BASTARI, Filippo
Di antica e influente famiglia iscritta all'arte della Lana, nacque a Firenze nel sestiere di S. Croce, probabilmente nel secondo decennio del XIV secolo. Di indole fiera e dotato di notevole intelligenza, prese attivamente parte - come suo padre Cionetto e l'avo Giovenco - alla vita pubblica del Comune, ricoprendo, tra l'altro, per quattro volte la carica di gonfaloniere (anni 1350, 1369, 1374, 1384) e per tre volte quella di priore (anni 1345, 1355, 1365). Mentre in Firenze spadroneggiavano le fazioni degli Albizzi e dei Ricci e la parte guelfa infieriva con l'"ammonizione" sui cittadini che la paura di rappresaglie costringeva al silenzio, il B. con altri pochi (di cui, egli era uno dei capi) si riunì nell'aprile del 1372 a S. Piero a Scheraggio per studiare i provvedimenti atti a ridonare una libera vita politica alla città.
Qualche giorno dopo, trovandosi in un Consiglio di Richiesti, il B. coraggiosamente si levò a lamentare che le cose in Firenze andassero in modo tale che i cittadini che non facevano parte di una setta erano "considerati niente... e si è incusati - egli disse - molestati, disfatti", di modo che non si poteva più vivere in pace e in sicurezza. Infine egli esclamò, tra l'attenzione attonita dell'assemblea: "noi ci siamo ragunati per essere liberi, e, o Signori, dateci la libertà!". Queste animose parole, pur riscuotendo ampi consensi tra quei cittadini che, per non appartenere a setta, erano "molestati e disfatti", non ebbero tutto l'effetto sperato poiché i Signori, non sentendosi sufficientemente forti per prendere provvedimenti radicali, si limitarono a punire con l'esclusione dagli uffici sei tra i capi delle due fazioni.
A forse opportuno precisare, d'altra parte, che per il B., come per i suoi concittadini, questo concetto di "libertà" aveva un ambito molto limitato; e infatti troviamo più tardi il B., nel gennaio-febbraio 1381, tra gli "Aggiunti" ai Priori e ai Collegi che avevano l'incarico di "riformare la terra" dopo le "novità" dovute al tumulto dei Ciompi. Egli fu, cioè, uno degli uomini della fazione che combattè i Ciompi e gli altri Minuti con essi collegati e che, nell'interesse dell'arte della Lana e dei lanaioli, dopo aver perseguitato con la morte e l'esilio i loro capi, disfece le due arti dei tintori e dei farsettai costituite nel luglio del 1378.
Negli ultimi anni della sua vita il B. ebbe altri incarichi assai importanti; nell'agosto 1380 fu, infatti, ambasciatore del Comune a Carlo di Durazzo che da Rimini si accingeva a muovere verso Napoli per impadronirsi della corona che Giovanna I gli aveva rifiutato per darla a Luigi I d'Angiò. L'ambasceria cui il B. partecipava in tale occasione, per il modo come era costituita (ne facevano parte - ma si presentavano separatamente come se si fosse trattato di due diverse ambascerie - tre ambasciatori per il Comune e due per parte guelfa), stava a dimostrare la grave frattura esistente all'intemo della Repubblica fiorentina, e, per questo, Carlo rifiutò i doni e respinse gli ambasciatori, non preoccupandosi di inimicarsi la città toscana di cui egli, circuito dai fuorusciti Magnati e Ciompi che l'esilio aveva affratellato, sperava di impadronirsi. Migliore esitò ebbe invece un'altra solenne ambasceria di cui il B. fu incaricato nel gennaio del 1385 quando andò a Genova per convincere Urbano VI a ritornare a Roma. Doveva essere ormai vecchio di circa settant'anni, ed era stato eletto ancora una volta gonfaloniere proprio l'anno precedente. Fu ancora dei XII Gonfalonieri delle Compagnie nel gennaio-febbraio 1394.
Dopo questa data non abbiamo più alcuna notizia di lui.
Fonti e Bibl.: Marchionne di Coppo Stefani, Cronaca fiorentina, a cura di N. Rodolico, in Rer. Italic. Script., 2 ediz., XXX, 1, passim; G. Capponi, Storia della Repubblica di Firenze, I, Firenze 1875, p. 281; N. Rodolico, I Ciompi, una pagina di storia del proletariato operaio, Firenze 1945, p. 75; G. A. Brucker, Florentine politics and society 1343-1378, Princeton 1962, passim.