FILIPPA da Catania (Filippa la Catanese, Filippa Cabanni)
Secondo il Boccaccio, che le dedicò un intero capitolo nel De casibus illustrium virorum (lib. IX), era di umilissima origine, lavandaia e moglie di un pescatore, quando fu assunta al servizio della corte angioina come balia di Ludovico, secondogenito di Roberto duca di Calabria e di Violante d'Aragona. Il Boccaccio, che deve averla conosciuta personalmente durante i suoi soggiorni a Napoli, afferma di avere appreso la sua storia singolare dalla viva voce di due vecchi cortigiani napoletani, Marino Bulgaro e Costanzo de Rocca. L'intento moralistico dell'opera lascia dubitare di alcuni particolari del racconto, ma è certo che F. entrò al servizio del duca di Calabria nel 1301, in coincidenza con l'occupazione angioina di Catania (e non durante l'assedio di Trapani come afferma il Boccaccio), quando appunto nacque Ludovico d'Angiò. Conclusa la spedizione siciliana, la duchessa di Calabria portò F. con sé a Napoli, dove ella rimase anche dopo la morte prematura del principino. Rimasta vedova, F. sposò tra la fine del 1304 e l'inizio del 1305 Raimondo de Cabanni, un ex schiavo moro, il quale, sempre secondo il Boccaccio, era diventato maestro delle cucine reali. In occasione del loro matrimonio Roberto d'Angiò assegnò agli sposi, il 6 febbr. 1305, una rendita di 20 once annue.
Alle dirette dipendenze della famiglia reale, fu facile a F., donna di indubbie capacità e ambizioni, di guadagnarsi la piena fiducia di Roberto d'Angiò, diventato re nel 1309, il quale la impiegò come governante delle due nipoti, Giovanna e Maria, figlie dell'erede al trono Carlo duca di Calabria e di Maria di Valois. Giovanna in particolare, rimasta orfana in giovanissima età, le era molto affezionata. Divenuta regina nel 1343, ricordò espressamente, in un diploma rilasciato in favore di F., le cure affettuose prodigatele negli anni della sua infanzia. F., infatti, che nel 1334 aveva perso anche il secondo marito, senescalco dell'ospizio del re al momento della morte, è ricordata in vari documenti come "magistrissa" di Giovanna d'Angiò. Era difficile resistere alla tentazione di sfruttare questa situazione a favore della sua famiglia, che F. seppe introdurre in effetti nella cerchia dei più intimi cortigiani della regina. Dal matrimonio con Raimondo de Cabanni le erano nati tre figli, Carlo, Perrotto e Roberto, giunti tutt'e tre alle più alte cariche nella casa del re, i quali, dimentichi della loro umile origine, ostentavano veste e dignità di principi di sangue reale. Nella sua qualità di governante delle figlie del duca di Calabria e dama di compagnia della regina Sancia, seconda moglie del re, F. si preoccupò di circondare le giovani principesse di propri congiunti: in un elenco delle loro "domicelle" del 1336 figurano infatti due sue nuore, Margherita da Ceccano, moglie di Carlo, e Sighilgaita Filomarino, moglie di Roberto, e due nipoti, Sancia e Caterina, figlie rispettivamente di Carlo e di Roberto. Sancia de Cabanni con tutta probabilità era coetanea di Giovanna e diventò una delle sue migliori amiche.
L'ascendente esercitato da F. su Giovanna d'Angiò, che doveva considerarla quasi una madre, risultò decisivo quando, nel gennaio 1343, Giovanna successe al nonno Roberto sul trono di Napoli. Dimostrò subito quanto fosse forte l'attaccamento alla vecchia governante con una serie di concessioni a favore di lei e dei suoi congiunti (l'8 giugno 1343 donò a F. un giardino nei pressi di Napoli) e soprattuto con la nomina di Roberto de Cabanni a conte di Eboli e gran senescalco del Regno.
L'influenza di F. nei primi anni del regno di Giovanna I dovette, dunque, essere considerevole. Ne è indizio sicuro la posizione di predominio raggiunta a corte dal figlio Roberto, ma quale sia stata la sua parte nella vicenda dell'assassinio di Andrea d'Ungheria, marito della regina, del quale fu accusata, non è possibile stabilire. Il pontefice Clemente VI la ritenne responsabile della grave rottura prodottasi tra Giovanna e Andrea, e all'inizio del 1345 le proibì l'accesso a corte.
Gli assassini di Andrea, massacrato nella notte tra il 18 e il 19 sett. 1345 nella residenza di Aversa, rimasero sconosciuti, anche se del delitto furono accusati due funzionari subalterni, giustiziati immediatamente. Molti indizi lasciano supporre invece che i veri responsabili dovessero cercarsi proprio all'interno della famiglia della regina, con tutta probabilità tra i suoi cugini, i duchi di Taranto. È comunque impossibile stabilire se F. abbia avuto qualche contatto con loro. Solo la rivalità esplosa tra Ludovico e Roberto di Taranto ripropose la questione dell'assassinio: ottenuto l'appoggio del pontefice, Ludovico di Taranto nel marzo del 1346 sobillò, insieme con Carlo di Durazzo, la folla napoletana che assediò la regina in Castel Nuovo, esigendo la consegna di alcuni personaggi della sua corte accusati di aver assassinato Andrea d'Ungheria: tra di essi F., suo figlio Roberto e la nipote Sancia contessa di Morcone. Giovanna cedette alla violenza solo dopo lunghe esitazioni. Sottoposti alla tortura, tutti e tre ammisero la partecipazione al delitto e furono incarcerati nel Castel dell'Ovo.
F., ormai in età avanzata, morì in carcere per i maltrattamenti subiti prima dell'istruzione del processo, tra il 10 marzo e il 2 ag. 1346, giorno nel quale suo figlio Roberto salì sul patibolo.
Il figlio Perrotto era morto già nel 1336 ed era stato sepolto accanto al padre nella chiesa di S. Chiara a Napoli. Carlo, vicesenescalco dell'ospizio reale, che dal matrimonio con Margherita da Ceccano aveva avuto quattro figli (Raimondo, Antonio, Sancia e Giovannella), era morto invece nel 1340.
Fonti e Bibl.: Ioannis Boccaccii Certaldi De casibus illustriumvirorum, Parrhisiis s.d., ff. CXVr-CXVIv; C. Minieri Riccio, Studi storici fatti sopra84 registri angioini, Napoli 1876, pp. 9 s., 63 s.; Id., Notizie storiche tratte da 62 registri angioini, ibid., 1877, pp. 8, 113 ss., 134; M. Camera , Elucubrazioni storico-diplomatiche su Giovanna I e Carlo III di Durazzo, Salerno 1889, pp. 3, 40, 47, 49, 5 8 s.; St.Clair Baddeley, Robert the Wise and his heirs, London 1897, ad Indicem; G. De Blasiis, Racconti di storia napoletana, Napoli 1908, pp. 195, 215 s.; F. Torraca, Giovanni Boccaccio a Napoli (1326-1339), in Arch. stor. per le prov. nap., XXXIX (1914), pp. 425 s.; E-G.Léonard, Histoire de Jeanne Ière, reine de Naples, comtesse de Provence, Monaco-Paris 1932, ad Indicem; Storia di Napoli, III, Napoli 1969, pp. 227, 233, 235, 241, 245 s.