ARENA, Filippo
Nacque in Piazza Armerina (Sicilia) il i maggio 1708; fu gesuita e insegnante di matematiche nelle scuole del suo ordine in Viterbo, in Malta, e finalmente in Palermo, dove si fermò lunghi anni; dopo l'espulsione dei gesuiti dalla Sicilia, avvenuta nel 1767, si trasferì a Roma, dove morì nel 1789.
L'A., sebbene non sia stato un naturalista di professione, ma soltanto un amatore di piante da fiori, pure, dotato di profondo spirito d'osservazione, ricco d'iniziativa e d'immaginazione, con la sua opera La natura e coltura dei fiori (2 voll. di testo e uno di tavole, Palermo 1767-68) sta nella prima linea del movimento scientifico del suo tempo, e va considerato come uno dei precursori della moderna biologia. In questo libro si trovano mescolate umili norme pratiche di giardinaggio e discussioni dei più alti problemi scientifici, osservazione e critica obiettiva dei fatti, esperienze rigorose e, dove queste non possono giungere, ipotesi arbitrarie e anche fantasticherie ingiustificabili. Per quanto l'opera sia piena di molti errori proprî del tempo, e di altri particolari dell'autore, con essa l'Arena fa una dimostrazione definitiva e in gran parte originale della sessualità delle piante fanerogame e della necessità dell'impollinazione, le quali al suo tempo erano ancora molto contrastate, ed è il primo a scoprire un fatto biologico d'importanza grandissima e generale, la fecondazione incrociata dei fiori per mezzo degli insetti. L'opera classica di Corrado Sprengel, al quale va generalmente attribuita tale scoperta, è posteriore di 26 anni; e se essa è indubbiamente superiore per ogni riguardo, sono però da considerare, indipendentemente dalla priorità, le condizioni d'ambiente nelle quali si svolgeva l'opera dell'uno e dell'altro naturalista, e la circostanza che l'A. non era un botanico di professione e completo, non possedeva né quella vasta conoscenza del regno vegetale e delle tanto varie strutture florali, né quelle nozioni di entomologia, che gli sarebbero state necessarie per dare alla sua scoperta quel pieno sviluppo che poté darle lo Sprengel.
Nello stesso libro l'A. pone e tenta di risolvere molti dei problemi fondamentali della moderna genetica. Tratta largamente dell'ibridismo, e descrive ibridi vegetali da lui ottenuti quasi contemporaneamente al Kolreuter, ritenuto il primo a praticarli; tratta, sempre in base a osservazioni ed esperienze, della conservazione della purezza delle razze, e dell'inquinamento di esse per effetto del vicinismo; delle variazioni lente e delle brusche, di quelle per seme e per ramo, della produzione dei fiori doppî, ecc. Dai concetti teorici trae infine la possibilità di utili applicazioni pratiche: ritiene che il gran numero di razze di piante coltivate che possediamo provenga da incroci e reincroci fra poche originarie, e quindi sostiene che, per arricchirci di nuove e più pregevoli razze, tanto delle piante utili quanto delle ornamentali, dobbiamo eseguire incroci fra le razze esistenti e moltiplicarle largamente per seme. Sparse poi qua e là nel libro, occasionalmente, sono anche molte osservazioni dall'autore fatte su varî altri argomenti biologici, come sulla disseminazione per opera del vento o degli animali, sull'apertura e chiusura dei fiori per variazioni della luce e del calore, sulla partenogenesi nei gorgoglioni, ecc.
L'opera dell'A. non ebbe buon successo fra i contemporanei, ed è tuttora poco nota ai biologi.
Bibl.: D. Scinà, Prospetto della storia letteraria di Sicilia nel secolo XVIII, Palermo 1824-27; P. Riccardi, Biblioteca matematica italiana, Modena 1870, I, p. 47; C. Sommervogel, Bibliothèque de la Compagnie de Jésus, I, Bruxelles-Parigi 1890, col. 527; P. A. Saccardo, La botanica in Italia, Venezia 1895-1901, parte 1ª, p. 17, parte 2ª, pp. xi e 12-13; H. Solms-Laubach, in Botanische Zeitung, LV, (1897), p. 116; D. Lanza, Dis. stor. d. sviluppo d. scienze biologiche in Sicilia, in Atti Congr. Chimica, Roma 1926, p. 1515.