BORELLI, Filippo
Figlio di Miguel Alonso e di Laura Borrello, nacque in Castel Sant'Elmo a Napoli il 9 marzo del 1614.
Fratello minore del celebre Giovanni Alfonso, ebbe come lui stretti rapporti con Tommaso Campanella, che essi conobbero fanciulli durante la sua lunga prigionia napoletana e rividero poi a Roma in libertà. Quando il filosofo dovette rifugiarsi a Parigi (dic. 1634) il B. lo raggiunse e visse al suo fianco nel convento domenicano di rue St.-Honoré, con funzioni di famiglio e segretario. Molte delle lettere dall'esilio, almeno dall'aprile 1636, sono vergate dalla sua mano elegante, ma qua e là scorretta. In una lettera a Urbano VIII del 6 apr. 1637 il Campanella lo ricorda come un servitore condotto dall'Italia, che gli è fedele per la vita. I privilegi reali per la stampa parigina delle grandi opere campanelliane sono intestati a "Philippo Borello" (Desensu rerum, 1636), "Philippe Borelli italien" (Philosophia realis, 1637), "Philippe Burelly" (Metaphysica, 1638). L'ultimo scritto pubblicato dal Campanella, cioè l'Ecloga per la nascita del futuro Luigi XIV, reca varie postille esplicative redatte dall'autore, ma che il frontespizio attribuisce a un allievo ("cum annotationibus discipuli"); il Quétif, biografo degli scrittori domenicani, identifica questo allievo col B., scrivendo "commentariola locorum difficiliorum inseruit ad marginem Philippus Burelli, auctoris nepos et amanuensis". Dopo la morte del Campanella nel maggio 1639 le tracce del B. si perdono; un'indicazione vaga registrata ai primi del Settecento dal p. Giuseppe Front afferma che Giovanni Alfonso Borelli, il quale morì nella casa generalizia degli scolopi presso S. Pantaleo in Roma il 31 dic. 1679, "ebbe un fratello minore, che si elesse lo stato religioso nel Pio Ordine", ma ne tace il nome.
La tradizione perdurante tra i domenicani di Parigi alle soglie del sec. XVIII, che additava nel B. un nipote del Campanella, si collega all'altra, diffusa a Napoli e in Italia, che Giovanni Alfonso ne fosse addirittura figlio: la qualifica di nipote (se attribuita, come sembra verosimile, dall'esule) potrebbe dunque interpretarsi come eufemismo, oppure come accorgimento per poter più facilmente far alloggiare presso di sé in convento il giovane famiglio. Il problema della nascita e del patronimico dei due Borelli va dunque affrontato congiuntamente.
Il 16 sett. 1605un soldato spagnolo di 33anni, Miguel Alonso "de Varoscio" o "de Baroze", probabilmente catalano, venne ammesso a servire nella fanteria spagnola del Regno con 4 scudi al mese di soprassoldo e fu assegnato al presidio del Castel Nuovo di Napoli. Il 28 genn. 1608sua moglie Laura Borrello (Porrello, Vorriello) gli diede un figlio maschio, battezzato col nome di Giovan Francesco Antonio, il futuro scienziato. Che si trattasse di un figlio spurio del Campanella è da escludere con sicurezza, perché, mentre l'Alonso risiedeva e serviva in Castel Nuovo, il filosofo era detenuto in stretto isolamento, fin dal luglio 1604, nella tragica "fossa" di Castel Sant'Elmo. Prima di spegnersi (20 genn. 1640)la donna diede ancora in luce un Domenico Onofrio (1610-1619), un Salvatore (1611-1619), il Filippo predetto, un Diego (1616-?)e una Caterina (1621-1629). Il 23 febbr. 1609l'Alonso fu destinato al presidio di Sant'Elmo, ma non vi trovò il Campanella, che dall'aprile 1608 era stato trasferito in Castel dell'Ovo. Il 22 nov. 1614un procedimento penale rigoroso e segreto, nel quale furono coinvolti numerosi coimputati specialmente a Bari, venne aperto contro l'Alonso, che nel luglio 1615, come reo di menzogne e calunnie, venne condannato alla galera ad libitum del viceré. Solo durante quelle traversie la sua famiglia poté entrare in contatto col Campanella, che nell'ottobre 1614 era stato rinchiuso di bel nuovo in Sant'Elmo. Giudicato inabile al remo da medici compiacenti, l'Alonso ottenne la commutazione della pena in quella dell'esilio: è assurdo credere, come i biografi van ripetendo, che il primogenito lo seguisse a Roma in età di soli otto anni, tanto più che poco dopo, mutato il vicerè, il condannato ottenne il condono e nell'aprile 1617 lo siritrova già riammesso in servizio in Sant'Elmo e addirittura promosso caporale. In quell'umile ufficio rimase poi fino alla morte (24 ag. 1624).
Solo dopo questa scomparsa e il trasferimento del Campanella a Roma (luglio 1626), sembra verosimile che i due Borelli lo seguissero, mutando solo allora lo scoperto cognome spagnolo del padre in quello materno, in omaggio ai sentimenti di vivace antispagnolismo che avevano forse derivato dall'insegnamento del filosofo prigioniero (Campanella chiamò Giovanni Alfonso "ex virtute filius") e che sarebbero poi emersi nella partecipazione dello scienziato, in Sicilia (dal 1667), alla vivace sollevazione di spiriti che sarebbe sfociata nella infelice ribellione di Messina. Ma la condizione umile del padre e lo spregiato mestiere bastano da soli a giustificare il mutato cognome, che il primogenito assunse forse gradualmente, dapprima associando al casato paterno quello materno e poi stemperando il primo da Alonso (patronimico) in Alfonso (nome di battesimo). Che i Borelli fossero nativi di Messina è credenza ingannevole, sorta dal fatto che lo scienziato si disse ripetutamente e a buon diritto "Messanensis" dopo che le sue benemerenze di professore e di medico gli valsero nel 1649la cittadinanza onoraria e l'ascrizione al patriziato; quanto all'origine da Sant'Agata presso Reggio Calabria, si tratta di un'esile tradizione tarda e pseudo erudita, che non ha fondamento alcuno.
Fonti e Bibl.: Sulla giovinezza dei Borelli la ricerca fondamentale è quella di L. Amabile, Fra T. Campanella ne' Castelli di Napoli..., Napoli 1887, I, pp. 529 s.; II, pp. 361-9; essa rifonde e completa il precedente: Fra T. Campanella,la sua congiura.., Napoli 1882, II, p. 418; III, pp. 649-653. Su Filippo in particolare: J. Echard-J. Quétif, Scriptores ordinis praedicatorum, II, Parisiis 1721, p. 521; T. Campanella, Lettere, Bari 1927, p. 377; G. Front, Memorie, in L. Picanyol, A.Borelli e il p. Carlo Giovanni Pirroni.delle Scuole Pie, Roma 1933; L. Firpo, T. Campanella e i Colonnesi, in IlPensiero politico, I (1968), pp. 93-116.
Sulla nascita a Napoli si hanno testimonianze esplicite di Giovanni Alfonso: nel De motionibusnaturalibus (Regio Julio 1670, p. 6 n.n.) scrive "in praeclara urbe Partenopea mea parente"; "Neapolitanus" è detto sulla medaglia bronzea coniata in suo onore, sulla lapide sepolcrale in S. Pantaleo a Roma, in fronte al De motu animalium (Romae 1680). Per la tradizione dotta, che il Fabroni corroborò con la ricerca dell'atto di battesimo: N. Amenta, Vita di Lionardo di Capua, in Le vite degli arcadi illustri, II, Roma 1710, p. 10; G. B. Capasso, Historiae philosophiaesynopsis, Neapoli 1728, p. 385; P. Sampieri, Messana duodecim titulis illustrata, I, Messanae 1742, p. 557; G. M. Mazzuchelli, GliScrittori d'Italia, II, 3, Brescia 1762, p. 1709; A. Fabroni, Lettereinedite di uomini illustri, I, Firenze 1773, p. 280; Id., Vitae Italorum doctrina excellentium, II, Pisis 1778, p. 227; G. Targioni Tozzetti, Notizie degliaggrandimenti delle scienze fisiche accaduti in Toscana, I, Firenze 1780, p. 205; E. D'Afflitto, Mem. storiche degli scrittori del regno di Napoli, II, Napoli 1794, pp. 178-234; Biogr. degli uominiillustri del regno di Napoli, III, Napoli 1813 ss., p. 41; C. Minieri Riccio, Mem. storiche degliscrittori nati nel regno di Napoli, Napoli 1844, pp. 62 s., 388; Id., Notizie biogr. e bibliogr. degliscrittori napoletani fioriti nel sec. XVII, II, Napoli 1877, pp. 35-38; G. Arenaprimo di Montichiaro, Ilettori dello Studio messinese dal 1636al 1674, Messina 1900, pp. 19-28; P. Capparoni, Profili bio-bibliografici di medici e naturalisticelebri italiani dal sec. XV al sec. XVIII, I, Roma 1925, pp. 71-74; Id., Sulla patria di G. A.Borelli, in Riv. di storia delle scienze mediche e naturali, XIII (1931), pp. 53-63.
L'erronea notizia della nascita a Messina deriva da attestazioni dello stesso Giovanni Alfonso, che in fronte al De vi percussionis (Bologna 1677) ricorda di aver insegnato in passato "in patria Messanensi", e "Messanensis" si qualifica nella chiusa; "messinese" egli si dichiara anche nella Risposta al p. Stefano Degli Angeli (Messina 1668). Inconcludente il tentativo erudito di A. Gallo, Lettera sulla patria di G. A. Borelli, in Giornale di scienze,lettere ed arti per la Sicilia, II (1824), 6, pp. 3-29. Mere derivazioni: A. Aprosio Ventimiglia, La biblioteca Aprosiana, Bologna 1675, p. XXXVII; G. Mira, Bibliografia siciliana, Palermo 1875, I, p. 122. Totalmente scorretto il Diz. dei Siciliani illustri, Palermo 1939, p. 79.
Sulla nascita calabrese (forse suggerita da una ipotetica origine della famiglia materna) e sulla genitura spuria dal Campanella: T. Aceti, Annotationes, inG. Barrio, De antiquitate et situ Calabriae, Romae 1737, p. 216; A. Zavarrone, Biblioteca calabra, Napoli 1753, p. 148; M. Macri, in Nuova biblioteca analitica, V (1820), n. 42; V. Capialbi, Memorie delle tipografie calabresi, Napoli 1836, p. 29; S. De Renzi, Storia della medicina in Italia, IV, Napoli 1846 (ad Indicem, V, ibid. 1848); D. Spanò Bolani, Storia di Reggio Calabria, II, Napoli 1857, p. 330; L. Accattatis, Le biografie degli uomini illustri delle Calabrie, II, Cosenza 1870, p. 215; L. Settembrini, Lezioni di letteratura ital., II, Napoli 1870, p. 425; F. Melari, Sulla vera patria di G.A. Borelli, Reggio Calabria 1881; A. De Lorenzo, Monografie di storia reggina e calabrese, I, Reggio Calabria 1888, p. 62; II, Siena 1895, p. 161; F. Morano, Nota su la ricerca de la patria diG. A. Borrelli, in Boll. del Circolo calabrese diNapoli, VII (1897), nn. 10-11, pp. 98-101; L. Aliquò Lenzi, Gli scrittori calabresi, Messina 1913, pp. 46-48.