Filippine
(XV, p. 292; App. I, p. 595; II, i, p. 939; III, i, p. 613; IV, i, p. 795; V, ii, p. 223)
di Anna Bordoni
La popolazione delle F. (68,6 milioni di ab. al censimento del 1995, saliti nel 1998, secondo una stima, a 72,9 milioni) continua a crescere con un ritmo molto sostenuto; di conseguenza la pressione sulle risorse è fortissima e il livello di sviluppo economico e sociale si è notevolmente abbassato: si valuta che poco meno di un terzo della popolazione viva al di sotto della soglia di povertà. La natalità si mantiene su valori elevati (30,4‰ nel periodo 1990-95) contro una mortalità scesa al 6,4‰. La capitale, Manila, è passata da 1.598.900 ab. nel 1990 a oltre 1.654.000 ab. nel 1995, e nell'intera agglomerazione urbana, la Grande Manila, sfiora gli 8,6 milioni di abitanti.
Nonostante permangano gravissimi squilibri di ordine sociale e territoriale, negli ultimi anni il processo di democratizzazione e la raggiunta stabilità politica hanno favorito un discreto recupero economico del paese. Il PIL segna lievi ma costanti progressi (1% medio annuo nel periodo 1980-90, 2,9% nel periodo 1990-96, 5,7% nel 1996 e 5,1% nel 1997), mentre i tassi di inflazione e di disoccupazione appaiono contenuti. Altri segnali favorevoli si sono manifestati nella seconda metà degli anni Novanta: la riduzione dei tassi di interesse, la stabilità della moneta locale rispetto al dollaro, l'avanzo del bilancio pubblico, l'aumento delle riserve di valuta estera e il fortissimo incremento delle rimesse dei 4 milioni di lavoratori all'estero, dopo la liberalizzazione del controllo dei cambi. Inoltre gli investitori stranieri sono tornati a guardare con interesse alle possibilità offerte dal paese: prevalgono i capitali statunitensi, seguiti da quelli giapponesi e da quelli di Hong Kong e di Taiwan. Tra le note meno positive occorre ricordare il pesante debito pubblico, interno ma soprattutto estero, pari a circa la metà del prodotto interno lordo, e la grave crisi finanziaria e borsistica che, nel 1997 e soprattutto nel 1998, ha coinvolto molti paesi del Sud-Est asiatico e, di conseguenza, anche il mercato filippino.
Poco meno della metà della popolazione deve considerarsi rurale e, dato che l'economia delle F. continua a reggersi essenzialmente sull'agricoltura, i più recenti piani economici governativi hanno introdotto misure per favorire la crescita del settore e avviato una nuova parziale (10%) ridistribuzione della proprietà fondiaria.
Riso e mais sono le colture più diffuse (rispettivamente coprono il 39,5 e il 30% delle terre coltivate), ma i loro rendimenti unitari sono piuttosto deboli: 2856 kg/ha per il riso nel 1996 (contro una media mondiale di 3730 kg/ha) e 1518 kg/ha per il mais (media mondiale 4117 kg/ha). Tra le colture destinate all'esportazione predominano quelle della canna da zucchero, la cui produzione alimenta numerosi zuccherifici (oltre 18 milioni di q di zucchero nel 1996), della palma da cocco, che fornisce copra, noci e olio, del tabacco, il cui prodotto, molto pregiato, è largamente richiesto dal mercato mondiale. La foresta, che occupa il 45,3% della superficie territoriale, ha prodotto 39.857.000 m³ di legname nel 1995, mentre alcune piantagioni di Hevea forniscono discreti quantitativi di caucciù (oltre 2 milioni di q nel 1996). L'allevamento continua a essere poco sviluppato: prevalgono bovini (tra i quali i bufali, impiegati anche nel lavoro delle risaie), allevati in forme sempre più razionali, suini e animali da cortile. Assai attiva è, invece, la pesca il cui prodotto ha nell'alimentazione locale un'importanza paragonabile a quella del riso: nel 1994 sono state sbarcate 2.276.200 t di pesce, pari a circa 34 kg/abitante. In decremento appare il peso delle produzioni minerarie (rame, nichel, cromo, oro e argento), che alimentano modesti scambi internazionali. L'estrazione di petrolio e gas naturale è ancora insufficiente a coprire il fabbisogno interno; e la situazione dovrebbe cambiare con lo sfruttamento (previsto per il 2001) di un consistente giacimento sottomarino scoperto a nord dell'isola di Palawan.
Il settore industriale è fortemente orientato alla produzione di beni per il mercato interno, con particolare riguardo al comparto agroalimentare, che annualmente realizza circa il 36% del valore aggiunto industriale del paese, ma non mancano comparti indirizzati all'esportazione, quali il chimico (12% del valore aggiunto industriale), il tessile (11%) e quello dell'elettronica e della componentistica elettromeccanica, favorito da una manodopera ancora a basso costo ma qualificata. I servizi partecipano per quasi la metà alla formazione del PIL, con un incremento del 4% annuo tra il 1985 e il 1995. Di grande importanza per l'economia del paese è il settore turistico: nel 1996 hanno visitato le F. oltre 2 milioni di persone, per complessive entrate valutarie di oltre 2,4 miliardi di dollari. La bilancia commerciale è negativa: i principali scambi si svolgono con gli Stati Uniti e con il Giappone, ma si vanno intensificando i traffici con altri paesi asiatici e con qualche Stato europeo.
bibliografia
The Economist Intelligence Unit, Country report. Philippines, London 1993.
R. de Koninck, L'Asie du Sud-Est, Paris-Milano-Barcelona 1994; Regional economic strategies in East Asia, ed. F. Gipouloux, Tokyo 1994.
R. Vos, J.T. Yap, The Philippine economy. East Asia's stray cat? Structure, finance and adjustement, Houndmills-New York 1996.
P. Gerson, Poverty and economic policy in the Philippines, in Finance and development, 1998, 3, pp. 46-49.
Storia
di Paola Salvatori
La crisi del regime autoritario di F.E. Marcos (1986) e il varo di una nuova Costituzione democratica attuato da C. Aquino (capo dello Stato e dell'esecutivo dal 1986 al 1992) non coincisero con un generale e profondo rinnovamento del costume politico e delle pratiche di governo. La vita politica continuò infatti a essere caratterizzata da una diffusa corruzione e dai contrasti delle oligarchie dominanti, espressione degli interessi agrari e finanziari, mentre la prosecuzione delle politiche di austerità e i limiti della riforma agraria varata nel 1988 continuarono ad alimentare forti tensioni sociali. L'irrequietezza delle forze armate (autrici di ben sette tentativi golpisti dal 1986 al 1990) e la ripresa della guerriglia comunista e musulmana costituirono ulteriori motivi di instabilità e contribuirono a indebolire il governo della Aquino, già minato dalla crisi della coalizione che ne aveva sostenuto l'elezione.
Nel maggio 1992 si svolsero le elezioni generali, che confermarono la frammentarietà del quadro politico e portarono alla presidenza l'ex ministro della Difesa, F. Ramos, sostenuto dalla Aquino che aveva deciso di non ricandidarsi. Il nuovo presidente formò un esecutivo di coalizione e pose al centro del suo programma il rilancio dell'economia e la riconciliazione nazionale con i guerriglieri e i militari golpisti. Tolto il bando contro il partito comunista e concessa un'amnistia (settembre 1992), il governo intavolò con i guerriglieri comunisti del New People Army (NPA) e con il movimento indipendentista musulmano (il Moro National Liberation Front, MNLF) nuovi, difficili negoziati di pace; nell'agosto 1993 fu inoltre avviata un'azione per disarmare le numerose formazioni paramilitari, finanziate da notabili locali e da proprietari terrieri, dedite ad attività illecite.
Dal punto di vista economico, l'amministrazione Ramos proseguì nel processo di liberalizzazione avviato dalla Aquino, varò numerosi incentivi per favorire gli investimenti dall'estero e aprì il sistema bancario agli istituti di credito stranieri. Ciò favorì un rilancio dell'economia e una crescita del prodotto interno lordo che oscillò, tra il 1994 e il 1997, tra il 5 e il 7%. Le elezioni per la Camera dei rappresentanti del maggio 1995 premiarono i partiti della coalizione governativa, che tuttavia entrò in crisi nel corso del 1996 per il ritiro della formazione principale, il centrista Laban ng Demokratikong Pilipino (LDP, Lotta popolare democratica filippina), contrario alla severa legislazione antiterroristica introdotta nel 1996 da Ramos, nonché ai suoi progetti di riforma fiscale e di ristrutturazione della burocrazia statale.
Nel settembre 1996 fu siglato un accordo tra governo e MNLF, che pose fine a 24 anni di guerriglia nelle province meridionali. Esso prevedeva: l'istituzione di un Consiglio delle F. meridionali per la pace e lo sviluppo, cui era affidata l'amministrazione di 14 province e 10 città nella regione musulmana del Mindanao; l'effettuazione di un referendum sull'autonomia delle regioni meridionali; l'integrazione nell'esercito filippino di una parte delle truppe ribelli. Parallelamente vennero avviati negoziati con l'ala più intransigente del movimento islamico, il Moro Islamic Liberation Front (MILF) - sorto nel 1978 da una scissione del MNLF - che, contraria all'accordo, aveva continuato i combattimenti. I colloqui, culminati nella tregua del luglio 1997 e nell'accordo del marzo successivo, si interruppero nel dicembre 1998, quando ripresero gli scontri tra MILF ed esercito, proseguiti nel corso del 1999.
Sul piano internazionale il governo proseguì in quegli anni un'intensa attività diplomatica, volta a promuovere una più stretta collaborazione economica a livello regionale, nonché a migliorare i rapporti con gli Stati Uniti e con Taiwan. Con la Cina, invece, le relazioni rimasero difficili soprattutto per la mancata soluzione della controversia relativa alle isole Spratley, la cui sovranità era rivendicata, oltre che da Manila e Pechino, anche da altre nazioni (Taiwan, Vietnam, Brunei e Malaysia).
Nel maggio 1998 si tennero le elezioni generali. Il candidato appoggiato dal presidente uscente (cui la Costituzione vietava di ricandidarsi), dalla Chiesa e da una parte del mondo degli affari, J. de Venecia, venne battuto dal vicepresidente J. Estrada, che condusse una campagna elettorale dai toni fortemente populisti e ottenne anche l'appoggio della vedova di Marcos, Imelda. Il partito di Estrada, il Laban ng Makabayang Masang Pilipino (Lotta delle masse nazionali filippine), conquistò così anche la maggioranza dei seggi (110) nella Camera dei rappresentanti, mentre la coalizione centrista, formata da tre partiti, ne ottenne solo 50.
bibliografia
D. Timberman, A changeless land. Continuity and change in Philippine politics, Singapore 1992; M. Defensor-Santiago, At the turn of the century: national policy issues in the Philippines, Manila 1997; B.F. Ople, The Philippines and the world: selected essays and speeches on foreign policy, Quezon City 1997.