FERRERO FIESCHI, Filiberto
Nato nel 1504 da Besso Ferrero, conte di Candelo, e da Francesca di Challant, apparteneva ad una delle più illustri e potenti famiglie biellesi. Nel 1517 fu scelto come figlio adottivo dal vecchio Ludovico Fieschi, conte di Lavagna, protonotario apostolico e unico erede, con le nipoti Anna ed Elisa, del feudo pontificio di Masserano. Il contratto di adozione fu stipulato nel castello dei Ferrero a Gaglianico il 7 apr. 1517 e prevedeva il diritto del F. a succedere, alla morte di Ludovico, nei feudi di Masserano, Flecchia, Brusnengo, Roasio, Curino, Crevacuore, Rivò e Villa e ad assumere la corona comitale. In cambio il F. avrebbe aggiunto al nome della propria famiglia e al proprio stemma quello dei Fieschi e avrebbe sposato una delle due nipoti di Ludovico o le avrebbe dotate entrambe. In realtà poi non sposò nessuna delle due giacché nel 1522 si uni in matrimonio a Bartolomea Fieschi.
L'atto di adozione del 1517 danneggiava soprattutto Giovanni Giorgio, cugino di Ludovico, del ramo collaterale dei Fieschi che governavano Crevacuore. Le proteste sue e in seguito quelle del figlio primogenito Pier Luca furono vivacissime e diedero vita a un processo interminabile che si trascinò a Roma davanti alla corte papale per anni. L'adozione e i diritti del F. infine furono confermati, ma Pier Luca mantenne il dominio di Crevacuore. Questa signoria d'altra parte, continuamente minacciata dalle mire dei marchesi di Masserano, ebbe vita breve e ricadde nel 1577 sotto la loro giurisdizione.
Nel 1532, alla morte di Ludovico Fieschi, gli successe il F. il quale, per conquistarsi la fiducia dei Masseranesi, giurò solennemente di non violare le immunità e gli antichi statuti comunitari. In realtà non mantenne sempre le buone disposizioni iniziali divenendo ben presto un signore egoista, intento solo all'elevazione della propria famiglia e all'ampliamento dei suoi possessi. Sotto il suo governo si ebbero quindi frequenti dissidi con la Comunità masseranese, gelosissima invece delle proprie libertà.
Grazie alle raccomandazioni dello zio, il potente cardinale Bonifacio Ferrero, il F. riuscì ad ottenere, prima dall'imperatore Carlo V nel 1533, poi dal papa Paolo III nel 1538, la conferma di tutti i privilegi precedentemente goduti dai Fieschi e il riconoscimento dell'adozione stipulata nel 1517. In questo modo poneva la sua dinastia su sicure e solide basi. Il cardinale Bonifacio inoltre lo aveva preso sotto la sua protezione donandogli fra l'altro tre splendidi palazzi in Roma. Fra i privilegi concessi dall'imperatore e dal papa vi era quello di battere moneta. La zecca di Masserano sotto il governo del F. fu sempre attivissima: il F. faceva alterare le più comuni monete estere allora in corso e ne favoriva lo spaccio nei paesi circostanti ritraendone lauti guadagni. Fin dal 1529 il duca di Savoia Carlo II aveva emanato un severo editto contro le alterazioni dei Fieschi, ma invano.
Nel 1546 il F. riuscì a combinare il matrimonio del suo secondogenito Besso, erede del feudo dopo la rinuncia del primogenito Sebastiano, con Camilla Sforza, nipote di Paolo III. Così il F. ottenne ben presto da papa Farnese, sempre liberale verso i parenti, un nuovo e ambito titolo onorifico, il marchesato, concesso con la bolla del 6 ag. 1547.
Gli anni della signoria del F. furono funestati dalle interminabili guerre fra Carlo V e Francesco I. Egli si tenne inizialmente fedele al primo e al duca di Savoia al quale era legato da vincoli di amicizia e da giuramenti di fedeltà. Però, col volgere degli avvenimenti che videro il quasi totale sfacelo del Ducato sabaudo e la fuga di Carlo II a Vercelli, constatando che dai Savoia non poteva più trarre alcun vantaggio, il F. si avvicinò alla Francia, allettato dalle promesse del maresciallo de Brissac. L'accordo con quest'ultirno fu raggiunto nel gennaio del 1553 e rimase per qualche tempo segreto, divenendo di pubblico dominio l'anno dopo con l'arresto di una spia del F. nel castello di Masino. Mentre i Francesi proseguivano nelle loro conquiste, il F., vedendosi sfruttato senza che le promesse fattegli venissero mantenute, meditava ormai di riannodare le buone e tradizionali relazioni coi Savoia. I Francesi, però, sospettando la defezione, il 15 nov. 1556, con uno stratagemma, lo arrestarono nel suo castello di Gaglianico e lo costrinsero a cedere, oltre al detto castello, la rocca di Zumaglia e a ritirarsi nel suo feudo.
Proprio nei sotterranei della rocca essi fecero un'agghiacciante scoperta: un vecchio nudo e denutrito viveva prigioniero senza vedere la luce del sole da ben diciannove anni. Si trattava del capitano Pecchio, vittima di una vendetta politica del F., la cui drammatica vicenda, che fece molto scalpore e ispirò scrittori ed artisti, contribuì al sorgere della triste fama di brutalità e violenza che accompagnò sempre la dinastia dei Ferrero Fieschi.
La vittoria di Emanuele Filiberto a San Quintino nel 1557 segnò l'inizio della disfatta per la Francia. Il F., ritiratosi nei suoi feudi, non poteva più contare ormai né sull'amicizia dei Francesi né su quella degli Spagnoli e dei Savoia. Inutilmente chiese alla Francia il riconoscimento dei danni subiti per la devastazione dei suoi castelli e una pensione annua. Infine si ritirò nel castello di Foglizzo (odierna provincia di Torino), ospite del genero Bartolomeo di San Giorgio, e qui morì probabilmente il 7 nov. 1559.
Bibl.: V. Badini-Confalonieri, Storia dei principi di Masserano Ferrero Fieschi, Torino 1875, pp. 11-13; G. Claretta. Della tirannia dei Ferrero Fieschi, principi di Masserano,Torino 1892, pp. 4-6 (estratto da Atti della R. Acc. delle scienze di Torino,XXVII [1892]); R. Quazza, La contea di Masserano e F. F. F.,Biella 1908, pp. 32-107; L. Borello, F. F. F., march. di Masserano e lo spionaggio nel castello di Masino, in Rivista biellese,IV(1924), nn. 5, 6, 7; M. Rosazza, Il Biellese ai tempi di Emanuele Filiberto, in Bibl. della Società stor. subalp., CVIII (1928), pp. 34-335; V. Barale, Il principato di Masserano e il marchesato di Crevacuore,Biella 1966, pp. 128-188; P. Litta, Le fam. celebri ital., s. v. Ferrero di Biella,tav. IV.