FILATURA
(XV, p. 264; App. I, p. 595; App. IV, I, p. 790)
Nell'ambito della preparazione alla f. i costruttori propongono impianti sistemizzati in diverse versioni, per collegare tra loro i successivi passaggi, in alimentazione e scarico, traslando contenitori vuoti e pieni fino al banco a fusi o al finitore: ciò vale sia per la f. laniera sia per la f. delle fibre a taglio cotoniero; anzi, per le f. cotoniere, superato finalmente l'ostacolo rappresentato dalla levata automatica sul banco a fusi, molte valide soluzioni presentate dall'industria meccanotessile giapponese lasciano intravedere per gli anni Novanta lo stabilimento funzionante senza l'intervento degli operai direttamente in linea.
Nella f. va estendendosi il collegamento rigido e semirigido fra ring e roccatrice (filoroccatrice) e, secondo diverse soluzioni, il collegamento automatico flessibile fra banco e ring con l'eventuale inserimento di una vaporizzatrice tra filatoio e roccatrice in modo da far operare in serie le tre macchine. La soluzione proposta da una casa giapponese si compone delle seguenti fasi: levata automatica da banco, trasporto delle spole di banco al ring, posizionamento delle spole sulla banchina del ring, sostituzione delle spole, ritorno al banco dei supporti vuoti, levata automatica sul ring, trasporto delle spole di ring alla roccatrice o, in alternativa, collegamento diretto filatoio-roccatrice.
Per quanto riguarda i miglioramenti tecnologici apportati al macchinario, da segnalare: l'ulteriore aumento della velocità negli stiratoi (ormai si è vicini agli 800 m/minuto contro i 30 della prima metà degli anni Cinquanta); l'estensione della levata automatica ai filatoi per cardato; il comando dei fusi del ring con motorino individuale (si tratta di una proposta ancora scarsamente applicata per la sua novità e per il costo relativamente elevato, ma con ottime prospettive di sviluppo); la propensione a costruire filatoi con numero sempre maggiore di fusi (il numero di 1000 è ormai largamente superato); il dispositivo per il riattacco automatico dei fili rotti. In particolare il ring dimostra di avere tuttora una grande vitalità e, lungi dall'avviarsi verso un declino più volte preconizzato ma mai verificatosi, rivela una capacità di adattamento senza pari alle rinnovate e sempre più pressanti esigenze degli utilizzatori: esso infatti può essere impiegato universalmente e coprire tutto il campo dei titoli, mentre si è ridotta l'entità dei fattori negativi che sino a qualche anno fa lo caratterizzavano (bassa produttività del fuso e del personale; processo a più fasi scarsamente automatizzabile; piccole confezioni e molti nodi nella successiva roccatura, ora superati dalla giunzione splicing). Attualmente questi fattori non possono dirsi cancellati, ma sicuramente si sono fatti grossi passi nella direzione di un loro superamento. Va in questo senso anche il procedimento Cerifil, derivazione del classico filatoio ad anello, che si propone di ottenere una struttura tessile vicinissima, se non uguale, a quella di un filato realizzato sul ring, con alcuni vantaggi di ordine produttivo ed economico che sono una diretta conseguenza dell'eliminazione della coppia anello-cursore, che costituiva il principale ostacolo all'aumento significativo della velocità di sviluppo nella f. ad anello. Il sistema Cerifil si differenzia infatti dal tradizionale sistema ad anello per la presenza, al posto dell'anello-cursore, di un avvolgitore di forma troncoconica che viene trascinato in rotazione dal fuso tramite il filato stesso.
Nello schema di fig. 1 il filato in formazione, proveniente da un normale gruppo di stiro a, passa in modo convenzionale nel primo riccio guidafilo b, quindi percorre un tratto in aria libera dove, durante il funzionamento, si forma un piccolo ballon c, ed entra nell'avvolgitore d. Tale entrata avviene tangenzialmente alla parete interna della parte cilindrica superiore; nel seguito il filato prima fuoriesce attraverso un apposito passaggio e nella superficie esterna, quindi abbraccia un certo arco dell'avvolgifilo e rientra all'interno attraverso un passaggio f; infine scende sino a un apposito gancio g, collocato sulla parete interna in prossimità del bordo inferiore, per essere deviato a incannarsi nella spola h. La tensione d'incanno è regolata dal freno i. I principali vantaggi del sistema Cerifil sono: a) torsione distribuita più in alto, nel filato in formazione, rispetto al ring, con tratto di risalita della torsione più corto e senza la presenza di punti di resistenza (anello, antiballon, ecc.); b) minor tensione del filo in lavoro; c) dimensioni limitate del ballon; d) soprattutto superamento del limite di velocità proprio del cursore nell'anello di filatura.
Il perdurare della fortuna del ring o la nascita di sistemi di f. che a esso s'ispirano, come il Cerifil, non hanno tuttavia rallentato gli sforzi dei costruttori per costruire il filato in maniera non convenzionale.
Allo scopo di far ordine in una materia tanto complessa e in continuo divenire, si riporta nella tab. 1 la classificazione adottata dall'Ecole nationale supérieure des industries textiles de Mulhouse per i sistemi di f. non tradizionali. Per i procedimenti di ciascun sottogruppo elencato in tab. 1 si forniscono le seguenti indicazioni esplicative:
1.1. - Procedimento Bobtex del 1971, già in App. IV, i, p. 794.
1.2. - Procedimento Signal-Twilo e ITF-CRTM, già in App. IV, i, p. 793.
2.1. - Procedimento di larghissima diffusione, già in App. IV, i, p. 792.
2.2. - Procedimento brevettato nel 1983; la torsione è impartita provocando la rotazione di un flusso d'aria che trascina le fibre, liberate secondo i sistemi classici, in un condotto in cui l'aria è portata in movimento vorticoso con vortice d'aria controllato. In fig. 2 si riporta lo schema del principio di filatura ad aria della Murata: le fibre, provenienti da un comune treno di alto stiro a, attraversano due corpi cavi b posti in serie e, nel loro interno, un gruppo di ugelli soffia un violento getto d'aria tangenzialmente allo stoppinofilato in formazione, in modo da inserire una torsione; il senso di rotazione imposto dagli ugelli del corpo cavo superiore è opposto a quello trasmesso dagli ugelli nel corpo cavo sottostante, così da creare un complesso fenomeno di avvolgimento-svolgimento che annulla in parte gli effetti della falsa torsione. Un recentissimo sviluppo di tale sistema fu presentato nell'ottobre 1987 dalla Süssen; la testa è alimentata da due stoppini opportunamente stirati con tassi altissimi che ricevono torsione da un getto d'aria tangenziale; ne escono due capi di un filato fasciato che si accoppiano prima di essere raccolti su di una rocca, ciò allo scopo di dare maggior resistenza al semilavorato e di offrire al successivo passaggio di ritorcitura un prodotto già binato: il metodo è stato battezzato Plyfil. Su un analogo principio si basa il filatoio Twin Spinner della Murata.
2.3. - Procedimento messo a punto dalla Fehrer e ripreso dalla Platt-SacoLowell; permette una rotazione molto rapida del filo in formazione, per velocità di rotazione relativamente deboli degli organi meccanici giranti, a causa del trascinamento in torsione mediante sfregamento tangenziale fra due elementi di diametro assai diverso (organi rotanti che trasmettono il moto e il filato che lo riceve). In fig. 3 si veda lo schema della macchina Dref 2 della Fehrer: il filo a si forma tra due cilindri forellati b, rotanti nello stesso verso; dall'interno dei due cilindri filatori un flusso d'aria aspirata crea un vortice (frecce azzurre in fig.) che attira le fibre in alimentazione e le comprime contro la superficie dei cilindri stessi; le fibre vengono quindi messe in torsione e, in pratica, per la torsione che si crea fra le fibre e i cilindri aspiranti, il capo aperto del fascio di fibre viene composto in filo: il principio ricorda l'avvolgimento effettuato a mano del tabacco in una cartina per formare una sigaretta.
3.1. - Procedimento già in App. IV, i, p. 793.
3.2. - Con questo procedimento l'inserimento di un filo d'anima permette l'estensione del procedimento di cui al punto 3.1, con aumento della velocità di filatura e ottenimento di un filato con eccellenti caratteristiche meccaniche.
4.1. - Procedimento già in App. IV, i, p. 794.
4.2. - Tecnologia presentata per la prima volta nel 1982, adatta per semilavorati di lana pura o in mischia. Opera la feltratura in continuo e permette di produrre una struttura fibrosa di adeguata resistenza, particolarmente adatta per filati da usare per tappeti e per aguglieria. In una versione (fig. 4) il nastro a, opportunamente stirato, prima attraversa un dispositivo di falsa torsione b, indi s'impregna di liquido feltrante in c, infine s'infila in un tubo flessibile d, tenuto in tensione dal dispositivo e e deformato sinusoidalmente ad altissima frequenza con movimenti peristaltici, generati dal rotore f: questa azione provoca la condensazione e la feltratura della struttura fibrosa a mano a mano che questa avanza verso l'uscita del tubo. In un'altra versione invece lo stoppino è feltrato dall'azione successiva di più coppie di manicotti frottatori.
La grande proliferazione di sistemi non convenzionali di f. non deve tuttavia far credere a un peso eccessivo dei medesimi nel modo di costruire un filato. Fra tutti i sistemi richiamati, infatti, solo l'open end ha conquistato larghissima diffusione, mentre altri non hanno mai avuto un vero decollo industriale. È tuttavia indubbio che nei prossimi anni si continueranno a ricercare alternative al filatoio ad anello, non perché le caratteristiche tecnologiche del filato prodotto sul ring siano insoddisfacenti, ma per gli alti costi di produzione soprattutto energetici e di personale. I due sistemi emergenti per gli anni Novanta si ritiene possano essere la f. ad aria e la f. a frizione.
Nella tab. 2 sono messi a raffronto alcuni dati che riguardano il parco macchine di f. installate in tutto il mondo a fine 1988, le consegne 1989, le consegne cumulate nel decennio 1980-89. Da essa, a parte le considerazioni che possono riguardare le singole aree geografiche, si evince: la straordinaria capacità di penetrazione del filatoio a rotore (una testa di open end produce quanto parecchi fusi) che era quasi inesistente vent'anni or sono; la relativa stagnazione dei fusi tradizionali sia cotonieri che lanieri; l'elevata età media del parco macchine rappresentato dai fusi tradizionali ad anello.
Numerose le soluzioni prospettate per il controllo e il monitoraggio in continuo degli impianti di filatura. Merita un cenno l'apparecchiatura della INCAS per il controllo delle rotture del filo in ciascun fuso e s'illustra brevemente il sistema proposto dalla Zellweger-Uster con i dispositivi Ring-Data e Rotor-Data, Lab-Data e Mill-Data.
Il primo è essenzialmente un elaboratore, collegato a terminali posti su ciascun fuso di tutto un reparto, che rileva in modo continuo e registra a mezzo stampante i dati di produzione, il numero di rotture per ciascun fuso e per 1000 fusi-ora, l'individuazione dei fusi che superano un limite di rotture predeterminato, ecc.; per le sale di f. open end il Rotor-Data rileva gli stessi parametri e opera in collaborazione con un sistema di controllo dei difetti del filato rilevati dalle stribbie. Con il Lab-Data, in una fase successiva, si pongono a confronto i dati rilevati in laboratorio su apparecchi di analisi con i dati rilevati in produzione; in questo caso occorre prevedere una interfaccia tra Lab-Data e Ring-Data o Rotor-Data. Il sistema MillData infine dispone di un grado di sofisticazione ancora maggiore e in pratica presiede alla gestione di un intero stabilimento, purché opportunamente collegato, nel caso di una f. a ciclo completo, con i sistemi Sliver-Data (stiratoi), Ring-Data, Rotor-Data, Cone-Data (roccatrice), Lab-Data (controllo di qualità centralizzato). Ovviamente non tutti i sistemi di controllo sono così complessi e integrati: esistono sistemi di monitoraggio multifunzionale limitati alla sala filatoi, con rilevazione istantanea di tutti i parametri che interessano il procedimento di filatura. Vedi tav. f.t.
Bibl.: F. Testore, Tecnologia della filatura, Biella-Vicenza 1975; E. Giovannini, La filatura a taglio laniero, in Manuale di Tecnologia Tessile, Roma 1981; G. P. Bruno, Filatura cotoniera, ibid.; A. Cerretini, Tecnologie non convenzionali di filatura, ibid.; F. Testore, M. G. Guzzinati, New deal nel meccanotessile (ITMA 79), Milano 1980; F. Testore, M. G. Guzzinati, E. Tomasini, Nel segno dell'ITMA 83, ivi 1984; Filatura e non tessuti, in Bollettino Tessile Internazionale, Schlieren (Zurigo), annate 1985-88; F. Testore e altri, Quo vadis Mecatronic? ITMA 87, Milano 1988; F. Testore, Al ritorno da ITMA 91: la filatura in retrospettiva e in proiezione, in Selezione tessile, ivi, dicembre 1991.