BELEGNO, Filippo
Nato tra il 1265 e il 1270 da Marco, appartenne a quel ramo della famiglia Belegno discendente da Filippo, procuratore di S. Marco nel 1242 e morto nel 1252, figlio di Stefano, designato, dalle genealogie come capostipite. Nel 1304 fu consigliere ducale (questa la prima notizia in ordine di tempo), ma nello stesso armo si ricorda un altro Filippo B. impegnato nella guerra condotta dai Veneziani contro i Padovani per la questione delle saline, come comand, ante dei balestrieri: carica di importanza secondaria e adatta a un giovane all'inizio della carriera. Di conseguenza, per l'evidente presenza di un omonimo, tutte le notizie comprese tra il 1320 e il 1342 (anno della morte di Filippo, consigliere nel 1304) possono essere in parte attribuite sia all'uno sia all'altro. A indubbio comunque che il B. fu un personaggio di grande rilievo nella vita politìca del primo Trecento, attivo dal dogado di Pietro Gradenigo a quello di Bartolomeo Gradenigo, in un periodo di acuta crisi sia interna (di cui sono prova le congiure), sia esterna (difficoltà in Oriente e successive guerre con Padova, Ferrara e Verona).
Il 4 febbraio e il 18 marzo 1304 il B. era consigliere ducale con Bartolomeo Contarini, Andrea da Molin, Matteo Manolesso, Roberto Tiepolo e Fantino Dandolo; in questo stesso anno gli venne affidato l'incarico di andare ambasciatore per una vertenza sorta tra la Repubblica di S. Marco e Federico III d'Aragona, re di Sicilia, in seguito ai danni da questo arrecati ai Veneziani di Corfù: trattando con Vinciguerra da Palizzi, cancelliere regio il B. sostenne le pretese del suo governo, giungendo alla fine ad un compromesso, che contemplava il pagamento di tutti i danni, il cui ammontare, con. qualche riduzione, sarebbe stato risarcito nella forma proposta dal re. Di nuovo consigliere ducale (marzo 1310), ebbe una parte importante nella repressione della congiura Tiepolo-Querini-Baiamonte, resisteva in Rialto; non si era lasciato piegare né dalle promesse di amnistia fattegli da mediatori, né dalle parole di Giovanni Soranzo. Fu decisivo (secondo il Romanin) l'intervento del B., che indusse il ribelle a un accordo. Dopo aver partecipato nel 1311 all'elezione di Marino Zorzi, fu messo a capo della spedizione contro Zara, ancora una volta ribelle. Rientrato per breve tempo in patria, ricoprì, assieme a Saladino Premarin e Fantino Dandolo (vicedoge era Tommaso Miani), l'ufficio di capo dei XI e di "rector Veneciarum", nel periodo del trapasso dei poteri tra il doge Zorzi e il doge Soranzo; fece ritorno quindi a Zara. A, partire da questo periodo gli incarichi affidati al B. - dato il prestigio da lui acquistato - si fecero sempre più numerosi: ambasciatore presso Filippo principe di Taranto nel 1314; capo dei XL (1315); di nuovo, in quello stesso anno, 1315, ambasciatore (ma fallì nella sua missione, come si rilevava dalla protesta elevata dal Soranzo al messo del re di Napoli nel settembre) con Paolino minorita a Roberto d'Angiò; testimone, il 21 nov. 1317, nella sala di udienza del Minor Consiglio alle proteste portate da Bonmesio de' Paganoti, procuratore e ambasciatore di Cangrande della Scala; ancora ambasciatore con Belletto Faliero presso la S. Sede nel 1319. In questa occasione ebbe contatti col B.. Filippo d'Angiò nel tentativo di ottenere l'appoggio veneziano per recuperare Costantinopoli e restaurare l'Impero latino, alle condizioni già pattuite con Carlo di Valois.
Il 28 luglio 1322 il B. faceva parte del Consiglio dei Dieci; ed in questa magistratura era nuovamente nell'agosto del 1324., In questi anni fu anche podestà di Chioggia. Nominato duca di Candia (1326), giunto nell'isola riformò il Capitolare dei Castellani (29 giugno 1326), apportando ad esso numerose aggiunte riguardanti la difesa della proprietà e la custodia delle bestie. Nel corso della sua amministrazione il B. cercò di attuare una politica di concordia nei confronti dei coloni e dei nobili locali, come risulta da una lettera del 18 maggio che inviò al doge per discolpare i militi e i feudatari di Candia dall'accusa di infedeltà; in questa lettera, anzi, egli non mancò di elogiare i meriti dei feudatari cretesi.
Nel 1327 il B., rientrato a Venezia, fu elettore del doge F. Dandolo. La sua attività si va facendo sempre più intensa: segno della sua sempre più fortunata carriera di uomo di Stato è la presenza del B. in importanti affari politici come le trattative con Filippo IV per la crociata e le relazioni con Verona durante la crisi scaligera.
Il 12 marzo 1332 il B. andò, insieme con Blasio Zeno e Marino Morosini, come ambasciatore in Francia presso Filippo IV, per trattare il problema assai delicato, della partecipazione di Venezia alla crociata (il governo della Serenissima, infatti, non voleva intraprendere nessuna azione militare per non complicare la già complessa situazione orientale). Gli oratori espressero al re le pregiudiziali poste dal loro governo per partecipare alla spedizione: un efficace appoggio da parte del papa; la pace e l'unione tra le potenze cristiane; un corpo d'esercito adeguato, nel numero e nella qualità, alle difficoltà dell'impresa in modo da garantire il successo delle armi cristiane per terra e per mare; basi sicure per i rifornimenti e, infin, e, ulteriori mezzi per poter proteggere le coste dalle scorrerie turche. Tornato a Venezia, durante tutto il mese di agosto il B. fu impegnato successivamente in una serie di commissioni di, Cinque Savi (per le decime di Piove, per la questione di Chioggia e per quella di Zara). Sempre con la carica di consigliere, andò nel 1334 con Giovanni Querini, Nicolò Priuli e Marco Giustinian ad Avignone per l'avvenuta elezione di Benedetto XII.
Si profilava intanto la crisi scaligera. Per proteggere i sudditi veneti dalle gravi e continue angherie che dovevano subire ad opera delle soldatesche scaligere nel territorio padovano, il 19 ottobre 1334 il B., consigliere ducale, con i savi Nicolò Falier e Dardi Bembo, propose d'inviare un'ambasceria a Verona, presso Mastino della Scala, per esigere il rispetto dei diritti veneziani, minacciando, in caso contrario, immediate reazioni. Due anni dopo, costituita la lega veneto-fiorentina in funzione antiscaligera, il B., con Marco Morosini e Marco Loredan, procuratore di S. Marco, fece parte di una commissione di tre "provvisori" per l'assedio di un forte edificato dai Veronesi presso le saline. Quando, nel 1338, Mastino inviò ambasciatori a Venezia per. chiedere la pace, per avviare le trattative vennero mandati nuovamente a Verona il B., Tommaso Soranzo e 1 procuratori di S. Marco Loredan e Marco Morosini.
La lega veneto-fiorentina nella lotta contro gli Scaligeri si era servita delle milizie di Carlo di Boemia; al loro comandante, Lepre di Asenbruch, i commissari veneti e fiorentini (il B. e Tommaso Soranzo, Nardo Cerini e Benzo di Giovanni Bonaccorsi) versarono, a mezzo di loro inviati il 15 dic. 1338, 6500 fiorini d'oro, previa rinunzia ad ogni altro diritto.
È probabile che al B. si possa attribuire ancora - come ultima carica di una vita molto intensa - il comando dell'armata contro Zara nuovamente ribelle nel 1342.
Il B. morì nel marzo dello stesso anno.
Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Venezia. Senato Secreta, Deliberazioni Miste, reg. 15, f. 2r (1332, marzo 12); reg. 16, f. 84r (1334, ott. 18); ibid., Commemoriali, III, f. 75 (81) (1332, maggio 11); Venezia, Biblioteca Marciana, Giovanni Giacomo Caroldo, Cronaca, cod. Ital., Cl.VII, 128a (8639), ff. 132, v, 151r; ibid., M. Barbaro, Genealogie delle famiglie patrizie venete, cod. Ital., CI.VII, 925, 1, f. 105v; Ibid., G. A. Cappellari Vivaro, Il Campidoglio veneto, cod. Ital., cl. VII, 15-8304, I, ff. 134v, 135r; Venetiarum historia vulgo Petro Iustiniano, Iustiniani filio adiudicata, a cura di R. Cessi e F. Bennato, Venezia 1964, pp. 181, 211, 216, 217, 219, 221, 289, 309, 312, 316; I Libri Commemoriali della Repubblica di Venezia, a cura di R. Predelli, I, Venezia 1876, nn. 222, 223, 631, 662; II, ibid. 1876, nn. 68, 152, 154, 197, 221, 334, 407, 424, 527, 652; III, nn. 80, 426, 447; Consiglio dei Dieci, Deliberazioni Miste, Reg. I-II (1310-1325), a cura di F. Zago..., Fonti per la storia di Venezia, sez. I, Archivi pubblici, Venezia 1962, pp. 321, 359, 470, 493; Le deliberazioni del Consiglio dei Rogati, Serie o Mixtorum", vol. I, libri I-XIV, a cura di R. Cessi e P. Sambin, Venezia 1960, I, p. 329; II, p. 98; IV, pp. 5, 87, 118; V, p. 477; XII, pp. 15, 50, 60, 145, 151, 181, 217, 242; vol. II, libri XV-XVI, a cura di R. Cessi e M. Brunetti, ibid. 1961, XV, pp. 230, 245, 248, 253, 261, 282, 305, 311, 313, 465, 483; XVI.pp. 18, 114, 120, 221, 232, 459, 477, 479, 484, 501, 512, 519, 553, 593, 682, 702; E. Barbaro, Legislaz. veneta. I Capitolari di Candia, Venezia 1940, pp. 102-118; La serie dei podestà di Chioggia, Venezia 1767, p. 36; S. Romanin, Storia docum. di Venezia, III, Venezia 1855, pp. 6, 34, 112; R. Cessi, Storia della Repubblica di Venezia, I, Milano 1944, p. 293.