FILARCO (Φύλαρχος, Phylarchus)
Storico greco, nato ad Atene o secondo altri a Naucrati in Egitto, o a Sicione, ma considerato ateniese per la lunga dimora in quella città. Visse ai tempi di Arato e la sua fama è dovuta alle sue storie, nelle quali abbracciava il periodo dalla morte di Pirro (272 a. C.) alla morte di Tolomeo Evergete e di Berenice (221 a. C.) e di Cleomene (220) dopo la disfatta inflittagli da Antigono Dosone.
L'opera comprendeva 28 libri, ma del suo ordinamento e del disegno generale non si può gran fatto giudicare dai frammenti pervenutici, perché pare che l'autore spesso si abbandonasse a digressioni, durante il racconto degli avvenimenti, che si richiamavano a fatti che non avevano diretta attinenza con la materia trattata. Questo derivava altresì dal carattere stesso dello scrittore, oratore più che storico, proclive più alle narrazioni, ai quadri coloriti e di effetto che non all'esatta descrizione dei fatti. Egli quindi non dubita d'introdurre racconti, talora fantastici o per lo meno travisati, per animare il suo scritto, senza preoccuparsi troppo della verità storica. Di più, lascia trasparire troppo chiara la sua preferenza per Cleomene, onde la taccia di partigianeria datagli dagli storici più tardi, come Polibio, che gli fu quanto mai avverso (forse per analoghe ragioni, essendo egli favorevole ad Arato e agli Achei, nemici di Cleomene) e lo accusò aspramente (cfr. II, 56 segg., IV, 81), e Plutarco che lo criticò più volte e lo considerò quale storico di second'ordine. Però l'opera sua, nonostante tali difetti, era documento importante per la storia di quel tempo e Polibio stesso e Plutarco dovettero servirsene in mancanza di fonti migliori; e così Trogo Pompeo e Timagene. Ma con maggiore favore è accolto e ricordato dagli scrittori e raccoglitori di aneddoti meravigliosi o piccanti ed erotici quali Partenio, Apollonio, Ateneo. A lui attingono anche i lessicografi. Ma alla pretesa retorica dell'opera non corrispondeva il senso artistico dello scrittore; il periodo era difettoso e Dionigi di Alicarnasso gliene fece rimprovero. Si ricorda un'altra opera storica di Filarco: Degli avvenimenti al tempo di Antioco e di Eumene di Pergamo (cioè Antioco II ed Eumene I), ma forse è parte dell'opera maggiore. Ancora si cita di lui un'Epitome mitica riguardo all'apparizione di Zeus, se pur non si tratta di due lavori distinti malamente ricordati come un sol titolo. Altri scritti sono: Intorno alle invenzioni, argomento caro agli ellenistici; nove libri di Digressioni, o aggiunte che forse completavano o correggevano l'opera storica maggiore. Gli ἄγραϕα (fr. 7-9) ricordati dallo schol. Aristid. p. 103 Fr. riguardavano forse le notizie meno note intorno ai riti o tradizioni sacre. I frammenti in Müller, Fragmenta Historicorum Graecorum, I, LXXVII-LXXXI, pp. 334-358 e IV, 645 e in Jacoby, Fragmente der griech. Hist., II, 81, p. 161 segg. (Kommentar, p. 133 segg.).
Bibl.: F. F. Schulz, Quib. ex font. fluxerint Agid. Cleom. Arati vitae Plutarch., Berlino 1886; Goltz, Quib. font. Plut. in vit. Ar. Agid. Cleom. enarr. usus sit, Insterb 1883; St. Witkowski, De patria Phylarchi, Leopoli 1900; F. H. Lipsius, in Sächs. Ges. d. Wiss. z. Berl., LXVII (1915), p. 25; F. Jacoby, P. Oxyrh. 1080 und Phyl., in Hermes, LVIII (1923), p. 239 seg.; Bux, Zwei socialistische Novellen bei Plut., in Klio, XIX (1925) 413 seg.; Vilhar, Quemnam fontem Parthenius in scrib. narr. Περὶ Φαύλλου (XXV) adhib., in Mnemosyne, 1925, p. 115 segg.