CAMPANELLI, Filippo
Nato il 1º maggio 1739 a Matelica (Macerata) da Giuseppe e da Laura Finaguerra, fece i suoi primi studi a Fermo, nel collegio Marziale; si trasferì quindi a Roma per frequentare l'archiginnasio della Sapienza, dove si laureò in utroque iure. Per molti, fu avvocato di curia, acquisendo una sempre più vasta esperienza giuridica, che dimostrò nell'opuscolo Dissertatio de alluvionibus et paludibus et pascuis ad alium translatis, Romae 1779.
In esso il C. esamina il problema delle terre bonificate solo sul piano del diritto, senza prendere in considerazione gli aspetti di natura politico-economica dell'importante opera di miglioramento intrapresa dai pontefici nella zona pontina e nell'agro romano. Gli argomenti dibattuti sono: l'illiceità per i privati di mutare il corso naturale dei fiumi, il loro diritto di munire con argini i propri terreni per difenderli dalla violenza della corrente e i criteri di assegnazione delle terre liberate dalle acque della palude. Frequenti sono i riferimenti alla legislazione agraria romana secondo il codice giustinianeo.
Questa operetta di chiarificazione giuridica offre il primo esempio della funzione che il C. esplicò nella Curia romana: fu l'uomo di legge che metteva a fuoco dal punto di vista del diritto le polemiche più intricate.
Nel 1780 Pio VI, al quale il C. aveva dedicato il suddetto opuscolo, lo nominò promotore della fede e canonico della basilica vaticana; divenne poi consultore della S. Inquisizione ed esaminatore dei vescovi. Nel 1782 egli ottenne l'incarico di uditore santissimo, che lo poneva continuamente in diretto rapporto con il papa.
Il 30 marzo 1789 gli fu concessa la porpora cardinalizia e divenne membro delle Congregazioni del S. Uffizio, dei Riti, del Concilio, della Concistoriale. Fu altresì protettore delle maestre pie e comprotettore della città di Matelica e di Montopoli e della confraternita di S. Giuseppe a Bagnocavallo.
Ma l'attività più importante il C. la svolse nelle congregazioni speciali create per esaminare gli affari ecclesiastici straordinari. Egli fu innanzitutto membro della congregazione che Pio VI nominò nel 1789 per esaminare le "puntuazioni" di Ems e gli Atti del sinodo di Pistoia, insieme con i cardinali Albani, Antonelli, Gerdil e il segretario di Stato de Zelada.
Il loro primo compito fu quello di confutare i ventidue articoli che i rappresentanti dei tre arcivescovi elettori di Germania e dell'arcivescovo di Salisburgo avevano fissato nel documento conclusivo del convegno che era stato tenuto ad Ems il 26 ottobre del 1786. In essi si chiedeva l'abolizione della giurisdizione delle nunziature e si attaccavano altre prerogative papali, con argomentazioni dedotte dai principî febroniani. A Roma si credette che tale movimento tendesse a creare una Chiesa nazionale, in quanto nel documento dei quattro arcivescovi di Germania si ribadiva che il solo potere legittimo all'interno del territorio diocesano era quello del vescovo e, pur riconoscendo al papa una speciale autorità, si distingueva fra le sue facoltà originarie e quelle usurpate, derivanti dalle false decretali isidoriane.
I lavori della congregazione romana si conclusero con un ampio Memoriale il cui estensore fu appunto il C., che si giovò di materiale fornitogli dal Garampi e dallo Zaccaria. Egli ebbe il merito di esporre in maniera organica la posizione della Chiesa di Roma, nei confronti dei punti contestati dai "ribelli" tedeschi nella Sanctissimi Domini Nostri Pii Papae Sexti responsio ad Metropolitanos Moguntinum, Trevirensem, Coloniensem et Salisburgensem, super nuntiaturis apostolicis, che venne inviata agli arcivescovi con un breve pontificio il 14 nov. 1789.
Il memoriale rispondeva agli articoli tedeschi punto per punto. Si afferma anzitutto che l'erezione della nunziatura di Monaco non è una nuova giurisdizione stabilita senza il consenso dei principi e della Dieta dell'Impero, bensì è la stessa giurisdizione già esercitata dai nunzi di Lucerna, di Vienna e di Colonia ora diversamente ripartita per comodità dei popoli: si ribadisce inoltre che l'introduzione di nuovi organi giurisdizionali non è soggetta alla Dieta dell'Impero che ha tale potere soltanto nei confronti di quelli civili. Senza riserve viene approvata la circolare del nunzio a Colonia mons. Pacca ai suffraganei, e al clero dell'arcidiocesi, con cui si dichiaravano nulle le dispense matrimoniali nei gradi riservati alla S. Sede, accordate dagli ordinari senza alcuna facoltà, invalidando così le conseguenti unioni e la legittimità della prole. Èconfutata la pretesa dell'elettore di Colonia di stabilire un tribunale sinodale per decidere quelle cause d'appello fino ad allora di competenza del nunzio della S. Sede. Infine viene proclamato il pieno diritto del pontefice di inviare nunzi sia ordinari sia straordinari, sulla base della tradizione storica ed anche arrecando prove positive dei diritti del papa. Il trattato si conclude con un'ampia esposizione del primato della Chiesa di Roma e delle sue prerogative.
Il Memoriale assicurò al C. grande prestigio e la fiducia incondizionata di Pio VI, che per la sua profonda competenza in materia di diritto canonico e per la provata fedeltà agli interessi di Roma lo mise costantemente al corrente degli affari più riservati chiedendone il parere. Il C. partecipò dal 1791, insieme con Albani, Antonelli, Borromeo, Salviati e Pallotta alla congregazione speciale per gli affari di Francia, che si riuniva a giorni alterni presso il segretario di Stato de Zelada per esaminare i provvedimenti di politica ecclesiastica del governo rivoluzionario francese ed in particolare la costituzione civile del clero.
Un ruolo di primo piano il C. rivestì anche nelle difficili trattative fra lo Stato pontificio ed il Regno di Napoli, i cui rapporti erano andati via via peggiorando negli anni precedenti. Dopo l'incontro tra Pio VI e Ferdinando IV di Napoli in visita a Roma nella primavera del 1791, si cercò di avviare a soluzione i contrasti che vertevano su tre punti fondamentali: la nomina dei vescovi, la giurisdizione del nunzio e quella del tribunale ecclesiastico.
Il governo napoletano su tali argomenti aveva in precedenza elaborato una posizione ben chiara: gli articoli redatti dal ministro Acton e spediti a Roma dal cardinale Spinelli (6 febbr. 1791); su tale base era disposto a un accordo di compromesso anche se non intendeva fare grandi concessioni e tanto meno riaprire il discorso sulla chinea, l'omaggio feudale che Roma ormai invano reclamava da cinque anni. Il pontefice, per dimostrare la sua volontà di accordo, aveva permesso al re l'elezione dei vescovi nelle sedi vacanti del Regno, riservando a sé il diritto di consacrazione o di esonero "in caso di coscienza ed onore". A tali concessioni Pio VI però si era rifiutato, durante questi incontri, di dare una definitiva sanzione. Il 2 apr. 1791 il papa scrisse al C. di esaminare ed eventualmente ritoccare l'allocuzione che doveva recitare in concistoro per l'elezione dei vescovi di Napoli, dandogli in quell'occasione ragguagli sullo stato degli accordi con Ferdinando IV: rimaneva ancora in sospeso la questione della giurisdizione del nunzio che a Napoli si voleva esautorare completamente, ma che la Curia voleva ancora salvare. Il C., chiamato ad esprimere il suo parere, consigliò una linea molto moderata che subordinava ogni concessione anche su tale punto a un accordo generale e definitivo in sede concordataria.
Le trattative per tale concordato si tennero a Castellione fra il 24 e il 31 luglio 1792, tra il plenipotenziario pontificio - appunto il C. - e il ministro Acton, la cui carta di plenipotenza non lo abilitava a trattare il problema della chinea. Si tennero vari incontri, ma già dal secondo di essi fu ben chiaro che proprio quest'ultimo problema costituiva l'ostacolo principale per la conclusione di un accordo, in quanto anche Pio VI era intransigente su questo punto di principio. Malgrado l'abilità del C. le trattative si arenarono, concludendosi con un nulla di fatto. Egli rimase, comunque, il più grande esperto di Roma sul problema napoletano, sicché in occasione di un successivo approccio fra le due parti, condotto nell'estate del 1794 a Roma da Fernández Nuñez, il papa lo mise al corrente degli ultimi sviluppi della situazione.
Nel 1793 fu incaricato dalla segreteria di Stato di tenere i contatti con John Coxe Hippisley, inviato dal governo britannico a Roma, in occasione del riavvicinamento diplomatico tra la S. Sede e l'Inghilterra causato dai comuni interessi controrivoluzionari. Grazie a quest'attività che si rivelò particolarmente abile nel suggerire al clero inglese e irlandese una rigorosa linea di lealismo nei confronti del governo, il C. fu designato il 27 genn. 1795 "protettore" dei cattolici del Regno.
Il C. morì a Roma il 18 febbr. 1795.
Fonti e Bibl.: Arch. Segr. Vaticano, Segret. Stato, Napoli, 314 B; Inghilterra, 26; B. Peluso, Documenti diplom. ined. intorno alle relazioni fra la Sede Apostolica ed il Regno di Napoli dal 1734 al 1815, IV, 1, Napoli 1917, passim; G. de Novaes, Vita de' pontefici, XVI, 1, Roma 1822, pp. 181 s.;B. Pacca, Memorie storiche sul di lui soggiorno in Germania dall'anno MDCCLXXXVI all'anno MDCCXCIV in qualità di nunzio apostolico, Roma 1832, p. 117; C. Acquacotta, Memorie di Matelica, Ancona 1838, pp. 222-223; I. Rinieri, Della rovina di una monarchia, Torino 1901, pp. 360-378; G. Nuzzo, Stato e Chiesa nel tramonto del riformismo napoletano, in Arch. stor. per le provincie napoletane, n.s., XX (1934), pp. 296-310; L. von Pastor, Storia dei papi, XVI, 3, Roma 1955, pp. 97, 419 s.;G. Moroni, Dizionario di erudizione storico-ecclesiastica, VII, p. 113; R. Ritzler-P. Sefrin, Hierarchia catholica..., VI, Patavii 1958, p. 36.