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CASAVECCHIA, Filippo

di Paolo Malanima - Dizionario Biografico degli Italiani - Volume 21 (1978)
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CASAVECCHIA, Filippo

Paolo Malanima

Figlio di Banco di Francesco di Banco e di Costanza d'Antonio di Dino Canacci, nacque a Firenze nel 1472.

La sua famiglia, pur non appartenendo al cerchio delle maggiori case fiorentine nel Quattrocento, beneficiò tuttavia di numerose cariche pubbliche nel corso del secolo. Originaria della Germania, si era trasferita in Toscana durante il sec. XIV e si era stabilita a Casavecchia, in Val di Greve. In un documento del 2 genn. 1378il governo fiorentino definiva i componenti della famiglia come "imperiali e sempre contro allo stato de' Guelfi" e metteva in rilievo i buoni rapporti che essi avevano intrattenuto con l'imperatore: "quando l'imperadore fu a San Casciano, essi sempre stettero in corte col detto Imperadore, e con la sua gente insegnando, e mostrando, consigliando corse contro allo Stato, e parte guelfa del contado di Firenze e de' beni" (Archivio di Stato di Firenze, Manoscritti, 293, c. 119r). Proprio per la sua tradizione ghibellina la famiglia veniva esclusa per il futuro dagli uffici pubblici "i quali non si debbono fare se non per guelfi" (ibid.). L'allontanamento dei Casavecchia dalle cariche durava tuttavia per pochi anni. Infatti già nel 1384Chiaro di Francesco veniva eletto alla massima carica, quella di gonfaloniere e, nel corso del Quattrocento e nei primi anni del Cinquecento, i componenti della famiglia sedevano ben cinque volte fra i Signori.

Anche il C. riprendeva quella tradizione di presenza nella vita pubblica che aveva contraddistinto i suoi antenati. Nel 1507 veniva infatti nominato commissario a Fivizzano e nel 1509 riceveva lo stesso incarico per Barga. Mentre esistono poche notizie su questi due uffici occupati e non conosciamo con esattezza l'attività privata svolta dal C., che possedeva un negozio, forse di seta, in Firenze, meglio documentati sono i rapporti che intrattenne con Niccolò Machiavelli, al quale fu legato da forti vincoli di amicizia. La familiarità fra i due, che risaliva certo a prima del 1500, risulta in particolare da un gruppo di cinque lettere inviate dal C. fra il 1507 e il 1509, durante i soggiorni a Fivizzano e a Barga, e dai riferimenti che compaiono in lettere del Machiavelli ad amici comuni.

Da Fivizzano, il 30 luglio 1507, il C. scriveva al Machiavelli per consolarlo del fatto di non essere stato scelto quale inviato presso l'imperatore Massimiliano, incarico che gli era stato promesso in un primo momento, e per invitarlo ad aver "patientia circa il trionfo di Germania" (Machiavelli, Lettere, p. 191). Alla risposta dell'amico replicava con un componimento poetico in terzine che inizia con "Machiavel mio le tue buone vivande" (ed. dal Tommasini, pp. 356-58).

L'ammirazione per il Machiavelli, mista ad un senso di profonda amicizia, traspare soprattutto in una lettera da Barga del 17giugno 1509, in cui il C., oltre a congratularsi con l'amico per la riconquista di Pisa, "che veramente si può dire ne sia suto cagione la persona vostra", gli confessava di considerarlo "el maggiore profeta avessino mai gli Ebrei o altra generatione" (Machiavelli, Lettere, p. 196).

Negli anni successivi il C. soggiornava per qualche tempo a Roma. A Roma si trovava anche nei primi mesi del 1513. Correva addirittura la voce, riferita da Francesco Vettori in una lettera al Machiavelli del 18 marzo, che il C. vi si fosse recato con la commissione, avuta "dal fratello, di raccomandare alla Santità del papa Giovanni di ser Antonio" (ibid., p. 235), implicato nella congiura del Boscoli. Alla notizia, diffusa da Giuliano Brancacci, il C., di ritorno a Firenze, reagiva violentemente.

I rapporti del C. col Machiavelli si intensificavano nei mesi successivi. Proprio al C., per primo, veniva presentata la stesura del Principe, che l'autore aveva da poco terminato. Nella famosa lettera del 10 dic. 1513 il Machiavelli annunciava a Francesco Vettori, a proposito dell'opera ormai definita nelle sue linee generali: "Philippo Casavecchia l'ha visto; vi potrà ragguagliare in parte et della cosa in sé, et de' ragionamenti ho hauto seco, anchor che tuttavolta io l'ingrasso e ripulisco" (ibid., p. 304). Nella stessa lettera il Machiavelli scriveva di aver discusso con l'amico l'opportunità di dedicare il volume a Giuliano de' Medici.

Nei mesi successivi il C., ritornato a Roma, veniva alloggiato in casa di Francesco Vettori, e aveva modo di illustrare all'ospite il contenuto del Principe.

Non conosciamo la data della morte del Casavecchia. Egli viene citato tuttavia in una lettera di Filippo de' Nerli al Machiavelli del 1° ag. 1520 fra i frequentatori degli Orti Oricellari.

Fonti e Bibl.: Arch. di Stato di Firenze, Manoscritti, 293, cc. 119-124; Ibid., Carte Pucci, IV, 27; Ibid., Carte Dei, XIV, 39; Firenze, Biblioteca nazionale, Poligrafo Gargani, 514; Ibid., Biblioteca Riccardiana, Manoscritti, 2024, c. 302; N. Machiavelli, Lettere, a cura di F. Gaeta, Milano 1961, pp. 9, 62, 179-181, 183, 195-199, 211, 218, 228, 234-236, 243, 274, 281, 282, 294, 300, 304, 305, 308-325, 327-330, 372, 392; Id., Legazioni e commissarie, a cura di S. Bertelli, Milano 1964, II, pp. 934, 935, 1053; III, p. 1687; O. Tommasini, La vita e gli scritti di N. Machiavelli nella loro relazione col machiavellismo, Roma-Torino-Firenze 1883-1911, I, pp. 356-358; II, p. 87; P. Villari, N. Machiavelli e i suoi tempi, Milano 1927, I, p. 566; II, pp. 38, 130-132; A. Moretti, La corrispondenza di N. Machiavelli con Francesco Vettori dal 1513 al 1515, Firenze 1948, pp. 39-46, 79-82; R. Ridolfi, Vita di N. Machiavelli, Roma 1954, pp. 152, 165, 230, 231, 235, 382, 419, 422.

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