AGRICOLA, Filippo
Nato a Roma il 12 apr. 1795 (e non altra data) dal pittore Luigi, fu avviato allo studio delle lettere che pero lasciò ben presto per la pittura. Già nel 1809 era allievo del padre, di Pietro Delicati e di Angelo Toschi. In seguito fu allievo di Gregorio Fidanza e, nell'Accademia di S. Luca, di G. Landi e V. Camuccini. Nel 1812 vinse il concorso "Canova" (detto anche "napoleonico"), col quadro Mario sulle rovine di Cartagine, e la pensione triennale istituita dal Canova.
Esponente del tardo neoclassicismo a Roma, fu, all'Accademia di S. Luca, prima accademico di merito (1821), poi (27 marzo 1836) primo cattedratico di pittura e presidente nel 1854-1855. Il largo favore da lui goduto è attestato dalle numerose cariche, titoli, onorificenze: dal 1840 direttore dello studio vaticano di mosaico, e dal 1843 ispettore delle pubbliche pitture; professore delle Accademie di Firenze, Venezia, Bologna, Lisbona, Atene; socio onorario dell'Accademia romana d'archeologia, commendatore degli Ordini di S. Gregorio Magno e di S. Stanislao, cavaliere della Legion d'onore e dell'Ordine portoghese di Cristo.
Partendo dall'imitazione di Raffaello, l'A. si espresse in una pittura fredda e levigata, di cui lo Stendhal, nel 1828, indicava i gravi limiti. Come per molti artisti neoclassici, le sue migliori opere sono i ritratti: soprattutto noto quello (1821; dal 1909 alla Galleria nazionale d'arte moderna di Roma) di Costanza Monti Perticari, sua amica ed ammiratrice: esso si rifà, con qualche suggestione di Ingres, a modelli del periodo fiorentino di Raffaello, e fu esaltato dal Monti nel sonetto "Più la contemplo, più vaneggio...".
Della produzione giovanile dell'A, ebbero grande successo una serie di dittici, acquistati nel 1826 dalla duchessa di Sagan, oggi dispersi e noti solo attraverso incisioni, rappresentanti poeti famosi con le loro donne: Petrarca e Laura (1820), Dante e Beatrice (1822), Tasso ed Eleonora, Ariosto ed Alessandra (1823). Per alcuni di essi aveva dato suggerimenti il Monti, che poi li celebrò nella canzone:
"Nell'ora che più l'alma è pellegrina".
Verso il 1830 l'A. rinnovò i soggetti della sua pittura sotto l'influsso della nuova generazione romantica, cosicché G. Mazzini poté considerarlo quasi un precursore della "scuola moderna".
Per gran parte non più rintracciabili sono i dipinti eseguiti per privati: la Sacra Famiglia (1829), per il conte Monticelli; il Tasso accolto in S. Onofrio (1835), per don Marino Torlonia; il Giuramento del doge Enrico Dandolo, per lady Murray; un Giovane albanese znseguito da un turco, per il conte Lutzow. Ancora conservata è la tela con La morte di Camilla (1827) nel palazzo Rasponi di Ravenna. Tra le opere eseguite per chiese di Roma si ricordano, principali: il Redentore tra S. Giovanni Battista e S. Giovanni Evangelista (1839), in S. Giovanni in Laterano, e l'Assunzione in S. Paolo fuori le Mura (l'A. dette anche alcuni cartoni per i mosaici della facciata di questa chiesa). Ma le ultime opere dell'A. non ebbero successo nemmeno nella cerchia della Roma accademica: la tela dell'Assunzione, trasportata in S. Paolo con pompa inusitata, fu derisa dall'arguzia popolare.
Morì a Roma il 2 dic. 1857.
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