BALDINUCCI, Filippo
Nacque a Firenze il 3 giugno 1625 da Giovanni e da Caterina da Valle. Membri della sua famiglia, fin dal Trecento, avevano avuto pubblici uffici ed esercitato la mercatura; il padre, uomo d'affari, aveva conosciuto a Roma S. Filippo Neri ed era vissuto in dimestichezza con Ippolito Galantini, fondatore della Congregazione della dottrina cristiana; da qui l'impronta severamente religiosa impressa all'educazione del figlio, avviato agli studi dai gesuiti, ma presto chiamato a collaborare e continuare le attività commerciali paterne. Di ingegno precoce, con disposizione alla musica e alle arti figurative, il B. frequentò la bottega di Iacopo Maria Foggini, incisore e scultore dì qualche fama, e quella del più noto pittore Matteo Rosselli. Secondo il costume del tempo si trattava di un'educazione complementare da dilettante. Ma il B. mise a profitto i suoi talenti artistici l'arguto conversare e la sua cultura nel colto e aristocratico mondo granducale, frequentando la brigata che si raccoglieva in Firenze e alla villa della Lastra di Empoli, attorno al gentiluomo fiorentino Alessandro Valori. La fama del B., ritrattista della compagnia ed esperto d'arte, lo mise ben presto in evidenza presso la corte, accompagnata dall'apprezzamento di lui come uomo avveduto negli affari e probo. Nel 1664 il granduca Ferdinando II lo propose alla sorella Anna d'Austria per dirimere questioni sorte nell'amministrazione dei beni dotali di costei, le tenute della "Virgiliana" di Mantova. Il soggiorno in quella città e i viaggi nelle città viciniori gli permisero la diretta conoscenza della cosiddetta "pittura lombarda", cioè del mondo dell'arte fuori dell'orbita fiorentina, nell'arco che va da Correggio ai Carracci. A Mantova, alla corte di Carlo II Gonzaga, ricevette consacrazione ufficiale la fama da lui acquisita di conoscitore infallibile delle maniere. Dopo due mesi di soggiomo, sbrigati gli affari e rientrato in Firenze, il cardinale Leopoldo de' Medici gli commise una copia della Madonna della basilica della Annunziata da inviare in dono all'imperatore Leopoldo e successivamente, dopo una specie di esame preliminare - se dobbiamo prestar fede alla narrazione del figlio Francesco Saverio - l'identificazione immediata cioè di 200 disegni di cui era scritta nel verso la paternità, il cardinale gli affidò l'ordinamento della sua grande raccolta di disegni. Era il primo e il più importante nucleo dell'attuale superba raccolta dei disegni degli Uffizi che li B. disporrà in più di cento libri, seguendo il criterio cronologico: incarico presto seguito da quello della sistemazione e dell'incremento della collezione degli autorkratti dei pittori - la grande Raccolta degli Autoritratti - vanto degli Uffizi, unica al mondo.
Il cardinale Leopoldo, che aveva ammesso il B. alle "consulte" o commissioni di acquisto delle opere, lo fece viaggiare a questo scopo per l'Italia, specie settentrionale, non cessando di proteggerlo nel corso di undici anni e cioè sino alla morte (1675). Dopo, sebbene meno fervidamente, l'impresa sarà sostenuta da Cosimo III. A motivo del suo incarico il futuro storico veniva a contatto diretto con gli artisti d'Italia e di Europa. Risultato di questa feconda attività è il progetto per la sua più grande fatica, le Notizie de' professori del disegno da Cimabue in quà, il cui primo volume usciva nel 1681. Le Notizzie, concepite originariamente come appunti in appoggio alla sua attività di ordinatore e a integrazione del grande Albero genealogico delle maniere da lui ideato nel 1675 e di cui purtroppo si è persa traccia, gli si allargarono a mano a mano, finendo per prendere l'aspetto di storia di tutta l'arte italiana dalle origini sino all'anno 1670, ordinate per secoli e decenni.
Dei sei volumi, di cui si compone l'opera, solamente tre furono pubblicati vivente l'autore. Lo schema annalistico adottato ha ovviamente qualcosa di meccanico, ma nel passare dai primi secoli ai tempi più vicini la narrazione si rianima per effetto di una adesione sempre più affettuosa alla persona dell'artista, la cui vita è tessuta badando alle umane vicende e alla operosità artistica, e quest'ultima è puntualizzata nei suoi momenti essenziali, concorso di bravura e risultato di temperamento non senza l'incidenza del soprannaturale.
Le Notizie, iniziate con il nome di Cimabue, furono portate fin quasi a tutto il Seicento chiudendosi con la Vita di Mattia Preti. L'idea vasariana della rinascita dell'arte con Cimabue e Giotto e quindi della preminenza toscana è accolta senza incertezze - la cecità dinanzi al Medioevo è completa -; ma, in misura assai maggiore del suo modello e degli altri storici che l'hanno preceduto, il B. vuole illustrare tutti gli angoli del suo panorama italo-europeo. Egli usa accuratamente la storiografia precedente, che non dimentica di citare, e si distingue per avere svolto per primo un'attività di antiquario, di ricercatore e di indagatore di documenti con una sollecitudine che avrà un senso solo nel sec. XIX col fiorire della scuola storica e coll'opera dei Milanesi, dei Guasti, dei Campori ed altrettali.
Nel 1658 si sposò con Caterina Scalari, di cospicua famiglia fiorentina, ed ebbe cinque figli, tre dei quali abbracciarono lo stato ecclesiastico (tra questi Antonio); il terzogenito Francesco Saverio, di professìone avvocato, fu il collaboratore e il continuatore delle attività e degli studi paterni. Fu proprio per accompagnare il quindicenne figlio Antonio a vestire l'abito della Compagnia di Gesù che il B. si recò a Roma nell'apr. del 1681. Qui, ospite dell'ambasciatore del granduca a palazzo Madama, in rapporto con gli amici fiorentini residenti a Roma, tra i quali specialmente Francesco Marucelli, venne presto introdotto presso Cristina di Svezia, con la quale aveva già avuto rapporti epistolari, mediatori il cardinale Decio Azzolini e Gian Lorenzo Bernini. Morto quest'ultimo l'anno prima (1680), l'estrosa principessa, grande ammiratrice del Bernini, aveva già ottenuto dal letterato fiorentino l'impegno di scriverne la vita. Il più grande artista dell'età barocca era scomparso nel turbine di una fama esaltata e avversata. Sostanzialmente la Vita del Cav. G. L. Bernino, Firenze 1682, avrebbe dovuto essere la difesa dell'artista dalle accuse dei detrattori, specie quella di aver compromesso la stabilità della cupola di Michelangelo coi lavori ai piloni della basilica di S. Pietro.
Il B. si accinse subito all'opera, raccogliendo le testimonianze dei figli e degli allievi, tra cui specialmente Mattia De' Rossi, e dei bene informati pittori Carlo Maratta e Filippo Lauri, nonché consultando i documenti dell'archivio della Fabbrica di S. Pietro (specialmente i Libri congregationum, verbali delle sedute). Ne usci fuori uno dei ritratti più vivaci della personalità eccezionale del Bernini, un racconto colorito e talora drammatico degli avvenimenti tanto singolari della vita e ìnsieme una accurata ricostruzione della sua opera. Aggiunge pregio alla biografia la trascrizione della "poetica" berniniana, il racconto delle sue confidenze, delle sue impennate, delle sue preferenze, in un teatro che ha per sfondo le corti romana e francese e la più alta società del tempo.
Nel 1677 il B. era stato nominato vicario granducale per la Terra di Vico Pisano. Qui, nelle ore libere dall'ufficio, oltre che all'opera maggiore, egli attese, indottovi dall'amico Lorenzo Pucci, alla compilazione del Vocabolario toscano dell'arte del disegno, pubblicato nel 1681, altra prova del suo temperamento polivalente di conoscitore, dilettante, erudito, storico e letterato.
Il Vocabolario, che non ha precedenti e risolve e chiarisce il linguaggio degli "ateliers" e i connessi ricettari, considera le voci proprie alle singole arti, facendo largo campo alle arti minori, all'artigianato e ai mestieri, e così fornendo un quadro ben vivo dei procedimenti tecnici e manuali della fine del Seicento.
La fama conseguita con le Notizie e col Vocabolario valse al B. l'ammissione all'Accademia della Crusca nella quale assunse il nome di Lustrato, con l'impresa della statua e della paglia e il motto dantesco: "lucente più assai di quel ch'ell'era".
La Lettera a Vincenzo Capponi nella quale si risponde ad alcuni quesiti in materia di pittura, Roma 1681, e la Veglia. Dialogo di Sincero Veri, Lucca 1684, integrate dalla Lezione nell'Accademia della Crusca, Firenze 1692, racchiudono la metodologia del Baldinucci.
Nella Lettera, a parte posizioni tradizionali, si affronta per la prima volta un problema sorto nel variopinto mondo dei conoscitori dilettanti e ricchi signori collezionisti, quello dei criteri validi a distinguere le maniere degli artisti e, di conseguenza, l'opera d'arte autentica dalla copia, e infine il valore della copia: atteggiamento questo decisamente anticipatore.
Non meno importante la Veglia, sul valore e l'uso dei documenti e delle notizie attestate, strenua difesa del primato fiorentino e pertanto in polemica con Cesare Malvasia.
In correlazione con l'interessamento del B. pei disegni va considerato il Cominciamento e progresso dell'arte dell'intagliare in rame colle vite di molti de' più eccellenti maestri della stessa professione, Firenze 1686, la prima storia specialistica della incisione, su piano europeo, e in un momento in cui essa prendeva coscienza della sua autonomia, anche rispetto alla pittura. Il volume, che si apre con il Dürer, apprezzato ancorché troppo "naturalista", non dimentica Rembrandtl di cui, nonostante la pregiudiziale classicistica, il B. riesce a cogliere la tecnica e a intuire qualche barlume di grandezza. Minore importanza ha la Lezione accademica, letta alla Crusca nelle due tornate del 29 dic. 1691 e 5 genn. 1692, Che è un confronto tra la pittura antica e la moderna, un anticipo di quella che in Francia, dilagandovi, sarà chiamata la "querelle des anciens et des modernes", nata per vero in Italia col Tassoni e il Boccalini, decìsa dal B. in favore dei moderni, sostanzialmente per ragioni tecnicistiche (gli antichi non hanno conosciuto la pittura ad olio).
Rientrano in tutt'altro genere di lavoro i Lazzi contadineschi, brevi componimenti teatrali farseschi, scritti per essere recitati dai giovani dell'oratorio di S. Firenze, detti Sanfirenzini, di cui alcuni pubblicati nel secolo scorso, i più inediti: scene di vita colte nel mondo dei contadini nei loro rapporti coi padroni, notai e avvocati, con una vena comica che rivela l'amico di Lorenzo Lippi. Negli ultimi anni della vita attese a fare una nuova raccolta di disegni - più di un migliaio - passati a Pandolfo Pandolfini, venduti nel 1806 al Louvre (cfr. R. Bacou e J. Bean, Dessins florentins de la collect. de F. B.,Paris 1958, catalogo della mostra di 64 disegni della sua collez.; v. anche in The Connoisseur, CXLII [1958], n. 571, p. 53).
Morì a Firenze il 10 genn. 1696.
Opere: Listra (sic) de, nomi de pittori de' quali si hanno disegni et il primo numero denota quello de' disegni, l'altro denota quello nel quale fiorirono i medesimi pittori e tutto sino al presente giorno 8 dicembre 1673, in fol. s. d. né n. t., di cc. 9; Notizie de' professori del disegno..., I, Firenze 1681; II, dal 1300 al 1400, ibid. 1686; III, dal 1400 al 1550 [sta per 1550], ibid. 1728; IV, dal 1550 al 1580, ibid. 1688; V, dal 1580 al 1610, ibid. 1702; VI, dal 1610 al 1670, ibid. 1728; 2 ediz., a cura di D. M. Manni, Firenze 1767-74; 3 ediz., a cura di G. Piacenza, Torino 1768-1820; 4 ediz., Milano 1808-1812; 5 ediz., a cura di F. Ranalli, Firenze 1845-47. Non compresa nelle Notizie la Vita di Filippo di ser Brunellesco, pubbl. a cura di Domenico Moreni, Firenze 1812. Detta Vita, come viene dichiarato nella introduzione, è stata rimaneggiata dal figlìo del B., Francesco Saverio; Lettera al marchese Vincenzo Capponi nella quale si risponde ad alcuni quesiti in materia di pittura, Roma 1681 (rist. Firenze 1687; ibid. 1765; Milano 1809); Vocabolario toscano dell'arte del disegno nel quale si esplicano i propri termini e voci non solo della pittura, scultura e architettura; ma ancora di altre arti e quelle subordinate e che abbiano per fondamento il disegno, con la notizia de' nomi e qualità delle gioie, metalli e pietre dure, marmi, pietre tenere, sassi, legnami, colori, strumenti ed ogni materia che servir possa, tanto alla costruzione di edifici e loro ornato quanto alla stessa pittura e scultura, Firenze 1681 (rist. Firenze 1806; Milano 1809); Vita del Cavaliere Gio. Lorenzo Bernino scultore architetto e pittore scritta da F. B., Fìrenze 1682 (rist. 1774; 1811; Wien 1912, con trad. ted. e appunti di A. Riegl, a cura di A. Burda e O. Pollak; Milano 1948, con studio e a cura di S. Samek Ludovici); La Veglia. Dialogo di Sincero Veri in cui si disputano e si sciolgono varie difficoltà pittoriche, Lucca 1684 (rist. 1690; 1765; 1774; 1812); Comìnciamento e progresso dell'arte dell'intagliare in rame colle vite di molti de' più eccellenti maestri della stessa professione, Firenze 1686 (rist. Firenze 1767; Milano 1808); Lezione di F. B. nell'Accademia della Crusca il Lustrato detta da lui in essa Accademia in due recite nei giorni 29 di dicembre, e 5 di gennaio 1691, Firenze 1692 (rist. 1765; 1774; 1809); Lettera di F. B. a Lorenzo Gualtieri fiorentino sopra i pittori più celebri del secolo XVI, scritta nel 1681, pubbl. nelle Symbolae Litterariae del Gori, X, Roma 1754; Lettera di F. B. intorno al modo di dar proporzione alle figure in pittura e scultura, a cura di G. Poggiali, Livorno 1802; Lettera al plenipotenziario granducale Antinori con dodici pareri su argomenti artistici, in Nuova Raccolta di Lettere sulla pittura, scultura e architettura, di M. Gualandi, III, Bologna 1856, pp. 249-270; dei Lazzi Contadineschi o scherzi scenici, cinque sono stati pubbl.: da P. Fanfani, in Il Borghini, II (1864), pp. 585-601; da G. Baccini, in Giorn. d'erudizione, II(1890), pp. 17-24; III (1891), pp. 9-14; da R. Boninsegni, Firenze 1892; da D. Bonamici, Livorno 1893; da G. Cremoncinì, Firenze 1904.
Bibl.: Recens. a Notizie de' Professori del disegno…, in Giornale dei Letterati di F. Nazarri, Roma 1681, pp. 28 s.; G. Cinelli Calvoli, Della Biblioteca Volante. Scanzia IV, Napoli 1682, p. 56; G. M. Crescimbeni, Dell'istoria della volgar poesia [Roma 1698], V, Venezia 1730, p. 281; G. Fontanini, Biblioteca dell'eloquenza, italiana [1706], Roma 1803, II, p. 452; A. Zeno, in Giornale de' letterati d'Italia, Venezia 1719, XXXI, p. 397; P. Negri, Istoria degli scrittori fiorentini, Ferrara 1722, p. 167; G. Bottari, Dialogo sopra le tre arti del disegno, Lucca 1754, passim; G. M. Mazzuchelli, Gli Scrittori d'Italia, II, 1, Brescia 1758, pp. 142 ss.; G. Piacenza, Ristretto della vita di F. B., I, Torino 1768, pp. XV s.; G. Tiraboschi, Storia della letteratura italiana VIII, Modena 1780, pp. 276 ss.; A. Comolli, Bibliografia storico-critica dell'architettura, Roma 1788, I, pp. 103 ss., 261 ss., 313 ss.; II, pp.67 ss., 289; L. Cicognara, Catalogo ragionato dei libri d'arte e d'antichità, Pisa 1821, nn. 248, 2146, 2196, 2197, 2198, 2199, 2200, 2201. I correnti manuali e repertori di storia letteraria: G. Casati, Diz. degli scrittori d'Italia, Milano s. d., p. 75; A. Belloni, Il Seicento, Milano s. d., ad indicem; A. D'Ancona e O. Bacci, Manuale della letter. ital., Il Seicento, Milano 1929, pp. 363, 561; V. Turri, Diz.stor. della letterat. ital., a cura di U. Renda e P. Operti, Torino 1951, p. 89. Inoltre: L.Tognetti, Vita del beato Antonio Baldinucci, Firenze 1946; L. Venturi, Storia della critica d'arte, Firenze 1948, pp. 21, 187 s.; S.Samek Ludovici nella ed. da lui curata della Vita del cavaliere G. L. Bernino, Milano 1948, che presenta la inedita Vita dello storico scritta dal figlio Francesco Saverio, pp. 33-63; J. Schlosser-Magnino, La letteratura artistica, Fìrenze-Wienz 1956, pp. 466-69; R. Bacou e J. Bean, Dessins florentins de la collect. de F. B., Paris 1958, catal. (edizione italiana, illustrata, Firenze 1959); F. Croce nella ristampa dell'antologia baldinucciana di G. Battelli, Dal Baroccio a Salvator Rosa, Firenze 1961, pp. IX-XXVIII; Encicl. Ital., V, p. 944.