruges e a Londra, e benché siano per dimensioni e densità abitativa più piccole delle levantine, la loro popolazione è divisa in “nazioni”, ciascuna delle quali elegge il proprio console.
Nello spazio europeo le maggiori correnti di traffico si registrano nelle zone costiere del Mediterraneo, del Mar del Nord e del Baltico, sul Mar Nero, lungo le coste atlantiche verso Londra e Bruges e poi nelle popolate regioni delle Fiandre, del Brabante, e della Champagne, dove, per tutto il XIII secolo, si tiene un ciclo fieristico di primaria importanza merceologica e finanziaria. La vivacità dei gruppi mercantili italiani favorisce anche l’apertura di nuove vie di collegamento tra la penisola e l’area franco germanica; tra i percorsi maggiormente battuti spiccano quello che attraversa i valichi del Moncenisio e del San Bernardo in direzione delle Fiandre, quello (più a est) per il San Gottardo, che mette in collegamento l’area toscana e lombarda con i centri tessili della Germania meridionale, e ancora quello che attraverso le Alpi bavaresi che conduce da Venezia a Norimberga. Lungo la direttrice estovest vanno ricordati, invece, i tragitti da Dortmund a Magdeburgo, da Lubecca a Stettino, e più a sud dalla Francia occidentale alla Boemia.
Tra i meriti ascrivibili ai mercanti italiani c’è quello di aver contribuito alla nascita e allo sviluppo di nuove tecniche finanziarie che influiscono non poco sull’aumento del volume degli scambi. Sono quelli lombardi presenti alle fiere della Champagne a inventare il sistema della compensazione, in base al quale alla chiusura della fiera è calcolata per ciascun operatore la differenza tra crediti e debiti e il saldo che questi avrebbe dovuto pagare al successivo incontro. Al fine di ovviare all’inconveniente di viaggiare portando con sé grossi quantitativi di danaro, viene adottato il contratto di cambium, che ha forma pubblica e richiede la stesura di un atto notarile intitolato instrumentum ex causa cambii. Con esso si riconosce l’esistenza di un debito da estinguersi in un luogo diverso da quello della sottoscrizione e in una moneta diversa, secondo un tasso di cambio stabilito in precedenza che comprende anche un compenso per il creditore. Ben presto l’atto notarile viene sostituito da una scrittura privata: la lettera di cambio o cambiale tratta. Dell’originario contratto di cambium conserva i requisiti di distantia loci e di permutatio pecuniae. Le figure coinvolte nell’operazione sono quattro: il numerante che è il soggetto intenzionato a versare una somma a una persona in un’altra città, un mercante o banchiere che rilascia la lettera di cambio e contatta un corrispondente nella città del beneficiario a cui ordina di effettuare il pagamento in favore di quest’ultimo.
Contestualmente si vanno diffondendo forme associative quali le compagnie, che conducono operazioni commerciali di vario tipo, tramite una rete di agenti residenti nelle principali piazze mercantili europee: Genova, Bruges, Parigi, Londra, Marsiglia. Allorquando le compagnie cominciano a raccogliere somme di denaro depositate da privati risparmiatori, promettendo in cambio una partecipazione agli utili o un interesse fisso, esse vengono a svolgere una vera e propria attività bancaria, che li mette nella condizione di agire da istituti di credito in grado di finanziare sovrani e pontefici. La documentazione superstite offre un quadro abbastanza chiaro dell’organizzazione di due importanti compagnie fiorentine: la Peruzzi e la Bardi. Così chiamate dal nome delle famiglie cui fanno capo, esse dispongono di una fitta rete di filiali in Europa i cui componenti si assumono una responsabilità illimitata per tutte le azioni condotte. L’eccessiva esposizione in prestiti alle monarchie, in particolare con Edoardo III d’Inghilterra, conduce entrambe alla bancarotta nel 1343.
Le avanzate tecniche italiane stentano ad attecchire nell’area commerciale del Mare del Nord e del Mare Baltico, egemonizzata dai mercanti tedeschi, ai quali si deve la fondazione di Lubecca nel 1158, di Wisby sull’isola di Gotland nel 1160, e più tardi di Straslunda, Danzica e Riga. L’asse commerciale anseatico si stende da Novgorod a Londra, passando per Reval, Riga, Danzica, Lubecca, Bruges.
Il porto di Bruges, che ospita le kogge anseatiche accanto alle galee genovesi e veneziane, diventa nel corso del XIV secolo l’emporio del continente. Oltre al sale del golfo di Biscaglia, ai vini di Bordeaux e La Rochelle, al pesce salato della Scania, allo stoccafisso di Bergen, alle lane inglesi, al grano, al legname, al potassio e al miele del Baltico è possibile reperire spezie e tinture del Levante, fustagno e allume italiani, sapone nero spagnolo e altri oggetti di lusso.
Il ritardo di questo sistema mercantile rispetto a quello edificato nel Mediterraneo è notevole, tuttavia il livello raggiunto basta a garantire l’adeguata soddisfazione delle esigenze dell’area. A fronte delle grandi case commerciali quali Bardi, Peruzzi, Datini, troviamo mercanti di medie fortune che operano prevalentemente in proprio. Esistono anche forme societarie accostabili alla commenda, quali la sendeve e la wederlegginge, ma l’istituzione tipica del commercio anseatico è la gegenseitige Ferngesellschaft, che si realizza tra due individui come accordo di reciproca rappresentanza, per cui, uno in un luogo e l’altro in un altro, si impegnano nella vendita delle rispettive partite di merci, senza però che vi sia un capitale o un’amministrazione comune. Il rapporto, che ha basi fiduciarie ed è privo di adeguati strumenti di reciproco controllo, non manca di originare liti per presunte frodi di uno dei due.
Mentre il mercante mediterraneo, divenuto ormai un operatore “sedentario”, segue gli affari dalla propria residenza per mezzo di una fitta corrispondenza mercantile e acquista le merci tramite i propri agenti, affidandole per il viaggio a società di vetturali che si occupano del trasporto, quello nordico continua a spostarsi con frequenza. A Bruges, dove operano entrambi, i primi si integrano nel tessuto cittadino e costruiscono i propri affetti, gli altri vi risiedono solo per brevi periodi, preferendo fare la spola con i luoghi di origine. Durante gli spostamenti, le soste nelle locande sono l’occasione per concludere buoni affari (gli osti infatti non disdegnano di operare da intermediari o da custodi di depositi di danaro).
Fuori dalla propria patria i mercanti germanici danno vita a insediamenti simili alle colonie fondate dagli Italiani. Tra i maggiori il Peterhof di Novgorod, avamposto commerciale in territorio russo, fondato già prima del 1200, completamente circondato da mura per difesa da eventuali attacchi di una popolazione per lo più ostile. Nessun mercante vi risiede stabilmente e il commercio si svolge nella forma del baratto. Poi il Ponte dei Tedeschi di Bergen, quartiere dotato di un proprio molo e di magazzini e alloggi a uso dei mercanti; lo Steelyarddi Londra sulle sponde del Tamigi, dove i “mercanti di alemannia” operano e vivono amministrati da un presidente e da un comitato di 12 membri eletti dai residenti; e Bruges dove la colonia pur diretta da un proprio comitato dotato di poteri giurisdizionali e di vigilanza, grazie ai buoni rapporti con la popolazione e con le autorità, piuttosto che occupare uno specifico quartiere vive liberamente in città. Dalla spontanea collaborazione economica di questi kontor con le patrie di origine e una serie di altri avamposti in località minori nasce la Lega Anseatica o Hansa, alleanza delle città mercantili germaniche in difesa dei comuni interessi e privilegi economici. La Lega, che ha il proprio centro a Lubecca e riunisce verso la fine del XIII secolo più di 200 città dell’area baltica e renana, tra cui Cracovia, Danzica, Riga, Stoccolma, ha nella coesione e nella capacità di dar vita a blocchi e boicottaggi delle merci la sua vera forza.
Né gli Italiani, né gli Anseatici riescono a espandere i propri commerci in Germania meridionale, dove sono presenti grosse compagnie commerciali tra le quali vale la pena ricordare la Grande Compagnia di Ravensburg (Grosse Ravensburger Gesellschaft) fondata nell’omonima città nel 1380. L’appellativo di grande è connesso non solo al rilevante capitale sociale, ma anche al consistente numero di soci che in alcuni periodi arriva fino a 80, di cui la maggior parte attivamente versati nei commerci della società. Tra le sue caratteristiche quella di non applicarsi in attività di banco, né in speculazioni finanziarie, ma esclusivamente in traffici di merci. I suoi rapporti commerciali si estendono in Boemia, in Austria, nei Paesi Bassi e anche in Oriente e a Venezia, dove è consentito ai mercanti di importare solo generi provenienti dalla loro regione e di risiedere esclusivamente in una speciale locanda diretta da un sovrintendente della Serenissima, chiamata “fondaco dei tedeschi.