Il contributo è tratto da Storia della civiltà europea a cura di Umberto Eco, edizione in 75 ebook
Filippo Brunelleschi è una delle figure più affascinanti fra gli artisti-ingegneri del Rinascimento italiano ed è normalmente considerato il capostipite di questa tradizione che, durante il XV secolo, porta alla ribalta l’architettura e le discipline tecniche a essa connesse, come l’idraulica e la meccanica, che acquisiscono una dimensione culturale autonoma.
L’artista-ingegnere
Nonostante siano tramandati alcuni sonetti che ne attestano un certo fervore letterario, di Filippo Brunelleschi non possediamo alcuno scritto o disegno autografo e delle sue invenzioni e imprese abbiamo soltanto una conoscenza indiretta, attraverso i suoi biografi e dalle sue opere artistiche e architettoniche. Queste, come nel caso della cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze, per certi aspetti costituiscono ancora oggi degli interrogativi irrisolti. Brunelleschi inizia la sua carriera come orefice e come scultore; tra le sue opere la celebre formella in bronzo per la porta del battistero fiorentino viene realizzata in occasione del concorso per aggiudicarsi la committenza della “porta del Paradiso”, vinto da Lorenzo Ghiberti.
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Brunelleschi si afferma come architetto e ingegnere militare: le fortificazioni di Vico Pisano e il tentativo (poi mal riuscito) di deviare il fiume Serchio per allagare la città di Lucca, che causa l’inondazione del campo delle truppe fiorentine. Altre testimonianze attribuiscono a Brunelleschi la costruzione di un battello anfibio (il Badalone) per il trasporto del marmo dalle cave di Carrara fino al cantiere del duomo di Firenze per il quale nel 1421, su sua richiesta, gli è concessa la prima patente (brevetto) di cui sia abbia testimonianza. Anche in questo caso si tratta di un’esperienza fallimentare che, con l’inabissamento del battello e la perdita del carico, costringe Brunelleschi a risarcire di propria tasca le autorità fiorentine. Non meno importante è la sua attività come scenografo teatrale; in essa Brunelleschi mette in pratica la sua genialità nella costruzione delle macchine da scena. Uno degli allestimenti più riusciti è quello per la rappresentazione del Paradiso nella chiesa di San Felice a Firenze, descritta dettagliatamente da Vasari nella sua biografia sull’architetto fiorentino.
Esemplare della consapevolezza del valore delle conoscenze di tipo tecnico e testimonianza sulle apprensioni intorno ai prodotti dell’ingegno è lo sfogo fatto a Mariano di Iacopo detto il Taccola, un artista-ingegnere senese: Brunelleschi lo esorta a non rivelare pubblicamente le proprie invenzioni, affinché altri non se ne approprino senza pagare i dovuti crediti all’inventore. Con questo documento, inserito in una copia del De ingeneis di Taccola, viene posto per la prima volta il problema della proprietà intellettuale delle invenzioni che costituisce il preludio all’istituzione di un ufficio per la tutela dei brevetti.
L’invenzione della prospettiva
Il nome di Brunelleschi è legato in maniera indissolubile anche all’invenzione della prospettiva. Con questo termine nell’antichità greca si indica la scienza della visione (perspectiva naturalis) che, sviluppata successivamente prima dagli Arabi e poi dai Latini, a partire dal XIII secolo si amplia fino a comprendere anche i metodi di rilevamento di grandezze e distanze inaccessibili attraverso la rappresentazione di oggetti apparenti (perspectiva pratica).
Secondo il biografo Antonio Manetti, Brunelleschi “mise in atto, lui proprio, quello ch’e dipintori oggi dicono prospettiva, perché ella è parte di quella scienza, che è in effetto porre bene e con ragione le diminuzioni ad accrescimenti che appaiono agli occhi degli uomini delle cose da lungi e da presso [...] di quella misura che s’appartiene a quella distanza che le si mostrano di lungi”. Lo stesso Manetti – anche altre fonti sembrano convergere in questa direzione – menziona un esperimento pubblico condotto dal Brunelleschi, per dimostrare come la rappresentazione realistica delle forme nello spazio dipende dalla scelta di un punto di vista determinato e dalla conoscenza della distanza fra esso e il piano della rappresentazione. In questo modo il disegno viene realizzato sul piano che interseca la piramide visiva la cui base coincide con l’occhio dell’osservatore e il vertice con il punto di fuga delle direttrici prospettiche.
La cupola di Santa Maria del Fiore
Nell’ambito dell’architettura il nome di Brunelleschi è legato principalmente alla cupola del duomo di Firenze. Questa, oltre ad avere dimensioni inusitate (circa 45 metri di diametro per un’altezza complessiva dal piano di imposta di circa 36 metri e un ’altezza totale da terra all’occhio della cupola di 86,70 metri), si caratterizza per un innovativo sistema costruttivo che non prevede l’uso di centine e ponteggi.
Al momento della presentazione del progetto le soluzioni proposte da Brunelleschi destano forti perplessità nella commissione incaricata di assegnare i lavori, tuttavia il notevole risparmio economico dovuto all’assenza di centine e ponteggi e i tempi brevi previsti per la realizzazione, lo fanno prevalere comunque sugli altri contendenti. Nonostante l’esito positivo del concorso, però, la commissione gli conferisce l’incarico dei lavori congiuntamente a Lorenzo Ghiberti e solo in un secondo momento, dopo che le idee di Brunelleschi si sono mostrate convincenti, Ghiberti esce progressivamente di scena lasciando al collega rivale piena autorità operativa. In una maniera che ancora oggi non cessa di stupire, i lavori della cupola (dalla base del tiburio all’occhio) vengono completati in soli 15 anni, dal 1420 al 1435 e per quanto oggi si sia compresa in maniera esauriente la struttura statica della cupola, non ci è ancora chiara quale sia stata la tecnica costruttiva e i sistemi di controllo dell’inclinazione (a sesto di quarto acuto per la cupola esterna e a sesto di quinto acuto per la cupola interna).
Strettamente legata alla cupola è la fabrica, cioè il cantiere con tutte le sue macchine e attrezzature innovative. Anche in questo caso le informazioni in nostro possesso non sono molte ed è solo grazie ai disegni di altri ingegneri, come il Taccola, Bonaccorso Ghiberti, Giuliano da Sangallo e Leonardo da Vinci che oggi conosciamo il funzionamento delle macchine di Brunelleschi: gli argani (leggero e a tre velocità), la “grande colla” (la gru colossale montata nel centro della luce della cupola per sollevare i materiali sulla sua sommità) e le due gru per la costruzione della lanterna impiegate sulla sommità della cupola. La tecnologia ideata da Brunelleschi condiziona molti degli ingegneri della generazione successiva che vedono nelle macchine del cantiere dell’Opera del duomo fiorentino un modello esemplare.