FILATTERIO
I f. (dal tardo lat. phylacterium e dal gr. ϕυλαϰτήϱιον, da ϕυλάττω 'preservare, difendere'), come gli amuleti (v.), avevano lo scopo di allontanare, soprattutto dall'uomo, minacce e danni di ogni sorta (Eckstein, Waszink, 1950; Bartelink, 1973).In senso stretto il termine f. indica le due capsule di cuoio contenenti strisce di pergamena con iscritti passi del Pentateuco portate dagli Ebrei, legate con cinghie al braccio sinistro e al capo, durante la preghiera (Giuseppe Flavio, Ant., IV, 8, 13; Giustino, Dial., 46); tale termine, tuttavia, già a partire dall'età tardoantica venne usato per indicare genericamente oggetti apotropaici.Il significato e la diffusione dei f. non possono essere compresi senza una conoscenza delle antiche concezioni relative al maleficio, alla sua prevenzione mediante oggetti apotropaici e della persistenza di tali credenze per tutta l'epoca medievale. Oltre che alle minacce di origine naturale, nell'età antica e nel Medioevo l'uomo si sentiva esposto a una quantità di pericoli che riteneva dovuti a cause soprannaturali: non solo le malattie il cui insorgere era allora inspiegabile, ma anche i mali dei quali era possibile conoscere l'origine venivano imputati all'influenza di malefici soprannaturali, soprattutto del c.d. malocchio dell'invidia, la quale nell'Antichità veniva personificata e raffigurata affinché fosse possibile combatterla (Engemann, 1975; Dunbabin, Dickie, 1983). I bambini erano considerati particolarmente minacciati dal malocchio, che si riteneva spesso manifestarsi in forma non del tutto immateriale (Democrito in Plutarco, Quaest. conviv., 5, 7, 6). Con particolare evidenza, infatti, nel sec. 3° Eliodoro descriveva l'insorgere di una malattia causata dall'avvelenamento dell'aria dovuto al malocchio (Etiopiche, 3, 7). Questa concezione continuò a sussistere ancora nel sec. 13°: Tommaso d'Aquino adduceva come esempio la favola di Aristotele sull'appannarsi degli specchi per lo sguardo di una donna mestruata (Summa theol., I, 117, 3; Lauer, 1983).La prevenzione dei pericoli avveniva in base a poteri soprasensibili che si attribuivano a determinati gesti (o alle loro raffigurazioni), materiali, immagini, lettere dell'alfabeto, segni e formule. Per es., poiché lo scudo proteggeva dalle armi nemiche, venivano attribuite funzioni apotropaiche anche ai simboli apposti su di esso, come la mitica Gorgone o il monogramma di Cristo. La componente magica nei f. e negli amuleti è decisiva, benché non sempre esattamente definibile: mentre nell'uso della formula religiosa di una preghiera era presente il concetto che la potenza sovrumana invocata (divinità, eroe, angelo, santo) potesse decidere se accorrere o meno in aiuto, l'effetto apotropaico veniva ricondotto a poteri attivi, attribuiti al relativo oggetto o immagine. Come in generale per la magia, nell'uso di f. e amuleti si doveva obbedire a determinate regole: la prevenzione del male agiva automaticamente e quindi aveva grande importanza la loro corretta fabbricazione, per forma e contenuto, nonché la loro esatta collocazione. Raffigurazioni, simboli e iscrizioni apotropaiche per la difesa della porta (Kitzinger, 1970; Engemann, 1975) si trovavano sia nelle costruzioni pagane sia in quelle cristiane immediatamente all'ingresso, così come era fissata all'intelaiatura della porta la mezuzah ebraica, cioè la custodia del testo biblico (Dt. 6, 4-9; 11, 13-21). F. e amuleti per la protezione di uomini e di animali venivano di solito portati direttamente indosso e, durante il sonno, appesi al letto. Così s. Ambrogio (De obitu Theodosii, 41-49; PL, XVI, coll. 1462-1466) - che elogiava Elena perché aveva applicato i chiodi della croce di Cristo da lei 'ritrovati' al diadema e alla briglia del cavallo di suo figlio Costantino, affinché questi fosse al sicuro nelle battaglie e non dovesse temere alcun pericolo - faceva rilevare espressamente il punto in cui i chiodi erano stati collocati: proprio sul capo, affinché la protezione fosse là dove c'è l'intelletto (si veda anche Giovanni Crisostomo, Expos. in Ps. 109; PG, LV, col. 274).L'efficacia 'automatica' dei f. e degli amuleti, se correttamente collocati, risulta anche da un passo di Teodoreto di Ciro (Hist. rel., 21; PG, LXXXII, col. 1441B) nel quale viene dimostrata la potenza di due oggetti apposti al letto per proteggere il sonno: un'ampolla con olio tolto dalle lampade ardenti delle tombe dei martiri e il c.d. mantello di s. Giacomo, per mezzo dei quali il dèmone viene scacciato.Nell'ambito del cristianesimo erano considerati di grande valore apotropaico i segni della croce e le croci, il cui significato magico continuò ad accrescersi a partire dalla metà del 4° secolo. Dopo il leggendario ritrovamento della Croce, croci e altri oggetti furono usati come contenitori per le reliquie dei frammenti di questa. Contemporaneamente anche le reliquie di santi assumevano un particolare significato e non si faceva più alcuna differenza tra le reliquie originali e quelle divenute tali per contatto con le prime, giacché si pensava che il potere apotropaico potesse trasferirsi illimitatamente da un corpo all'altro. Al posto di simboli pagani e di formule di scongiuro apparivano spesso segni cristiani quali il monogramma di Cristo, invocazioni a Salomone o agli arcangeli. A quanto è noto, le posizioni dei teologi e dei concili nel periodo paleocristiano e medievale contro l'uso di oggetti apotropaici sono contraddittorie, giacché non si è mai in grado di distinguere con esattezza se le dichiarazioni relative a essi fossero dirette anche contro coloro che si servivano di simboli cristiani o soltanto contro la magia pagana. Raramente gli autori cristiani, nel rifiutare gli amuleti pagani, ne contestavano l'efficacia e non era neppure negata la necessità dello scongiuro, poiché non si dubitava dell'esistenza dei malefici; tuttavia autori di malefici e provocatori di malattie erano ritenuti, in misura crescente, i dèmoni maligni (per es. Basilio, Hom. de invidia, 11, 4; PG, XXXI, coll. 377-380), alla cui azione spesso si contrapponevano amuleti con nomi di angeli. Agostino di Ippona considerava l'uso di f. cristiani, per la prevenzione e la cura magica di malattie, solamente come il male minore: si mostrava favorevole all'uso magico del libro dei Vangeli posto sotto il cuscino contro il mal di testa, ma, espressamente, solo per preferirlo a oggetti apotropaici pagani (In Ioannis ev. tr., 7, 12; PL, XXXV, col. 1443). Senza riserve egli approvava tuttavia l'uso della terra del sepolcro di Cristo come protezione nella camera da letto (De civ. Dei, XXII 8; Brox, 1974). Spesso veniva raccomandato esclusivamente il segno della croce, che, per es., Atanasio contrapponeva agli oggetti apotropaici pagani (Fragm. πεϱὶ ἅπτων; PG, XXVI, col. 1320) così come Giovanni Crisostomo (In Ep. ad Col. hom., 8, 5, PG, LXII, coll. 357-360; Adv. Iud. or., 8, 8, PG, XLVIII, coll. 939-942; In Ep. 1 ad Cor. hom., 12, 7, PG, LXI, coll. 105-108). In un altro passo, quest'ultimo attribuiva alla croce effetti decisamente magici (In Matthaeum hom., 54, 4; PG, LVIII, coll. 536-538) e non escludeva nemmeno l'utilizzazione del testo evangelico per scacciare il male (In Ioannem hom., 32, 3, PG, LIX, coll. 186-188; Ep. 1 ad Cor. hom., 43, 4, PG, LXI, coll. 372-374; Ad pop. Antioch. hom., 19, 4, PG, XLIX, coll. 195-198). Tuttavia l'invito al rifiuto radicale di tutte le pratiche apotropaiche da parte di Girolamo, che attribuiva a donne superstiziose l'uso di piccoli vangeli e del legno della Croce come amuleti (In Matthaeum, 4, 23, 5; Corpus Cristianorum Lat., LXXVII, p. 212), fu rinnovato di frequente nel Medioevo (Bartelink, 1973). Cesario di Arles (m. nel 542), che rifiutava anche f. e amuleti cristiani perfino quando contenevano testi biblici, spiegò come questi oggetti potessero essere efficaci anche se illeciti: il giovamento da taluni trovato grazie a essi era dovuto infatti a un'astuzia del diavolo e i chierici e i monaci che continuavano a distribuire f. e amuleti erano complici di Satana (Serm., 50, 1; Sermones au peuple, a cura di M. J. Delay, II, Paris 1978, pp. 418-421). Tommaso d'Aquino distingueva tra segni leciti e illeciti e permetteva l'uso del testo evangelico come amuleto, analogamente a quello delle reliquie dei santi come f. che venivano appesi al collo (Summa theol., II, 2, 96, 4). Vincenzo di Beauvais (1190-1264) considerava illeciti i characteres e le formule magiche, ma non la croce e i testi sacri come il Pater noster (Speculum morale, III, 3, 18; altri esempi in Dobschütz, 1910, p. 421).Benché, in tutti i tempi, le pratiche magiche venissero usate in misura minore dagli uomini di cultura, potrebbe però esser fuorviante definire l'uso di pratiche apotropaiche da parte dei cristiani come una questione di religiosità e di fede popolari. Certamente i precedenti di una simile posizione sono da ricercare nella letteratura paleocristiana e medievale, dove le attività magiche già sono attribuite a vecchie donne (Meisen, 1952). Questo però contrasta con le notizie sull'uso di oggetti apotropaici da parte di papi e vescovi. Paolino di Nola, per es., intorno al 400 inviò a Sulpicio Severo reliquie di martiri e del legno della Croce, lasciandolo libero di decidere se collocare anche queste ultime sotto l'altare o se tenerle piuttosto a portata di mano per protezione quotidiana e come mezzo terapeutico (Ep., XXXII, 7-8). Il vescovo Gregorio di Nissa, alla morte della sorella Macrina, lasciò a un'amica il f. a croce e tenne per sé un anello da portare ugualmente al collo come encolpio: in esso si trovava infatti una reliquia della Croce (Vita Macrinae; Dölger, 1932). Dal canto suo papa Gregorio Magno (590-604) inviò a un funzionario gallico una croce con reliquie delle catene di s. Pietro che, appese al collo, dovevano proteggere da ogni male (Ep., III, 33); all'ex console Leonzio mandò un chiodo del sepolcro di Pietro con reliquie divenute tali per contatto con le catene di Pietro (Ep., VIII, 35); infine la regina Teodolinda ricevette da lui come f. per il figlioletto una croce con reliquie della Croce e un testo evangelico racchiuso in una capsella persiana (Ep., XIV, 12). Gregorio di Tours narra invece come, con l'aiuto della sua croce pettorale, spense un incendio: "mox in aspectu sanctarum reliquiarum ita cunctus ignis obstupuit" (De gloria mart., 11; PL, LXXI, coll. 716-717); infine il patriarca Niceforo spedì nell'811 un encolpio con reliquie della Croce a papa Leone III (PG, C, col. 200; altri esempi in Callisen, 1937).
Bibl.: E. von Dobschütz, s.v. Charms and Amulets (christian), in Encyclopedia of Religion and Ethics, III, Edinburgh 1910, pp. 413-430; F.T. Elworthy, s.v. Evil Eye, ivi, V, 1912, pp. 608-615; F.J. Dölger, Das Anhängekreuzchen der hl. Makrina und ihr Ring mit der Kreuzpartikel, Antike und Christentum 3, 1932, pp. 81-116; S.A. Callisen, The Evil Eye in Italian Art, ArtB 29, 1937, pp. 450-462; J. Trachtenberg, Jewish Magic and Superstition, New York 1939; F. Eckstein, J.H. Waszink, s.v. Amulett, in RAC, I, 1950, coll. 397-411; K. Meisen, Der böse Blick und andere Schadenzauber in Glaube und Brauch der alten Völker und in frühchristlicher Zeit, Rheinisches Jahrbuch für Volkskunde 1, 1950, pp. 144-177; B. Wyss, Johannes Chrysostomus und der Aberglaube, Schweizerisches Archiv für Volkskunde 47, 1951, pp. 262-274; K. Meisen, Der böse Wort und der Schadenzauber durch Berührung im Mittelalter und in der neueren Zeit, Rheinisches Jahrbuch für Volkskunde 3, 1952, pp. 169-225; B. Kötting, s.v. Böser Blick, in RAC II, 1954, coll. 473-482; M. Hain, Burchard v. Worms (1025) und der Volksglaube seiner Zeit, Hessische Blätter für Volkskunde 47, 1956, pp. 39-50; L. Hansmann, L. Kriss-Rettenbeck, Amulett und Talisman, München 1966; G. Hierzenberger, Der magische Rest, Düsseldorf 1969; E. Kitzinger, The Treshold of the Holy Shrine: Observations on Floor Mosaics at Antioch and Bethlem, in Kyrakon, Festschrift J. Quastem, II, Münster 1970, pp. 639-647; O. Böcher, Dämonenfurcht und Dämonenabwehr, Stuttgart 1970; id., Christus exorzista, Stuttgart 1972; G.J.M. Bartelink, Φυλαϰτήϱιον - phylakterium, in Mélanges Christine Mohrmann, Nouveau recueil, Utrecht 1973, pp. 25-60; pp. 25-60; N. Brox, Magie und Aberglaube an den Anfängen des Christentums, Trierer theologische Zeitschrift 83, 1974, pp. 157-180; J. Engemann, Zur Verbreitung magischer Übelabwehr in der nichtchristlichen und christlichen Spätantike, JAC 18, 1975, pp. 22-48; D. Harmening, Superstitio, Berlin 1979; D.E.A. Aune, Magic in Early Christianity, in Aufstieg und Niedergang der römischen Welt, XXIII, 2, Berlin-New York 1980, pp. 1507-1557; J. Engemann, Der ''Corna''-Gestus. Ein antiker und frühchristlicher Abwehr- und Spottgestus?, in Pietas, Festschrift B. Kötting, JAC Ergänzungsband 8, 1980, pp. 483-498; K.M.C. Dunbabin, M.W. Dickie, Invida rumpantur pectora. The Iconography of Phthonos/Invidia in Graeco-Roman Art, JAC 26, 1983, pp. 7-37; H.H. Lauer, s.v. Böser Blick, in Lex. Mittelalt., II, 1983, coll. 470-471.J. Engemann
Nel periodo tra il 500 ca. e il 1050, segnato dalle migrazioni dei popoli e poi dalla civiltà vichinga, nell'arte dell'Europa settentrionale sono frequenti intrecci e ornati zoomorfi, il cui significato apotropaico rimane peraltro oscuro; un insieme di motivi curvilinei a nastro unico, i cui presunti poteri apotropaici sono stati evidenziati in numerosi studi etnologici (Blomstedt, 1894; Bang, 1901; Davidsson, 1903; Weiser-Aall, 1947; Wikman, 1957; Stigell, 1974; Kivikoski, 1982), rimase in uso per tutto il Medioevo e anche oltre.Tra i f. propriamente scandinavi spicca il c.d. martello di Tor; questa divinità, che ebbe un ruolo predominante nella mitologia germanica, combatteva le potenze malefiche servendosi di un martello da guerra provvisto di un corto manico. Raffigurato su molti reperti dell'epoca vichinga (per es. su stele runiche), il simbolo di Tor venne riprodotto in una serie numerosa di ciondoli-amuleto in argento o in ferro che si portavano al collo, appesi a una catena come protezione contro ogni male (Bø, 1974; Ström, 1984); durante la cristianizzazione tuttavia il martello di Tor fu gradualmente sostituito dalla croce. Uno stampo danese (Copenaghen, Nationalmus.) reca le impronte sia della croce sia del martello e reperti di corredi funerari dimostrano che essi si portavano anche insieme (Cleve, 1947-1948). Tra l'altro è da ricordare che la croce nel Medioevo fungeva in primo luogo da amuleto, come indicano le prescrizioni, chiaramente magiche, per la sua fabbricazione e l'impiego dei materiali (Hammarstedt, 1920).Oltre alla croce, la nuova fede, che penetrò nell'Europa settentrionale solo nel sec. 11°, portò con sé un grande numero di f. e amuleti cristiani e introdusse anche molteplici pratiche apotropaiche. Come nel resto d'Europa, anche in Scandinavia i nomi sacri di Gesù, Maria e Michele, quelli dei Magi, alcuni versetti biblici e formule tratte dalla messa latina, solo in parte compresa, entrarono negli scongiuri e nelle iscrizioni apotropaiche. Inoltre, simboli locali originariamente pagani assunsero un nuovo significato; nacquero così, per es., i triquetra, i tetragrammi e il pentalfa, visti come simboli della Trinità, di Dio, della Vergine Maria, che nel contempo conservavano, però, anche la loro fondamentale funzione apotropaica (Hyltén-Cavallius, 1863; Reuterswärd, 1982). In generale si riscontrano in Scandinavia gli stessi motivi in uso nell'area mediterranea e questo fenomeno può ben testimoniare la grande diffusione nello spazio e nel tempo che gli oggetti apotropaici conobbero in epoca medievale.
Bibl.: G. Hyltén-Cavallius, Wärend och Wirdarne [L'essere e il divenire], Stockholm 1863 (rist. anast. 1921); Y. Blomstedt, Ett ord om symboliska tecken [Una parola sui segni simbolici], Finskt museum 1, 1894, pp. 180-187; A. Bang, Norske hexeformularer opg magiske opskrifter [Formule di stregoneria e ricette magiche norvegesi], Kristiania 1901; O. Davidsson, Isländische Zauberzeichen und Zauberbücher, Zeitschrift des Vereins für Volkskunde 13, 1903, 3, pp. 150-167; U. Hammarstedt, Svensk forntro och folksed [Antiche credenze e usi popolari], Stockholm 1920; V. Geramb, s.v. Schlüsselloch, in Handwörterbuch des deutschen Aberglaubens, VII, Berlin-Leipzig 1935-1936, coll. 1231-1234; N. Cleve, Spår av tidig kristendom i västra Finland [Tracce di precoce cristianizzazione nella Finlandia occidentale], Finskt museum 54-55, 1947-1948, pp. 67-85; L. Weiser-Aall, Magiske tegn pånordiske trekar? By og bygd [Segni magici su botti di legno scandinave], Norsk folkemuseums årsbok 5, 1947, pp. 117-144; K. Wikman, Svenska skrock och signerier samlade av Leonhard Fredrik Rääf [Frammenti e segni raccolti da Leonard Fredrik Rääf ], a cura di K.R.V. Wilkmann, Stockholm 1957; O. Bø, s.v. Torshamrar [Martelli di Tor], in KLNM, XVIII, 1974, coll. 502-505; A.-L. Stigell, Kyrkans tecken och årets gång [I segni della Chiesa e il corso dell'anno], Helsingfors 1974; E. Kivikoski, Sankt Hans-våbnet [Lo stemma di s. Giovanni], Antikvariske studier 5, 1982, pp. 9-17; P. Reuterswärd, The Forgotten Symbols of God I, Konsthistorisk tidskrift 51, 1982, pp. 103-125; K. Ström, Thorshammerringe und andere Gegenstände des heidnischen Kults, in Birka II, 1, Systematische Analysen der Gräberfunde, a cura di G. Arwidsson, Stockholm 1984; L. Karlsson, Till vårn mot makterna, om ontavvärjande framställningar på medeltida dyrdörrar [A difesa dalle potenze malefiche, le rappresentazioni contro il male sulle porte delle chiese medievali], in Den ljusa medeltiden, Studier tillägnade Aron Andersson [Il chiaro Medioevo. Studi in onore di Aron Andersson], Stockholm 1984, pp. 95-116; P. Reuterswärd, The Forgotten Symbols of God I-III, Konsthistorisk tidskrift 54, 1985, pp. 47-63; 99-121.L. Karlsson