Ricco cittadino di Colosse, convertito da s. Paolo e destinatario della più breve (25 versetti; perciò designata talvolta come "biglietto") delle lettere dell'apostolo (la lettera a F.), scritta da lui "vecchio e ora prigioniero di Cristo Gesù" (perciò da Cesarea, o da Efeso, o, come ritengono ancora i più, da Roma) a F., nonché ad Appia e ad Archippo. S. Paolo prega F. di accogliere con amore e "non come schiavo, ma più che schiavo fratello diletto" Onesimo, che fuggito dal padrone (Filemone stesso) e rifugiatosi, non si sa come, presso l'apostolo, era stato da lui convertito al cristianesimo. Paolo lo rimandò invece con questa commendatizia all'amico. La lettera, della cui autenticità dubitarono alcuni antichi secondo s. Girolamo (ma è riconosciuta già dal Canone muratoriano, da Tertulliano e da Origene) e pochissimi tra i moderni, è spesso citata a proposito dell'atteggiamento del cristianesimo primitivo verso la schiavitù: s. Paolo non ne annuncia l'abolizione, né d'altra parte si limita a propugnare un trattamento benevolo, ma proclama, nella differenza dei rapporti sociali, l'annullamento di essa sul piano spirituale della fratellanza cristiana; suggerendo quindi a F., tra le righe, che farebbe bene a liberare Onesimo spontaneamente.