figurine
Piccole immagini da collezionare
Diffuse nella seconda metà dell'Ottocento, le figurine erano cartoncini pubblicitari distribuiti insieme a un prodotto commerciale. Più erano attraenti, più si vendeva il prodotto. Poi, con il tempo, le figurine furono vendute in edicola. Costituiscono un gioco e un passatempo per i ragazzi di tutto il mondo. Famosissime sono quelle dei calciatori
Non c'è da vergognarsi a giocare con le figurine: perfino Luigi XIV, il re di Francia detto Re Sole, ebbe da bambino la sua collezione. Si trattava di figurine molto belle anche se i disegni erano in bianco e nero; rappresentavano le regine più famose del mondo e i divertimenti della vita di corte, dai balli ai giochi. Erano state fatte stampare nel 1644, a Firenze, da uno dei tipografi più bravi dell'epoca chiamato Stefano della Bella. Figurine da re, insomma, con le quali sembra che giocò con gusto quello che sarebbe divenuto uno dei più importanti sovrani della storia di Francia.
Le figurine per tutti nacquero però quasi due secoli dopo, nel 1867. Si era a Parigi, quando l'industrializzazione era in pieno sviluppo e molte erano le persone che potevano spendere denaro. Nascevano allora i grandi magazzini; tra i più famosi vi era quello chiamato Au bon marché ("Al buon mercato"), il cui proprietario era il simpatico Aristide Boucicaut. Molti bambini frequentavano il suo magazzino e andavano insieme alle mamme a fare la spesa, soprattutto il giovedì perché quel giorno in Francia la scuola era chiusa.
Aristide ebbe un'idea: regalare ai bambini una figurina ben disegnata e colorata, rappresentante qualcosa di divertente (uccelli, pesci, giochi, località amene, cattedrali, e altro ancora). Quella figurina era la prima di una serie e ai bambini che fossero tornati il giovedì successivo avrebbe regalato la seconda figurina, e così via. I bambini facevano di tutto per tornare allo stesso magazzino. Il furbo Aristide superò tutti gli altri magazzini e giunse all'incasso, favoloso per l'epoca, di venti milioni di franchi d'oro ogni anno!
Quelle prime figurine piacevano anche agli adulti. Difatti potevano essere rivendute. In alcuni casi potevano essere cedute a noleggiatori di sedie sdraio. Bastavano un paio di figurine per ottenere una sedia e assistere sdraiati al passeggio parigino e al passaggio delle carrozze nobiliari.
Quelle prime piccole immagini furono usate dunque quasi come carta moneta. Furono chiamate, a Parigi, le figurine delle sedie.
Visto il successo, tutte le industrie e le imprese commerciali cominciarono a fare uso di figurine a scopo pubblicitario (pubblicità). E non solo in Francia, ma in tutti i paesi in cui l'industrializzazione era in sviluppo.
Tra le fine dell'Ottocento e la prima metà del Novecento, le figurine venivano inserite nei più diversi prodotti: in Svizzera nella stecca di cioccolato, in Inghilterra o negli Stati Uniti nel pacchetto delle sigarette o del tè, in Italia nel pacco di spaghetti.
In Germania le figurine fecero la fortuna dell'estratto di carne Liebig, una sorta di dado da brodo, venduto in vasetti. Accompagnava il vasetto una serie di figurine assai riuscite, commissionate ai più bravi disegnatori dell'epoca. Quelle figurine furono conosciute in tutto il mondo insieme al brodo Liebig. La ditta le produsse per circa cento anni.
Sulla figurina, accanto al disegno, compariva la pubblicità del prodotto reclamizzato. Il successo della trovata fu enorme e gli incassi delle ditte salirono alle stelle. Le figurine erano, allora come oggi, un piccolo cartoncino con un disegno e una scritta, per lo più riportata sul retro. Le scritte mescolavano informazioni alla pubblicità. Riportavano il nome delle ditte e dei loro prodotti, i nomi degli sponsor insomma: il cioccolato migliore, lo zucchero più raffinato, i saponi più portentosi e così via. Alcune facevano anche la pubblicità di piccole industrie, come sartorie, negozi di cappelli o di ombrelli.
Le figurine di allora erano un po' più grandi di quelle di oggi, avevano colori vivaci, molto spesso erano dorate. Comunque, per quanto belle, restavano 'carte povere', cioè cartoncini di poco valore. Ma siccome venivano collezionate da tutti, grandi e piccini, e raccolte in grandi album, le gente sceglieva quelle più belle. Per questo le grandi ditte affidavano il disegno delle figurine a bravi disegnatori: più le figurine erano belle e affascinanti, più il prodotto a cui erano allegate vendeva. Come oggi si fa a gara per realizzare in televisione lo spot più simpatico, allora le ditte si impegnavano a far fare le figurine più belle.
Fu dopo la Seconda guerra mondiale che le figurine come mezzo pubblicitario persero importanza, perché la pubblicità cominciò a essere fatta soprattutto in televisione. Le figurine cominciarono a essere vendute nelle edicole in bustine. Le acquistavano i ragazzi. Nel 1961, i fratelli Panini di Modena crearono le famosissime figurine dei calciatori, prima solo quelli italiani e poi anche quelli di altri paesi. La Panini è oggi un'azienda con capitali internazionali e vende figurine in quasi tutto il mondo.
Oggi le figurine non rappresentano solo i calciatori: spesso hanno molta diffusione tra i ragazzi anche quelle legate ai cartoni animati, ai fumetti, ai grandi sceneggiati televisivi, ai film di notevole successo. A tutti i ragazzi del mondo piace raccoglierle e attaccarle sugli album. Perché tanta passione per la collezione di figurine?
In passato, quando si viaggiava poco e non c'era la televisione, l'album delle figurine era quasi come una piccola enciclopedia: vi si potevano vedere città e paesaggi diversi, conoscere animali e popoli mai visti. Ma anche oggi le figurine sono un gioco, un passatempo piacevole. I ragazzi si divertono a raccogliere e a scambiarsi tanti piccoli pezzi che andranno man mano a comporre un insieme, l'album. E l'album diviene un piccolo tesoro, perché è frutto di sforzi e di ricerche individuali e perché raccoglie, racchiusi in poche pagine, i miti fantastici o reali: le squadre dei calciatori, il personaggio di un fumetto che ci ha fatto sognare con le sue avventure, i volti di attori o di altri personaggi famosi.
Negli anni Trenta del Novecento ebbe successo una serie di cento figurine chiamata I quattro moschettieri, legata a una trasmissione radiofonica. Le figurine non si acquistavano, ma si trovavano nelle stecche di cioccolato della Perugina o nei pacchetti di pasta Buitoni, gli sponsor dell'iniziativa. Le figurine rappresentavano Athos, Porthos, Aramis, D'Artagnan e altri personaggi veri o fantastici, come Tarzan, Sandokan, Buffalo Bill, Cleopatra, Robison Crusoè… Chi completava gli album aveva diritto a premi importanti, biciclette o palloni di cuoio. Chi completava 150 album poteva vincere un'automobile FIAT Topolino! Tutti allora compravano cioccolata Perugina e pasta Buitoni e le ditte guadagnarono molto. Però c'era un trucco: una figurina era introvabile, quella del Feroce Saladino (vittorioso sui cristiani durante la terza crociata), perché le ditte, intenzionalmente, l'avevano prodotta in numero molto inferiore. Così chi trovava un Feroce Saladino poteva considerarsi davvero fortunato! Il concorso fu chiuso nel 1937 con un decreto del governo. Il fascismo considerava deleterio questo eccessivo interesse degli Italiani per le figurine.